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Autore: Giangiuseppe Pili

Giangiuseppe Pili è Ph.D. in filosofia e scienze della mente (2017). E' il fondatore di Scuola Filosofica in cui è editore, redatore e autore. Dalla data di fondazione del portale nel 2009, per SF ha scritto oltre 800 post. Egli è autore di numerosi saggi e articoli in riviste internazionali su tematiche legate all'intelligence, sicurezza e guerra. In lingua italiana ha pubblicato numerosi libri. Scacchista per passione. ---- ENGLISH PRESENTATION ------------------------------------------------- Giangiuseppe Pili - PhD philosophy and sciences of the mind (2017). He is an expert in intelligence and international security, war and philosophy. He is the founder of Scuola Filosofica (Philosophical School). He is a prolific author nationally and internationally. He is a passionate chess player and (back in the days!) amateurish movie maker.

Le nove trasformazioni – L’ottavo capitolo de L’arte della guerra

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Non ti piazzare laddove puoi essere attaccato, ovvero non ti fermare in un luogo in cui sei vulnerabile. Stringi alleanze quando il luogo non costituisce uno svantaggio strategico, così da aprire trattative già compromesse a tuo vantaggio. Non rimanere in un punto in cui puoi essere attaccato da più fronti. Elabora i tuoi piani da una posizione protetta, non esposta dalle pressioni del nemico. Saper sfruttare la propria conoscenza è la base della forza del grande generale. I generali sono esposti a cinque pericoli: se è risoluto a non morire, può essere ucciso; risoluto a vivere, può essere catturato; se è puro e onesto, può essere oggetto di infamia; se l’amore per i suoi uomini è grande, può essere apprensivo e ansioso.

2. Filosofia del linguaggio de Il signore degli anelli

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Ne Il signore degli Anelli sussiste una vera e propria varietà degli usi linguistici, arricchita dagli espedienti etimologici propriamente volti a evidenziare le varie differenze tra le lingua naturali disponibili nelle Terre di mezzo. Ma per apprezzare le differenze negli usi linguistici del mondo di Tolkien sarà bene tenere continuamente a mente quanto detto nel capitolo precedente.

(1) Il linguaggio può denotare fatti, che, nel mondo di Tolkien, sono sempre morali.  (2) Ma con esso si possono fare anche grandi cose, vale a dire che sussiste un suo peculiare uso performartivo. (3) La lingua ha anche una funzione propriamente storica, cioè funge da depositario della memoria popolare, laddove nel mondo di Arda regna la lingua orale sulla scritta e la saggezza dei popoli è conservata mediante leggende e ballate che sono imparate a memoria dalla gente e, se non vengono conservate, sono destinate ad essere obliate (parola ricorrente nella traduzione che abbiamo letto del libro). (4) C’è, poi, un uso del linguaggio propriamente ludico, volto a divertire, sicché la figura del bardo, sia essa pur ricoperta da qualche personaggio specifico (tutti, a turno, sono bardi delle proprie storie o delle storie dei propri popoli), è importante.

Lo scontro armato – Il settimo capitolo de L’arte della guerra


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Passi per la determinazione delle azioni militari: deliberazione del fine, pianificazione dei mezzi, dislocazione delle forze e esecuzione degli ordini. Il problema dello scontro: seguire lo Shih, sicché prima confondi il nemico formando false tracce e prospettagli vantaggi che, saranno, invece, la causa delle sue ferite mortali. La pianificazione dello scontro implica la pianificazione delle risorse necessarie allo scontro futuro: “E così, nelle operazioni militari ci si basa sull’astuzia, si agisce a seconda delle circostanze; si operano trasformazioni dividendo e unendo”. Saper agire diretti versi un solo scopo è il principale problema sul piano individuale.

Il pieno e il vuoto – Il sesto capitolo de L’arte della guerra

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Per avere un vantaggio ottimale sul nemico bisogna essere primi ad arrivare sul campo di battaglia. Il nemico andrà dove vuoi se saprai fargli immaginare di trarre vantaggio operando una certa mossa, ovvero il nemico è suscettibile alla logica dei premi e delle punizioni, tanto quanto lo sei tu: “Ciò che fa muovere il nemico dove vuoi tu, e di sua iniziativa è la prospettiva dei vantaggi. Se invece vuoi impedirgli di andare in un certo luogo, prospettagli un danno”. Per colpire un nemico attaccalo dove non si può difendere e scegli di difendere ciò che sai che ti attaccherà. Per combattere un nemico non dargli mai delle tue intenzioni e valuta e compara sempre tutte le alternative: “E così, se desidero intraprendere la lotta, il nemico non potrà sottrarvisi: perché attaccherò ciò che è costretto a salvare”. Non dare la possibilità al nemico di leggere le tue mosse implica che il nemico dovrà difendere tutto e contemporaneamente, così egli dovrà concedere debolezze: la guerra non si vince se non sfruttando le debolezze dell’avversario. Bisogna temere il nemico in ristrettezza numerica perché tenderà ad organizzarsi con più precisione che se avesse molte truppe: “La scarsità di forze induce a preparare la propria difesa. Persino un nemico superiore numericamente può essere indotto a non combattere”. La tattica prevede la scoperta dei piani dell’avversario attraverso ricognizioni e pungolamenti che costringono il nemico a effettuare mosse che mostrino i suoi piani. Così “la vittoria si consegue adattandosi al nemico”.

Carl Von Clausewitz – Analisi di filosofia della guerra


Abstract

Carl Von Clausewitz. Analisi di filosofia della guerra intende ricostruire il pensiero dell’uomo d’arme, storico e pensatore del warfare Carl Von Clausewitz. L’analisi è partizionata secondo una distinzione tematica dei principali nuclei del pensiero di Clausewitz in relazione alla dottrina pura della guerra. L’analisi critica condotta ha garantito la possibilità di approfondire singoli punti tematici particolarmente rilevanti in sede di dottrina del warfare, in particolare abbiamo privilegiato l’aspetto epistemologico della teoria di Clausewitz rispetto ad aspetti più propriamente interessanti per la pratica militare. In particolare, l’epistemologia clausewitziana è stata ricostruita sulla base di alcune semplici assunzioni dell’epistemologia analitica contemporanea per meglio mettere in luce tutte le sfaccettature, altrimenti incoglibili nella sua integralità, dello straordinario pensiero filosofico di Clausewitz.


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La filosofia analitica de Il signore degli Anelli

Abstract

Il lavoro vuole essere una analisi filosofica del mondo possibile descritto da J.R.R. Tolkien, nella trilogia de Il signore degli Anelli. L’analisi è condotta con i metodi analitici offerti dalla corrente filosofia, detta analitica. Essa, piuttosto che un semplice compendio del testo tolkeniano, vuole essere un divertimento a vantaggio dei lettori, che vogliano speculare filosoficamente sul testo e, allo stesso tempo, venire a contatto con un modo di fare filosofia ancora abbastanza relegato agli specialisti. Questo per mostrare che non solo ci si può divertire filosofeggiando, ma che pure è possibile farlo con un modo di fare filosofia che, apparentemente inaccessibile, può invece esserlo, diventando, così, utile strumento e indiscutibile divertimento.


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L’ontologia de Il signore degli anelli

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1.1 Un mondo di fatti morali

Il mondo de Il signore degli Anelli è un mondo di fatti morali. Per comprendere la base metafisica di sfondo a tutta l’opera è imprescindibile fare mente locale su questa peculiare caratteristica dell’opera di Tolkien. Definiamo con ‘fatto morale’ una qualunque entità fisica alla quale corrisponde una proprietà che lo contraddistingue moralmente, come ‘buono’ o ‘cattivo’. Sicché ogni entità definita come parte del dominio degli oggetti presenti nell’universo tolkeniano, intesi sia come cose che persone, ha una chiara definizione morale. Si può dedurre che nessuna entità non è né buona né cattiva, ma è o buona o cattiva, o, al più, entrambe. La maggior parte delle cose dell’universo tolkeniano sono definitivamente buone o cattive, ma possono essere sia buone che cattive, in alcuni casi limitati. Le sfumature del buono o cattivo a livello di fatti sono, in realtà, assai poche ma importanti.

L’educazione sentimentale – Gustav Flaubert

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Consigliamo Madame Bovary di Flaubert


L’educazione sentimentale è un romanzo scritto da Gustave Flaubert. Esso narra le vicende private del signor Frédéric Moreau, giovane della piccola aristocrazia francese. L’educazione sentimentale inizia con il giovane Moreau e con l’amico Deslauries che si rincontrano, dopo anni di separazione. Entrambi lasceranno la provincia per andare a vivere nella capitale, sebbene Moreau e Deslauriers avranno un diverso destino, perché diversi nei desideri. Moreau va alla ricerca del grande amore, mentre Deslauriers va in cerca del potere. Moreau troverà subito l’oggetto dei suoi desideri incarnata nella figura della donna-madre, la signora Arnoux, che fa la sua comparsa sin dalle prime pagine del romanzo e rimarrà avvinghiata alla vita di Moreau (e alla immaginazione del lettore) per tutte le pagine de L’educazione sentimentale.

Perché non ero su facebook

I. Ass.Assumo che la vita privata di un individuo attiene solo all’individuo.
II. Def.: Vita privata: tutto ciò che riguarda le condizioni interiori di un individuo, dalle opinioni ai sentimenti. Tutto ciò che riguarda le condizioni interiori di un individuo riguarda ciò che egli è in quanto essere umano, e non come persona.
II.I. Def. Persona: entità definita in base a un ruolo sociale, passibile di diritti e doveri di natura sociale e legale.
II.II. Ass. Dignità individuale: ogni essere umano gode della dignità di esistere e la dignità prescrive dei doveri etici.
II.III. Ass. Violazione della dignità: posto (II.II) nessun essere umano può privare o limitare la dignità dell’altro senza privare o limitare la propria.
NOTA: Sicché tutti coloro i quali violano la mia dignità sono passibili di ritorsione e sono eticamente condannabili.