“Filosofia pura della guerra” è un libro di Giangiuseppe Pili, presentato all’Università Vita-Salute San Raffaele (Milano) il 10.05.2016. La presentazione è stata organizzata dal Centro…
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“Filosofia pura della guerra” è un libro di Giangiuseppe Pili, presentato all’Università Vita-Salute San Raffaele (Milano) il 10.05.2016. La presentazione è stata organizzata dal Centro…
Alla conquista dell’Antartide è un libro di geopolitica uscito per la Fuoco Edizioni nel 2010. Si tratta di un lavoro di eccezionale livello nel suo genere. Il libro è composto da una sequenza di brevi capitoli, ciascuno devoluto ad un aspetto specifico della geopolitica antartica. Sebbene non sia del tutto lecito parlare ancora di una proiezione di potenza da parte degli stati in esso, data la natura dei cambiamenti climatici, è ormai lecito aspettarsi che i problemi politici dell’Antartide saranno oggetto presto oggetto di riflessione dei decisori politici.
In generale, il saggio propone una analisi geografica, storica e politica del continente antartico, perché si tratta appunto di un vero e proprio continente. Sebbene sia stato scoperto nel XIX secolo, almeno con chiara consapevolezza, soltanto nel XX secolo le potenze si sono interessate in modo attivo alla sua relativa conoscenza e molto parziale colonizzazione. Si tratta, comunque, di un caso probabilmente unico della storia in cui un territorio è considerato sin da subito di interesse collettivo. Esistono trattati che limitano la pesca, la caccia e lo sfruttamento delle risorse, acqua compresa. Infatti, si parla già diverso tempo del fatto che l’acqua è il bene del futuro, non già del presente. L’Antartide contiene il più ampio bacino di acqua dolce del mondo, sebbene ghiacciato. Gli interessi legati allo sfruttamento delle risorse idriche, energetiche e ittiche fanno dell’Antartide un continente di interesse geostrategico del futuro.
Siamo lieti di segnalare questa encomiabile iniziativa promossa dalla casa editrice Albo Versorio, che si occupa di pubblicazione ad alto valore scientifico e non…
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Abstract
In questo breve articolo porteremo alcuni argomenti contro l’ideale tecnocratico. Va ben specificato sin da subito che la tecnocrazia è sempre e solamente un idea di limite, un ‘assunto della ragion pura’ e non qualcosa che sia mai esistito o che potrebbe mai esistere. Cercheremo, dunque, di caratterizzare questa tesi portando argomenti a suo sostegno.
Esiste un paradosso semantico, vale a dire il paradosso della selezione. Se io seleziono x lo faccio in base al fatto che x ha la proprietà y, io riconosco la proprietà y e scelgo così x rispetto ad altri candidati, a…n. La proprietà y è inerente a x, cioè le è propria, ma è anche la ragione per cui io discrimino x rispetto ad a…n ed è anche la stessa ragione per cui lo giudico migliore. La proprietà grazie alla quale selezione è dunque riconosciuta nell’oggetto ed è intersoggettivamente cogliibile dalla comunità politica di riferimento. Quindi, prima di tutto, occorre stabilire quale proprietà sia da ascrivere ai tecnocrati. Essi potrebbero essere intesi come degli esperti della politica. Tuttavia, chi è un esperto della politica? Quale è la proprietà che discrimina un esperto della politica da un non esperto della politica?
Scacchi Polimi, il circolo universitario del Politecnico di Milano, ha organizzato un ciclo di conferenze su temi legati agli scacchi e alla cultura. I relatori sono stati Giangiuseppe Pili, il sottoscritto, e Walter Ravagnati: Scacchi ed Estetica Cosa c’è di bello? (08.04.2016), Il giocatore triste Scacchi e Intelligenza Artificiale (15.04.2016), Scacchi e guerra Convergenze e differenze tra due mondi paralleli (22.04.2016) e Pensiero scacchistico e la sua costruzione (29.04.2016). Le prime tre sono state tenute da me medesimo, mentre l’ultima da Ravagnati.
Per prima cosa, voglio pubblicamente ringraziare Scacchi Polimi e Carlo Vimercati per avermi dato l’opportunità di parlare in uno dei più prestigiosi atenei italiani e del mondo. In secondo luogo, non mi posso esimere, va riconosciuta un’organizzazione efficiente e un trattamento che definirei esemplare, nella sua riguardosità e una puntuale e non banale attenzione per le esigenze del relatore: aule eccellenti, integrate perfettamente con le disponibilità tecnologiche e una diffusione mediatica della notizia non trascurabile. Aggiungo anche un plauso personale all’ing. Paolo Scattone, che ha curato la locandina e vederla stampata ed affissa in cartellone è stato emozionante, per me che da tanto tempo collaboro attivamente con l’ing. Scattone.
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Scopri anche Capire la “Fondazione della metafisica dei costumi” di Kant
Il rispetto in Kant è un saggio di Sonia Cosio, dottoranda all’Università Vita-Salute San Raffaele (Milano), esperta degli scritti kantiani e attualmente si occupa di temi legati alla storia delle idee e all’etica. Il libro in questione è una ricostruzione del concetto kantiano del rispetto, che si scopre centrale nella riflessione di Kant:
A motivo di ciò sembra potersi concludere che il tema del rispetto non sia affatto secondario o marginale nella produzione di Kant: esso è, piuttosto, la cifra fondamentale del suo pensiero, un tema su cui l’autore torna più vote nel corso della propria vita e della propria carriera filosofica. Forse perché insoddisfatto e consapevole di non aver pronunciato in proposito la parola definitiva, forse perché troppo importante per essere tralasciato: ciò che sembra difficilmente contestabile, tuttavia, è la sua presenza ricorrente nei pensieri del giovane, del maturo e dell’anziano Kant.[1]
Se il “giovane, maturo e anziano Kant” concordano nel considerare il rispetto come concetto chiave sia in sede morale che, almeno parzialmente, in sede estetica per quanto riguarda il sublime (pp. 41-45), allora, e a maggior ragione, si comprende quanto il saggio di Cosio possa aver centrato un punto chiave. Ciò è vero per ragioni intrinseche e per ragioni estrinseche. Iniziamo dunque dalle ragioni intrinseche, ovvero quelle che si rifanno al pensiero di Immanuel Kant, così come ci viene presentato da Cosio.
Segnalo con piacere e con una grande soddisfazione la presentazione del libro Filosofia pura della guerra. Il libro è il frutto di una ricerca “ufficialmente” durata…
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Proseguendo nell’analisi del trucco come fenomeno dell’esibizione, va dunque notato che esso assolve principalmente il ruolo di marcatore sessuale. Gli esempi all’estremo sono chiari. Il trucco è, in generale, un modo per far apparire qualcosa in modo che sembri diverso da quello che è o, nel migliore dei casi, sembri esattamente ciò che è. Un paio di labbra carnose possono semplicemente richiedere se stesse per essere avvertite come sensuali, ma un paio di labbra sottili potrebbero richiedere un qualche genere di trattamento per apparire diversamente.
Lo scopo del trucco è quindi triplice: serve a mostrare ciò che già c’è, serve ad enfatizzare qualcosa che c’è ma non è come si vorrebbe che sia (ovvero, che sia percepito così com’è), serve a segnalare qualcosa a qualcuno. In generale, un x è un trucco a condizione che x posto sull’oggetto y ne mantenga invariate le proprietà e ne amplifichi la percezione da un punto di vista intersoggettivo, sicché posti due soggetti S1 e S2 il trucco x mostra y in modo che S1 e S2 idealmente riconoscano x attraverso y allo stesso modo. Se per l’esistenza del trucco è richiesto soltanto questo, cioè che si veda qualcosa in un modo specifico e intersoggettivamente avvertito, allora la chirurgia plastica è un caso estremo di trucco.
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Se l’esibizione è il complesso delle attività congiunte di trucco, vestito, segnali, marcatori etc., va comunque detto che niente si può sostituire al corpo. Se il soggetto è l’oggetto dell’esibizione, ovvero la sua apparenza, allora il suo corpo è l’obiettivo de facto di tutta la sua esibizione. Questo è inevitabile. Se così stanno le cose, l’unisex è semplicemente un mito.
L’unisex è un mito perché la soggettività è sessualmente caratterizzata. Questo è stato, paradossalmente, messo in luce proprio dalle femministe perché esse fanno più di tutti notare che il soggetto concepito “alla occidentale” è un maschio bianco occidentale adulto economicamente caratterizzato e socialmente determinato. La negazione di questo non significa sospendere l’idea che un soggetto sia asessuato. Al contrario: il soggetto più astratto concepito dalla cultura notoriamente più amante delle astrazioni è sessualmente definito. Ogni soggetto ha uno sguardo sul mondo che non è privo di sessualità. A prescindere che questo possa essere opinabile, nel contesto dell’esibizione questo rimane un dato di fatto ovvio e banale ma non scontato da un punto di vista teorico.