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Autore: Umberto Rossolini

Nato a Poggibonsi nel 1986, consegue la laurea triennale e successivamente la laurea magistrale in Filosofia, presso l’Università degli Studi di Siena. Da sempre appassionato di fantascienza, in tutte le sue forme, dai libri alle rappresentazioni cinematografiche, e di fumetto. Proprio sulla nona arte ha dedicato e dedica gran parte del suo tempo libero, leggendo libri che ne approfondiscono la storia, fumetti di tutti i generi e di qualsiasi provenienza (i più conosciuti e ultimamente anche quelli underground) e seguendo soprattutto artisti indie sui vari social network. Insieme alla filosofia il fumetto è decisamente la sua passione più grande. Co-fondatore del sito comicsviews.it, che tratta articoli e recensioni di ambito fumettistico.

6.1  Conclusioni: dove stanno le differenze?

Le opere presentate in questa mia relazione appartengono a periodi diversi fra loro. Tuttavia, nelle loro diversità, presentano una volontà comune di appartenere ad un genere che, sotto molti punti di vista, è alquanto eterogeneo. Il genere gotico ha, nelle sue intenzioni primarie, interesse a rifarsi al Medioevo come fonte dalla quale trarre ispirazione nel raccontare storie esotiche, dal sapore retrò (utilizzando un termine che va tanto di moda oggi), ma anche cariche di una forza propria, forse unica rispetto ad altri generi.

Questa forza, permette agli autori di raccontare di personaggi, spesso bislacchi e un po’ rozzi, quando, in quanto signori in possesso di castelli (come Manfredi de Il castello di Otranto) ci aspetteremmo tutt’altro comportamento.

Questa forza, permette anche di creare entità soprannaturali. Wolpole ce le ha mostrate per la prima volta, la Radcliffe e Lewis ne continuarono a farne uso. Quest’ultimi cercarono, però, di dare nuovo slancio al genere con un po’ di nuovi stratagemmi. La Radcliffe prese il soprannaturale e lo portò ad un livello reale, innestando nella storia l’elemento psicologico.

5.1  Il romanzo gotico americano

Ho ritenuto opportuno aprire una parentesi nella nostra presentazione riguardo la storia della letteratura gotica, perché il gotico americano è una rifrazione di quello inglese e può essere maggiormente compreso se analizzato separatamente.

Prima di tutto, il gotico americano guarda, sin dalle origini, con invidia alle opere europee. Questo perché, mentre in Europa gli scrittori potevano attingere da un passato, senza guardare molto lontano, in America si doveva guardare al vecchio mondo per ricercare elementi medievali da inserire nei propri romanzi. La mente degli scrittori doveva essere rivolta a luoghi lontani.

Per questa ragione, nascevano storie piene di vecchi europei malvagi, di odio, di repressione e con un persistente senso di oscurità e di ossessione. Ripercorrendo la storia della letteratura d’oltreoceano mi concentrerò, in particolar modo, su due autori che hanno reso grande la letteratura gotica americana, due nomi più che conosciuti: Edgar Allan Poe e H.P. Lovecraft.

4.1  I romanzi gotici nella modernità

Nella sua evoluzione il gotico incontrò intorno agli anni 80 e 90 del 1800 un’esplosione di energia, in nuovi libri, che uscirono in date molte vicine le une alle altre, in quegli anni. In undici anni vedono la luce i miti moderni, nonché romanzi intramontabili, della letteratura gotica: Lo strano caso del Dottor Jekyll e di Mister Hyde (1886) di Robert Louis Stevenson, Il ritratto di Dorian Gray (1891) di Oscar Wilde e Dracula (1897) di Bram Stoker.

Accanto alla creatura mostruosa di Frankenstein, al vagabondo errante di Melmoth e al vampiro di Polidori, si aggiungono  il doppelganger, la maschera dell’innocenza e il nuovo vampiro di Dracula.

Nonostante i vari punti di vista diversi degli autori, tutti hanno in comune il tema della degenerazione e dell’assenza dell’umano. Tutti si chiedono, inoltre, quanto si può perdere, individualmente, socialmente, nazionalmente, per rimanere sempre uomini? Qual è il grado di “contaminazione” per rimanere sempre esseri umani?[1]

3.1 I classici della letteratura gotica

Per parlare dei successivi romanzi che hanno segnato questo genere dobbiamo arrivare all’ultimo decennio del Settecento. In questo periodo, le classi medie si erano sempre di più avvicinati alla lettura e, in grado sempre maggiore, al gotico. Quest’ultimo, infatti, aveva saputo esprimere interesse verso i problemi politici e sociali, che rientravano pienamente nelle convenzioni stilistiche del gotico, con un desiderio, spesso neppure velato, di superare tali problemi.

Fra le opere gotiche di questi anni, se ne distinsero tre, che presenterò analizzandole insieme, visto che tutte e tre si influenzarono l’una con l’altra: I misteri del castello di Udolfo (1794), L’italiano o il confessionale dei Penitenti Neri (1797) e Il monaco (1796). I primi due sono dell’autrice Ann Radcliffe, l’ultimo dell’autore Matthew Lewis.

2.1  Il romanzo gotico nelle origini

Il castello di Otranto, di Horace Wolpole, viene considerato l’iniziatore della narrativa gotica. Pubblicato nel 1746, il romanzo si distingueva dagli altri precursori della narrativa gotica, in quanto caratterizzato da un’ariosità ed una leggerezza in grado di renderlo, rispetto ai romanzi che usciranno in seguito sotto l’etichetta di gotico, quasi una fiaba.

Il castello di Otranto si presenta come un revival delle antiche tradizioni letterarie, soprattutto dello stile romance, che si diffuse ampiamente nell’Alto Medioevo. Il romance ebbe grande successo e si impose sia in ambito aristocratico, sia in ambito popolare. Gli autori del genere portarono in Europa storie di ambientazione cavalleresca. Esse raccontavano di cavalieri erranti che, generalmente, partono per un viaggio, con la volontà di compiere gesta eroiche. Spesso riprendevano temi delle favole o delle leggende, raccontando, in una nuova veste, di eroi che fossero graditi ai gusti del pubblico e dei lettori dell’epoca.

In ambito popolare, il genere assunse alcune tinte ironiche o satiriche e vide la sua scomparsa nel 1600. Miguel de Cervantes ne riprese gli aspetti satirici nel suo Don Chisciotte.

1.1 Letteratura gotica Dalle origini alla contemporaneità

L’intento della mia relazione è quello di analizzare i vari aspetti della letteratura gotica, conscio che il lavoro da me svolto sarà comunque di notevole impegno, visto che il corpus letterario che mi appresto a presentare è alquanto vasto.

Con questa premessa intendo soffermarmi principalmente sui singoli aspetti mostrati dai vari romanzi di ambientazione gotica e come i classici elementi, che hanno reso famoso questo genere, si differenzino, con il passare del tempo, fra un’opera e l’altra. Gli stereotipi, ripresi da ambientazioni medievali e riproposti, spesso in maniera distorta, sono infatti presenti in numerose storie.

La letteratura gotica sarà, appunto, presa in considerazione sotto le caratteristiche che la contraddistinguono, in elementi presenti o quantomeno accennati nella narrazione: castelli infestati dagli spettri, sotterranei che si disperdono in numerose direzioni, cavalieri, eroine in preda a terrore, mostri e licantropi[1]. Questi sono i punti in comune, appartenenti all’insieme dei romanzi di ambientazione gotica, che presenterò e cercherò di analizzare.

Thomas Metzinger: il tunnel dell’io

Table of contents

1. Introduzione

2.1 L’analogia con il tunnel

2.2 Un esperimento e alcuni casi clinici

3   Hic et Nunc

4 L’autocoscienza come conseguenza dell’evoluzione

5  Conclusioni finali

6 Bibliografia

1 Introduzione

In questo mio articolo affronterò il tema della coscienza dal punto di vista di Thomas Metzinger, docente di Filosofia teoretica presso l’Università di Johannes Gutenberg di Mainz, in Germania.

Il filosofo tedesco vede l’insorgere della coscienza come un aspetto caratterizzante la teoria evoluzionistica darwiniana, la sua posizione viene presentata come materialistica e, tutto sommato, vicina a quella dei coniugi Churchland, i quali sostengono l’inesistenza del fenomeno della coscienza, poiché non riconducibile ad una sostanza mentale distinta da quella materiale. La coscienza dovrebbe, per i Churchland, essere descritta in futuro attraverso termini scientifici, ovvero ogni singola esperienza cosciente deve essere riconducibile ad una particolare configurazione neuronale all’interno del cervello. Per questo motivo la loro teoria prende il nome di eliminativismo, in quanto essa elimina dal proprio quadro concettuale, che cerca di essere più vicino possibile alla scienza, ogni singolo riferimento a termini riguardanti la coscienza o stati mentali. Essa si concentra solamente sugli eventi fisici, mentre l’idea è che in futuro la coscienza diventi un termine obsoleto così come lo è diventata la parola flogisto. Se osserviamo da vicino questa teoria essa si presenta, a mio parere, come l’opposto del dualismo cartesiano, il quale sosteneva la vera e propria esistenza di una sfera mentale contrapposta a quella fisica, tanto da cercarne una corretta descrizione in ambito scientifico.

Psicologia e sociologia nelle piattaforme sociali: uno sguardo al futuro

Table of contents

1.1 Aspetti sociologici

1.2 Le reti sociali e la loro “definizione impossibile”

1.3 La psicologia delle reti sociali

1.3.1 La dipendenza da social network fra i nativi digitali

1.3.2 Le opportunità nei social network

1.4 Conclusioni

2.1 Bibliografia

 

1.1   Aspetti sociologici

Uno degli argomenti che più mi ha coinvolto negli ultimi anni è l’analisi della nascita e gli effetti del fenomeno dei social network. Soprattutto, mi hanno incuriosito gli studi rivolti a questi interessanti programmi che tanta curiosità suscitano fra un gran numero di persone di varia estrazione sociale.

Gli aspetti, quindi, che andremo ad osservare riguardano quelli che possono essere gli effetti che un social network ha sul comportamento umano, effetti dati dalla struttura stessa del social network e dalla sua diffusione sempre più dilagante nella vita quotidiana delle persone. Questi effetti sono studiati dalla sociologia.

I mercenari dell’Arcadia

Table of Content

1.1 Introduzione
2.1 Arcadia
3.1 Gli Arcadi
3.2 I mercenari
4.1 Conclusioni
5.1 Bibliografia

1.1  Introduzione

L’Arcadia sembra essere una terra che si presta facilmente alla formazione di mercenari. Curioso è l’aspetto, notato da N. Fields sul come, a distanza di secoli, fra popolazioni con diverse collocazioni geografiche, possa presentarsi una stessa ragione di essere che accomuni due popoli. La ragion d’essere di cui sto parlando è l’arruolamento di mercenari: sia Svizzeri che Arcadi hanno venduto per anni la propria forza militare al miglior offerente. La Svizzera ha visto in età moderna nel mercenariato una via di fuga alla povertà dilagante, mentre la stessa povertà ha dato un enorme spinta al fenomeno. Così, numerosi gruppi di mercenari stipularono patti con governanti stranieri e capitani che avessero intenzione di negoziare e rinforzare le proprie truppe.

L’Arcadia, proprio come la Svizzera, è una terra molto povera, quasi del tutto costituita da montagne, tale da divenire la patria di mercenari al soldo dei miglior offerenti.