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Categoria: I Grandi Temi della Filosofia

In Memoriam

[Nota dell’autore. Ho iniziato a pubblicare interventi nel Web nel gennaio 2007, sul blog di un filosofo italiano, e successivamente sono intervenuto anche sui rispettivi blog di due matematici italiani. Ho sempre considerato tale attività alla stregua di una missione a beneficio dell’intera collettività (anche quando le reazioni esplicite dei lettori ai miei interventi sono state abbastanza provocatorie o piuttosto sporadiche…). È con siffatto spirito che propongo questo nuovo articolo in ScuolaFilosofica.]

Il 5 Marzo 2024 ricorrevano 30 anni dalla morte del matematico, logico e scacchista Roberto Magari. Nel mio articolo Considerazioni diverse sulla presenza di Dio ho già parlato di lui.

Ho trovato un filmato che mostra Roberto Magari insieme al suo amico Mario Leoncini, dove il Nostro esprime una breve meditazione sulla morte, basandosi su ben determinate opere letterarie:

Nei giorni scorsi ho avuto uno scambio di messaggi e-mail con il Maestro di scacchi e storico degli stessi Mario Leoncini, il quale mi ha riferito quanto segue. Il breve filmato risale al novembre 1993, pochi mesi prima della morte di Roberto Magari. Come appare evidente, egli era in una fase avanzata della sua malattia. Le riprese si svolsero nella località toscana di Monti in Chianti, vicino al torrente Arbia, presso una casa colonica adibita a luogo di svago e di studio.

Defining Intelligence as a Cognitive Capacity – A Reply to a Reader

https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Diagram_of_the_brain._Wellcome_L0008294.jpg

How do you define intelligence in the cognitive domain?

I never delved deeply into the intelligence-mind problem. Defining intelligence is a slipper problem and, in my opinion, not necessarily very interesting. Moreover, there is too much talk about it, which shows that we are possibly hitting a wall. When I first read Turing and approached the philosophy of mind, I never believed there was much promise in that space (definition of intelligence) for many reasons. One reason is the significant confusion about what we can confidently claim to know versus what remains unknown or not fully understood from the neurobiological perspective. When Turing tackled the topic, he simply demonstrated that intelligence essentially boils down to performance when it can be concretely defined. In other words, if x produces y, and if a human would produce y in a manner that we, as humans, would deem intelligent, then x is intelligent (thus, the trick lies in constructing a transitive argument for comparison, etc., which is fair enough for programmers or pure logicians attempting to create some form of computing machine). Turing was very candid in setting limits to the thought experiment. I believe that intelligence pertains to a certain type of performance that necessitates specific properties at the causal level.

[I] If S produces x through I, where I has causal capacity such that x is not produced by chance and x achieve a solution for a given problem, then S is intelligent.

A Pluralistic Understanding of Time – Time as Eternal truths

Abstract

‘Time is said in many ways’, to paraphrase Aristotle. In this essay, time is comprehended in four distinct yet parallel ways: subjective time, event time, conventional time, and landscape time. Subjective time measures the interval between two subjective experiences recorded by memory. Event time represents the order of events involved in a process. Conventional time is the measurement of a given physical interval registered by a clock and intersubjectively assumed as common. Landscape time refers to the current disposition of all changing facts in the universe. These four types of time are independent and autonomous from one another, as the essay will demonstrate. Although distinct, these time types can be related, collectively contributing to our understanding of the concept of time and how we use the term in language. The conclusion supports a pluralistic view of time, where time is partitioned into four categories, each explaining a distinct portion of reality.


Introduction – Time in the History of Philosophy

Time was not a major concern of the Greek-Roman philosophical tradition. From one side, time was conceived as the form of the appearances, that is of what it does not exist. Parmenides, essentially, banned time from his ontology, as the only things that exist is ‘the being,’ which was to be intended as eternal, meaning a-temporal, an object that does not change, hence does not exist in time.[1] Any subsequent metaphysical approach which endorsed implicitly or explicitly any form of Parmenidean ontology (something that does exist in its perfection because it never changes) is, in a way or another, banning time in a very fundamental sense.[2] Both Plato and Aristotle essentially (here intended ‘literally,’ i.e. in their understanding of what ‘really exists’) endorsed Parmenides’ vision. For some interesting reasons, today this notion is called ‘Platonic,’ but the conception of a perfect unchanging being independent from how things look like in and through time is, in fact, originated by Parmenides.

Pasquale Vitale – Filosofia Medievale

Filosofia Medievale. Storie, opere e concetti. I saperi fondamentali che hanno plasmato la società occidentale (Diarkos)

Al fine di rivelare i fondamenti della società occidentale moderna, sviscerandone le basi di pensiero per comprenderne a pieno l’essenza, è buona norma far poggiare i propri sforzi di studio sui grandi nomi della trattatistica filosofica medievale. Una prospettiva compendiale del settore della medievalistica, puramente filosofica, richiede di concentrare le principali teorizzazioni di pensatori diversi, anche piuttosto distanti nel tempo e nello spazio, al fine di rivelare una soggiacente base comune concorrente alla formazione, in diacronia, del pensiero occidentale.

Petrarca, madrigale RVF 121: una sinossi filologica e un inquadramento delle problematiche

Nota metodologica circa le problematiche riguardo la tradizione manoscritta del madrigale petrarchesco RVF 121 per mano di messer Pietro Bembo nel ms. Vat. Lat. 3197.

Avvertenza: Il presente lavoro, di ecdotica e analisi comparata e in compendio del madrigale RVF 121 nell’insieme delle testimonianze, manoscritte e a stampa, parte da un’operazione paleografica[1] del componimento sulla base di manoscritti rilevanti delle varie fasi della gestazione del Canzoniere.[2] In fase paleografica si è tentato di rimanere quanto più fedeli possibile a quanto attestato sul manoscritto di partenza. Non avendo tuttavia un intento di edizione diplomatica nel presente lavoro, quanto più interpretativa, le trascrizioni paleografiche di seguito presentate hanno subito emendazione rispetto i seguenti fenomeni: il contoide fricativo labiodentale sonoro /v/, la cui grafia è resa con quella del vocoide posteriore alto /u/, è emendato alla grafia moderna [v]; il contoide affricato dentale /ts/ o /ds/, la cui grafia è resa con quella del contoide fricativo palatale sordo /ç/, è emendato alla grafia moderna [z]; qualsivoglia grafema che nel manoscritto sia sottinteso mediante l’impiego grafico di un titulus è reso graficamente tra parentesi tonde; la punteggiatura, qualora non si sia fatto riferimento a un’edizione interpretativa, è disposta dall’autore dell’articolo sulla base delle scelte effettuate da Gianfranco Contini (1964).

L’esploratore Daniele Castiglioni, ed il Progetto “Acque siberiane”

Recensione d’estetica per l’esploratore Daniele Castiglioni, in occasione del Festival “20 di Siberia”: 2003-2023, da lui organizzato in Ottobre a Tradate (VA)

DANIELE CASTIGLIONI ED IL VECCHIO CANALE (FRA I FIUMI OB ED ENISEJ)

Daniele Castiglioni ha percorso a remi il vecchio canale che congiungeva (con l’aiuto d’un affluente naturale) i fiumi Ob ed Enisej. Alla fine egli compirà una vera performance, contro le difficoltà del momento. Infatti d’estate le acque possono calare di molto, le zanzare colpiscono improvvisamente a sciami, i tronchi abbandonati a se stessi occludono le strettoie, i remi un po’ alla volta si logorano ecc… Naturalmente, c’è anche la difficoltà di trovare un punto di ristoro, fra i piccoli paesi lontani per centinaia di chilometri.

(courtesy to Paolo Meneghetti)

VENERE IN CORNICE – Il treno della chiocciola che “sbuffa” dall’oro / The train of a snail which “puffs” from the gold

Simonetta Tassinari ci ricorda l’esperimento mentale del picnic in montagna. All’inizio si radunano alcuni sconosciuti, comprendendovi sia delle coppie sia dei single. Condotti per un…

La felicità secondo Kant – La felicità di compiere liberamente il proprio dovere


La filosofia di Immanuel Kant è giustamente considerata una delle massime espressioni dell’illuminismo europeo e, più in generale, uno degli apici di tutta la storia della filosofia. Non è certamente un caso che il grandissimo compositore tedesco, Ludwig Van Beethoven, di pochi anni successivo a Kant ne apprezzasse le opere. L’autore dell’inno alla gioia che, poi, diverrà l’inno europeo, lesse la Critica della ragion pratica, fondamentale opera morale kantiana, e ne apprezzò profondamente il pensiero.

La filosofia morale di Kant si impose rapidamente come un nuovo modo di riflettere su antiche questioni e Kant stesso esplicitamente disse più volte che lo scopo intero della sua filosofia era una rigorosa fondazione della morale. Questo chiaro interesse è già presente nella Critica della ragion pura, testo non dedicato alla morale ma alle possibilità e i limiti della nostra capacità di conoscere, opera monumentale e precedente alle opere morali. Kant già introduce il tema morale nella celebre prefazione alla seconda edizione della prima critica, il cui scopo non era affatto di natura squisitamente morale ma: “…quello di sottrarre la metafisica ad ogni influsso dannoso, identificando le fonti dei suoi errori”. Il grande filosofo di Königsberg, città dell’allora Prussia, però già guardava ai problemi più profondi dell’interiorità umana.

Academic espionage e guerra per le risorse

 

Introduzione

In questa riflessione, cercherò di ricostruire alcuni fenomeni legati sia all’intelligence (in particolare, academic espionage) sia all’innovazione tecnologica, mostrando come le Università ed i centri di ricerca siano e potranno essere sempre di più obiettivi caldi per chi intende appropriarsi del know how sviluppato in un certo paese. L’intelligence accademica non è un fenomeno nuovo, come non lo è certamente farsi la guerra per appropriarsi delle risorse e delle tecnologie altrui, tuttavia, ad un certo punto della storia umana, qualcosa sembra essere profondamente cambiato. Le risorse naturali si sono avvicendate, nel corso della storia, per importanza e criticità, seguendo non solo lo sviluppo economico ma anche quello geografico. Tuttavia, non è più possibile pensare che vi sia un Pizarro, un Magellano, un Colombo a scoprire nuove terre ricche di risorse già utilizzate o in grado di fornirne di nuove. Mentre i viaggi nello spazio sono ancora inefficaci per il recupero di risorse, l’essere umano si è calato nelle profondità oceaniche, nelle viscere della terra ferma e ha catturato l’energia del sole e del vento. Tuttavia, nessuna di queste risorse sembra aver posto fine alla lotta per l’abbondanza, la sazietà e la prevaricazione sugli altri. L’altra frontiera su cui ci siamo mossi è stata quella tecnologica, che ha permesso, soprattutto a partire dalla fine del XVIII secolo, uno sviluppo straordinariamente rapido. Ma a fianco di tutte le scoperte scientifiche, i progressi tecnologici e i benefici derivati, nessuna tecnologia al momento permette di raggiungere quell’utopico fine che è la rassicurante abbondanza per tutti e per sempre. In mancanza di questa, le armi continuano a flagellare il mondo con il loro sinistro rombo, mentre, più silenziosamente, soggetti insospettabili agiscono nei corridoi delle università, dei poli di ricerca, dei centri per l’innovazione, dotati, anche solamente, di un telefono cellulare. Ma per cosa bisognerebbe combattere? Se petrolio, gas, uranio e metalli vari, per esempio, sono sempre al centro dell’attenzione, non è affatto scontato che saranno altre le risorse per cui varrà la pena, tanto cinicamente quanto innata nello spirito umano, di andare a prendersele con la forza.