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Categoria: Libri Recensiti

Team of Teams e la riflessione del gen. Stanley McChrystal

McChrystal, Stanley, (2015), Team of Teams, Penguin, New York.


…even the best technology and the finest intelligence cannot tell you exactly what to expect.

what worked in the twentieth century could not hold forever.

Stanley McChrystal

 Team of Teams è un libro scritto dal (ret.) generale Stanley McChrystal, insieme ad altri tre autori (Tantum Collins, David Silverman e Chris Fussell). Il libro è edito dalla Penguin di New York nel 2015. Si tratta indubbiamente di un lavoro estremamente originale, intelligente e, soprattutto, molto utile.

Team of Teams è un’opera ampiamente multidisciplinare, in cui si intersecano i principi dell’arte della guerra con il management scientifico, l’ingegneria e l’intelligence. Il lettore potrebbe essere sorpreso dal fatto che il libro probabilmente più citato non è il Von Krieg di Carl Von Clausewitz, né tanto meno L’arte della guerra di Sun Tzu o altri lavori del pensiero militare e strategico. Invece è il The principles of scientific management (1911) di Frederick Taylor, l’ideatore e l’inventore della catena di montaggio. Infatti, Team of Teams nasce dall’intersezione dell’arte militare con l’arte del management e il risultato è sorprendente.

La guerra fredda – Stanislas Jeannesson

La guerra fredda è un libro di Stanislas Jeannesson edito per Donzelli nel 2002. Si tratta di una sintesi estrema della storia del conflitto tra il blocco occidentale, guidato dagli USA, e il blocco sovietico, a cui capo era l’URSS. Il libro non ha alcuna pretesa esaustiva ed è piuttosto stringato, nelle sue 124 pagine di contenuti, in una edizione piuttosto comoda da leggere per la grandezza del carattere e per la dimensione dei margini. Considerando che la guerra fredda è durata circa cinquant’anni, ogni pagina più o meno tratta quattro mesi. Se poi si aggiunge che quasi la metà del libro è spesa per ricostruire i primi anni, pur fondamentali, dell’avvio della guerra (cioè dai primi incontri di Teheran e Jalta al 1953, data della morte di Stalin), possiamo comprendere quanto stringato sia questo volume.

A Savage War of Peace – Algeria 1954-1962. Alistair Horne

 

A Savage War of Peace narra le vicende della guerra di Algeria, combattuta tra la Francia e tra i diversi gruppi di liberazione nazionale, tra cui FLN (Fronte di Liberazione Nazionale). Si tratta di una delle guerre più ignorate dall’Europa Occidentale, perché la sua cattiva coscienza viene semplicemente messa a nudo.

(1) E’ stata una guerra durata di fatto più di otto anni, in un territorio da sempre mira del controllo delle potenze dell’Europa (dall’impero romano in poi) per ragioni che oggi diremmo “geopolitiche”, ruggente parola di moda che si applica sempre volentieri, come il silicone Saratoga, utilissimo per appiccicare qualsiasi cosa. (2) La guerra in Algeria è iniziata quasi subito dopo la seconda guerra mondiale: egli europei pacifici, gente saggia. (3) I francesi non hanno risparmiato nessun mezzo a loro disponibile pur di ottenere la vittoria (mancata), compresa la tortura, l’uso dell’air power, il napalm e le catastrofiche rappresaglie più o meno spontanee sulla popolazione civile chiamate in modi irripetibili, tra cui ratonnade e varianti che anche un lettore digiuno della lingua della diplomazia estinta come me sa benissimo comprendere nel suo pieno senso derogatorio. (4) I risultati della guerra sono stati catastrofici per la Francia, che ha rischiato il colpo di stato militare, la guerra civile e che ha visto il termine della quarta repubblica.

La peste – Albert Camus

Un libro di intensità simile? La pelle di Curzio Malaparte!

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Questo genere d’evidenza o di timore, in ogni caso, manteneva nei nostri concittadini il senso dell’esilio e della separazione. Al riguardo, il narratore sa perfettamente quanto sia increscioso non poter qui nulla riferire che sia veramente spettacolare, come a esempio di qualche edificante eroe o di qualche straordinario gesto, simili a quelli che si trovano nei vecchi racconti. Gli è che nulla è meno spettacolare d’un flagello e, per la loro stessa durata, le grandi sciagure sono monotone. Nel ricordo di coloro che le hanno vissute, le terribili giornate della peste non figurano come grandi fiamme interminabili e crudeli, ma piuttosto come un ininterrotto calpestio che tutto schiacciava al suo passaggio.

Albert Camus

La peste è un romanzo di Albert Camus, edito nel 1947. Si tratta di un libro intelligente, ovvero la cui costruzione è frutto di un’idea molto semplice ma da cui tutto si dipana: come sarebbe il mondo di una città di medie dimensioni se, all’improvviso, arrivasse il flagello più terribile che l’umanità abbia conosciuto per secoli? Già solo per questa semplice intuizione, il libro meriterebbe una sua storia e sicuramente una sua lettura. Esso può essere accostato facilmente ad un’opera di fantascienza, in cui tutto si gioca ideando un mondo alternativo ben poco diverso dal nostro, magari alterando, appunto, un semplice dettaglio. Il “dettaglio” qui è la peste.

La storia è ambientata ad Orano, città dell’Algeria francese. Non si potrebbe avere una ambientazione più ideale per l’inscenamento di una grande tragedia. Infatti, la tragedia nasce quando il tessuto ordinario della vita quotidiana viene stravolto, ovvero quando non c’è uno sfondo eroico, grandioso a sostenere il dramma ma la semplice vita attesa che si svolge esattamente come solitamente avviene. Il risultato non è, allora, la rivoluzione o il cambiamento subitaneo di Orano. Al principio nessuno ci crede, poi qualcuno ne inizia a parlare con circospezione, dopo un po’ si ammette e non si ammette il problema e infine le autorità timidamente reagiscono. Ma poi la tragedia non si può più negare e tutti agiscono come possono alla morte che entra nelle case, in un modo atroce ed orribile. Alla fine ben pochi sopravvivranno al flagello ma non tutti moriranno.

Il libro della giungla – Rudyard Kipling

 

E’ arrivato nudo, di notte, solo e affamato; eppure non aveva paura! Guarda, ha già spinto da parte uno dei miei piccoli. E quel macellaio storpio l’avrebbe ucciso e sarebbe fuggito nella valle del Waingunga, lasciando che i contadini, per vendicarsi, facessero strage di tutta la nostra cucciolata! Se voglio tenerlo? Sicuro! Sta’ tranquillo, piccolo ranocchio. Arriverà il giorno in cui tu, Mowgli – perché così ti voglio chiamare “Mowgli il Ranocchio” – darai la caccia a Shere Khan come lui ha dato la caccia a te.

Raksha – Rudyard Kipling

Il libro della giungla (1894) è un libro del premio Nobel per la letteratura, Rudyard Kipling (il cui nome “Rudyard” gli era stato conferito perché i genitori si erano fidanzati sulle rive del lago Rudyard), autore di libri come KimCapitani coraggiosi. Kipling era nato in India ma non vi rimase tutta la vita. Figlio di inglesi, fu un esponente sia in vita sia nei testi della “vita imperiale vittoriana”, di cui fu uno dei massimi cantori – esempio per tutti è la raccolta di poesie Il fardello dell’uomo bianco, il cui titolo oggi fa venire la pelle d’oca a quasi tutta l’Europa, monito di quello che si vuole dimenticare della nostra “storia europea”. Il libro della giungla sicuramente non sfugge in modo significativo alla visione del mondo di Kipling.

Terre di sangue – L’Europa nella morsa di Hitler e Stalin | Timothy Snyder

To dismiss the Nazis or the Soviet as beyond human concern or historical understanding is to fall into their moral trap. The safer route is to realize that their motives for mass killing, however revolting to us, made sense to them. Heinrich Himmler said that it was good to see a hundred, or five hundred, or a thousand corpses lying side by side. What he meant was that to kill another person is a sacrifice of the purity of one’s own soul, and that making this sacrifice elevated the killer to higher moral level. This was an expression of a certain kind of devotion. (…) It was Gandhi who noted that evil depends upon good, in the sense that those who come together to commit evil deeds must be devoted one to the other and believe in their cause. Devotion and faith did not make the Germans good, but they do make them human. Like everyone else, they had access to ethical thinking, even if their own was dreadfully misguided.

Timothy Snyder

Bloodlands – Europe Between Hitler and Stalin è un libro di Timothy Snyder, uscito per la prima volta nel 2010, tradotto in italiano (2015) con il titolo Terre di sangue – L’Europa nella morsa di Hitler e Stalin. E’ un libro la cui tesi storiografica è molto semplice ma anche intelligente e controintuitiva. Infatti, a quanto pare nessuno prima di Snyder, professore a Yale, si è reso conto che la zona di territorio che va dalla Germania-est sino, sostanzialmente, alla linea che va da San Pietroburgo-Mosca e Volgograd, è stata l’area del mondo in cui quattordici milioni di persone sono morte a causa dell’interazione del regime Nazista con il regime comunista-stalinista.

“Nella soffitta di mia zia”, ovvero un albo illustrato di tutto rispetto

“Nella soffitta di mia zia” è un albo scritto e illustrato da Andy Goodman, pubblicato nel 2012 da Corraini Edizioni. Dopo la morte della zia Mable, il nipote si domanda cosa mai essa possa avergli lasciato in eredità. Sarà forse la casa delle bambole? O il manichino da sarta? Povero nipotino! Tutto, in quella soffitta, sembra essere destinato a qualcun altro. Così, attraverso le illustrazioni, il lettore è in grado di farsi strada nella grande casa della zia, raggiungendo rapidamente la meta finale nella quale si svilupperà il racconto, ovvero la soffitta.

L’Italia di Mussolini – Richard Bosworth

In più, la dittatura fascista (al pari di tante altre) era profondamente corrotta: i tirapiedi di Mussolini avevano il muso in tutte le mangiatoie. Se è vero che le élite di governo sono sempre avide, è anche vero che alcune lo sono più di altre. Sotto il fascismo prosperavano i rapporti clientelari, e quella forma di referenza nota come “raccomandazione” costituiva una componente ineludibile della vita sociale. Come tattica per farsi strada nella vita, Roberto Farinacci, fascista per antonomasia, prototipo del ras rude e coriaceo, non indicava una qualche professione di fede ideologica, ma una ben comune panacea: “io non dimentico mai gli amici”.

Richard J. B. Bosworth

 

L’Italia di Mussolini dello storico australiano, Richard Bosworth, è un libro edito per la collana dei classici della storia, i prestigiosi Meridiani della Mondadori. Si tratta di un libro peculiare e sicuramente è una lettura che arricchisce il lettore. Il testo, infatti, non si presenta come una ricostruzione cronologica del solo regime o la biografia di questo o quel gerarca (Bosworth, per altro, è autore di una biografia di Mussolini). Non si tratta propriamente di una storia sociale. Il testo è una restituzione della polifonia italiana durante il periodo fascista.

L’obiettivo del libro non è quello di proporre una “storia unitaria” del regime o dell’Italia fascista. Lo storico si prefigge, invece, l’obiettivo di mostrare la molteplicità degli aspetti del regime “totalitario” fascista, attraverso la narrazione di tante storie. La narrazione è resa unitaria perché segue l’evoluzione del regime e della storia italiana in modo cronologicamente rigoroso e segue sostanzialmente delle grandi categorie storiche. Tuttavia, i capitoli si imperniano su una ricostruzione dal basso, della vita dei singoli cittadini durante gli anni della dittatura. Questo rende il libro estremamente piacevole da leggere e, sicuramente, non del tutto convenzionale. La figura del Duce non è al centro del libro, come non lo è la prassi politica. Il mondo politico del fascismo e dell’Italia viene mostrato in modo indiretto ma non meno chiaro e incisivo.

Storia della follia nell’età classica – Michel Foucault

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Storia della follia nell’età classica (1961) è un trattato di Michel Foucault, scritto come dissertazione dottorale, per altro rifiutata prima da una università scandinava e poi accettata, ma senza grandi elogi, in Francia. Si tratta probabilmente di uno dei testi fondamentali del filosofo francese, già pienamente espressione di quella “archeologia del sapere” che egli intendeva proporre come sua prospettiva filosofica, a suo modo, neo-illuministica.

Uno dei valutatori della tesi di Foucault aveva osservato che il libro non è né propriamente una “storia” né propriamente una analisi filosofica. E’ difficile non concordare con questo giudizio, per quanto non si possa negare il peculiare valore dell’opera. Non si tratta di una analisi storica perché, per quanto Foucault si rifaccia anche a materiale archivistico e a opere di “esperti” e medici dell’età classica (XVI-XVIII secoli), non sono comunque sufficienti fondare una narrativa esclusivamente fondata su fatti o su ricostruzioni causali di essi. Non solo i fatti riportati vengono continuamente analizzati da un punto di vista filosofico, ma molto spesso vengono presentati proprio come conseguenze di contenuti culturali. Foucault si industria per mostrare quanto la nozione stessa di follia (che è una categoria della sragione, concetto più ampio e mai pienamente chiarito ma ripreso continuamente) sia culturally laden. Quindi, in questo senso, proporre una “storia” della follia è anche scavarne i significati culturali. Ma anche da questa prospettiva può essere un’esperienza frustrante quella di cercare di districarsi nella densissima analisi dei “significati” della follia, senza mai giungere ad un risultato chiaro e distinto.

La banalità del male – Hannah Arendt


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Malgrado gli sforzi del Pubblico ministero, chiunque poteva vedere che quest’uomo [Eichmann] non era un “mostro”, ma era difficile non sospettare che fosse un buffone.

La banalità del male – Hanna Arendt

 

La banalità del male è una riflessione sull’olocausto, incentrata e sviluppata sulla base del reportage sul processo a Adolf Eichmann (1906-1962), tenuto a Gerusalemme, sotto un tribunale israeliano. Hannah Arendt non si limita solamente a riportare i fatti emersi all’interno del processo, ma amplia continuamente il discorso sulla storia dei fatti principali dell’olocausto. Non è un libro che ricostruisce la storia degli eventi della Germania Nazista e non ha l’intento di esaurire nessun genere di argomento, ma solo di considerare il ruolo di un uomo all’interno dell’organizzazione nazista dell’olocausto.