Entrando nella basilica dei SS. Nazaro e Celso di Brescia e procedendo sul lato di sinistra della navata, a ridosso del secondo altare decorato in marmo, si ammira la pala del Moretto del 1534, L’Incoronazione della Vergine coi Santi Giuseppe, Francesco, Nicola e l’Arcangelo Michele (illustr. 3).
Natural language and set theoretical and formal logic reductions – A philosophical account
A sheer love for propositions – An obsession with analytic philosophy, logics and mathematics
Analytic philosophy was born out of the general problem of solving metaphysics through a careful diagnostic of natural language. After the early days of formal logics and set theory with Boole and Cator, Frege and Russell arrived at the conclusion that natural language spontaneously produces irreducible paradoxes such as the liar and the sorites paradoxes. Through the length of these paradoxes, they concluded that traditional metaphysics was a gigantic mistake, formulable as it was under mistaken conception of language. The idea was ingenuous and simple to grasp. If I use very bad components and tools, I can only produce flawed engines, whose appearance is similar to a working engine until we check it. This ‘diagnostic’ approach to philosophy is as old as the Greeks, who were the first to outline different ways to ‘unveil life-threating mistakes through reasoning’. This was firstly tried in the realm of ethics, especially during the Alexandrine philosophies.[1] Wildly differently, this was tried again by the founding fathers of analytic philosophy.
Frege elaborated an entire philosophical system out of a new conception of logics applied to semantics through the instruments of the ‘new’ developments in formal logic, a Leibnizian ideal language through which all problems could be formulated and, then, solved by ‘brute force’ calculations.[2] In this broad category I am including set theory – in fact, it is arguable that formal logics and set theory cannot even be thought independently in the human mind.[3] In the following writing, I will consider set theory as the broad category including naïve set theory and Zermelo-Frankel theory plus the axiom of choice (ZFC).[4] It could be a matter of contentious, but set theory is, itself, a parallel endeavor that overlaps with the development of formal logic as we know. Moreover, set theory and formal logics are intended to mirror one another, where the sets are intended to be the object-domain of the propositions formulable in a formal language.[5] Set theory and formal logics tied together for solving all the natural language’s problems posed to human understanding, or so the founding fathers of analytic philosophy believed.
7. Whereof one cannot speak, thereof one must be silent.
Ludwig Wittgenstein – Tractatus Logico-Philosophicus
What we are supplying are really remarks on the natural history of human beings; we are not contributing curiosities however, but observations which no one has doubted, but which have escaped remark only because they are always before our eyes.
Ludwig Wittgenstein – Philosophical Investigations
Il secondo Wittgenstein non è una descrizione definita costruita con un nome proprio per indicare una persona che sia diversa dal ‘primo Wittgenstein’ (ad esempio, Plinio il Vecchio e Plinio il Giovane oppure Strauss padre e Strauss figlio, tutte diciture vagamente misleading che complicano la vita alle persone dotate di un’intelligenza che di natura non penetra nell’inutile gergo degli addetti ai lavori). Al contrario, la persona è sempre la stessa ma la dicitura vorrebbe indicare che proprio quella stessa ed unica persona ha “cambiato così tanto parere” che si può parlare di una seconda fase del suo pensiero. Quindi esiste un primo e un secondo Wittgenstein, le cui differenze risiedono proprio in qualche cosa che le Philosophical Investigations (Ricerche filosofiche) avrebbero posto in discussione: ‘in che senso usi la parola pensiero quando dici che il primo Wittgenstein ha un pensiero diverso dal secondo?’ [Se vuoi scaricare il file in pdf., vai qui]
Nella parte iniziale del classico Che cos’è la matematica?. Introduzione elementare ai suoi concetti e metodi [1941, io utilizzo la sesta impressione Boringhieri 1985, con Prefazione della didattica della matematica Emma Castelnuovo (1913-2014), figlia del matematico Guido Castelnuovo (1865-1952, noto soprattutto per i suoi importanti contributi nel campo della Geometria Algebrica, gli è intitolato l’Istituto Matematico dell’Università La Sapienza di Roma, dove io ho studiato e conseguito la laurea)], gli autori, i matematici Richard Courant (1888-1972, allievo e collaboratore dell’insigne matematico David Hilbert) e Herbert Robbins (1915-2001), scrivevano: «Come espressione della mente umana, la matematica riflette la volontà attiva, la ragione contemplativa e il desiderio di perfezione estetica. I suoi elementi fondamentali sono la logica e l’intuizione, l’analisi e la costruzione, la generalità e l’individualità. Tradizioni diverse potranno mettere in evidenza aspetti diversi, ma è soltanto la reazione di queste forze antitetiche e la lotta per la loro sintesi che costituiscono la vita, l’utilità e il valore supremo della scienza matematica. […] Fortunatamente, la mente creatrice dimentica le opinioni filosofiche dogmatiche ogni volta che esse ostacolerebbero le scoperte costruttive. Così per gli studiosi come per i profani, non è la filosofia ma l’esperienza attiva che sola può rispondere alla domanda: Che cos’è la matematica?» (pp. 27-32).
«Che cos’è la matematica? […] La matematica è fondamentalmente una attività dello spirito umano, che si interfaccia continuamente con problemi che all’uomo si presentano e che l’uomo si pone, che si sviluppa con una sua dinamica specifica e con procedure in cui la razionalità, e la logica in particolare, gioca un ruolo essenziale. […] Essendo la matematica un’attività, è solo l’esperienza attiva, il fare matematica, che ci può far capire davvero che cos’è la matematica».
Questo saggio non vuole riportare l’intera ricerca di Kurt Gödel (1906-1978). Quanto mi propongo di fare è soltanto presentare i risultati di mie recenti letture di alcuni testi filosofici del maggiore logico del XX secolo. Infatti, il risultato principale consiste sostanzialmente nella contemplazione di una posizione filosofica estremamente precisa e delineata. Dato il fatto che il pensiero di Gödel è espresso in modo chiaro e distinto, mediante uno stile argomentativo rigoroso, denso ma pienamente comprensibile, il mio invito è quello di dedicarsi alla lettura diretta dei testi del logico, ancor prima di andare a guardare nel grande mare di una letteratura piuttosto tecnica e non sempre soddisfacente.
Kurt Gödel (1906-1978) è stato uno dei più grandi matematici del XX secolo. Si può dire, parafrasando Churchill, mai così tanti presero così tanto ad uno soltanto. Infatti, Kurt Gödel è ancora oggi una delle celebrità intellettuali più citate e probabilmente più ignorate allo stesso tempo. Questo paradosso, invero assai diffuso in certi ambienti, è dovuto al fatto che le sue dimostrazioni (soprattutto i due celebri teoremi di incompletezza) hanno oscurato totalmente ciò che viene prima e dopo, cioè il suo pensiero filosofico. Per tale ragione, dunque, Gödel risulta tra i più citati in senso lato ma più ignorati in senso stretto.