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Categoria: Filosofia

Eutanasia – Dal punto di vista del paziente richiedente

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Premessa

Nell’Uomo la vita è concepita, affrontata, considerata sia per il suo aspetto biologico sia per il suo aspetto interiore, psicologico. Per tale motivo le fasi della vita e il suo vissuto hanno sollevato e sollevano interrogativi di varia natura sul rapporto con gli altri esseri e con se stessi. Tali interrogativi hanno avuto nel corso della storia varie risposte come la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino (1789) o la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (1948) o ancora si è alla ricerca di una tale risposta, se non unanime almeno ampiamente condivisa.

L’amicizia dell’acqua verso la “clessidra” della luce

A Venezia, presso la Galleria “Alberta Pane”, si può visitare fino al 23 Dicembre la mostra collettiva d’arte contemporanea che si chiama Be water, my friend. Essa è stata curata da Chiara Vecchiarelli. Vi partecipano gli artisti internazionali Eva L’Hoest, David Horvitz, Jojo Gronostay, Nicola Pecoraro, Enrique Ramirez e Luciana Lamothe. Esteticamente, si percepisce il tentativo di maneggiare la liquidità. Dalla fenomenologia, possiamo immaginare che l’uomo viva “in un limbo” fra la materialità vissuta e l’astrazione del concettualismo. Gli orizzonti sono sempre fluidi da percepire. Il linguaggio della mente ha le sue pre-comprensioni, che “balzano” in accordo con le sinapsi cerebrali. Un inquadramento concettualistico può solo stazionare, fra i “tiranti” degli orizzonti prospettici. Citando il titolo della mostra, l’acqua è un elemento indispensabile alla vita, e ci diventa amica poiché, dialetticamente, noi non la percepiamo né troppo nostra, né “sulle sue”. A Venezia, in generale le installazioni hanno cercato il minimalismo estetico.

A noi piace immaginare che l’acqua funga un po’ da “clessidra” per la luce. Se l’origine universale permea, allora la sua consumazione nel tempo si dà all’immersione. Il vissuto è sempre stringente. Diversamente, all’estasi d’una trasfigurazione noi avremmo il corpo a librare, per compartecipare d’una sospensione permeante. L’acqua ci esibisce virtualmente le “ampolle” delle onde. Ma quelle richiederanno l’alternanza d’una consumazione. La temporalità è resa fluida, in accordo con l’esistenzialismo, ad esempio mediante le anticipazioni (dal passato) o le previsioni (per il futuro). L’acqua deve raccogliere la propria trasparenza, in una pozza finale. Simbolicamente, è come se la “spinta” della luce c’invitasse a “stringere la mano” con la materialità. Uno specchio d’acqua si percepisce tranquillamente materno, al “grembo” della vitalità. L’evaporazione avverrà lentamente, per l’uomo, fra i “ritardi calcolati” a causa dei ricordi, o delle attese, laddove le decisioni da prendere gli appaiono sommerse (dalle varie criticità).

L’installazione di Luciana Lamothe s’intitola Plan. Un’impalcatura alquanto grezza, avendo i tubi non del tutto allacciati fra di loro, “cede” paradossalmente ad un rinforzo, grazie ad una pedana superiore, dalle fibre di legno. Simbolicamente, bisogna chiedersi quanto si può diventare flessibili, rispetto ad una pianificazione iniziale. Anzi, di fronte ai “misteri” dell’Universo, il caso fortuito d’una semplice decifrazione costituirebbe già un successo! La pedana favorisce il “salto” della pre-comprensione socioculturale. Bisogna “smontare le gabbie” del concettualismo, e per “librarsi” in una “lettura” degli eventi. Senza la naturalezza indeterminata d’una curiosità, lo stesso scienziato non può scoprire nulla… Serve un “occhio” allenato a percepire il “flusso” degli eventi. Le leggi della fisica trasformano costantemente l’immediatezza della realtà. Potenzialmente la nostra vita è un libro aperto. Per esperire il mondo, ne “leggeremo” gli accadimenti. La pedana permette di “sfogliare” il salto. Dal canto suo, col tuffo si vorrebbe una “leggiadria” per l’immersione, dialetticamente. La forza di gravità sarà derivata da un orizzonte “scandito”. All’estremità del “trampolino”, prima del “tuffo” verso l’ignoto, appare un libro. Per via delle pagine sfogliate, percepiremo un binocolo. Ovviamente “ci si immerge” nella rilassatezza d’una lettura. Il rinforzo della pedana è prospettico. Si proverà a decifrare il “mare” di frammenti cartacei sui quali Enrique Ramirez ha imbastito la sua contemplazione dello Spazio, e da una videoinstallazione. Questa si chiama La gravedad.

Tuttavia non c’è solo la “tranquillità” della cometa, che sbuca rapidamente per suggestionare nel merito d’un ultimo desiderio da “cogliere al balzo”, speranzosamente. Enrique Ramirez cita anche la storia brutale in Sudamerica dei desaparecidos: gli oppositori politici uccisi nell’oceano, dai voli della morte. Forse noi dovremo sperare che almeno gli ideali si salvino sempre? Il volantino in aria si percepirà in chiave politica. Ci piace immaginare che il “tuffo” nella lettura d’un libro abbia addirittura mandato al macero la carta delle pagine. Il segreto è sempre sommerso, contro la verità che risale a galla. Allora il “binocolo” di Luciana Lamothe tenterebbe lo spionaggio, pedinando i frammenti? Il testamento spirituale lasciato da qualcuno che muore va reinterpretato, mentre mutano le condizioni socioculturali, nel corso del tempo. Pare che Enrique Ramirez esteticamente avalli una decantazione, complice il tono esoterico ma candido dei suoi “foglietti”.

Agostino – Felicità, godimento della contemplazione di Dio

https://en.wikipedia.org/wiki/Augustine_of_Hippo#/media/File:Saint_Augustine_by_Philippe_de_Champaigne.jpg

La storia del pensiero antico sulla felicità si è incentrato su alcuni concetti e termini comuni. La felicità è il risultato dell’applicazione della virtù ed essa è alla portata dell’uomo, purché quest’ultimo si concentri nel pieno dispiegamento della sua stessa natura che, come abbiamo visto, è concepita essenzialmente nella sua razionalità. “Sii la tua ragione” poteva essere il comandamento comune alle teorie considerate sino ad ora e la visione dell’uomo come essere razionale è il fil rouge che unisce le teorie dell’antichità classica. Ma con l’avvento del cristianesimo si introduce un nuovo termine nella complessa equazione il cui risultato è la suprema felicità: il Dio creatore cristiano.

In queste pagine abbiamo già incontrato la figura del dio, ora declinata come puro pensiero di pensiero (il caso di Aristotele), ora declinata come provvidenza immanente nel mondo (come nella filosofia stoica), ora concepita come semplice entità indifferente rispetto alle sorti degli esseri umani (come sosteneva Epicuro). Ma nella filosofia cristiana e, come vedremo, nel pensiero di Agostino, il ruolo di Dio, un Dio creatore la cui essenza è l’amore, è di gran lunga di maggior spessore anche perché in Lui Agostino rintraccia la fonte stessa della felicità umana. Per tale ragione, il nostro percorso inizierà proprio da una succinta analisi di cosa sia il Dio di Agostino e quale sia la sua connessione con l’uomo e la felicità.

Una “sete di successo” per il piccione… lavatore

Alla Biennale di Venezia 2022, si può visitare il Padiglione Nazionale dell’Argentina, con le installazioni oniriche dell’artista Monica Heller. Esteticamente, lei c’invita a percepire che “tramonti” il principio per cui < noi siamo sulla stessa “barca” >, citando l’esistenzialismo. Simbolicamente, al rostro per uno “sfondamento” conoscitivo si sostituiranno le Colonne d’Ercole per una limitazione “sospettosa”. Si raffigura l’antropomorfismo, in una satira sui ritmi normali della vita. Grazie alla tecnica, esasperiamo l’impulso a civilizzare l’intero mondo. Qualcosa che avrebbe la sua miniatura, artisticamente, sul formato GIF per tenerci “incollati” al mero “tramonto” del realismo. Nella società tecnologica, le Colonne d’Ercole della curiosità conoscitiva diventano le sliding doors del dubbio valutativo. Se noi < stiamo sulla stessa “barca” >, ciò accade perché le scoperte scientifiche accelerano a dismisura. Si reagirà frenando, in accordo coi “paletti” dell’etica. A Monica Heller interessa comunque la satira sulle “gabbie” del loop. A Venezia, il titolo della sua mostra appare tautologico: L’importanza dell’Origine sarà importata dall’origine della sostanza. Fra la volontà dell’idealismo e la “gravità” del materialismo, dibattere sul primato dell’una sull’altra rappresenta una “lunga storia”… Ma il progresso tecnologico, sempre più in combutta con l’immaginario, non sa da che parte andare. Lungi dall’emancipare, ci si “ferma” alla coreografia stantia.

Linguistica italiana meridionale: Il caso di “La Nonna Sabella”

Introduzione:

Il presente articolo si premura di dimostrare, sulla scorta di studi di linguistica italiana del meridione come quelli dell’esimio Lausberg in termini di lucanistica, come il dialetto impiegato nella realtà lucana del nord, nel presente caso nella zona del melfitano, abbia subito un progressivo allontanamento da uno stato di maggiore unitarietà linguistica ad uno stato di distacco. Per il presente studio viene impiegata la testimonianza scritta fornita dal romanzo La Nonna Sabella di Pasquale Festa Campanile (edizione Bompiani, 1983), il quale trascrive fedelmente monologhi dialettali in un panorama sincronicamente collocabile nel primo ventennio del ‘900. La finalità di dimostrazione sarà ottenuta tramite un’analitica comparazione delle trascrizioni dialettali del romanzo con la trasposizione a dialetto della contemporaneità tramite l’ausilio delle qualità di ortoepia di una parlante lucana, nata a Melfi e cresciuta nella limitrofa Rapolla.

Il presente studio si concentra in particolar modo sull’evoluzione del vocalismo, prendendo in esame inizialmente le differenze fondamentali del vocalismo siciliano con il vocalismo lucano, ed il soggiacente ma al contempo sorprendentemente indipendente vocalismo della zona di Lausberg[1], e successivamente concentrandosi sull’analisi delle evoluzioni diacroniche di questi sistemi vocalici. Si prenderanno in esame con egual attenzione analitica il consonantismo, per esaminare l’evoluzione dei nessi consonantici, ed infine il contesto storico, politico e sociale e la rispettiva influenza sul panorama linguistico. Al fine di rendere quest’analisi proficua, è necessario sottolineare come il legame tra la linguistica, la storia, la politica e la sociologia sia ineluttabilmente inscindibile, niuno trarrebbe profitto da uno studio che avesse come fondamento l’isolamento della linguistica da qualsivoglia contesto circostante. Pertanto, sarà premura del presente studio spiegare come abbiano agito le influenze di tali caratteri sul panorama della linguistica.

Gli Stoici – Felicità come armonia dell’anima

https://sco.wikipedia.org/wiki/File:Discourses_-_Epictetus_(illustration_1)_(9021700938).jpg

Gli stoici sono stati i grandi avversari dell’epicureismo e rivendicarono la loro preferibilità rispetto all’altra corrente filosofica concorrente. Tuttavia, essi condividevano la stessa idea della filosofia che, prima di tutto, doveva essere una via per la felicità umana. Non solo, dunque, condividono la stessa visione della ricerca filosofica, ma convergevano anche sul risultato: gli stoici concepiscono la felicità come atarassia, ovvero sospensione completa e definitiva dai mali del mondo. Infine, gli stoici, come pure gli epicurei, ponevano al centro l’individualità dell’uomo e non la società o la natura. Essi fornirono una elaborata teoria della fisica e anche una dettagliata analisi logico-epistemologica, ma subordinarono queste alla comprensione dell’obiettivo finale, ovvero l’etica e la felicità umana, proprio come abbiamo visto per Epicuro. Nonostante queste concordanze, le differenze tra le due posizioni non possono essere più nette, pur facendo parte dello stesso frame concettuale di natura classicamente greca.

Apocalisse di Giovanni

Il linguaggio algebrico dei quattro angeli della devastazione

Illustrazione 1: Albrecht Dürer. “I quattro angeli della devastazione”. Xilografia datata tra il tra il 1497 e il 1498

L’Apocalisse di Giovanni mostra di sé un fatto nuovo che non è stato mai rilevato sul conto dei quattro angeli della devastazione.  Leggiamo il trafiletto AP 7,1-4 dell’Apocalisse C.E.I. Nuova Diodati che vi riguarda:

Epicuro – Felicità tra assenza di dolore e pace dell’anima

https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Bust_of_Epicurus.jpg

Epicuro è probabilmente il filosofo che più di ogni altro ha cercato di indicare una via per la felicità percorribile per ogni essere umano. Non c’è alcuna enfasi nel sostenere che l’intera ricerca intellettuale di Epicuro è devoluta proprio a questo scopo ed egli stesso considerava la filosofia come “una cura per l’anima” la quale poteva essere tutelata seguendo la via del “quadrifarmaco”, ovvero una sorta di summa del suo pensiero. Inoltre, Epicuro è stato il primo ad articolare una teoria della felicità in accordo con una visione sofisticata del piacere. Ma nonostante la centralità del piacere all’interno della sua teoria, la via della felicità di Epicuro è tutt’altro che accondiscendente con la vita mondana, almeno nei suoi tratti più frivoli, ed egli considera in modo intelligente e non banale il rapporto tra felicità e piacere.

Alimentazione ideale – Un problema di tanti filosofi

Diet by Nick Youngson CC BY-SA 3.0 Pix4free

Un’ossessione tanto antica quanto non filosofica ma propria di molti filosofi

Non sei l’unico ad avere problemi a concepire il tuo corpo come un’estensione della mente. Ovvero, nell’includere il corpo tra le indispensabili componenti di ciò che consente alla mente di lavorare nel migliore dei modi. Non solo non è un problema soltanto tuo, ma è un’ossessione di quasi tutti i grandi filosofi! Certo, questo non ci accomuna con Kant e altri per questo, ma è per rassicurare l’audience sul fatto che le grandi menti hanno faticato e lavorato (talvolta sbagliando) per massimizzare la loro capacità di durare nell’esistenza – sempre per dirla con quel Spinoza che morì perché, pur mangiando come un uccellino pasti miseri, degni dei legionari romani nelle campagne militari (una squallida miscela di farina e acqua), si dimenticò che respirare silicio può essere tanto se non più dannoso che mangiar male.

Perché negare il valore della filosofia?

Taken by Giangiuseppe Pili

Portare la lotta dalla parte giusta del campo di battaglia

Introduzione – La strategia fallimentare di Russell per la difesa del valore della filosofia

Nel primo e nell’ultimo post che sono riuscito a scrivere quest’anno, ho riportato l’argomento a difesa della filosofia di Bertrand Russell. Implicitamente, ho cercato di mostrare quanto fosse infondata la sua argomentazione. In breve, la sua strategia principale è stata quella di mostrare come la filosofia sia il regno dell’incertezza, dove tutte le risposte sono importanti proprio perché non possono avere una risposta chiara e definitiva. Questo argomento aveva lo scopo di affrontare lo scetticismo dell'”uomo comune” verso la filosofia.