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Categoria: Altro

Le figlie di Shakespeare aspettano. Margoni F..

La prima regia di Francesco Margoni sembra un film nato per suscitare forti e contrastanti sensazioni. La trama de Le figlie di Shakespeare aspettano è assai scarna e può essere enunciata in poche parole: quattro ragazze vanno in montagna per finire inguaiate per via dei problemi sentimentali che una di loro ha con il proprio fidanzato; sole nel bosco dovranno trovare la strada per tornare a casa.

Le intuizioni di uno spettatore digiuno di un certo genere cinematografico, che si richiama direttamente (i dialoghi, l’elemento estraniante di un albero ripreso in rosso, le varie immagini di Cordelia ripresa seduta in una sedia comparsa nel nulla, la maglietta insozzata di sangue senza causa apparente) o indirettamente (la stessa trama, l’uso di una scelta di regia quasi “intrusiva”, laddove l’immagine segue quasi ossessivamente per lungo tempo sempre lo stesso soggetto, un montaggio assai scarno) al surrealismo italiano o spagnolo (Ferreri, Bunuel su tutti): le assonanze del film di Margoni con quelle dei surrealisti si spinge sul piano astratto e non necessariamente fattuale, e mantiene dei tratti originali (come l’amore o l’apprezzamento per la femminilità).

Racconti Matematici

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I commentatori usano questo sistema, i punti più ovvi sono spiegati e discussi ad libitum, i passi oscuri dei quali si amerebbe saper qualcosa, vengono saltati col silenzio della più pura ignoranza.[1]

Huxley

Racconti matematici è una raccolta di racconti il cui massimo comune divisore è l’espressione di un certo “concetto matematico”: ogni singolo racconto opera su un peculiare motivo astratto di origine matematica, motivo analogo ad un tema musicale, orchestrato attraverso una forma letteraria. Per ragioni di spazio, parleremo solo dei racconti più rimarchevoli.

Recensione di La Fiamma della Discordia.

L’ardore soprattutto, tra disarmonie dalla puntuale determinatezza e sboccatamente sempre provocanti giochi di stropicciate – però molto naturalmente, come una camicia di lino – citazioni. Allora molto cinema: a partire dalla frigida ma felina figura del ruggente (anche?) Man with No Name, attraversando classicissimi Citizen Kane e Gone with the wind, sguardi sex tutto felliniani, un finale che ricorda una performance dada – un pò alla Antonioni di Blow-up –, e prima (?) un inizio di provocatorie (?) scomposizioni di certi a priori eternissimi anche nel cinema – seppur già discussi in modo drammaticamente onirico dal Lynch che forse poi non fa che ripetere ancora ed ancora quei primi 15 minuti di Bunuel che già da subito discutono tutto – tra duelli che francamente somigliano più a scontatissime (ormai) variazioni madelaine che a momenti d’intramontabile pathos tutto west (però qui sta l’abilità del rinnovare consapevole?): e forse qualcosa di nuovo sotto il sole: ovvero una contro-geometria rigorosissima tutta imposta – al cinema – però  molto delicatamente.

Recensione di “L’incredibile tesoro dell’Isola dei Ratti.”

L’incredibile … che cosa? Esso stesso – questo è subito detto, qui però mostrato: il che significa trasfigurato in un divenire che già diviene essenzialmente immagine. Ovvero altrimenti detto: un’indicazione viva del trasformarsi del tutto attraverso una sorta d’autodigestione (detto per inciso, ricorda da vicino il Re Baldoria del giovane Marinetti, che terribile divora se stesso) – con un ‘Prost!’ a Kubrick e al suo (e nostro) vertiginoso eterno ritorno (dell’eguale?), Kubrick che siede magari al tavolaccio improbabile dove discutono (sempre delle stesse cose?) importuni ma liliali e Vico e Arbasino e Nietzsche (che stupendo tavolaccio!).