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Categoria: Filosofia

Essenza e presenza, la questione dei due modi di “essere”

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Consigliamo La prova ontologica di san AnselmoDante di G. Pili


Una delle cose che, da che studio filosofia, mi sono reso conto è che i filosofi hanno imparato a usare due termini diversi per quel che normalmente diciamo con un solo verbo: quello “essere”. Le parole “essenza” e “presenza” possono essere riscritti nei termini del solo verbo “essere”: “essenza” = “ciò che una cosa è” = “la definizione di una cosa”, mentre “la presenza” = “l’esistere di una certa cosa nel mondo”.

Per esempio: “l’uomo è un animale sociale”, come vediamo fatta con il verbo essere, è la definizione dell’essenza di una cosa. La parola che abbiamo dedotto da questa nel luogo comune è, giusto per dirne una, “essenziale”.

La delicata questione degli universali: una cosa che difficilmente vi verrà spiegata con chiarezza

Grafiker61, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons

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Capire cosa è la perfezione nell’età Classica di G. Pili


Gli universali sono la riproposizione medioevale dell’antico problema degli archetipi platonici. Noi conosciamo le proprietà degli oggetti e le definiamo secondo qualità. Gli oggetti sono, in ultima analisi, riconosciuti a partire dalla loro definizione, cioè l’enumerazione delle loro proprietà essenziali.

La questione sembra non avere problemi, ciò solo in superficie. Cosa sono queste qualità? Possono essere inerenti all’oggetto o indipendenti. Possono essere delle descrizioni comode ma non avere corrispettivo reale, come un meridiano è una linea immaginaria ma utile, allo stesso modo potrebbero essere le proprietà delle cose.

Dall’individuo allo stato – La parabola di Hobbes

https://www.flickr.com/photos/66351465@N00/13888108157/

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Consigliamo Thomas Hobbes – Vita e Opere e Percorso di filosofia moderna di G. Pili


L’individuo è indirizzato ad una soddisfazione dei suoi desideri. Secondo Hobbes, l’egoismo individuale è universale e necessario e, di per sé, illimitato. Universale perché è comune a tutti gli uomini, necessario perché è determinato dalla nostra sola esistenza.

La libertà è la risultante delle forze resistenti alla possibilità di ciascuno. Essa è l’attività possibile, il potere dell’uomo di operare all’interno della realtà. Nella condizione di natura, l’uomo tende ad esercitare le proprie possibilità anche a scapito degli altri, qualora ciò sia necessario per la soddisfazione dell’istinto soggettivo. Dunque, lo scopo di ogni individuo è la ricerca del proprio bene, un bene che non ha nulla di astratto (morale cristiana) o determinato mediante una regola intersoggettiva (morale kantiana) né attraverso la conoscenza (morale platonico/socratica). Il bene è un oggetto capace di migliorare la condizione di un soggetto, dunque è qualcosa di concreto e, allo stesso tempo, di soggettivo che non si conquista a partire da una riflessione ma da un’azione pratica posta da un’intenzione non-razionale. Hobbes, prima di Locke e Hume, teorizza l’impossibilità della ragione nel determinare intenzioni, esse determinano la ragion-pratica, non viceversa.

Critica alla dottrina morale di Aristotele

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Consigliamo Aristotele, Vita e Opere e La felicità in Aristotele di G. Pili


Aristotele non ritiene che la conoscenza della vita quotidiana attenga alla ragione scientifica. La ragione ha la possibilità di conoscere ciò che è necessario, ovvero, ciò che è insostituibile per vivere, per arrivare a determinare un fine, la premessa per una definizione, la deduzione logica ecc.. Ma la conoscenza attiene sempre ad un’osservazione e, in quanto tale, decide ciò che capita più spesso.

Come osserva Aristotele, nell’etica non ci può essere posto per una trattazione interamente razionale della questione in quanto non è data conoscenza a priori dei fini particolari delle deliberazioni nella vita quotidiana: essi sono, assai spesso, unici, per ciò non oggetti di osservazione ripetibile. Da un lato, è vero, il fine sommo della vita umana è quella di essere felici. Ciò, certo, non è un’ovvietà, ma è anche vero che, generalmente, sono assai pochi che ne sono coscienti e assai pochi che davvero cercano umanamente di vivere una vita beata: è questione, guarda caso, di esperienza che siano assai pochi quelli in grado di condurre una vita felice.

La conoscenza di ciò che sta fuori di noi – La versione di Platone

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Consigliamo Una analisi della conoscenza in Platone e Percorso di filosofia moderna di G. Pili


La soluzione del problema “cosa significa essere-proprietà”, implica procedere in modo molto differente, a seconda di come si voglia intendere la materia. Abbiamo detto: da un lato si sostiene che le proprietà non esistono indipendentemente dagli oggetti, dall’altro, che esse sono indipendenti dagli oggetti e costituiscono la vera essenza di quelli.

Inoltre, è bene notare che il problema si articola in almeno due questioni: prima di tutto cosa significhi “esser qualcosa”. Da un lato, coloro che propenderanno per gli oggetti, concepiranno le proprietà come in sé inesistenti. Gli altri riterranno che le idee sono entità reali indipendenti dagli oggetti[1].

Perfezione o imperfezione nella filosofia antica, medievale e moderna

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Consigliamo Cosa è l’Essenza Capire la “Critica della ragion pura” di G. Pili


Un’altra delle cose che sempre si incontrano nella storia della filosofia e che mai viene spiegata è la questione della maggiore o minore perfezione delle cose. Infatti, da Platone, almeno, in poi questo è uno dei temi ricorrenti. Basti pensare a tutta la diatriba sul Dio come l’ente dotato di ogni somma perfezione e la sua relativa dimostrazione, nel medioevo e in tutta l’età moderna: problema di fatto accantonato solo agli inizi del novecento.

Ad ogni modo, cosa significa che una cosa è perfetta? Significa che una cosa è “compiuta”. Quando chiedo a mio fratello:

“hai finito i compiti?”

E lui: “Si, li ho finiti…”

Voglio sapere se ha portato a compimento il suo dovere. In questo senso “perfezione” è ciò che non abbisogna di altro per esistere, esso esiste, punto.

L’amore – Che parola oscura – Analisi di una parola

Megagreenleopard, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons

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Consigliamo Felicità nell’età Classica E’ giusto mettere al mondo un figlio? di G. Pili


“Vivo attaccamento per una persona, che ci fa desiderare il suo bene. || Intensa attrazione sentimentale o sessuale per persona di sesso diverso. || Nel pensiero cristiano, l’essenza di Dio che si manifesta anche nella creazione: Amor che muove il sole e l’altre stelle (Dante). ||  Carità verso il prossimo. || Desiderio, brama L’a. di potere, di denaro. || Attaccamento, vivo interesse per qualcosa: Avere, porre a. allo studio. || Di persona o cosa particolarmente graziosa.||”[1]

Queste definizioni sono prese da un buon dizionario, tuttavia esse sono molto povere di contenuto esplicativo. La parola “amore” è un termine molto vago e, per ciò, contiene dei significati abbastanza diversi, come si può vedere da queste definizioni. Innanzi tutto, non possiamo essere soddisfatti dai concetti del dizionario, se esso è vago o complesso. Dobbiamo cercare di raggiungere una chiarezza maggiore. Cercheremo di rintracciare un nucleo di significati comuni.

Tutto semplice! – Temi – costruzione “scientifica” di una teoria valutativa degli scacchi

Jimee, Jackie, Tom & Asha, CC BY-SA 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0>, via Wikimedia Commons

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Consigliamo – Il piccolo Cavaliere del Re degli Scacchi di C. A. Cavazzoni


“Scacco matto!” Disse il vecchio Evaristo con la mano tremante.

“Al diavolo… ma, alla fine, stavo meglio io…” Rispose acido l’altro signore anziano, Ernesto.

Evaristo e Ernesto erano amici da lunga data e amavano disquisire sulle varie posizioni. Se uno dei due vinceva, l’altro aveva da ridire sul motivo della vittoria. Da circa cinquant’anni andava avanti così. Quel giorno invece…

Sentimenti che ruotano attorno ai software di scacchi

No machine-readable author provided. Erachima assumed (based on copyright claims)., CC BY-SA 3.0 <http://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0/>, via Wikimedia Commons

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Consigliamo – Il piccolo Cavaliere del Re degli Scacchi di C. A. Cavazzoni


Capita che gli esseri umani vogliano misurarsi coi computer che hanno creato in qualche attività di tipo intellettuale, come quando si fa giocare il tal campione di scacchi contro un software scacchistico (…). Man mano che aumentano la potenza e le capacità dei calcolatori elettronici, molte persone si sentono rassicurate dal fatto che un campione del mondo di scacchi riesca ancora a battere il computer, e viceversa, avvertono una sorta di disagio se, invece, è la macchina a spuntarla. (…) Il fatto è che a molti dà fastidio l’idea che un computer possa essere più intelligente di noi.[2]

Francesco Berto

Attorno al computer scacchistico, vivono due generi di opinioni distinte e contrastanti: da una parte ci sono i “luddisti”, quelli che vedono nell’arrivo del computer la fine dell’intelligenza e la vittoria del meccanicismo negli scacchi. Generalmente i “luddisti” sono dei nostalgici e vorrebbero tornare all’ingenuità, persa con il computer.

Dalla letteratura scacchistica agli scacchi come fenomeno sociale

https://pixabay.com/it/photos/libro-occhiali-da-sole-scacchi-5541643/

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La letteratura scacchistica si può dividere in due categorie: la letteratura scacchistica tecnica e la letteratura scacchistica culturale. La letteratura scacchistica tecnica si può, a sua volta, suddividere in almeno altri due generi, a loro volta, partizionati: la letteratura tecnica del centro partita e la letteratura tecnica del resto. La prima può essere, a sua volta, divisa tra tattica e strategia; la seconda, invece, in aperture e finali. All’interno della categoria di letteratura tecnica, ai confini di essa, si situa la didattica.

La letteratura scacchistica culturale si divide, invece, in due categorie, perché questa grande classe di scritti è molto ampia i cui confini, però, non son netti: la letteratura culturale si divide in dissertazioni analitiche sul gioco e sulla storia.