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Categoria: Filosofia

8. Con Kant oltre Kant: perché l’esportazione della democrazia non si può fondare sull’idea della pace perpetua

 

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Chiudiamo questo articolo con un breve paragrafo sull’esportazione della democrazia, una ragione recente per muovere guerra e dare una parvenza di legittimità ad un atto che, nel diritto internazionale, a quanto ci risulta non è previsto. Considereremo solamente quanto Kant ha da dirci in proposito.

Definiamo con ʽesportazione della democraziaʼ un’attività militare di uno stato a contro uno stato b perpetrata al solo fine da parte di a di cambiare la forma di governo di b in una forma di governo democratica: il termine dell’azione militare dovrebbe avvenire una volta che lo stato b ha mutato la sua forma di governo in una democratica che rispetti le condizioni dettate da a. Fornita questa definizione preliminare, senza scendere nei dettagli delle modalità militari e istituzionali mediante cui questa ʽesportazioneʼ dovrebbe avvenire, possiamo procedere senza ulteriore ambiguità.

7. Considerazioni sull’attualità del progetto di Kant

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La prospettiva politico-morale kantiana rimane indubbiamente uno dei vertici della filosofia politica mondiale e, oggi, globale. Il fatto stesso di esser riuscito a presentare un ideale concreto per l’azione politica e astratto per la ricerca filosofica è indice di una grandezza rara nel panorama filosofico in questione: Marx, probabilmente, è uno dei pochi che, quanto a diffusione negli studi e nella pratica, può essere eletto a rientrare in confronto con Kant. Quale dei due possa vantare il primato non spetta a noi dirlo, ma di fatto l’ONU costituisce una realtà ancora esistente e potenzialmente migliorabile, per l’instaurazione di un possibile scenario kantiano a differenza del comunismo reale che, almeno nelle sue realizzazioni concrete, non sembra essere riuscito a mantenere molte promesse, se anche solo si voglia considerare la pace perpetua come scopo finale dell’azione politica.

6. Il ruolo del filosofo all’interno del progetto della pace perpetua

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Il filosofo non deve essere un politico, per Kant. A differenza che la visione platonica, la prospettiva kantiana integra il filosofo all’interno del problema politico non dall’interno ma dall’esterno. Il ruolo del filosofo deve essere quello di guida, di innovatore e chiarificatore delle idee del politico, il quale non dispone del tempo sufficiente per elaborare nuovi progetti e nuove ideologie politiche. L’argomento può essere riassunto in questi passi:

a. Gli uomini di stato sono interessati alla conoscenza delle massime morali sulla pace.

b. Gli uomini di stato abbisognano di conoscere le massime morali circa le condizioni che rendono possibile la pace interstatale e intrastatale.

c. Gli uomini di stato non hanno tempo per elaborare le risposte migliori.

d. Il giurista non si pone i problemi dello sviluppo del diritto ma lo utilizza esclusivamente in sede di amministrazione della giustizia.

Pertanto

e. Solamente i filosofi possono fornire le indicazioni su quali progetti politici sono in linea con lo scopo morale finale, che è quello della pace interstatale e intrastatale.

 Il corollario del punto (e) è il seguente:

 f. Il dibattito pubblico filosofico deve essere lasciato libero da intromissioni da parte della politica.

5. Politica e morale: la prospettiva kantiana

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Il contrasto tra la politica e la morale è di natura di principio piuttosto che pratica. Il fatto che la politica nella pratica disattenda continuamente i principi morali sembra che possa costituire la base per un argomento di questo tipo: se la politica nella pratica esclude sempre o per lo più la morale, allora è impossibile un’azione politica morale se non in casi trascurabili. Questa ragione pratica dell’azione politica sembra indicare che la strada della morale e della politica sia perlomeno antitetica, o, comunque, nella prospettiva della morale kantiana, cioè fondati sugli imperativi della ragione (imperativi morali ovvero imperativi categorici): nella prospettiva humeana, invece, le due cose si conciliano proprio perché il desiderio comanda su ogni altro aspetto e il freno ai desideri è solo dovuto ad un calcolo prudenziale e non ad una ragione finale. Per tanto, Kant si rende conto che un simile argomento può inficiare chiaramente il suo progetto politico, proprio in quanto fondato su uno scopo che è eminentemente morale: la ricerca della pace (come abbiamo visto proprio alla fine del precedente paragrafo). Caduta la possibilità di considerare la comunità come unico scopo dell’azione politica, che si rende così morale, la stessa prospettiva kantiana ne uscirebbe fortemente ridimensionata: per lo meno, dovrebbe mostrare perché un politico dovrebbe scegliere ogni strada per la pace anche quando questa sia svantaggiosa rispetto ad un’azione militare ed è un problema chiaramente tutt’altro che scontato.

4. La garanzia della pace perpetua: tre argomenti

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Kant sa che un progetto politico non può che essere attuabile, se vuole avere un senso. Per questo, dopo aver esposto gli articoli preliminari e definitivi, fornisce un argomento per dimostrare la possibilità della pace perpetua: essa, dunque, non soltanto viene presentato come un ideale morale ma anche come una possibile via politica effettivamente percorribile: per quanto lunga, esiste una procedura effettiva in grado di condurre l’umanità in una condizione di pace permanente.

3. Per la pace perpetua: articoli definitivi

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Come per gli articoli preliminari, non sarà fuori luogo riportare immediatamente gli articoli definitivi:

Primo articolo definitivo per la pace perpetua. La costituzione civile di ogni stato deve essere repubblicana.[1]

Secondo articolo definitivo per la pace perpetua. Il diritto internazionale deve fondarsi su una federazione di stati liberi.[2]

Terzo articolo definitivo per la pace perpetua. Il diritto cosmopolitico deve essere limitato alle condizioni di una ospitalità universale.[3]

Tenendo fermo il fatto che gli articoli definitivi richiedono che siano rispettati gli articoli preliminari, Kant pone un ulteriore vincolo intrastatale per la costituzione della pace perpetua: la costituzione civile di ogni stato deve essere repubblicana:

In una costituzione, invece, in cui il suddito non è cittadino e che quindi non è repubblicana, la guerra è la cosa più facile del mondo, perché il sovrano non è membro dello stato, ma ne è il proprietario e nulla perde dei suoi banchetti, delle sue cacce, castelli, feste a corte ecc. a causa della guerra, e la può quindi dichiarare come una specie di partita di piacere per cause insignificanti…[4]

1. Struttura de Per la pace perpetua Un progetto filosofico di Immanuel Kant

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Il progetto politico kantiano presentato in Per la pace perpetua. Un progetto filosofico di Immanuel Kant si struttura in due parti (Parte prima, che contiene gli articoli preliminari per la pace perpetua tra gli stati; Parte seconda, che contiene gli articoli definitivi per la pace perpetua tra gli stati), con due supplementi (Primo supplemento. Della garanzia della pace perpetua; Secondo supplemento. Articolo segreto per la pace perpetua) e due appendici (Appendice (I). Sulla discordanza tra morale e politica riguardo alla pace perpetua; Appendice (II). Dell’accordo della politica con la morale secondo il concetto trascendentale del diritto pubblico). Non si tratta di un’opera monumentale ma di un lavoro sintetico sui principi di organizzazione intrastatale e interstatale che siano in grado di costituire una comunità reale di stati uniti sotto un unico diritto internazionale e cosmopolita con lo scopo ultimo di pervenire ad una pace perpetua.

Forse l’abbiamo fatta troppo semplice!

Ti interessa la filosofia applicata agli scacchi? Un mistero in bianco e nero – La filosofia degli scacchi!


[Temi: Teoria della semplicità, costruzione teorica e ampliamento]

Semplice

“Allora, Evaristo. Il tuo sistema s’è rivelato fallace! Prendi questa posizione[1]: tocca al bianco che matta in due mosse. Il bianco controlla meno case ed è in svantaggio materiale. Secondo la tua teoria dovrebbe vincere il nero e invece no!” Disse Ernesto soddisfatto.