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Categoria: Economia

Foreste: una questione (urgentemente) geopolitica

Sommario

Riprendiamo da dove ci eravamo interrotti… 2

Le foreste di Venezia: una questione di interesse nazionale. 3

In sintesi 9

Le Foreste italiane: un mosaico di biodiversità. 9

In sintesi 10

L’Italia, l’Europa e le foreste. 10

Strategia Nazionale delle Aree Interne. 11

Strategia Forestale Nazionale. 14

In sintesi 15

Foreste e nuove tecnologie. 15

In sintesi 17

Conclusioni 17

Bibliografia scientifica sulle foreste. 18

Riprendiamo da dove ci eravamo interrotti

Qualche anno fa, a quattro mani, scrissi un breve articolo sul ruolo delle foreste naturali in chiave geopolitica. Il titolo: “L’ultima sfida globale: le grandi foreste naturali” lasciava presagire, forse in maniera fin troppo suggestiva, quale fosse l’interpretazione che si intendeva dare della questione, altrimenti molto più legata alla fisica o alla biologia, delle foreste.

Business Plan: 35 milioni di ragioni per farlo

Free Pic. AutTumisu: https://pixabay.com/it/illustrations/business-plan-2061634/

Introduzione

Qualche giorno fa, mentre la calura di un’estate che in Italia ha tardato ad arrivare, vittima di un mio non nobile vizio, con un sigaro acceso, mi sono imbattuto in un Business Plan (BP). L’ennesimo che, in pochi anni, mi trovo ad ogni angolo di posta elettronica. E mi sono domandando: ma quale è la storia di un BP?

Start up innovative – Speculazioni, geopolitica e paradossi economici

Foto di Gerd Altmann da Pixabay

Questa storia chiamerà in causa leggi, mercati azionari, antichi regnanti, economisti inglesi dell’età vittoriana, Paesi in competizione fra loro per avere un ridotto vantaggio l’uno sull’altro ed anche misteriosi animali mitologici. Credo che sia una buona ricetta per discutere di qualcosa che, altrimenti, sarebbe estremamente tecnico. Chiarisco fin da subito due caveat chiave di questa riflessione: in primis non sarà necessario passare in rassegna tutti gli interventi normativi statali, regionali o comunitari che riguardano le start up innovative (e che includerebbero anche le PMI innovative) e in secundis non fornirò alcun giudizio di valore sui singoli provvedimenti o decisioni dei Governi. L’obiettivo è anzitutto quello di mettere a sistema alcuni strumenti dell’analisi politica, normativa e giuridica, geopolitica, economica ed infine storica.

E questa storia prende le mosse, direbbero, in medias res, quando, a quasi un anno dal suo insediamento a Palazzo Chigi, il Governo guidato da Mario Monti approvava ad ottobre 2012 il primo decreto-legge sulle start up innovative[1].

Salario Minimo… all’Italiana!

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Tutti sanno che in Italia gran parte delle aziende si può ben definire una “azienda di famiglia”, ovvero dove i dipendenti sono principalmente congiunti di primo grado di parentela con il proprietario. Esistono anche relazioni più sottili indotte dal genere di assunzione (ad esempio, in molte banche si preferisce assumere persone che sono direttamente parenti con altri dipendenti della stessa banca). Non mi addentrerò nella disamina di questo secondo caso perché riguarda la modalità di assunzione ma non la ragione dell’assunzione. Vorrei invece mostrare perché il salario minimo, che sembra una buona idea, induce a dei curiosi paradossi. Non solo. Ma come questi “paradossi economici” vengono poi infatti aggirati e incoraggiati in altro modo in Italia e, dunque, perché le aziende familiari sono preponderanti. E la tesi è semplicissima: le aziende familiari italiane non hanno salario minimo per tutti i lavoratori che sono congiunti di primo grado. Un disclaimer prima di iniziare. Il mio intento è dimostrativo non doxastico. Non ho alcuna intenzione di difendere pareri emotivi né mi sentirò di rispondere a nient’altro che ad argomenti, come è mia consuetudine. Inoltre, non mi interessa dimostrare la validità di alternative al salario minimo per come è configurato in Italia perché l’onere della prova non sta a me, ma a chi sostiene la presenza di un salario minimo di tipo italiano e, allo stesso tempo, non ne accetta le conseguenze. Dato il fatto che l’onere della prova sta a chi produce i paradossi, e non in chi li denuncia, mi auguro di aver chiarito il mio punto di vista.

Capire che cos’è il capitalismo

Trougnouf / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0)

Cosa è il capitalismo? Cercherò di scrivere questo breve testo nel modo più semplice e chiaro che mi è possibile. Infatti, credo nella necessità di far chiarezza per chi ha l’interiore necessità di capire e non di giudicare senza capire. Chi pensa di capire qualcosa senza entrare nel merito o è un ingenuo o è un illuso e in entrambi i casi non sta impiegando al meglio la sua ragione. A chi crede che basta sentire o emozionarsi per poter aver voce in capitolo ribattiamo che, se poi lui o lei tenta di articolare asserzioni motivate, allora ha già ceduto le armi alla ragione. Quindi qui offriamo ragioni e argomenti e chi cerca qualcosa di diverso, lui o lei è invitato a pascersi della propria sicurezza non garantita da solidi argomenti in altri luoghi del web, che sicuramente fanno meglio per lei o lui. Credendo fermamente nell’idea che nessuno meglio della persona sa cosa è meglio per lei, e se il suo meglio consiste nell’emozionarsi a costo zero, bene, qui ci sarà solo l’emozione del seguire un ragionamento. Con questa essenziale considerazione in mente, proseguo senza ulteriori indugi.

The mystery of capitalism is doing things with documents

Abstract

In this post I analyze briefly why the mastery of documents is a necessary art in the age of technology. Documents are indispensable for the very existence of capitalism and it is how we express our own capital. However, the nature of documents (their ‘ontology’) is quite complex but it can be easily understood with a bit of curiosity and perseverance. Finally, I will consider how to apply the lessons learned in order to maximize the impact of your own capital.


 

Introduction

The title of this post is basically a combination between two titles The mystery of capital and “How to do things with documents”. The first is a book written by the Chilean economist Hernando de Soto (1941), which is a cornerstone of the economic development in the third world. Instead, “how to do things with documents” is a Barry Smith’s slogan which is a paraphrase of the John Austin’s philosophical masterpiece How to do things with words (1962), which was the first attempt toward a philosophical foundation of the speech acts. For instance, saying “check” in the appropriate time and circumstance count as an action on the chessboard. Smith is a philosopher that “left the mothership of philosophy” to land to something different, something closer to computer scientist than anything else.

Capire “Capitalismo e libertà” di Milton Friedman

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Friedman, M., (1962), Capitalism and Freedom, Chicago: Chicago University Press.

Friedman M., Capitalismo e libertà, IBL, 2010.


The heart of the liberal philosophy is a belief in the dignity of the individual, in his freedom to make the most of his capcities and opportunities according to his own lights, subject only to the proviso that he not interfere with the freedom of other individuals to do the same. This implies a belief in the equality of men in one sense; in their inequality in another. Each man has an equal right to freedom. This is an important and fundamental right precisely because men are different, because one man will want to do different things with his freedom than another, and in the process can contribute more than another to the general culture of the society in which many men live.

Il cuore della filosofia liberale risiede nella credenza nella libertà dell’individuo, nella sua libertà di seguire la gran parte delle sue capacità e opportunità in accordo con il suo lume naturale, soggetto soltanto al limite della non-interferenza con la libertà di altri individui nel fare lo stesso. Questo implica la credenza nell’eguaglianza degli uomini in un senso preciso: nella loro non eguaglianza in un altro senso. Ogni uomo ha un eguale diritto alla libertà. Questo diritto è importante e fondamentale esattamente perché gli uomini sono differenti perché un uomo vorrà ottenere cose diverse dalla propria libertà rispetto ad un altro, e nel processo potrà contribuire più di un altro alla cultura generale della società in cui molti uomini vivono.

Milton Friedman

Frederick Taylor e i principi del management scientifico


No system of management, no single expedient – within the control of any man or any set of men can insure continuous prosperity to either workmen or employers. Prosperity depends upon so many factors entirely beyond the control of any one set of men, any state, or even any one country, that certain periods will inevitably come when both sides must suffer more or less. It is claimed, however, that under scientific management the intermediate periods will be far more prosperous, far happier, and more free from discord and dissension. And also, that the periods will be fewer, shorter and the suffering less.

Frederick Taylor – The Principles of Scientific Management

Frederick Taylor (1856-1915) è considerato tra le figure più influenti del XX secolo. Nato alla metà dell’ottocento, Taylor è colui che porta a compimento la riflessione sulla riforma del lavoro che, curiosamente, si associa normalmente allo sviluppo e all’evoluzione della rivoluzione industriale, già avviata nel XVIII secolo e conclusa, nella sua prima fase, nel XIX secolo. Ancora oggi, quando si pensa ai grandi opifici, organizzati secondo la catena di montaggio, si retrodata questa immagine sino agli albori della prima rivoluzioni industriale. Questa operazione è tuttavia impropria giacché la prima fase della rivoluzione industriale vede semplicemente la concentrazione della forza lavoro dispersa e l’impiego di certe tecnologie a uso di energia non animale o umana, le due prime e fondamentali “rivoluzioni”.

E’ solo successivamente, ovvero negli anni subito precedenti alla prima guerra mondiale, che si assiste ad un serio ripensamento dei fondamenti stessi dell’organizzazione del lavoro nelle fabbriche fino ad allora centrate sull’idea di obiettivi a parametri fissi e sulla “rule of thumb” (“regola del pollice” ovvero del buon senso), disgiunti dalle modalità attraverso cui tali parametri dovevano venire realizzati. Ad esempio, ad un lavoratore veniva richiesto che egli raggiungesse una certa quota di lavoro a giornata, come spalare tot chili di carbone in otto ore, senza che gli venisse spiegato come fare o si sapesse dell’esistenza di un metodo ottimale. Ciò che contava era un risultato fissato ex ante e come raggiungerlo era affare del lavoratore. Questo tratto arbitrario nell’impiego della forza lavoro emerge compiutamente proprio in The Principles of Scientific Management, in cui Taylor porta continuamente esempi di cattivo impiego della manodopera la quale dissipa inutilmente e spontaneamente energie senza costrutto.

I vari tipi di società – Nozioni tratte dal Codice Civile

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Azienda

L’articolo 2555 del Codice Civile definisce l’azienda come “il complesso di beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa”. Dunque per azienda molte volte si sottintende impresa che però ha delle sfumature leggermente diverse: l’azienda è dunque un complesso di beni organizzati da una figura imprenditoriale detta appunto “imprenditore”.

Imprenditore

L’articolo 2082 del Codice Civile definisce l’imprenditore come la figura che “esercita professionalmente un’attività economica finalizzata alla produzione o scambio di beni e servizi”, laddove per “professionalmente” si intende l’applicazione del contratto collettivo dei lavoratori. Sono piccoli imprenditori i coltivatori diretti, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano un’attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti familiari (impresa familiare).