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Categoria: Sicurezza e Relazioni Internazionali

Academic espionage e guerra per le risorse

 

Introduzione

In questa riflessione, cercherò di ricostruire alcuni fenomeni legati sia all’intelligence (in particolare, academic espionage) sia all’innovazione tecnologica, mostrando come le Università ed i centri di ricerca siano e potranno essere sempre di più obiettivi caldi per chi intende appropriarsi del know how sviluppato in un certo paese. L’intelligence accademica non è un fenomeno nuovo, come non lo è certamente farsi la guerra per appropriarsi delle risorse e delle tecnologie altrui, tuttavia, ad un certo punto della storia umana, qualcosa sembra essere profondamente cambiato. Le risorse naturali si sono avvicendate, nel corso della storia, per importanza e criticità, seguendo non solo lo sviluppo economico ma anche quello geografico. Tuttavia, non è più possibile pensare che vi sia un Pizarro, un Magellano, un Colombo a scoprire nuove terre ricche di risorse già utilizzate o in grado di fornirne di nuove. Mentre i viaggi nello spazio sono ancora inefficaci per il recupero di risorse, l’essere umano si è calato nelle profondità oceaniche, nelle viscere della terra ferma e ha catturato l’energia del sole e del vento. Tuttavia, nessuna di queste risorse sembra aver posto fine alla lotta per l’abbondanza, la sazietà e la prevaricazione sugli altri. L’altra frontiera su cui ci siamo mossi è stata quella tecnologica, che ha permesso, soprattutto a partire dalla fine del XVIII secolo, uno sviluppo straordinariamente rapido. Ma a fianco di tutte le scoperte scientifiche, i progressi tecnologici e i benefici derivati, nessuna tecnologia al momento permette di raggiungere quell’utopico fine che è la rassicurante abbondanza per tutti e per sempre. In mancanza di questa, le armi continuano a flagellare il mondo con il loro sinistro rombo, mentre, più silenziosamente, soggetti insospettabili agiscono nei corridoi delle università, dei poli di ricerca, dei centri per l’innovazione, dotati, anche solamente, di un telefono cellulare. Ma per cosa bisognerebbe combattere? Se petrolio, gas, uranio e metalli vari, per esempio, sono sempre al centro dell’attenzione, non è affatto scontato che saranno altre le risorse per cui varrà la pena, tanto cinicamente quanto innata nello spirito umano, di andare a prendersele con la forza.

How Facial Recognition Works and its Impacts

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Facial recognition is a technological way of identifying a person’s face, usually for authentication purposes. Facial recognition systems use face measurements and calculations to authorize access. The technology compares the characteristics of an individual’s face with the information gathered in a database.

Is a chess player an intelligence analyst? – Learning from other disciplines how to improve intelligence analysis

Would you like to help the scientific research in the field? Are you interested in chess and intelligence analysis? Please, write to the author (scuolafilosofica_at_gmail.com) and ask him for the first draft of the paper!


Abstract

Is a chess player an intelligence analyst? Chess is considered one of the most interesting strategic games in the Western culture. Although the artificial intelligence applied to chess beats the world champion since 1997, chess is still one of the most challenging strategic games for our intelligence and understanding. Even though chess is a perfect information game, namely a game in which the players have all the information available at the same time for each position, chess is sufficiently complex and difficult to be unsolvable by sheer calculation. Chess players face uncertainty, tactical dilemmas, strategic conundrums, stress, pressure and great epistemological problems. Chess players deal with these problems all the time and they face them using knowledge and foreknowledge of the opponent’s capability and intentions to try to solve difficult problems in the chessboard. All they have is information to be translated in practical knowledge. They are aware that the opponent will do his/her best to win the game as he/she does. Ultimately, chess players analyze the position and the opponent’s threats and weaknesses in order to ground rational decisions. Intelligence analysts face similar problems to pursue a similar goal and they face them in an analogous fashion. In this paper, I will explore how Grand Master and ordinary chess players analyze the positions from both a strategic and tactical perspectives and I will show how the intelligence analysts can learn from them. After half a century the first chess computer appeared to the scene and hundreds of years of chess studies, we are still learning how to play better in the chessboard. Chess is still the most esteem and competitive game of our culture and it is time to bring it with all its complexity to the intelligence community in order to learn from it.

Infrastrutture, la chiave della strategia

La civilizzazione è fatta di flussi. Essa si muove attraverso scambi, di merci, di denaro di cultura. È così da almeno 4 millenni. Ci sono punti attraverso cui per ragioni geografiche, fisiche ed economiche questi flussi devono necessariamente passare. Usando un linguaggio contemporaneo, potremmo chiamare questi punti Hub.

Forse la prima guerra letterariamente documentata della storia fu una guerra per un corridoio, presidiato da un Hub. Il corridoio era quello formato dallo stretto dei Dardanelli e del Bosforo e dal mare di Marmara, l’Hub si chiamava Wilusha (in lingua Hittita), o Wilion, o Ilion, o come la conosciamo noi: Troia.

Business Intelligence e scenari internazionali: intervista a Marco Rota.

Buongiorno Marco Rota,  Ricercatore Associato presso la fondazione Gino Germani di Roma, nonché analista di Business Intelligence e di Political Intelligence, e benvenuto su Scuolafilosofica.   Ti ringraziamo per esserti reso disponibile a discutere della tua disciplina e di nuovi scenari internazionali al tramonto di questo decennio. Per iniziare, puoi spiegare ai nostri lettori cosa si intende per Business Intelligence, e cosa fa un analista come te?

Grazie del benvenuto, è un piacere dialogare con voi. Per Business Intelligence intendiamo i processi aziendali connessi alla raccolta informativa e all’analisi dei dati, che sono indispensabili per prendere delle decisioni. In sostanza, si tratta di monitorare scenari, contesti, realtà, e attrezzarsi per governare vantaggi e svantaggi competitivi. Nel mercato, nella competizione economica, ma non solo, le informazioni servono per decidere. Le nazioni, sin dai tempi della nascita dello Stato moderno, hanno usato le informazioni per compiere scelte rispetto a minacce endogene ed esogene. Nel mondo privato, i primi a gestire il mercato delle informazioni sono stati i veneziani e poi i banchieri fiorentini del Cinquecento… Per rispondere alla seconda domanda, io mi occupo di Country Risk e di Political Intelligence, in particolare del cosiddetto “rischio politico”. Cerco di spiegarlo nel modo più semplice: dati informatici, politici, economici e di altra natura, vengono analizzati prevalentemente con modalità statistiche, anche se l’attività di Human Intelligence è necessaria in quasi tutti gli scenari più delicati. Le aziende vanno supportate nel valutare le aree di crisi, le opportunità, i soggetti, le controparti, il business, le minacce. Per fare questo bisogna avere accesso alle informazioni e saperle analizzare.

Dove è l’informazione di politica estera?

Questo articolo non ha grandi contenuti da offrire e lo scrivo soltanto perché più di una persona mi ha chiesto quali sono le mie fonti di aggiornamento circa tematiche complesse di politica estera. Prima di enunciare l’insieme di fonti da cui normalmente traggo le mie informazioni, vorrei specificare alcuni principi guida. Mi farò guidare da alcune delle più frequenti domande che mi vengono rivolte e a cui ogni volta devo dare risposte simili. Esse sono molto più diffuse di quanto non si pensi:

1. E’ vero che l’informazione dei media tradizionali non è attendibile?

Da filosofo, mi verrebbe da chiedere “cosa intendi con la parola attendibile”. Se con “attendibile” vuoi dire che è “realistica”, intendendo “che rappresenta la realtà dei fatti” allora sono relativamente attendibili. Qualcosa là fuori nel mondo esiste. Se con attendibile intendi “affidabile”, allora le cose purtroppo non stanno necessariamente così. Con “affidabile” intendo che le descrizioni dei fatti sono statisticamente più vere che false (anche all’interno dello stesso insieme di informazioni, ad esempio un servizio specifico di telegiornale). Infatti, bisogna fare un discrimine tra i media. I media tradizionali sono molto utili per questioni di politica interna o per fatti su cui dispongono di personale addetto sul campo (quindi la strage di paese, anche se molto polarizzata o strumentalizzata, può essere descritta efficacemente). Infatti, è possibile che i media tradizionali forniscano una particolare valutazione dei fatti, ma dietro alla valutazione si riesce a rintracciare i fatti. Mentre la politica interna non è tanto una questione di fatti, quanto di analisi, idee e valutazioni: cosa che si può fare senza impegnarsi sulla resa concreta di fatti. Ci vuol poco a parlare di ciò che un politico ha fatto, mentre ci vuole molto per capire se quel che ha fatto ha un senso. Cosa del tutto diversa, invece, è la politica estera proprio perché è elusiva e va compresa attraverso lunghe analisi storiche che, usualmente, non vengono offerte al pubblico e si è lecitamente disposti a sospettare che le si conosca anche a grandi linee. Inoltre, le informazioni sui fatti lontani (per esempio, notizie provenienti da qualche teatro di guerra) vengono acquistate da pochissime agenzie di informazione, di origine angloamericana.

Interactions as the unit of analysis

  1. Results cannot be predicted from the separate actions.
  2. Strategies depend on others’ strategies.
  3. Behavior changes the environment.

For my Bachelor’s dissertation I have delved into the approach to International Relations Theory based on Complexity studies, grounding the account into what Robert Jervis proposes in his book System Effects. This understanding of international relations puts classic conceptions of levels of analysis into question. A long-lasting debate on which should be the fundamental unit of analysis for an IR (International Relations) theory has characterized the discipline and any theoretical proposal has provided its views and assumptions regarding this problem[1]. Thus, in presenting the complexity approach to IR, it is necessary to make clear its stance on that as well.

JervisThe historical debate has considered mainly three levels of analysis: individuals, states and system. These ones go from the lower level to the higher, and even if the second one is sometimes eluded[2], the logic of such scheme can be easily grasped. On one extreme, liberalism[3] has historically preferred the first level, as people express and act accordingly to their preferences and interests and then form higher levels’ behavior and effects. Gender approaches[4] second these liberal assumptions, focusing on individuals’ issues and relative power of different genders.

La lunga notte: cronaca del golpe in Turchia

La seguente analisi del tentato golpe in Turchia si propone di trattare l’accaduto in modo scientifico, senza alcuna finalità ideologica.

hqdefault (1)15 luglio 2016, ore 22:00 (ora italiana), Turchia.

Ad Istanbul i ponti sul Bosforo vengono chiusi da cordoni di sicurezza della Jandarma (polizia militare turca) isolando così la capitale dal continente asiatico. In pochi minuti ad Istanbul e ad Ankara, i due cuori della Repubblica Turca, colonne di militari si muovono verso i centri nevralgici del potere con l’appoggio di mezzi blindati e mezzi aerei. Carri armati sfilano per le strade e Istanbul è sorvolata da elicotteri d’assalto. Sembrerebbe anche che alcuni F-16 sorvolino la capitale.

Alle 22:16 il governo turco annuncia che è in atto un tentativo di colpo di stato da parte di alcuni reparti delle FF.AA. turche.

Sembra il tentativo possa andare a buon fine. I golpisti puntano verso il parlamento ad Ankara. Nella stessa città viene occupata la sede della rete televisiva turca TRT ed interrotte le trasmissioni. Si annuncia che un non meglio definito “Consiglio di Pace” formato da militari sta prendendo il controllo del paese. L’obiettivo dichiarato è formare un nuovo governo per fermare la deriva autoritaria portata avanti dal presidente turco Erdogan.

Vivi e lascia vivere? Una riflessione sugli attentati terroristici in Europa

Si pensa spesso che il problema terroristico sia principalmente una questione americana, nata contro gli Stati Uniti perché il paese che assomma tutte le colpe del blocco occidentale: paese capitalista, democratico ma con una chiara politica estera, spregiudicato nelle scelte e non sempre capace di risolvere le diatribe internazionali. Ma la verità è un’altra. Dopo l’11 settembre del 2001, i principali attentati terroristici di stampo religioso non si sono concentrati negli USA, ma in Europa: ci sono stati attentati nelle capitali dei paesi più importanti dell’Europa, cioè Madrid, Londra, Parigi e oggi Bruxelles; ci sono stati evidenti problemi anche in Danimarca e in Germania. Inoltre, la frequenza degli attentati sta crescendo ed è impossibile ignorarne la sempre più lunga ombra sulla sicurezza del blocco europeo. Non è una questione di controllo delle frontiere interne dell’Europa.

L’Europa è sempre stato un insieme di Paesi non solo disuniti, ma addirittura nemici tra loro. Non c’è bisogno di riportare il caso dell’infinita sequenza di guerre intestine, guerre propriamente europee per scoprire quello che sappiamo tutti. Però, proprio quando l’Europa si combatteva nei campi di battaglia, proprio allora, l’Europa si era scoperta padrona del Mondo, con l’economia più prospera del pianeta e con una delle tradizioni culturali più straordinarie che siano mai state concepite. Sia chiaro che il colonialismo e l’imperialismo non sono intrinseche virtù politiche e sociali, sono solamente un dato di fatto. Non gli Stati Uniti, non l’URSS, ma l’Europa ha avuto sottomano simultaneamente l’Africa, il Sud-est Asiatico, e gran parte dell’estremo oriente sotto le sue mani. Perché? Perché l’Europa, sin dalle origini, è un popolo guerriero, in armi, pronto a mandare al macello i propri giovani per vantaggi politici. Ora le cose sono cambiate?

Special Forces and Intelligence Collection

The present work deals with the role of military Special Forces in intelligence. Special Forces are involved in the data’s collection phase of the intelligence cycle, since they have advanced operative power. The current article is a brief analysis based on a short talk given during a Summer School on Intelligence Studies at King’s College London. Therefore, we aim to give just a partial introduction and not to present an extensive discussion. The paper offers a scientific and descriptive view, and it does not address evaluative or ethical issues.

The following analysis is based on some recent wars cases, such as the Iraq or the Afghanistan ones, in which United States deployed special corps with clear intelligence-oriented tasks. First, we will consider what Special Forces (Spec-Forces) usually do or what people think they are doing. Second, we will show what their role in the intelligence cycle is, and how they act within a specific tactical process. Third, we will address some benefits and problems with respect to the recruitment of military Spec-Forces personnel for intelligence activities.