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Autore: Paolo Meneghetti

Paolo Meneghetti, critico d’estetica contemporanea, nasce nel 1979 a Bassano del Grappa (VI), città dove vive da sempre. Laureato in filosofia all’Università di Padova (nel 2004), egli ha scritto una tesi sull’ estetica contemporanea, in specie allacciando l’ ermeneutica di Vattimo alla fenomenologia francese (da Bachelard, Bataille, Deleuze, Derrida). Oggi Paolo Meneghetti scrive recensioni per artisti, registi, modelle, fotografi e scrittori, curando eventi (mostre o conferenze) per loro, presso musei pubblici, fondazioni culturali, galleristi privati ecc... Egli in aggiunta lavora come docente di Storia e Filosofia, presso i licei del vicentino.

VENERE IN CORNICE – L’aiuola, il muro e la panchina al “ballo delle turiste” / The flowerbed, the wall and the bench in a “dance of the tourists”

Per Sebaste, la panchina perfetta è una “piega del mondo”, dove l’orizzonte lontanamente sconosciuto della visione ci libera, poiché “incorporato” da noi, se il sedersi rilassa per meditazione. Anche geograficamente, il panorama presuppone un terrazzo. Natasha è stata inquadrata in abito da sposa, in città. Lei posa seduta su una panchina, ed in maniera abbastanza “scoordinata”: accavallando non solo le gambe, ma anche il braccio destro, sullo schienale. L’espressione del volto si percepisce meditativa. Gli occhi sono chiusi, mentre la mano destra sale al mento, provando se non a “consolarlo” almeno a supportarlo. L’inquadratura ha una prospettiva doppiamente sghemba, all’incrocio fra la panchina e gli arti. Così vale la percezione d’un dis-piegamento, nella realtà a rilievi o scavi. Sarà un simbolismo per la meditazione della sposa? Sullo sfondo, la tenda da sole del negozio paradossalmente “tornerà indietro” dalla sua panoramica, aggregandosi alla “zattera” della panchina. I pensieri di Natasha potrebbero rendersi incerti.

VENERE IN CORNICE – Con lo sport, ci si concentra su una pelle artificiale / Doing sports, we focus on an artificial skin

Carlo Monterlanti ci descrive due fotografie in salotto, col ritratto della stessa donna: la prima da bambina, con la faccia imbronciata dondolandosi sull’altalena; la seconda da ragazza, al giorno della laurea, col volume della tesi in braccio ed un sorriso smagliante. Diciamo che possiamo raggiungere una maturazione pure nel divertimento… Valentina ha posato all’aperto, curiosamente inginocchiata, su una pedana forse da ginnastica. La sua fotografia è in bianconero. Soprattutto, trattasi del giorno in cui Valentina consegue la laurea. Lei tiene in mano il bouquet di fiori. Valentina è anche una sportiva, ed oggi gestisce una scuola di danza. Così, diviene interessante che lei abbia posato “abbassandosi” all’altezza d’una bambina, per il loro abbraccio. E’ la dialettica del maestro – allievo. Oltre la pedana, in alto, quasi immagineremmo la caratteristica struttura d’un parco avventura, con un ponte tibetano (dai sostegni “ad altalena”). Valentina sorride; questo le permette di “distrarre” il volto più “crucciato” della bambina, nonostante il paradosso della mascherina contro il COVID-19 (facoltativa al di sotto dei sei anni d’età, ed obbligatoria per tutti gli altri).

VENERE IN CORNICE – Le bollicine viola sulla pelle d’un atomo che fa danzare la sera / The violet bubbles on the skin of an atom which allows the evening to dance

Per Liza Marklund, non ci sarà mai più l’ideale d’una rivoluzione, giacché l’umanità nel frattempo l’avrebbe barattato: con la Coca-Cola e la televisione via cavo.…

Sulla cartilagine dei calanchi, l’epidermide della dolomia fluttua come una cuspide

(una prolusione d’estetica di Paolo Meneghetti, Venerdì 21 Aprile al Palazzo Baronale di Scanzano Jonico, in occasione della Prima Residenza Artistica Lucana, organizzata dall’Associazione “Basilicata Wow” — www.basilicatawow.it)

La Basilicata costituisce la regione che spezza la penisola italiana, fra il Salento e la Calabria. Ciò determina la percezione d’un isolamento, se non si capisce qual sia la direzione migliore da prendere: ad est oppure ad ovest. Coerentemente, l’inflessione dialettica può diventare meticciata, fra Napoli e la Puglia. C’è poi il paradosso delle Dolomiti Lucane: al caldo mare del Sud, ma senza gli atolli dei tropici (come accadde anticamente in Triveneto). La Basilicata si sedimentò tramite le correnti di torbida. Tale processo non sembra mai concluso, percependo il “falso ondeggiamento” dei calanchi argillosi, oggi. Alfonso Gatto (nativo di Salerno, ma ispirato anche dalla Lucania) ha scritto:

VENERE IN CORNICE – Una colonna per sdraiarsi sulla temporalità / A column to lie down on the temporality

Per Giulia Carcasi, il legno è solo in apparenza fermo, giacché sottoposto al lento logorio delle pressioni interne. Diversamente la ceramica si rompe subito, facendo (bella?) mostra dei suoi cocci, alla caduta. Il pezzo di legno, quantunque artistico, sarebbe meno pregiato? Forse no, perché esibendo subito la propria bellezza (e come nel caso della ceramica), si rischia paradossalmente di “frantumare” il desiderio di contattarla, a volte anche per curarvi i piccoli difetti. La fotografia di Ola è in bianconero. Lei ha posato sulla stretta mensola d’una parete, ed all’esterno d’un palazzo urbano. Non è una situazione molto comoda… Pare che la mensola appartenga ad un’intercapedine di legno, che ha le tavole orizzontali. Ola indossa una corona di fiori bianchi, sulla testa. Questa esteticamente “s’opporrebbe” alla sensualità nera delle calze e dei tacchi. Non è chiaro quanto si percepisca la “lenta pressione” del matrimonio, evitandone la routine. Con questa, noi intenderemmo che la passionalità iniziale (ai corteggiamenti) si rendesse “puramente ombrosa” (all’affezionarsi). E’ una fotografia in cui molti elementi (la parete, il vetro, la corona, la vestaglia ecc…) si percepiscono quasi di ceramica.

According to Giulia Carcasi, the wood is only apparently fixed, because it is subjected to the lengthy wearing away of the inner pressures. Conversely the ceramic breaks immediately, making a (fine?) show about its shards, falling. Would a piece of wood, although artistic, be less precious? Maybe not, because if the beauty is immediately exhibited (and like in the case of the ceramic), paradoxically we run the risk of shattering the desire to contact that one, sometimes also to correct there the flaws. The photography of Ola is in black and white. She posed on the narrow shelf of a wall, and on the outside of an urban building. This is not a situation very comfortable… It seems that the shelf belongs to a cavity wall in wood, which has the horizontal planks. Ola wears a crown of white flowers, on the head. This one aesthetically “would be opposed” to the black sensuality of the stockings and of the heels. It is not clear how we perceive a “lengthy pressure” of the marriage, avoiding its routine. Through this one, we would mean that the initial passionateness (with the courting) is become “purely shady” (becoming attached to our partner). This is a photography where many elements (the wall, the glass, the crown, the gown etc…) are perceived almost in ceramic.

VENERE IN CORNICE – Il riflesso è l’apertura d’una scala / The reflection is the opening of a staircase

Per Chloe Gilholy, liricamente il loto fiorisce vicino al bicchiere di vino vuoto, e mentre le piccole candele sfavillano. Però, è la perdita della bellezza che durerà di più. Infatti la trasparenza del bicchiere va curata a prescindere dal suo contenuto: ad esempio contro la frantumazione accidentale, cadendo dal tavolo. La modella Beatrice ha posato per uno scatto assai concettuale. Noi le vediamo solo la testa, e lungo lo spigolo d’un tavolo. In primo piano, c’è un calice, che pare in parte riempito. Immaginiamo che le perline dell’orecchino fungano da fogliolina per il cocktail. Gli occhi arriverebbero a guardare perfino… se stessi, attraverso il caleidoscopio (laddove il vuoto di luce “rifiorisce”). Ma quanto il naso funzionerà da “candela”, e per la cera del volto, se la bellezza rimane sempre fuggevole? Lo sguardo di Beatrice si percepisce “deterritorializzato” verso l’intimità. Non c’è la “frenesia spumeggiante”, nelle perline… Piuttosto, diventerà un invito a curare la propria attenzione, dialetticamente: dal riflesso alla trasparenza.

According to Chloe Gilholy, lyrically the lotus blooms near an empty glass of wine, and while the little candles are sparkling. However, the loss of the beauty will last longer. In fact the transparency of the glass needs to be nursed regardless of its contents: for example against the accidental smashing, falling from a table. The model Beatrice posed for a shot very conceptual. We see only her head, and along a corner of a table. In the foreground, there is a goblet, which seems partially filled. We imagine that the small pearls of the earring function as a leaflet for the cocktail. The eyes would be able to watch even… themselves, through the kaleidoscope (where the empty space of light “blooms again”). But how much will the nose function as a “candle”, and for the wax of the face, if the beauty always remains fleeting? The Beatrice’s gaze is perceived “deterritorialized” into the intimacy. There is not a “bubbly frenzy”, in the small pearls… Rather, that will become a call to take care of the own attention, dialectically: from a reflection to a transparency.

(courtesy to Sarah Rubbera)

VENERE IN CORNICE – La zattera della mente ha i suoi remi sul cuore / A raft of the mind has its oars on the heart

Per Brodskij, forse non è necessario che il nobile cavaliere infili il piede nelle staffe della storia, se basta la generica impronta d’un quadrupede, lasciata per gli abitanti d’una città. Alla fine, per stratificare un intero popolo servirà la mitologia. Ma quanto il quadrupede d’una società si svilupperà dal quadrato d’una casa? Ludovica ha posato al mezzobusto, e di ¾. Lei indossa la coppola, mentre con le mani regge le bretelle dei pantaloni. Lo sguardo si percepisce abbastanza “intrigante”. Sullo sfondo, c’è una pavimentazione urbana a larghi quadrilateri. La camicia ha una tonalità quasi “vaporosa”. Le dita potrebbero incidere una storia privata, se costruite sulla forma tipografica. Magari a qualcuno lo sguardo di Ludovica parrà altero, ma più “fantasticamente” in quanto a “cullarsi” nei propri sentimenti, ed attraverso il glamour “vaporoso” della camicia.

VENERE IN CORNICE – Un astro a pinna d’intesa / A star as fin of understanding

Per Nabokov, Lolita è il fuoco del lombo. Anche la robustezza dovrà cedere… Il passo del lombo sarebbe scandito come per la lingua sul palato, sillabando il < Lo-li-ta >. Monika ha posato al mezzobusto, e per uno scatto del genere fashion. Lei porta una giacchetta a quadri in bianconero. Il colletto è lungamente aperto. Immaginiamo che la percezione d’una grande lingua possa codificare la giusta taglia della giacca. I quadri sarebbero stati intervallati dal piano cartesiano. Soprattutto, Monika ha il classico look di Lolita, mentre abbassa sul naso gli occhiali, stretti ed allungati, da sole. Il lembo del vestito che s’apre “accende” la nudità della pelle. Qualcosa che allenterà l’irrigidimento della posa, complici i quadri incerti al loro coordinamento. Lo sguardo di Monika è molto serio. Gli orecchini proveranno a “sgommare”, grazie alla loro preziosità, contro ogni pesantezza del caricamento.

According to Nabokov, Lolita is the fire of the loin. Also the robustness will have to cede… The step of the loin would be scanned like the tongue on the palate, syllabicating the < Lo-li-ta >. Monika posed through the head and shoulders, and for a shot of the fashion style. She wears a short checked jacket in black and white. The collar is opened at length. We imagine that the perception of a big tongue can codify the right size of the jacket. The squares would be interrupted by a Cartesian plane. Principally, Monika has the typical look of Lolita, while she lowers the sunglasses, tight and lengthened, on the nose. The hem of the dress that is opened “turns on” the nudity of the skin. Something that will slacken the stiffening of the pose, with the complicity of the squares uncertain in their coordination. The gaze of Monika is very serious. The earrings will try to “screech”, through their preciousness, against every heaviness of a loading.

(Courtesy of Anastasiia Knis)

Introduzione alla Rubrica “Venere in Cornice”

Venere in Cornice – Copyright e riferimenti per l’uso dell’immagine sono relativi all’Autore

Venere in cornice è la nuova rubrica che raccoglie le mie recensioni d’estetica al glamour & fashion fotografico. Così, io continuo idealmente il progetto che già svolsi per “Discorsivo” Giornale, dal 2012 al 2022.

A posare, è sempre il soggetto femminile. Gli scatti hanno un taglio esteticamente variegato. Si passa dalla sessione in studio alla panoramica in esterna, dal bianconero al retouching colorato, dall’outfit fashion al semplice selfie, ecc…

Naturalmente, non esiste un canone preciso in merito alla bellezza femminile. Tuttavia, io preferisco selezionare le modelle da cui sono attratto in prima persona. Non vale solo una pre-comprensione per così dire “istintuale”. Nelle mie recensioni d’estetica (funzionali per l’arte contemporanea a 360°) io ho sempre seguito il metodo fenomenologico di scrittura. Grazie a questo, è necessario un allenamento ad “entrare”, con la propria immaginazione, nelle strutture che regolano gli enti immediatamente percepiti. Si partirà dal senso più potente fra tutti: la vista.

L’amicizia dell’acqua verso la “clessidra” della luce

A Venezia, presso la Galleria “Alberta Pane”, si può visitare fino al 23 Dicembre la mostra collettiva d’arte contemporanea che si chiama Be water, my friend. Essa è stata curata da Chiara Vecchiarelli. Vi partecipano gli artisti internazionali Eva L’Hoest, David Horvitz, Jojo Gronostay, Nicola Pecoraro, Enrique Ramirez e Luciana Lamothe. Esteticamente, si percepisce il tentativo di maneggiare la liquidità. Dalla fenomenologia, possiamo immaginare che l’uomo viva “in un limbo” fra la materialità vissuta e l’astrazione del concettualismo. Gli orizzonti sono sempre fluidi da percepire. Il linguaggio della mente ha le sue pre-comprensioni, che “balzano” in accordo con le sinapsi cerebrali. Un inquadramento concettualistico può solo stazionare, fra i “tiranti” degli orizzonti prospettici. Citando il titolo della mostra, l’acqua è un elemento indispensabile alla vita, e ci diventa amica poiché, dialetticamente, noi non la percepiamo né troppo nostra, né “sulle sue”. A Venezia, in generale le installazioni hanno cercato il minimalismo estetico.

A noi piace immaginare che l’acqua funga un po’ da “clessidra” per la luce. Se l’origine universale permea, allora la sua consumazione nel tempo si dà all’immersione. Il vissuto è sempre stringente. Diversamente, all’estasi d’una trasfigurazione noi avremmo il corpo a librare, per compartecipare d’una sospensione permeante. L’acqua ci esibisce virtualmente le “ampolle” delle onde. Ma quelle richiederanno l’alternanza d’una consumazione. La temporalità è resa fluida, in accordo con l’esistenzialismo, ad esempio mediante le anticipazioni (dal passato) o le previsioni (per il futuro). L’acqua deve raccogliere la propria trasparenza, in una pozza finale. Simbolicamente, è come se la “spinta” della luce c’invitasse a “stringere la mano” con la materialità. Uno specchio d’acqua si percepisce tranquillamente materno, al “grembo” della vitalità. L’evaporazione avverrà lentamente, per l’uomo, fra i “ritardi calcolati” a causa dei ricordi, o delle attese, laddove le decisioni da prendere gli appaiono sommerse (dalle varie criticità).

L’installazione di Luciana Lamothe s’intitola Plan. Un’impalcatura alquanto grezza, avendo i tubi non del tutto allacciati fra di loro, “cede” paradossalmente ad un rinforzo, grazie ad una pedana superiore, dalle fibre di legno. Simbolicamente, bisogna chiedersi quanto si può diventare flessibili, rispetto ad una pianificazione iniziale. Anzi, di fronte ai “misteri” dell’Universo, il caso fortuito d’una semplice decifrazione costituirebbe già un successo! La pedana favorisce il “salto” della pre-comprensione socioculturale. Bisogna “smontare le gabbie” del concettualismo, e per “librarsi” in una “lettura” degli eventi. Senza la naturalezza indeterminata d’una curiosità, lo stesso scienziato non può scoprire nulla… Serve un “occhio” allenato a percepire il “flusso” degli eventi. Le leggi della fisica trasformano costantemente l’immediatezza della realtà. Potenzialmente la nostra vita è un libro aperto. Per esperire il mondo, ne “leggeremo” gli accadimenti. La pedana permette di “sfogliare” il salto. Dal canto suo, col tuffo si vorrebbe una “leggiadria” per l’immersione, dialetticamente. La forza di gravità sarà derivata da un orizzonte “scandito”. All’estremità del “trampolino”, prima del “tuffo” verso l’ignoto, appare un libro. Per via delle pagine sfogliate, percepiremo un binocolo. Ovviamente “ci si immerge” nella rilassatezza d’una lettura. Il rinforzo della pedana è prospettico. Si proverà a decifrare il “mare” di frammenti cartacei sui quali Enrique Ramirez ha imbastito la sua contemplazione dello Spazio, e da una videoinstallazione. Questa si chiama La gravedad.

Tuttavia non c’è solo la “tranquillità” della cometa, che sbuca rapidamente per suggestionare nel merito d’un ultimo desiderio da “cogliere al balzo”, speranzosamente. Enrique Ramirez cita anche la storia brutale in Sudamerica dei desaparecidos: gli oppositori politici uccisi nell’oceano, dai voli della morte. Forse noi dovremo sperare che almeno gli ideali si salvino sempre? Il volantino in aria si percepirà in chiave politica. Ci piace immaginare che il “tuffo” nella lettura d’un libro abbia addirittura mandato al macero la carta delle pagine. Il segreto è sempre sommerso, contro la verità che risale a galla. Allora il “binocolo” di Luciana Lamothe tenterebbe lo spionaggio, pedinando i frammenti? Il testamento spirituale lasciato da qualcuno che muore va reinterpretato, mentre mutano le condizioni socioculturali, nel corso del tempo. Pare che Enrique Ramirez esteticamente avalli una decantazione, complice il tono esoterico ma candido dei suoi “foglietti”.