Tacito. Storia. Antichità. Felicità collettiva dei mali dello Stato.
“…era adesso consapevolezza diffusa un principio del potere finora segreto, che si poteva diventare imperatori anche fuori di Roma. Felici i senatori per la libertà ritrovata di colpo, e tanto più esplicita la gioia perché rapportata a un principe nuovo e lontano; quasi analoga l’esultanza dei cavalieri più in vista; la parte sana del popolo, segata alle maggiori famiglie, i clienti e i liberti dei condannati politici e degli esuli tornavano a sperare; sconsolata invece e avida di ogni chiacchiera la plebaglia, quella di casa al circo o nei teatri, e con lei la feccia degli schiavi, insieme a quanti dilapidati i propri averi, si cibavano delle sozzure di Nerone.
Tacito, Storie, Garzanti, Milano, 1991, p. 7.
Tacito. Storia. Antichità. I capi di stato vengono valutati dai più dalle loro qualità fisiche.
La stessa età di Galba costituiva oggetto di scherno e ragione di insofferenza per chi, abituato alla giovinezza di Nerone, valutava, come fa il volgo, gli imperatori dalla loro prestanza fisica.
Tacito, Storie, Garzanti, Milano, 1991, p.11.
Tacito. Storia. Antichità. Il bene dello Stato difficilmente è stato motivo di interesse.
Una pacata valutazione dei fatti e l’amore per lo stato guidavano ben pochi; la folle speranza di molti attribuiva, con voci interessate, perché amici o clienti, la designazione a questo o a quello (…)
Tacito, Storie, Garzanti, Milano, 1991, p. 15.