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Autore: Giangiuseppe Pili

Giangiuseppe Pili è Ph.D. in filosofia e scienze della mente (2017). E' il fondatore di Scuola Filosofica in cui è editore, redatore e autore. Dalla data di fondazione del portale nel 2009, per SF ha scritto oltre 800 post. Egli è autore di numerosi saggi e articoli in riviste internazionali su tematiche legate all'intelligence, sicurezza e guerra. In lingua italiana ha pubblicato numerosi libri. Scacchista per passione. ---- ENGLISH PRESENTATION ------------------------------------------------- Giangiuseppe Pili - PhD philosophy and sciences of the mind (2017). He is an expert in intelligence and international security, war and philosophy. He is the founder of Scuola Filosofica (Philosophical School). He is a prolific author nationally and internationally. He is a passionate chess player and (back in the days!) amateurish movie maker.

Il problema essenziale – Le proprietà delle cose

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Consigliamo Perfezione o imperfezione Gli universali


Uno dei problemi cardine di tutta la riflessione filosofica è la definizione delle proprietà delle, qualità essenziali, quelle che usiamo normalmente per riconoscere le cose le une delle altre, che usiamo per esplicare la natura di una cosa, che indichiamo per spiegare la realtà di un fenomeno.

La domanda può essere posta in questo modo: cosa significa “essere quadrato”? Il problema si pone in questi termini: o “essere quadrato” si predica di qualcosa, oppure “essere quadrato” è un’entità indipendente da ciò che viene predicato quadrato. Le due strade si escludono, metterle insieme implica contraddizione. Vediamo un attimo. Se dico che le proprietà sono dei “predicati”, cioè interpreto il valore della predicazione come qualcosa di estrinseco alla cosa, allora il predicato è una pura accidentalità: perché una qualità esista, deve esistere la cosa di cui si predica. In questo senso, non posso parlare di felini senza pensare che esista almeno un animale che rientri in quella categoria. In questo senso, la classe degli oggetti dotati di una certa proprietà, nasce dalla presa di coscienza che quegli oggetti hanno qualcosa di comune: ma quel che c’è di comune non ha una realtà indipendente dagli oggetti. Questo è il punto.

La verità della relatività – Un’analisi breve contro il relativismo, semantico, epistemico e morale

Runner1616, CC BY-SA 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0>, via Wikimedia Commons

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Consigliamo Relativismo e antirelativismo in epistemologia


La critica di Protagora è volta alla costituzione della verità scissa dalla soggettività ed essa verte su un principio: ciò che conosco, è ciò che esperisco attraverso i sensi. Da questo principio, punto di partenza del sofista, stanno le conseguenze:

  1. non può esistere una conoscenza oggettiva,
  2. non esiste asserzione che possa essere vera per tutti,

Dunque, sia la nostra conoscenza che la nostra espressione della conoscenza risultano soggettive. Ciò che posso dire di conoscere con evidenza è ciò che vedo quando apro gli occhi, è ciò che sento quando ascolto della musica, è ciò che tocco quando tasto dei dolci e sodi corpi. Sull’evidenza sensoriale Protagora costituisce la relatività della conoscenza, da questo punto di partenza ne segue che non si giunge ad alcuna affermazione ulteriore nei confronti delle cose del mondo. Il mondo è nel soggetto, non al di fuori: Protagora accetterebbe tranquillamente l’idea che il mondo esista anche al di fuori del soggetto, ma non che esso sia il parametro della giustezza o erroneatezza della conoscenza soggettiva: l’uomo è misura di tutte le cose in quanto è il soggetto stesso che “vede” le cose.

Spiegazione della prova ontologica di San Anselmo

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Anche La prova ontologica spiegata ad un amico


La proposta di Anselmo si basa sui due significati distinti del verbo “essere”: presenza e essenza[1]. Una proposizione vera o è suffragata dai fatti oppure è vera indipendentemente da quelli: la distinzione di Kant è chiara. Esistono proposizioni sintetiche e proposizioni analitiche. Le proposizioni analitiche sono le deduzioni logiche a partire da premesse (2 + 2 = 4 è una proposizione analitica giacché è un’inferenza dalle premesse dell’algebra, la definizione di numero e di somma algebrica). Le proposizioni sintetiche nascono dall’esperienza: “Oggi c’è il sole” è vera se e solo se c’è effettivamente il sole.

La proprietà in Hobbes

British Library, CC0, via Wikimedia Commons

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Consigliamo Thomas Hobbes David Hume


  1. La proprietà nasce da un bisogno umano universale, quello di utilizzare degli oggetti per la propria sopravvivenza.
  2. La ragione (precetto della ragione) mostra tutto ciò che è consono alla sopravvivenza individuale.
  3. Lo stato istituisce la proprietà per il proprio bene e per il benessere della società.

La proprietà nasce dall’esigenza individuale di possedere entità esterne al proprio corpo al fine di un incremento della propria capacità di sopravvivenza. L’esigenza, l’interesse indiririzzata verso un oggetto, risiede nella capacità di ciascuno di utilizzare la cosa al fine della difesa e conservazione della vita.

All’interno della condizione naturale, ogni individuo è dotato di un’infinita estensione di diritti e, per tanto, più persone possono essere intenzionate ad avere un unico e solo oggetto. Così, nello stato di natura, l’oggetto è posseduto da chi per primo lo prende ed è in grado di difenderlo. Ciò, considerato in questa condizione di assoluta parità di diritto, la proprietà degli oggetti non è stabile ma soggetta alla precarietà della propria forza: un oggetto è mio, sin tanto che sono in grado di difenderlo. Da quest’intrinseco problema di stabilità del possesso, Hobbes conclude che solo all’interno dello Stato si può consolidare uno stabile diritto alla proprietà.

Kant e le leggi della robotica di Isaac Asimov

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Consigliamo Capire la critica della ragion pura


“[L]e tre leggi della Golemica (…): 1) un golem non può nuocere all’uomo né permettere che, per il suo mancato intervento, un uomo riceva danno; 2) un golem deve sempre obbedire agli ordini ricevuti, a meno che questi non contrastino con la Prima Legge; e infine, 3) un golem è tenuto ad autoconservarsi e a difendersi a meno che questo non contrasti con la Prima e Seconda legge.”[1]

Le cosiddette “tre leggi della robotica”, nel nucleo, non sono proprio un’idea originale di Isaac Asimov, grandissimo scrittore di fantascienza nonché intelligente divulgatore scientifico. I “robot” nella narrativa fantascientifica sono più che un corollario. Surrogati dell’uomo per qualche particolare, come in Philip Dick, dotati di psicologia assolutamente equiparabile a quella umana. Oppure “elaboratori umani privi di sentimenti” come in Asimov. Però, è si avverte, non solo nella letteratura, ma anche nella realtà, l’esigenza di dare delle regole rigide a degli oggetti capaci di comportamenti identici a quelli umani, ma distinti dalla nostra specie.

Semplice e semplicità – Un concetto complesso

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Consigliamo L’atomismo logicodi Bertrand Russell e Thomas Khun


In tutte le scienze, sin dai tempi antichi, si parla di semplicità, di maggiore o minore semplicità, di realtà semplici, più semplici etc.. Tutti coloro che si propongono di difendere le proprie tesi, piuttosto di demolire quelle degli altri, spesso usano come argomento il fatto che una certa dottrina, teoria scientifica, struttura filosofica, sia più o meno semplice di un’altra. Come se la sola “semplicità” fosse sinonimo di verità. Ma cosa intendiamo, generalmente, per semplicità?

La questione dell’infinito: uno spunto di riflessione ad amplissimo raggio.

Di Pili G., www.scuolafilosofica.com

Vale la pena di riflettere un attimo sulla delicata questione dell’infinito: cosa è infinito?

L’infinito ammette diverse definizioni, al variare della definizione varia anche la sua stessa concezione. Innanzi tutto bisogna notare come dell’infinito noi non abbiamo mai esperienza diretta. Di fatti si tratta sempre di una supposizione quella dell’esistenza dell’infinito: che lo spazio cosmico sia infinito è tutto da dimostrare ( tanto che si dice che l’universo non sia infinito ma in continua espansione… -dove si espanda una cosa in continua espansione non mi è chiaro- ) e anche che la retta o i numeri siano infiniti è una questione di parole, soprattutto. Che io sappia, ancora non sono riuscito ad arrivare ad un termine ultimo per dire: di questo so per certo che è infinito.

Il problema delle descrizioni: un problema logico?

Di Pili G., www.scuolafilosofica.com

La descrizione è di tre tipi: definita, indefinita e impropria. I tre tipi di descrizione denotano tre cose distinte, nel primo caso un oggetto, nel secondo caso un insieme e nel terzo caso un insieme vuoto ( un individuo che non esiste è un insieme vuoto ). Il problema della descrizione è il problema di stabilire cosa sia l’elemento atomico del linguaggio, ovvero cosa possa essere l’enunciato atomico minimale dotato di senso compiuto.

Il grande miraggio: la prova ontologica – Una spiegazione introduttiva al problema.

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Consigliamo La prova ontologica di San Anselmo La prova ontologica spiegata ad un amico


Le prove ontologiche dell’esistenza di qualcosa, le più celebri sono quelle di Dio, sono tutte volte a dedurre l’esistenza di qualcosa (l’essere-stare ) dall’essenza (l’essere-qualità ).

Il problema per i pensatori cristiani era quella di non poter dimostrare l’esistenza di Dio. Infatti, a Dio bisogna credere e di Lui non si può sapere con esattezza se esista o meno. Tuttavia, non è facile, per tutti coloro che ragionano, doversi rassegnare ad una più pacata visione delle cose: Dio non è dimostrabile. Ebbene, proprio perché non ci si rassegnava e si aveva necessità di dare un “fondamento stabile” alle proprie dottrine, tutte incentrate sull’esistenza di un Essere sommo, si imponeva da sé il problema di dimostrare l’esistenza di Dio. Non a caso, pensatori quali Cartesio e Spinoza, pur fuoriuscendo dal pensiero “medioevale”, fanno riferimento alle varie versioni della prova ontologica. La fortuna di tale “dimostrazione dell’esistenza” arriverà fino a Hegel, nonostante Kant si fosse prodigato a chiarificarne l’insensatezza.

Essenza e presenza, la questione dei due modi di “essere”

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Consigliamo La prova ontologica di san AnselmoDante di G. Pili


Una delle cose che, da che studio filosofia, mi sono reso conto è che i filosofi hanno imparato a usare due termini diversi per quel che normalmente diciamo con un solo verbo: quello “essere”. Le parole “essenza” e “presenza” possono essere riscritti nei termini del solo verbo “essere”: “essenza” = “ciò che una cosa è” = “la definizione di una cosa”, mentre “la presenza” = “l’esistere di una certa cosa nel mondo”.

Per esempio: “l’uomo è un animale sociale”, come vediamo fatta con il verbo essere, è la definizione dell’essenza di una cosa. La parola che abbiamo dedotto da questa nel luogo comune è, giusto per dirne una, “essenziale”.