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Autore: Giangiuseppe Pili

Giangiuseppe Pili è Ph.D. in filosofia e scienze della mente (2017). E' il fondatore di Scuola Filosofica in cui è editore, redatore e autore. Dalla data di fondazione del portale nel 2009, per SF ha scritto oltre 800 post. Egli è autore di numerosi saggi e articoli in riviste internazionali su tematiche legate all'intelligence, sicurezza e guerra. In lingua italiana ha pubblicato numerosi libri. Scacchista per passione. ---- ENGLISH PRESENTATION ------------------------------------------------- Giangiuseppe Pili - PhD philosophy and sciences of the mind (2017). He is an expert in intelligence and international security, war and philosophy. He is the founder of Scuola Filosofica (Philosophical School). He is a prolific author nationally and internationally. He is a passionate chess player and (back in the days!) amateurish movie maker.

Percorso di filosofia moderna

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Se uno studioso volesse farsi un’idea in breve tempo dei temi principali della filosofia contemporanea (cioè quella successiva all’idealismo tedesco), senza dover partire dai primordi della filosofia antica (cioè da Talete fino alla filosofia di età ellenistica), dovrebbe senza dubbio iniziare dalla filosofia moderna. In essa, infatti, assistiamo ad un ripensamento sistematico del pensiero classico greco e latino, unito a nuove tematiche proposte ed elaborate dalla filosofia medioevale (Agostino, Occam, San Tommaso, Duns Scoto e San Anselmo tra i vari). Ma, soprattutto, la nascita della scienza sperimentale-matematica e la scoperta dell’America hanno determinato un ripensamento e uno svecchiamento di aree filosoficamente importanti: la filosofia politica e la nuova epistemologica. Il periodo che va dal XVI al XIX secolo è filosoficamente centrale, il momento di snodo e di elaborazione del pensiero contemporaneo che affonda le sue radici in questi secoli, sia per quanto riguarda la filosofia analitica che per quanto riguarda la filosofia continentale.

Paperdinastia – La saga di Paperone: analisi di un capolavoro del fumetto e della narrativa

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Paperdinastia La saga di Paperone è un libro a fumetti che raccoglie la storia di uno dei più celebri personaggi Disneyani, Paperon de Paperoni. Il libro mette insieme varie storie che, unite insieme, ripercorrono tutte le tappe dell’ascesa di Paperone alla sommità della ricchezza mondiale: “La cosidetta Saga di Paperon de’ Paperoni è un’opera di largo respiro che narra i primi ottant’anni di vita del papero più ricco del mondo, dalla nascita, datata Glasgow 1867, fino alla prima apparizione nel mondo del fumetto, avvenuta nel Natale del 1947 nella storia Paperino e il Natale sul Monte Orso, scritta e disegnata dal grande Carl Barks”.[1] Il lavoro è una ricostruzione a posteriori della vita intera di Paperon de Paperoni da parte del suo creatore, Don Rosa: “I dodici capitoli su cui si articola la Saga sono il frutto di due anni di paziente lavoro di creazione e ricostruzioen del suo autore, lo statunitense De Rosa”.[2] Il lavoro si struttura in dodici capitoli in cui si ripercorre l’ascesa al potere economico di Paperone e include altri nove capitoli con storie integrative.

Il primo capitolo Scozia, addio! L’ultimo clan de’ Paperoni tratta degli inizi assoluti del giovane Paperone alle prese con le difficoltà economiche lasciate aperte dalla sua famiglia. Il Clan de’ Paperoni era una famiglia in declino della nobiltà scozzese, ormai priva di sostanze, in bolletta e con la difficoltà di mantenere non soltanto il nucleo familiare (composto dal padre di Paperone, la madre e due piccole sorelle) ma anche il castello di famiglia, infestato dai fantasmi degli antenati. All’origine, dunque, della ricchezza di Paperone sta la difficoltà economica: il giovane Paperone non ha sostanze, ha una famiglia che non lo può sostenere e inizia a lavorare da giovanissimo come lustra scarpe, il più umile dei lavori. Ed è così che guadagna il suo primo decino, quella moneta che, poi, diventerà il talismano per eccellenza, simbolo stesso della ricchezza che si costruisce mettendo un granello dopo l’altro. Il decino è, poi, anche il simbolo stesso del duro lavoro e della cattiveria del mondo, perché si trattava di una moneta non accettata in Scozia, essendo valida solo in America (USA, essendo il decino un decimo di dollaro). Paperone scopre amaramente che il solo duro lavoro è sufficiente a guadagnare, ma non è sufficiente a vincere i raggiri che continuamente ci vengono intentati: “”Ehi! Ma questa è una moneta americana! 10 cent! Che mi serva di lezione! La vita è piena di lavori duri e ci saranno sempre dei furbi pronti a imbrogliarmi. Be’ sarò più duro dei duri e più furbo dei furbi… e farò quadrare i miei conti”.[3] Questa è la consapevolezza della vittoria possibile che Paperone si forma grazie all’esperienza lavorativa della sua prima giovinezza. Nel primo capitolo, Paperone riesce anche a scacciare gli avversari del clan familiare dal castello.

Come si cita un libro o un articolo: linee guida utili

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Saper citare un libro è importante per poter rimandare con chiarezza i lettori alle fonti delle proprie informazioni. Dato l’uso (e l’abuso) delle citazioni nel panorama culturale contemporaneo, tanto in ambito scientifico che umanistico piuttosto che giornalistico, si è ormai imposto un uso standardizzato delle citazioni. In generale, ogni ambito ha un suo sistema di segnalazione delle referenze, per tanto, il lettore è invitato ad andare a controllare il sistema di referenza in adozione nell’ambito di suo interesse. Tuttavia è possibile rintracciare qualche sistema formale di referenza che viene usato per lo più in vari ambiti.

Prima di tutto, vorremmo spiegare brevemente perché è importante citare il testo in modo chiaro, perché a tutto c’è una logica. La necessità nasce sia per dare un valore a quanto si va sostenendo citando una fonte autorevole o, comunque, la fonte della propria informazione, sia per consentire al lettore di abbreviare ricerche specifiche e di approfondimento o semplicemente per renderlo capace di controllare la validità dell’informazione. Questo è importante in un duplice senso: prima di tutto perché si rende trasparente la genesi dell’informazione, rendendo il lettore consapevole del luogo da cui si è tratta una certa credenza; in secondo luogo perché si rimanda ad altro loco considerazioni che non si possono trarre in quella sede. In estrema sintesi: la citazione aumenta l’attendibilità diretta della propria informazione e crea un tramite tra testi in modo da permettere il riconoscimento dell’autore dell’informazione. In ballo ci sono sia le esigenze del lettore (garanzia sulle informazioni, possibilità di controllo, capacità di gestire ricerche di approfondimento…) sia dell’autore della fonte (tutela di una giusta citazione, tutela del riconoscimento del proprio lavoro, diritto della propria opera…). Per questo citare un’opera è un dovere che va rispettato proprio perché fornisce garanzie a più parti in causa.

Il grande Gatsby – Scott Fitzgerald

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Leggi la scheda su Sulla Strada di Jack Kerouac


Fui subito colpito dalla quantità di giovani inglesi sparpagliati in giro; tutti ben vestiti, tutti con l’aria un po’ affamata e tutti intenti a parlare con voce bassa e seria ad americani solidi e prosperosi. Ero certo che stavano vendendo qualcosa: azioni o assicurazioni o automobili. Per lo meno erano consapevoli fino all’angoscia dello scialo di denaro lì attorno e persuasi che quel denaro sarebbe diventato loro in cambio di qualche parola pronunciata nel tono giusto.

Scott Fitzgerald

Il grande Gatsby è un romanzo di Scott Fitzgerald pubblicato per la prima volta negli USA nel 1925, divenne rapidamente un fenomeno di massa e si impose alla critica quasi unanimemente. Il romanzo narra la storia di un oscuro ricco americano, Jay Gatsby, e di vari intrecci amorosi che vedono coinvolti i personaggi principali del romanzo, Nick Carraway, Daisy e Tom Buchanan e Jordan Baker.

Nick Carraway conosce Jay Gatsby come la maggioranza: ad una festa della società bene disposta dallo stesso Gatsby, il quale aveva come abitudine e prerogativa quella di organizzare simili eventi mondani. Nick scopre assai presto che tutti i partecipanti delle feste di Gatsby non soltanto non conoscevano l’organizzatore, ma assai spesso non si conoscevano tra loro. Nessuno conosceva nessuno e così le feste diventavano l’occasione per affogare la solitudine dei singoli in grandi baldorie a base di alcol e flirt più o meno inconcludenti. In simili circostanze molto spesso gli avvenimenti premiavano i partecipanti con momenti assai poco edificanti: “Mi guardai attorno. Quasi tutte le donne rimaste stavano litigando con uomini che si diceva fossero i loro mariti. Perfino il gruppo di Jordan, il quartetto di East Egg, si scisse per dissensi. Uno degli uomini parlava con strana intensità a una giovane attrice, e la moglie di lui dopo aver tentato di affrontare la situazione con un sorriso dignitoso e indifferente ebbe un collasso e decise di ricorrere ad attacchi laterali: gli compariva improvvisamente accanto a intervalli come un diamante sprizzante collera e gli sibilava all’orecchio: “L’hai giurato”.[1] Le feste erano principalmente frequentate da donne, più o meno allegre, più o meno forzatamente felici.

Percorso di epistemologia analitica

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Leggi la scheda Introduzione schematica all’epistemologia analitica di Giangiuseppe Pili


L’epistemologia analitica è la branca della filosofia analitica contemporanea che investiga su diverse tematiche ma, in generale, tratta i problemi attinenti alla conoscenza. L’epistemologia analitica si differenzia dagli approcci epistemologici classici (Cartesio, Spinoza di cui è presente anche una critica, Hobbes, Locke, Berkeley, Hume, Kant il cui dibattito si era incentrato, tra le altre tematiche, sul delicato rapporto tra qualità primarie e secondarie) che si fanno iniziare con Cartesio e la sua riflessione sul cogito in base a ragioni di natura metafilosofica: è la tipologia di analisi offerta, più che nella natura delle risposte, a segnare una importante cesura tra l’epistemologia analitica e la ricerca epistemologica classica o continentale. L’epistemologia analitica sorge sulla base di alcune analisi particolarmente rilevanti di Alfred Ayer e Roderick Chisholm ma anche i lavori di uno dei padri della filosofia analitica, Bertrand Russell, sono stati importanti. Dalla filosofia analitica classica elaborata principalmente attorno alle tre figure cardine di Frege, Russell e Wittgenstein, l’epistemologia analitica si concentra sulla definizione della conoscenza proposizionale, più che sulla conoscenza competenziale, oggettivale o diretta, sulla cui distinzione abbiamo un articolo. Anche il paradosso di Moore ha una sua importanza all’interno del problema del delicato rapporto tra la semplice credenza vera e la distinzione di essa con la conoscenza. Ma il vero momento chiave dello sviluppo delle teorie epistemologiche analitiche si ha con l’articolo di Edmund Gettier, su cui abbiamo speso alcune pagine. La riflessione di Popper (Popper e la crescita della conoscenza, Popper e le fonti della conoscenza), riguarda l’epistemologia, anche se essa ha avuto un peso decisamente maggiore rispetto alla filosofia della scienza.

Percorso di filosofia antica

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Leggi la scheda su Epicuro – Vita e opere di Giangiuseppe Pili


La filosofia antica è la base della stessa riflessione razionale occidentale. L’impatto che essa ha avuto nella storia del pensiero, e quindi della storia in generale, è incalcolabile. Essa ha segnato gran parte della riflessione successiva in ambiti che ancora oggi riteniamo centrali: etica e morale, filosofia politica, metafisica e ontologia, teoria della conoscenza. In questa sede, vogliamo tracciare un percorso interno ai materiali offerti da SF2.0 in modo che il lettore interessato possa riuscire a costruirsi una strada personale e mirate alle proprie esigenze.

Per quanto riguarda gli albori della filosofia, i pensatori centrali sono coloro che si interrogarono sulla natura del principio primo (Talete, Anassimene, Anassimandro e Eraclito), rintracciando varie tipologie che Aristotele chiamerà “cause”. La riflessione di Eraclito, in particolare, è stata fondamentale anche per le connessioni del suo pensiero con quello di Platone. Dopo i primi filosofi, i due pensatori che imposero una svolta decisiva al pensiero sulla metafisica e alla conseguente visione epistemologica (allora così connesse) sono Parmenide e Zenone di Elea. L’eleatismo incentrò la propria riflessione sulla natura dell’essere e del non essere. Se Parmenide offrì una teoria elaborata e costruttiva rispetto al problema dell’essere, Zenone ne offrì una difesa attraverso argomenti estremamente rigorosi, senza però sostenere delle tesi originali: Zenone, in questo senso, dimostra per assurdo le tesi di Parmenide mediante l’elaborazione dei suoi celebri paradossi e risulta, ancora oggi, un filosofo avanguardistico. Melisso, invece, cercò di ripensare al problema dell’essere parmenideo all’interno della categoria dell’infinito. Sull’infinito abbiamo dedicato un intero articolo che può essere utile a rintracciare alcune caratteristiche peculiari.

I numeri magici di Fibonacci – Keith Devlin

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I numeri magici di Fibonacci è uno dei libri della collana La matematica come un romanzo che sta uscendo periodicamente per settimana con il Corriere della sera. Abbiamo già avuto modo di parlare della lodevole iniziativa di una delle più importanti testate italiane, ma in questa sede vorremmo considerare il volume di Keith Devlin. Non si tratta propriamente di un lavoro introduttivo ad una parte della matematica, quanto di un libro che racconta la storia di uno dei matematici più importanti del medioevo, per quanto uno dei più sconosciuti. Di Leonardo Fibonacci abbiamo pochissime attestazioni e la sua stessa opera viene riscoperta e tradotta in inglese solo di recente, per via del fatto che essa viene ripresa e rielaborata, quando non diventa così inclusa nella nostra normale prassi di calcolo da diventare scontata, ancorché non banale. Infatti, come molte opere di genio, ciò che è stato il frutto di grande lavoro e di grande studio spesso viene compattato in modo da acquisire i risultati senza la coscienza di ciò che ha potuto garantire quegli stessi risultati. D’altronde, nessuno che sappia fare due più due sa indicare il motivo per cui non fa tre o, per meglio dire, non sa esibire una dimostrazione rigorosa di questo fatto. Allo stesso modo, quando eseguiamo i calcoli delle moltiplicazioni presenti nelle tabelline nessuno sa quali sono le ragioni che ci danno fiducia su quei calcoli. Per questo il libro di Keith Devlin risulta essere così interessante: perché riconsidera la storia non di un artista, non di uno scrittore o di un uomo d’arme, ma di un matematico che ha avuto talmente tanti influssi da essere presto dimenticato in nome dei suoi risultati così acquisiti da venire considerati ovvi. Ed è sempre dal presunto ovvio che si scoprono le più grandi novità perché è esattamente ciò che sembra banale senza esserlo.

Discussioni sugli scacchi – Il bilancio di un’esperienza innovativa

Il giovedì 12 di giugno del 2014 si è chiusa un’esperienza unica, almeno, a mia memoria. Senza dubbio, è stata un’esperienza unica per il sottoscritto per molti motivi. Ma iniziamo dal principio.

Partecipo alle attività di circoli di scacchi da quando ho quattordici-quindici anni. Cioè da quasi dodici anni. Le principali iniziative sono sempre state di natura agonistica (tornei) o tecnica (lezioni di maestri o grandi maestri). Molto raramente si è presentata l’occasione per parlare degli aspetti culturali e sociali del gioco. E anche in questo caso ci si sentiva in dovere di rimanere ancorati alla storia degli scacchi in modo più o meno stringente. L’idea di considerare gli scacchi esclusivamente dalle prospettive culturali o sociali è sempre stata vista con sospetto, specialmente da chi ritiene che gli scacchi non siano semplicemente un gioco, uno strumento (di aggregazione, divertimento, condivisione…) ma un vero e proprio mestiere retribuito o diversamente retribuito, se non lo scopo intrinseco di una vita. Mettendo gli scacchi come scopo ultimo, viene a cadere la possibilità di considerare gli scacchi come qualcosa di più di un semplice gioco. Proprio perché, appunto, risulta non sempre così chiaro perché dover giocare a scacchi e non dedicarsi allo studio, alla filatelia o ad altri giochi interessanti come il go, il RisiKo!, il bridge o il poker che, per quanti sforzi si facciano per far finta di ignorarli, risultano altrettanto degni di considerazione.DSCN0357
Sin da quando cominciai a pensare gli scacchi come ad uno strumento per visualizzare le varie teorie filosofiche, compresi quanto, in realtà, il nobil gioco sia un potente veicolo culturale ancora molto sottovalutato. Quando iniziai a prendere sul serio l’idea che gli scacchi possano essere un ottimo sistema didattico per discipline altrimenti astratte e lontane, mi resi conto che gli scacchisti sono un popolo che si caratterizza per alcune proprietà psicologiche comuni che normalmente sfuggono all’attenzione: la curiosità, la socievolezza (sui generis) e il riconoscimento del valore del piacere intellettuale. Gli scacchisti, a prescindere dal loro livello di gioco, sono persone che sono spinte a cercare novità, a interrogarsi sulle mosse, a comprendere l’avversario. Queste qualità indispensabili per il giocatore si fondano sulla psicologia stessa dello scacchista. In quanto tratti caratteriali, questi elementi psicologici sono trasferibili anche in altri ambiti.

L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello – Oliver Sacks

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L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello è un libro di divulgazione scientifica, in particolare, si tratta di divulgazione delle neuroscienze. Oliver Sacks, i cui critici (ma molto discutibili nella loro critica) lo soprannominarono l’uomo che scambiò le neuroscienze per una montagna di soldi, è un fisico, neurologo e autore di numerosi lavori di varia natura.

L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello è una raccolta di report su casi clinici neurologici reali, pur nella loro assurdità, che ne costituisce sia l’elemento umoristico, che l’elemento drammatico. Il lettore, infatti, è spesso colto da una sensazione mista tra il divertimento, il senso di spasso ma anche l’angoscia. Infatti, da un lato, i casi clinici che Sacks riporta sono decisamente interessanti, da un punto di vista strettamente neuroscientifico.

La matematica come un romanzo: una collana di valore proposta dal Corriere della Sera

In questi giorni nelle edicole di tutta Italia è in uscita la collana La matematica come un romanzo, il cui titolo è sintesi perfetta delle intenzioni editoriali di una coraggiosa iniziativa del Corriere della sera e le cui informazioni sono disponibili nel sito apposito. Si tratta di una campagna culturalmente interessante quanto rara, laddove simili volumi sono spesso lasciati fuori dalla porta dalla gran parte degli uomini di cultura, siano essi umanisti o meno.Collana_Matematica_Corriere_della_Sera Gli umanisti, infatti, diffidano di tutto ciò che non rientra nei caratteri alfabetici, mentre i non umanisti spesso pensano con sufficienza e scetticismo a quanto viene proposto in modo comprensibile. Entrambi i versanti di una medaglia apparente si ritrovano curiosamente uniti contro un unico bersaglio polemico: la divulgazione scientifica. Il che non esclude che questa peculiare forma di scetticismo non sia anche rivolta contro bersagli leggermente meno evidenti (sul piano delle aspettative), come la divulgazione filosofica e la divulgazione della storia. E non è un caso che in diversi lavori divulgativi nelle prefazioni o nelle introduzioni (spesso per il solo lettore italiano) si cerchi di correre ai ripari per trovare delle ottime ragioni per leggere il libro.

A quanto pare, l’Italia non è tra i primi paesi nella conoscenza della matematica. O, per meglio dire: “L’Unione europea ha individuato nella competenza in matematica una delle abilità chiave per la realizzazione personale, la cittadinanza attiva, l’inclusione sociale e l’occupabilità nella società della conoscenza del 21° secolo”.[1] E in sostanza si scopre che in generale sono pochissimi i paesi che possono dimostrare di avere un’ottima competenza matematica nelle fasce giovanili. Sempre in questo prezioso studio, si legge che due punti principali consistono nel migliorare le motivazioni dei ragazzi e la qualità degli docenti. Tuttavia, nello studio sembra mancare un altro aspetto centrale: lo sviluppo generale della cultura matematica.