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Autore: Giangiuseppe Pili

Giangiuseppe Pili è Ph.D. in filosofia e scienze della mente (2017). E' il fondatore di Scuola Filosofica in cui è editore, redatore e autore. Dalla data di fondazione del portale nel 2009, per SF ha scritto oltre 800 post. Egli è autore di numerosi saggi e articoli in riviste internazionali su tematiche legate all'intelligence, sicurezza e guerra. In lingua italiana ha pubblicato numerosi libri. Scacchista per passione. ---- ENGLISH PRESENTATION ------------------------------------------------- Giangiuseppe Pili - PhD philosophy and sciences of the mind (2017). He is an expert in intelligence and international security, war and philosophy. He is the founder of Scuola Filosofica (Philosophical School). He is a prolific author nationally and internationally. He is a passionate chess player and (back in the days!) amateurish movie maker.

5. Esibizione: cosa è e in cosa consiste

DZankell, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons

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L’esibizione è l’apparenza di una singola persona concepita nella sua interezza. In questo senso, l’esibizione è sempre un atto la cui causa risiede nell’esistenza stessa di un soggetto, riconosciuto intersoggettivamente. Sicché l’esibizione non esisterebbe, se non esisterebbero gli altri. Da qui lo scetticismo nutrito su chi sostiene, piuttosto ingenuamente, che in un’isola deserta ci si mostrerebbe esattamente come al centro di Manhattan. E’ falso per la semplice ragione che in un caso l’esibizione non c’è, mentre nell’altro c’è: ovvero, in un caso l’esibizione semplicemente non sussiste. Perché? Perché l’esibizione è un fenomeno in cui il soggetto è solo una parte, mentre l’altro è l’osservatore. Tolto il soggetto è tolta la sua esibizione. Tolto l’osservatore è tolta l’esibizione, dall’altro estremo.

Quindi, si può dire che il soggetto sia il noumeno kantiano rispetto all’osservatore (perché quest’ultimo non può sapere cosa passa realmente nella testa del soggetto). E l’associazione con il kantismo non è un caso perché Kant stesso nella prima critica (Kant (1787)) sottolinea il fatto che la conoscenza dell’altro soggetto ricade nella metafisica, ovvero fa parte del noumeno che ha importanti ricadute in sede morale ma non da un punto di vista epistemologico, laddove esso è appunto il limite stesso della ragione conoscitiva. Dal punto di vista dell’osservatore, l’esibizione è ciò che può essere esperito immediatamente. Soltanto in seconda istanza l’osservatore può riconoscere il soggetto come tale, ovvero riconoscergli, per esempio, una certa personalità.

4. L’ambiguità della moda e i tre cardini di essa

Cathleen Naundorf, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons

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La moda, dunque, è solo una piccola frazione del sistema dei vestiti. Il ‘sistema della moda’ si fonda sul sistema dei segni e dei significati del più ampio mondo della rappresentazione di se stessi attraverso l’abito. Questo mostra in modo inequivocabile che la parola ‘moda’ è ambigua perché racchiude sia la variazione degli abiti, sia la variazione dei segnali e marcatori che si impostano una volta scelto l’abito. Inoltre, la moda varia sia sul breve periodo che sul breve periodo (onda lunga e onda corta, cfr. 2.), lungo e corto periodo che si è già visto essere legati ma autonomi (cfr. 2) a tal punto che le autorità epistemiche variano (cfr. 3).

La parola moda è così ambigua in quattro sensi e rispetto a due tipologie diverse di oggetti: (a) trucco e (b) vestito, rispetto (c) all’onda lunga o (d) all’onda corta. Va dunque notato che la parola si applica in modo consono sia alla moda del vestito, sia a quello che si dice essere ‘in voga’, che infatti viene forse impropriamente, ma chiaramente, detto ‘alla moda’. Una canzone può essere ‘in voga’ e quindi essere ‘di moda’. Se questo significato può essere criticato dai puristi, rimane il fatto che segnala il fatto che la moda è un fenomeno che riguarda la massa e attiene alla logica intersoggettiva in cui il soggetto è in una certa misura passivo (da qui uno dei motivi per cui alcuni rifiutano in blocco tutto il complesso di significati impliciti della moda e di tutto quello che ne consegue). Quindi, c’è un senso in cui è lecito parlare della moda come di ciò che fornisce l’insieme di regole di codifica e decodifica dei segnali impostati su marcatori (cfr. 6) riconosciuti nell’onda corta: questo è ciò che va in voga nell’esibizione (cfr. 5).

3. Modelle e top model: le due autorità

Cathleen Naundorf, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons

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La moda ha attirato studiosi (non troppi) per diverse ragioni ma, a mio parere, essa si travisa nel momento in cui non si tiene sufficientemente presente che la moda ha un obiettivo ristretto, che è quello di imporre un certo stile di vestiario ad un numero sufficientemente limitato di persone, vale a dire quelle che possono permettersi i capi della moda. Certo, poi questi hanno un ritorno sulla vita di tutte le persone economicamente capaci di comprarsi vestiti seguendo più o meno quello che credono gli interessi. Gli abiti della moda diventano ‘modelli di consumo di vestiario’ e, quindi, influenzano quelle persone che sono comunque sensibili al problema di come mostrare cosa con cosa nel modo appropriato, un insieme non equivalente e ben più ampio di quello delle persone che si interessano specificamente di moda.

I ‘modelli di consumo di vestiario’ seguono una catena di diffusione dell’informazione precisa: in primo luogo vengono prodotti, poi vengono indossati e infine vengono fotografati (riviste) o filmati (sfilate). Il vestito è solo una parte insignificante della moda come fenomeno mediatico di massa, su cui purtroppo non è lecito soffermarsi in questa sede, sebbene sia indubbiamente interessante scoprire i meccanismi più sottili di una simile industria culturale. In ogni caso, il passo che interessa a noi consiste nella base della moda, ovvero essa nasce nel momento in cui il vestito viene indossato. I modelli di vestiario vengono interpretati dalle modelle, che vengono rappresentate nelle riviste. L’abito, dunque, diventa così modello con interpretazione. L’abito da solo, soprattutto quando così sofisticato, non è interpretabile o non è infinitamente interpretabile. Serve un interprete che ti mostri come applicare le norme della moda nel modo giusto. A questo servono le modelle.

2. Onda lunga e onda corta: i due intervalli temporali della moda

Cathleen Naundorf, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons

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L’onda lunga della moda impone il trend dell’evoluzione complessiva del vestiario. L’onda lunga, cioè, interviene sui singoli pezzi di vestiario solo in quanto essi sono legati da una visione unica che si applica al vestito. Ad esempio, la lunghezza della scollatura non è slegata dal resto dell’abito, così come la lunghezza e la tipologia della gonna (con pieghe o senza, a tubo o no, lunga o corta etc. vedi Barthes (1993)) varia in funzione della sua relazione con il resto dell’abito.

Quindi, rispetto al lungo periodo, considerare la variazione di un singolo elemento è ininfluente, perché la causa risiede nelle idee degli stilisti che si modificano solo di poco. Questo perché la componente soggettiva dello stilista è vincolata al concetto generale della categoria di abito che sta modificando: siamo vincolati ad usare certi tipi di abito in certi tipi di contesto, sicché la componente intersoggettiva, che sancisce le norme di utilizzo di abiti in contesti istituzionali, oppone un limite alla rivisitazione complessiva dell’abito da parte della soggettività dello stilista.

1. La moda come sistema complesso: normatività, prescrizione e descrizione

Cathleen Naundorf, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons

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La moda si configura come insieme di imperativi. Ad esempio, la prescrizione ‘usa i jeans slavati’ indica come ci si deve vestire, ma anche come giudicare il vestito degli altri. Sicché la moda è, tipicamente, un esempio di disciplina ambigua, in cui la prescrizione e la qualificazione seguono dallo stesso tipo di precetto. Ovvero, la formulazione della regola consente tanto la valutazione quanto la prescrizione. E non è un caso, infatti, che alcuni percepiscano la moda sia come una (imposizione) morale che come un sistema precetti pratici.

La descrizione nella moda, invece, è tipicamente l’identificazione di un modello che è anche un oggetto specifico: lo specifico capo di vestiario mostrato nella rivista non solo è un oggetto particolare, ma è anche il ‘modello’ di un concetto astratto di modo di vestire. Classicamente si considera il problema della rappresentazione di sé come qualcosa di codificato mediante regole che sono sia normative (sanciscono qualità) sia prescrittive (ti dicono cosa fare e come farlo).

Leggere il linguaggio della moda (P1)

Cathleen Naundorf, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons

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Introduzione e premesse

Fissiamo subito alcune premesse di questa analisi Leggere il linguaggio della moda: (a) essa ha una utilità prettamente descrittiva, non si impegna in una disamina morale di quanto viene analizzato ed ha, così, uno scopo puramente scientifico. Questa postilla e premessa generale ci scongiurerà da considerazioni eventuali di natura morale. Va detto che ciò che rientra nell’esibizione è un contenuto moralmente carico e passibile di una indagine morale, come implicitamente si può evincere da alcuni richiami kantiani. Ma non era questo il nostro scopo, perché su questo io penso che ciascuno debba essere libero di farsi una sua opinione. A condizione che, appunto, se ne faccia una.

[Segnalazione] Lettere sugli scritti e il carattere di Jean-Jacques Rousseau Riflessioni sul suicidio

Lettere sugli scritti e il carattere di Jean-Jacques Rousseau Riflessioni sul suicidio 

A cura e con introduzione di Livio Ghersi

Cover_Madame_de_StäelDuecentocinquanta anni or sono, il 22 aprile del 1766, nasceva a Parigi Germaine Necker. Nota al mondo come Madame de Staël.

Era l’unica figlia di un personaggio storico, Jacques Necker (1732-1804) e lei stessa fu testimone di vicende storiche di primaria importanza: la Rivoluzione francese, il Terrore, la sconfitta dei giacobini e l’avvento del Direttorio, l’ascesa al potere di Napoleone Bonaparte, l’impero napoleonico, la Restaurazione dei Borbone. Ciò che rende veramente interessante il lascito ideale di Madame de Staël è che in lei si siano felicemente congiunti l’espressione del nascente pensiero liberale e la rivendicazione di una ben più antica tradizione di libertà repubblicana. Il suo liberalismo era tutt’altro che un indirizzo di politica economica, ma aveva molto a che vedere con la rule of law, ossia con la concezione dello Stato di diritto, e con la lotta, tipicamente repubblicana, contro la tirannia ed il dispotismo.
Questa edizione della Casa Editrice Bibliosofica ripropone, con una nuova traduzione in lingua italiana, due dei tre saggi che Madame de Staël pubblicò per i tipi dell’Editore Nicolle nel 1814. Quando poté finalmente tornare a Parigi dopo l’abdicazione di Napoleone.

[Segnalazione] Paolo Meneghetti presenta la mostra d’arte contemporanea (con annessa conferenza su Derrida), Domenica 24 Aprile a BASSANO DEL GRAPPA, ed in collaborazione col “Collettivo I-ART”

Domenica 24 APRILE
alle ore 10.00,
presso la Villa “S.Giuseppe”,
sita a BASSANO DEL GRAPPA (VI)
in Via Ca’ Morosini n°41
il critico d’estetica contemporanea Paolo Meneghetti aprirà (con un discorso di circa 10 minuti) l’Evento sia d’arte sia di cultura Manuale pratico sulla (R)esistenza. Egli in particolare citerà le opere esposte e le performances in programma, allacciandole alla resilienza, tramite la natura del camminare.
L’appuntamento sarà alle ore 10.00, all’aperto in Villa S.Giuseppe.