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Categoria: Filosofia

L’ontologia de Il signore degli anelli

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1.1 Un mondo di fatti morali

Il mondo de Il signore degli Anelli è un mondo di fatti morali. Per comprendere la base metafisica di sfondo a tutta l’opera è imprescindibile fare mente locale su questa peculiare caratteristica dell’opera di Tolkien. Definiamo con ‘fatto morale’ una qualunque entità fisica alla quale corrisponde una proprietà che lo contraddistingue moralmente, come ‘buono’ o ‘cattivo’. Sicché ogni entità definita come parte del dominio degli oggetti presenti nell’universo tolkeniano, intesi sia come cose che persone, ha una chiara definizione morale. Si può dedurre che nessuna entità non è né buona né cattiva, ma è o buona o cattiva, o, al più, entrambe. La maggior parte delle cose dell’universo tolkeniano sono definitivamente buone o cattive, ma possono essere sia buone che cattive, in alcuni casi limitati. Le sfumature del buono o cattivo a livello di fatti sono, in realtà, assai poche ma importanti.

La guerra e la storia tra Nietzsche e Tucidide

Sul significato e l’origine dell’aforisma § 180 di Aurora. Nietzsche scrive:

«La guerra – Le grandi guerre del presente sono gli effetti dello studio della storia.»

Se è vero che Nietzsche teneva in altissima considerazione lo spirito dello storico Tucidide – ed è vero, poiché testimoniato dallo stesso Nietzsche nelle pagine del Crepuscolo degli idoli dedicate a “Quel che devo agli antichi” – allora crediamo di poter rintracciare la possibile origine di questo suo pensiero sulla guerra.

Capitolo 22. Agni

Prarthana1830590, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons

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Consigliamo – Di Francesco Margoni I veda – Capitolo 1


Agni, il Fuoco, è, per noi, che crediamo sentire come sentirono gli antichi, una delle metafore o delle figure più interessanti e affascinanti del pensiero vedico. In questo scritto, oltre a dire qualcosa per fissare la figura di Agni, proverò a spiegare alcuni motivi della nostra fascinazione per essa. L’inno di riferimento è I,145 dal Rg-veda.

Capitolo 21. Il Signore – l’Essere Supremo vedico

Prarthana1830590, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons

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Consigliamo – Di Francesco Margoni I veda – Capitolo 1


La sezione che ora affronteremo con un serie di pubblicazioni, la quarta del primo capitolo (titolato “Aurora e nascita”), posteriore a il preludio alla nascita dell’essere, la parola e gli elementi, è dedicata alla chiarificazione della figura del Signore per la concezione vedica. “Chi è il Signore per i Veda?” è la domanda a cui cercheremo di fornire una risposta. Con il termine ‘Signore’ s’intende indicare, genericamente, un qualunque potere (divino) superiore al e indipendente dal singolo uomo, ovvero, non un dio particolare ma il concetto stesso di dio considerato nel modo più ampio possibile. I vari dèi vedici rappresentano il Signore, anche se ognuno è come lo vedesse da un angolatura differente: ogni dio racchiude in un simbolo un aspetto di quel potere superiore ed estraneo che è la divinità stessa. Ogni dio è insieme Dio e un aspetto di esso.

Perché non ero su facebook

I. Ass.Assumo che la vita privata di un individuo attiene solo all’individuo.
II. Def.: Vita privata: tutto ciò che riguarda le condizioni interiori di un individuo, dalle opinioni ai sentimenti. Tutto ciò che riguarda le condizioni interiori di un individuo riguarda ciò che egli è in quanto essere umano, e non come persona.
II.I. Def. Persona: entità definita in base a un ruolo sociale, passibile di diritti e doveri di natura sociale e legale.
II.II. Ass. Dignità individuale: ogni essere umano gode della dignità di esistere e la dignità prescrive dei doveri etici.
II.III. Ass. Violazione della dignità: posto (II.II) nessun essere umano può privare o limitare la dignità dell’altro senza privare o limitare la propria.
NOTA: Sicché tutti coloro i quali violano la mia dignità sono passibili di ritorsione e sono eticamente condannabili.

Capitolo 20. Gli elementi

Prarthana1830590, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons

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Consigliamo – Di Francesco Margoni I veda – Capitolo 1


Esauriremo in una sola pubblicazione il tema degli elementi costituenti il cosmo secondo il pensiero dei Veda. È fondamentale dire qualcosa su questo tema poiché comprendere la concezione vedica degli elementi è comprendere, almeno in parte, la concezione del mondo naturale, e questa è necessaria per chiarire la visione dell’uomo e del dio, essendo la comprensione del mondo di per sé comprensione dell’orizzonte all’interno del quale gli uomini e i loro pensieri necessariamente si muovono.

Autorità e prestigio – Una analisi di un fenomeno sociale

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Consigliamo Storia della guerra fredda Storia dei movimenti politici


L’autorità è una parola che oggi come oggi piace poco. In un’epoca in cui regna sovrano lo scetticismo, sembra impossibile pensare all’esistenza di autorità di qualunque natura esse siano. Alla parola ‘autorità’ si associa sempre qualche personaggio storico a noi poco gradito: qualcuno pensa ad un politico, qualcuno pensa a un religioso, qualcun altro pensa ad un guru sociale. A ognuno la sua autorità sgradita. In particolare, negli scacchi hanno sempre dominato tre generi di autorità: i teorici, i campioni e, più nascosti, i burocrati. Per chi voglia le definizioni di queste tre categorie, dovrà aspettare qualche riga. Due domande: oggi esistono ancora delle autorità? Ma, soprattutto, chi sono le autorità?

La seconda domanda è di importanza capitale, perché si parla spesso di autorità di questo e di quello, senza definire in alcun modo il termine. Inoltre, non è possibile fornire una risposta qualunque alla prima domanda, se non si è preliminarmente definita l’autorità. Si dà spesso per scontata la conoscenza dei termini alla base delle argomentazioni, solo perché la loro investigazione richiede molto più sforzo e tempo. Oppure perché si è talmente invogliati a parlare del tema caldo, che ci si dimentica il lavoro preliminare, come chi alza la vela senza aver mollato il cavo dell’ormeggio. Avanza, ma poco e rischia di perderci la barca.

Il paradosso di Berry e il paradosso di Richard: soluzioni per ciascuno

“Sia dato un linguaggio qualsiasi (ricordiamo, con un numero finito di caratteri). L’insieme di tutte le proposizioni simboliche con meno di 100 caratteri è finito. Di esse, alcune definiscono numeri naturali, come <<il numero che sommato a 5 fa 7>> (che ha 30 caratteri, inclusi gli spazi). Consideriamo l’insieme di tutte le proposizioni simboliche con meno di 100 caratteri che definiscono numeri naturali. Tale insieme è finito e definisce sempre un numero finito di numeri naturali. Sia m il più grande di tali numeri. Allora la proposizione <<il numero naturale successivo al più grande definibile con meno di 100 caratteri>> definisce il numero naturale m+1 e ha meno di 100 caratteri (per l’esattezza 80). Assurdo”. Esso è noto come “paradosso di Berry”, ma non si tratta davvero di un paradosso, se con tale termine intendiamo un assurdo inevitabile (che è ciò che abbiamo convenuto). Soffermiamoci sull’affermazione “tale insieme è finito e definisce sempre un numero finito di numeri naturali”. Cosa si intende qui per “definisce”? Se il linguaggio è semantico può essere capace di definire con poche frasi un numero anche infinito di enti matematici; un esempio si ha nella stessa definizione di un qualsiasi Sistema assiomatico formale (non banale), in cui, servendosi di metamatematica, vengono definiti infinite proposizioni e teoremi. Gli stessi, infiniti, numeri naturali sono, evidentemente, definiti mediante un numero finito di caratteri; si ammetterà che è cosí se si ammette che è possibile definirli! Ci si sta riferendo, dunque, a un tipo limitato di “definizione”, un tipo in cui non sono ammesse “circolarità” o retrospezioni. L’ultima frase del “paradosso”, invece, definisce un numero usando una retrospezione, cioè con criterio differente. Si confondono, pertanto, diversi livelli d’interpretazione. Un esempio concreto chiarirà del tutto la questione. Se si usano i caratteri alfa-numerici, le possibili sequenze ordinate di tali simboli con una lunghezza minore di 100 caratteri sono tantissime, ma finite. Supponiamo di voler definire, mediante alcune di tali combinazioni, un numero finito di numeri naturali. Il criterio per farlo può variare ad arbitrio, dipendendo dalla lingua usata e/o da ogni altra nostra preferenza. Per esempio, è probabile che si decida di assegnare ogni stringa del tipo “00…01” al numero 1, cioè al successore di 0. Anche “il successore di 0″, se siamo italiani, sarà probabilmente considerata una definizione di 1. Uno stesso numero, dunque, potrà avere più di una definizione; mentre, per semplicità, possiamo stabilire che ogni proposizione definisca al più un solo numero naturale[1]. Immaginando di passare in rassegna tutte le possibili combinazioni, è del tutto probabile che ne scarteremo parecchie: alcune, in quanto prive di un significato convenuto (come <<ahT_l&Kak>>), altre perché si riterrà che non definiscono numeri naturali (come <<il gatto non ha digerito il topo>>). Ovviamente, nulla ci vieta di convenire che certe stringhe più o meno strane, come <<il mio numero fortunato>> o <<il numero dei vizi capitali>> definiscano certi numeri naturali. Prima o poi, ci imbatteremo nella misteriosa sequenza: <<il numero naturale successivo al più grande definibile con meno di 100 caratteri”>>. Che fare? Ammetteremo che Antonio decida di non associarvi alcun numero, mentre Francesca, forse in base a certi studi, la considererà la definizione di un determinato naturale, per esempio di 239987. Terminato il nostro lavoro, riconsideriamo la frase convenendo che il suo termine “definibile” si riferisca, appunto, al nostro lungo e meticoloso lavoro. Se si ammette così, essa definisce adesso un indiscusso naturale, sia per Antonio che per Francesca. Il punto fondamentale è che, per entrambi, la frase possiede ora un valore semantico differente da quello prima considerato: infatti Antonio non vi aveva associato alcun numero, mentre Francesca un numero che, come si può immediatamente riconoscere, non può essere lo stesso. Per entrambi, non c’è modo di correggere le convenzioni in modo da far coincidere i due numeri, ovvero i due diversi valori semantici.

Capitolo 19. La tragica origine del cosmo e della Parola

Prarthana1830590, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons

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Consigliamo – Di Francesco Margoni I veda – Capitolo 1


Con la considerazione dei seguenti passi: Brhadaranyaka-upanisad (I,2,4-6;III,7,17e9,24-25) e Chandogya-upanisad (III,18,3;VII,2,1), intendiamo, in realtà e a dispetto del titolo incompleto, presentare prima un interessante ed eccentrico racconto della nascita della Parola, e poi la particolare concezione delle Upanisad rispetto alla parola (vac), intesa più come linguaggio che Parola o rivelazione.

Contro il pregiudizio sull’arte contemporanea

Articolo pubblicato sul numero 35 della rivista NUOVA META (rivista di critica delle arti fondata da Piero Maffessoli e diretta da Claudio Cerritelli) e titolato Contro il pregiudizio sull’arte contemporanea.

Proponiamo al lettore una riflessione sui modi della fruizione e comprensione propri dell’arte contemporanea, tesa ad argomentare la tesi che una certa credenza, ch’andremo a specificare, è pregiudiziale.