A pochissimi giorni dall’uscita dell’analisi del prof. Francesco Bellusci su Doppio Zero, ecco una recensione del libro Filosofia pura della guerra per la rivista di psicologia…
...all we need is philosophy
A pochissimi giorni dall’uscita dell’analisi del prof. Francesco Bellusci su Doppio Zero, ecco una recensione del libro Filosofia pura della guerra per la rivista di psicologia…
Interessato alla filosofia del cinema?
Pili G., (2019), Anche Kant amava Arancia Meccanica – La filosofia di Stanley Kubrick, Pistoia: Petite Plasiance
Iscriviti alla Newsletter!
Ramon al cuore. Se vuoi uccidere un uomo lo devi colpire al cuore. Sono parole tue, no?
Quando un uomo con la pistola incontro un uomo col fucile, quello con la pistola è l’uomo morto. Vediamo se è vero.
Per un pugno di dollari (Sergio Leone) – Clint Eastwood
Sergio Leone (1929-1989) è stato uno dei più celebri registi italiani degli anni ’70 del XX secolo. Egli è considerato uno dei padri del genere “spaghetti western” e la “trilogia del dollaro” (Per un pugno di dollari, Per qualche dollaro in più e Il buono, il brutto e il cattivo) rimane tutt’oggi tra le saghe cinematografiche più viste e seguite. Ovvero, la resistenza all’intemperie del tempo e ai sempre fluttuanti gusti della massa, vero ultimo giudice del cinema, si dimostra proprio dal fatto che, nonostante tutto, i film di Sergio Leone vengono ancora mandati spesso in televisione, specialmente quelli della trilogia. Paradossalmente, diremmo.
Infatti, Sergio Leone era notoriamente molto impegnato politicamente, come dimostra sia C’era una volta il West e, soprattutto, Giù la testa, film che inizia con una nota citazione di Mao: “la rivoluzione è un atto di violenza”. Nonostante il suo impegno politico, è probabilmente il cinema-intrattenimento che rimane ancora oggi l’elemento più apprezzato del cinema del Nostro.
Il prof. Francesco Bellusci ha pubblicato una analisi generale sul problema della definizione di guerra, prendendo in particolare in esame il libro Filosofia pura della guerra.…
Iscriviti alla Newsletter!
Consigliamo Re Lear di William Shakespeare
Romeo e Giulietta è una delle prime tragedie di Shakespeare e anche, probabilmente, la più celebre, nonché la più travisata. Non varrebbe neppure la pena di riportare la trama, tanto è la sua notorietà. Ma alcuni cenni ad essa saranno indispensabili.
La tragedia è inscenata in Verona. Due famiglie rivali si odiano, i Capuleti e i Montecchi, e i loro membri trovano infiniti modi per infamarsi o infastidirsi. Casualmente Romeo si innamora di Giulietta e resiste alle tentazioni delle altre, nonostante gli espliciti tentativi degli amici, preoccupati delle possibili derive suicide di un simile amore. Giulietta ha tredici-quattordici anni, il che rende, al lettore contemporaneo, piuttosto indigesti certi passaggi. In particolare quando la madre di Giulietta le spiega come stanno le cose e l’urgenza e l’importanza del matrimonio (Giulietta ha tutte le amiche ammogliate e lei deve muoversi, se non vuole sciupare il tempo inutilmente): questo fa capire, naturalmente, che la mortalità era alta e che l’aspettativa di vita imponeva l’urgenza del matrimonio. Romeo, invece, è un giovane scapolo che si innamora di ogni donna che vede. Questo è testimoniato sia dallo scetticismo iniziale della balia di Giulietta, più materna della madre, e anche dagli amici di Romeo che implicitamente ed esplicitamente gli consigliano di trovarsene un’altra. Tanto non gli sarà difficile, nella vasta gamma di alternative che Romeo ben conosce.
Come sempre siamo lieti di riportare l’uscita della Rivista di Scacchi, arrivata al 52° numero. Buona lettura a tutti!Rivista Scacchi 52
“Scacchi ed Estetica” è una conferenza tenuta il 08.04.2016 al Politecnico di Milano, organizzata da Scacchi Polimi e finanziata con i contributi del Politecnico. Il…
Interessato alla filosofia del cinema?
Pili G., (2019), Anche Kant amava Arancia Meccanica – La filosofia di Stanley Kubrick, Pistoia: Petite Plasiance
Iscriviti alla Newsletter!
C’è solo una persona che può decidere la mia vita e quella persona sono io.
Quarto potere – Orson Welles
Orson Welles (1915-1985) è stato uno dei più grandi registi della storia del cinema. Relegare il ruolo di Welles alla sola regia sarebbe assai riduttivo. Infatti, quasi nessuno nel cinema ha avuto un ruolo così centrale ed influente su ogni aspetto della produzione cinematografica. Egli fu anche un grande attore, chiamato da registi maggiori e minori per interpretare parti di ogni genere in film di ogni tipo. La sua carriera di attore non può essere riassunta in poche righe, come non è possibile farlo per altri aspetti della sua vita. Oltre alla regia e alla recitazione, Welles era anche sceneggiatore e produttore.
La vita di Orson Welles meriterebbe uno studio a parte, come ogni aspetto della sua incredibile carriera. Tuttavia, qui ci accontenteremo di trattare di alcuni aspetti del suo cinema, vale a dire principalmente dei contenuti di esso. Orson Welles ha speso l’intera vita nel cinema e la sua opinione su di esso era che “è l’arte del XX secolo. E’ ciò che dobbiamo fare”. La sua carriera inizia nel teatro e dal teatro shakespeariano in particolare trarrà innumerevoli ispirazioni formali e di contenuto, come vedremo dopo. La centralità della figura di Shakespeare è inoltre sottolineata dal fatto che Welles girò e recitò tre capolavori del bardo di Avon: Macbeth (1948), Otello (1952), Falstaff (1965). I tre film tratti dalle opere di Shakespeare rimangono tra le massime espressioni del suo cinema e, in particolare, il Falstaff (tratto dall’Enrico IV parte I e parte II), raggiunge apici straordinari, con una recitazione intensa, densa ed amara. Inoltre, proprio nella “trilogia di Shakespeare” Orson Welles si ritaglia il ruolo del protagonista: Macbeth, Otello e Falstaff. Infatti, come abbiamo anche osservato nell’analisi dell’Enrico IV, è Falstaff il personaggio centrale dell’opera.
Segnalo con assoluto piacere l’associazione culturale di Saronno, L’isola che non c’è, non soltanto molto viva e radicata sul territorio, ma anche interessata a tematiche culturali…
Interessato alla filosofia del cinema?
Pili G., (2019), Anche Kant amava Arancia Meccanica – La filosofia di Stanley Kubrick, Pistoia: Petite Plasiance
Lui non lo arruoliamo. Può servire il sud meglio come macchinista!
Buster Keaton – The General
Riassumere in poche parole la carriera di un regista, sceneggiatore e attore come Buster Keaton (1895-1966) è sostanzialmente impossibile e, soprattutto, non renderebbe giustizia a colui che fu definito “una faccia di bottiglia”. Ci accontenteremo di tracciare qualche riflessione sulla base di alcuni suoi mediometraggi e lungometraggi.
Intanto, va notato che Buster Keaton era uno dei primi registi e attori del cinema muto, già figlio del montaggio, inventato dall’altro americano David W. Griffith (La nascita di una nazione (1915)). Inoltre, c’erano già grandi registi, compreso il fondamentale Sergej Esenstein (1898-1848) e Frederich Murnau (1888-1931). In realtà, il cinema del periodo di Buster Keaton aveva già superato una certa en passe rispetto al problema di trovare dei contenuti validi da esprimere mediante il cinema. Murnau, Eisenstein, Dreyer e poi Lang stavano formando il cinema, imponendo nuovi standard per quanto riguarda sia la forma che i contenuti della rappresentazione cinematografica. Soprattutto, il cinema stava rapidamente affermandosi sia come strumento di intrattenimento per le masse, ma poi anche per le altre classi sociali (in particolare, la borghesia). Rimane comunque che il cinema è proprio l’emblema della cultura di massa nascente nel periodo dell’età degli imperi, giacché la società di massa interconnessa e fondata sui grandi numeri demografici, con i relativi divertimenti, angosce e inquietudini, nasce proprio in quegli anni e il cinema ne è ancora il più grande testimone.
“Filosofia pura della guerra” è un libro di Giangiuseppe Pili, presentato all’Università Vita-Salute San Raffaele (Milano) il 10.05.2016. La presentazione è stata organizzata dal Centro…