E’ ora disponibile il numero 42 della Rivista di Scacchi gestita da Lucio Rosario Ragonese. E’ scaricabile da qui. Buona lettura: Rivista42
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E’ ora disponibile il numero 42 della Rivista di Scacchi gestita da Lucio Rosario Ragonese. E’ scaricabile da qui. Buona lettura: Rivista42
Guerra economica e Intelligence è un saggio di Giuseppe Gagliano edito da Fuoco edizioni nel 2013. Il lavoro tratta del contributo della riflessione francese all’intelligence economica nei suoi vari aspetti, in particolare rispetto al suo inquadramento rispetto alla nuova forma di guerra totale o senza limiti che è la guerra economica. Giuseppe Gagliano, direttore del CESTUDEC, già autore di autorevoli e notevoli studi della disciplina, offre un’analisi piuttosto precisa e articolata dello stato dell’arte della riflessione sulla guerra economica:
Nel complesso, la guerra finanziaria è sostanzialmente una forma di guerra non militare il cui potere distruttivo però è analogo a quello delle guerre tradizionali. Proprio per la sua potenza ed efficacia la guerra finanziaria sarà destinata ad acquisire sempre più importanza nell’ambito della sicurezza nazionale degli stati moderni, e questa dimostra in modo evidente come sul piano strategico ci si trovi oggi di fronte a una guerra onnipresente o senza limiti, poiché è possibile pianificare una guerra sia in una sala da computer sia in una borsa. E dunque alla domanda dove sia il campo di battaglia nella strategia attuale la risposta non può che essere: dappertutto.[1]
Il tema principale è la nuova forma di guerra totale, se con ʽguerra totaleʼ vogliamo intendere una guerra senza limiti, riprendendo il termine (presente nel passo precedente) degli strateghi cinesi Qiao Liang e Wang Xiangsui. Il principale merito del lavoro è quello di riuscire a mostrare, sotto varie angolature differenti, la natura e la pratica della guerra economica, in riferimento a quella che è la riflessione e la letteratura di vari specialisti francesi (gen. Jean Pichot-Duclos, Éric Denécé, Christian Harbulot giusto per citarne alcuni). La guerra economica si sostanzia su pratiche di intelligence economica, guerra informativa e lo sfruttamento a proprio vantaggio della legislatura del diritto delle singole nazioni piuttosto che del diritto internazionale. Gli attori della guerra economica sono le imprese, le nuove unità combattenti del nuovo teatro di guerra: “Attori principali dell’economia, in quanto generatrici della ricchezza, le imprese sono necessariamente i primi ʽsoldatiʼ della guerra economica”.[2]
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Leggi la scheda su Il deserto dei tartari
“Giuseppe Tomasi, duca di Palma e principe di Lampedusa, nacque a Palermo il 23 dicembre 1896 e morì a Roma nel luglio del 1957. Il suo capolavoro, Il Gattopardo, fu pubblicato un anno e mezzo dopo la sua morte; era rimasto a lungo inedito, anzi era stato rifiutato da molti editori, ma al suo apparire fu subito riconosciuto come una delle massime opere letterarie del nostro secolo [XX n.d.R.]. (…) lettore accanito, interprete raffinato della letteratura francese dell’ottocento, Lampedusa non ebbe in realtà militante vita di letterato. Ufficiale effettivo fino al ’25 (tra l’altro, nella prima guerra mondiale era stato protagonista di una romanzesca fuga dal campo di prigionia di Polsen), visse sdegnosamente appartato durante il ventennio e soggiornò a lungo all’estero. Oltre al Gattopardo ha lasciato alcuni racconti e abbozzi di opere narrative incompiute, saggi e appunti di critica letteraria”.[1]
Il Gattopardo è considerato un classico della narrativa italiana del XX secolo, edito nel 1958, quando ormai l’autore doveva aver perso le speranze di poter pubblicare il volume (ma questa è una nostra congettura…). Come si conviene, dunque, alla prassi dell’accademia di fronte ai libri postumi vincenti, si applica una retrospettiva immediata per rivalutare la vita e l’opera di un autore che, incomprensibilmente, è stato ignorato in vita. Come se, naturalmente, quegli stessi critici che hanno prontamente ʽriabilitatoʼ il testo fossero o sarebbero molto diversi rispetto a quelli che lo avevano ignorato.
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Leggi la scheda su L’evoluzione delle pòlis e le guerre persiane
Abstract
Gli scacchi sono il gioco dell’Occidente, nonostante essi siano nati tra l’India e la Persia, due culture tipicamente altre rispetto a quella propriamente occidentale. Tuttavia, la loro sistemazione canonica è da ascrivere sostanzialmente alla storia e alla prassi del gioco coltivata in Europa e in Occidente in generale.
Gli scacchi sono il gioco dell’Occidente. Si dice che la loro origine sia retrodatabile a culture e leggende precedenti alla loro canonizzazione occidentale e questo è senza dubbio accettato dalla maggioranza degli studiosi. Tuttavia, la loro canonizzazione classica, cioè quella più ravvicinata a quella attuale, sia rispetto alle regole che alle prassi di gioco e di circolazione dell’informazione, è avvenuta in Europa tra i secoli XIII-XIX. Gli scacchi non sono mai stati l’unico gioco a disposizione delle elite o delle masse: la caccia e il gioco d’azzardo sono stati storicamente i giochi più in voga nell’alta aristocrazia sino alla sua quasi definitiva scomparsa dall’Europa continentale e dall’Occidente in generale. Mentre le masse tipicamente hanno trovato in giochi più accessibili le loro valvole di sfogo: prima in giochi di carte piuttosto che nel gioco delle pulci e poi negli sport. Gli scacchi, come la musica classica, hanno trovato un loro inquadramento su una posizione mediana: essi non escludono le elite, ma la creano.
L’idea temeraria di raccogliere in un libro la selezione dei migliori articoli, racconti, partite – e perfino poesie! – tra le centinaia pubblicati nel blog…
Spie Storie degli 007 dall’antichità all’era moderna è un saggio di Domenico Vecchioni, ambasciatore italiano a cuba e autore di numerosi testi monografici di storia e di storia dello spionaggio. In questo lavoro, edito nel 2007, egli fornisce una sintesi della storia delle spie fino all’età moderna. Il saggio termina con l’avvento del primo sistema di “intelligence” pienamente strutturato e organizzato, il precedente del più celebre MI6.
Abstract
In questo articolo cercheremo di riportare alcune tra le principali teorie della verità presenti nell’attuale panorama della filosofia del linguaggio. La trattazione è essenziale e di natura prettamente divulgativa. Essa non ha la pretesa né di esaustività né di completezza. Per tanto, il lettore è invitato a leggere quanto gli serve solo come avvio di una più profonda e proficua ricerca personale.
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Pragmatica del linguaggio o Filosofia della mente?
Struttura articolo
1. Premessa indispensabile
2. Strumentalismo-pragmatismo e relativismo
3. Approccio epistemico alla verità (AEV)
4. Realismo, antirealismo e verità
5. Deflazionismo: svalutazionismo, teoria svalutativa prosentenziale e minimalismo deflazionista
5.1 Svalutazionismo
5.2 Teoria deflazionista prosentenziale
5.3 Minimalismo deflazionista
5.4 Critiche alle teorie deflazioniste
6. Teoria della verità come corrispondenza
7. Conclusioni
Bibliografia
1. Premessa indispensabile
La filosofia del linguaggio si fonda su due problemi fondamentali: teoria del significato e teoria della verità. Fornire una teoria del significato (riferimento o denotazione) non determina necessariamente una teoria della verità. Il significato, o riferimento, di una proposizione è ciò a cui una proposizione si riferisce, quale che sia la nozione del “significato” che supponiamo intesa. Caratterizzare la nozione di riferimento è una delle due sfide fondamentali della filosofia del linguaggio classica, che vanta un’illustre tradizione e una letteratura plurimillenaria.