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Categoria: Filosofia

Neuroeconomia scacchistica – Tema – perché sbagliamo quando giochiamo a scacchi

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Tutti gli scacchisti seri si saranno soffermati spesso in sede di analisi su una questione di importanza primaria: perché abbiamo sbagliato proprio in quel momento, proprio quella mossa così importante? Quando diciamo di “aver sbagliato”, generalmente intendiamo due cose: o di non aver giocato la mossa vincente o di non aver evitato una mossa perdente. La domanda si snoda in due problemi, talvolta diversi, ma uniti dalla stessa radice.

Molti riducono la questione al puro dato di fatto: abbiamo sbagliato perché invece di giocare una mossa ne abbiamo fatto un’altra per ragioni più o meno sensate (o più o meno insensate). Quello che accade, sempre e comunque, è che di fronte all’errore cerchiamo dei resoconti coerenti che spieghino l’insensatezza, assoluta o relativa, del nostro agire. Per le mosse vincenti non ragioniamo così perché già sappiamo il motivo del nostro comportamento. Tuttavia, ben pochi si sono sforzati di andare oltre questo livello e domandarsi perché in generale compiamo determinati errori piuttosto che altri e perché taluni ricorrono più spesso.

Maestro, perché gli scacchi sono così complessi?

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Parte 1. Il primo ordine di complessità – Ovvero la fattualità

La settimana scorsa andavo ad una lezione di scacchi al mio attuale circolo di Milano, la magnifica Accademia a pochi passi dal Duomo in via laghetto. Orbene, andavo di fretta, come al solito in ritardo e, nel poco tempo a mia disposizione dovevo anche mangiare. Inghiottendo i bocconi, quasi strozzandomi, mi capitò pure di sporcarmi il mio giaccone blu scuro, quello buono. Studente fuori sede, privo delle piacevoli cure di una donna, lontane seicento miglia da me l’amata e la madre, questo è un guaio serio al quale si può scegliere o di indossare il cappotto primaverile o spendere una ventina di euro in una buona lavanderia. Sto ancora decidendo.

Accidenti, il Tempo! Temi – Teoria della semplicità e definizione del “Tempo”

Ajepbah, CC BY-SA 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0>, via Wikimedia Commons

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Ernesto guardò stupito Evaristo, dopo l’ultima dichiarazione. La loro teoria sembrava avere i requisiti giusti per essere accettabile, ma prim’ancora di sottoporla a verifica con posizioni concrete, Evaristo pronunciò una frase profetica: “Secondo me, abbiamo trascurato un dettaglio: il tempo!”

Ernesto non riusciva a capire. Ma non volle prender per pazzo l’amico. Se avesse avuto un attacco improvviso di follia, ci sarebbe stato qualche altro dettaglio a manifestarlo. Preferì ricapitolare dentro di sé la loro teoria per vedere se avessero trascurato qualcosa:

L’università italiana, un mondo ai confini con la realtà. Analisi critica della “Peculiare Istituzione”.

Che cosa si debba ottenere dal proprio corso di studi è una questione dibattuta. I più considerano lo studio post-diploma come un investimento sul tempo e sulla qualifica, piuttosto che esperienza formativa. In linea di massima, chi si iscrive all’università lo fa con l’idea di ottenere un “futuro”, indipendentemente dalla propria capacità e conoscenze. E’ una scommessa.

Le nuove matricole, secondo dati ISTAT (2008), sono 308.000. C’è un leggero calo. Ciò è dovuto anche alla diminuzione dei ragazzi dell’età di 19 anni. Che i giovani siano alla ricerca di lavoro e siano indirizzati verso corsi di Laurea di “formazione professionale” è un dato ricavabile dalla loro scelta: nella hit parade vediamo al primo posto le lauree del gruppo economico con una quota di iscritti pari a 41.000 nel 2007. Al secondo posto abbiamo il gruppo giuridico con 36.000 iscritti e al terzo la facoltà di Ingegneria con 31.000 persone. Al quarto posto c’è il polo letterario con iscritti pari a 24.000. Va tenuto presente che in “Lettere” sono inseriti molti corsi di studio che far rientrare nella categoria letteraria è almeno discutibile. Dopo il polo letterario abbiamo Medicina con 19.000 iscritti. Si tenga conto che quasi tutti i corsi per lauree attinenti ad attività mediche sono a numero chiuso. Per esempio, esiste un corso di studi per insegnare ad usare i macchinari di cardiologia presente in tre università (di cui una è privata) e ha un totale massimo di iscritti che non supera i quaranta per regola. Se ci fosse libertà di iscrizione è probabile che i medici supererebbero tutte le altre facoltà.

Siamo tutti una stessa gente – Scacchi e carcere

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Il dodici dicembre di quest’anno era una domenica qualunque. A Milano faceva un freddo pungente, sebbene senza i picchi dei momenti peggiori. Eppure per nove scacchisti non fu una giornata come tutte le altre: stavano per andare in carcere, a Bollate. Si trattava di andare a sfidare alcuni ragazzi che avevano seguito un corso grazie agli istruttori dell’Accademia di Scacchi di Milano: Elia Mariano, Andrea Bracci e Francesco Gervasio.

Questa non era una manifestazione estemporanea e non era neppure un’iniziativa rapsodica, sebbene pur sempre importante. L’Accademia, infatti, ha stretto una collaborazione con l’organizzazione carceraria fin dal 2008 e si va consolidando nel tempo. Tutto iniziò da una richiesta di un giudice in pensione, Franco Cecconi, ex socio dell’Accademia. Egli faceva volontariato nel carcere tenendo lo sportello giuridico. Egli lavorava proprio nelle carceri e aveva sostenuto, non senza qualche fondamento, che se per mestiere aveva fatto di tutto per tenere i delinquenti al fresco, aveva, adesso, l’esigenza di fare qualcosa di buono per loro e, magari, di tirarli fuori.

La natura sconfitta di Spinoza – Un’analisi critica

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Il concetto di natura all’interno del sistema spinoziano, rapportato alle critiche storiche mosse dai maggiori autori del filosofo olandese riesce a sopravvivere al suo stesso autore, oppure è irragionevole assumerne ad oggi le implicazioni essenziali non incorrendo in grossolane incongruenze?


1. Evidenza Naturale

Decisamente più spesso di quanto intendiamo renderci conto, concetti oramai percepiti come elementari dalla maggior parte degli individui hanno il brutto vizio di risultare ben più sfuggenti se sottoposti ad un’analisi critica che tenti di cogliere gli elementi costitutivi del loro significato.

Popper e la crescita della conoscenza

DorianKBandy, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons

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Consigliamo Filosofia della mente e l’intervista al professor Silvano Tagliagambe


Una lettura, critica negli intenti, ma purtroppo ancora frammentaria, del contributo che la razionalità critica ha dato e continua a dare ad una epistemologia della “crescita della conoscenza”

Introduzione

Uno dei punti, a dire il vero rarissimi, che sembrano accordare una buona parte degli epistemologi cimentatisi nell’arduo compito di valutare criticamente il pensiero popperiano, o almeno quei pochi che io ho avuto l’occasione di conoscere, può essere a mio avviso facilmente riconosciuto nel piglio con cui il filosofo viennese viene da questi affrontato. Proprio in questo caso uno strumento eccezionalmente accessibile e semplice, come l’indice, che già  può concederci ,se ben valutato, un ottimo colpo d’occhio sull’indirizzo generale di qualsiasi testo, risulta esserci particolarmente d’aiuto per individuare sin da subito i punti cardine della critica filosofica. Una delle più complete antologie redatte su questo autore[1] inaugura una serie di articoli, rivolti a Sir Karl da una serie scelta di critici, con un saggio dal titolo: “Popper and the Vienna Circle” redatto da Viktor Kraft[2]. È singolare notare che sin da subito si inaugura quello che poi sarà un leitmotiv di molti altri approcci al medesimo problema, i rapporti fra Popper ed il Circolo di Vienna vengono confermati e smentiti al contempo proprio nelle prime righe del saggio:

Chalmers ed il confronto con i problemi della coscienza

MissLunaRose12, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons

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Consigliamo Filosofia della mente e l’intervista al professor Silvano Tagliagambe


La teoria della mente di Chalmers in una delle sue formulazioni preliminari. Una lettura critica che ne enuclea gli aspetti teorici valutandone le premesse e, soprattutto, considerandone problematicamente le conclusioni speculative.

Introduzione

 Per poter, dunque, attribuire all’uomo il suo posto nel sistema della natura vivente, e cosi caratterizzarlo, non rimane altro che dire che ha quel carattere che egli stesso si procura, in quanto sa perfezionarsi secondo fini liberamente assunti; onde egli come animale fornito di capacità di ragionare (animal rationabile) può farsi da sé un animale ragionevole (animal rationabile).

Immanuel Kant, Antropologia pragmatica, II, E

 

Mercato ed economia – Un’analisi sul pensiero Hayek

DickClarkMises di Wikipedia in inglese -https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=9473860

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 Andrea Zeppi – Chalmers e la teoria della coscienza


Introduzione

Non possiamo iniziare la disamina di una struttura teorica senza chiarirne i punti cardine. Hayek ha sempre dimostrato profondo eclettismo nel condurre i suo studi, a partire dal suo periodo di formazione[1] sino a giungere alla sua autobiografia intellettuale[2]. Tuttavia è innegabile che parallelamente a questo impulso eclettico abbia corso un  istinto sintetico altrettanto forte, se non fondamentale per poter comprendere la portata delle soluzioni avanzate dall’economista austriaco all’interno dei campi più disparati.

Scacchi e filosofia Per una introduzione alla filosofia degli scacchi

da “Noumenologia” di Emanuele Franz (Bastogi Editrice, luglio 2004)

Per avere maggiori informazioni su Emanuele Franz e la sua casa editrice: www.audaxeditrice.com.

Il gioco degli scacchi nel corso della storia è stato preso in esame sotto diversi punti di vista ed è stato analizzato sotto molteplici prospettive. La storia, la psicologia e la tecnica del gioco hanno un influenza veramente determinante nella bibliografia scacchistica esistente. Le discipline più disparate hanno avuto pregio di accostarsi a questo secolare gioco. Ma per quanto questo gioco possa aver contribuito allo sviluppo di una concezione del mondo, a un modo di intendere la vita e l’universo, difficile mi è pensare che in passato si sia data forma ad una vera e propria filosofia degli scacchi.