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Karl Marx e la schiavitù salariata – Diego Fusaro

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Karl Marx ci ricorda molto Charles Darwin, per tanti piccoli aspetti. Entrambi danno centralità alla storia, all’evoluzione fondata sulla prassi, entrambi sono due pensatori la cui intenzione è descrivere e non speculare sul dover essere: essi sono due scienziati di un’unica realtà, indagatori dello stesso mondo con strumenti diversi. In fine, sia Marx che Darwin sono tra gli autori più citati e meno conosciuti. Per tale ragione Marx ha detto, praticamente, qualsiasi cosa così come Darwin: difficile dire, stando a chi parla di loro, cosa effettivamente essi hanno detto.

Ciò ci serve per mostrare subito il lato migliore del lavoro di Fusaro, scritto quando ancora non era un personaggio televisivo e politico: esso è una ricostruzione imparziale del pensiero di Marx. Quanto ciò sia raro ed encomiabile può essere mostrato ricordando tutta la letteratura che da Marx ha tratto le mosse senza indicarne la propria autonomia: i seguaci di Marx hanno dedotto e inferito molto più del lecito e avere una visione chiara dell’opera marxiana non può che spazzar via molti pregiudizi che, generalmente, circolano intorno alla riflessione del filosofo-economista. In effetti, soprattutto attualmente nelle così dette “società aperte” vige un rifiuto incondizionato verso il lavoro di Marx.

Karl Marx e la schiavitù salariata è un’opera di rivisitazione generale del pensiero marxiano (e non marxista, due termini che, ricordandoci la lezione di Popper, è importante tener distinti) si impernia su uno dei problemi più fondamentali e più d’attualità di tutto il pensiero marxiano: la schiavitù e la schiavitù salariata. Fusaro prende le mosse da un particolare, uno dei temi che pervade per intero la riflessione marxiana, e lo sviscera in tutta la sua ampiezza nelle diverse prospettive possibili. Bisogna tener conto di due particolari: primo, Marx riflette ampiamente sulla dialettica interna al conflitto sociale insista nell’organizzazione del lavoro e riassumibile nello sconto servo/padrone; il secondo è che il pensiero marxiano, nonostante i pregiudizi in materia, è lontano dall’esser riconducibile ad un sistema, cioè una forma unitaria di sapere simile in tutto alla geometria euclidea, tanto rassicurante per la sua peculiare organizzazione in assunti e deduzioni.

Il libro si dispiega in cinque capitoli. Il primo parte dalle origini della riflessione storico-filosofica di Marx, dalla sinistra hegeliana e dal pensiero di Hegel. Questo capitolo è tratta della visione materialista della storia marxiana che “ribalta” la concezione idealista di Hegel. Se il motore della storia per Hegel era l’Idea che si compiva mediante il processo di maturazione dello Spirito, per Marx il fulcro della storia è la prassi. L’immagine di Hegel era corretta, in sostanza: la storia è un’evoluzione dialettica tra forze metafisiche che si concretavano in opposti che, entrando in contraddizione, implicavano un superamento. Tuttavia, per Marx questa visione della storia è ancora troppo astratta ed è anche troppo ottimistica: per Hegel, infatti, il cammino dello spirito era un progresso di coscienza che conduce lo spirito ad una piena aderenza tra sostanza e contenuto. Lo spirito, incarnato di volta in volta in un determinato periodo storico, era l’insieme di individui della storia stessa colti nel momento determinato. Marx mantiene l’impostazione generale ribaltando il punto di vista: il processo storico non è più il progresso dello spirito né l’evoluzione positiva dell’umanità ma, viceversa, è l’insieme dei rapporti di forza economici la cui risultante è la storia. In questo quadro si inserisce il concetto di schiavitù: essa non è più un momento passeggero ma è una categoria generale del processo storico da interpretare di volta in volta.

Il capitolo secondo tratta del problema della schiavitù e della sua evoluzione dal punto di vista storico o, più in particolare, di come Marx la concepiva all’interno della sua filosofia della storia. All’evoluzione dell’umanità non è seguita una strada di emancipazione dalle forme di oppressione, riassunte nella dialettica servo/padrone (proposta da Hegel), ma il rapporto di forza tra classe dominante e classe asservita si è evoluto col trascorrere del tempo. La prima forma di schiavitù trattata è quella presentata da Aristotele in cui lo schiavo è puro oggetto. Questa forma di schiavitù in cui l’uomo è totalmente reificato sia nel diritto sia all’interno della prassi, è trapassata poi nell’impero romano. Dopo il crollo di Roma, si passa al servo della gleba e, nella società moderna, si giunge al lavoratore salariato, più propriamente il lavoratore delle fabbriche della prima rivoluzione industriale. La storia ha cambiato ma non eliminato i rapporti di forza e la natura della schiavitù è rimasta sostanzialmente la stessa. Marx affronta questo tema perché: “Solo lo schiavo del capitale può sperare collettivamente in un mondo migliore, senza padroni, e rivoluzionare il modo di produzione”. (p.134)

Il terzo capitolo analizza le ragioni storico-economiche della nascita della schiavitù salariata tenendo fermo il punto che l’evoluzione storica non ha trasmesso un progresso rispetto alla libertà reale degli individui (siano essi padroni o lavoratori/schiavi) ma ha saputo superare il modo di produzione schiavistico, ma non della schiavitù: è la prassi, vale a dire l’insieme dei mezzi, ad essere cambiata ma non la struttura stessa della società. La differenza tra la modernità della fabbrica rispetto allo schiavismo delle società antiche sta soprattutto nella diversità dei mezzi della produzione e nei diversi modi in cui si è mantenuta la diseguaglianza del rapporto tra le varie parti sociali.

Il quarto capitolo indaga più approfonditamente il tema di come sia lecito considerare un “lavoratore salariato” uno “schiavo”, infatti, in ciò c’è un evidente problema: quantunque il lavoratore sia effettivamente asservito e vincolato al sistema, è pur vero che la libertà economicamente acquisita (il diritto lo prevedeva già) sembra sostanziare l’idea opposta, vale a dire che nella modernità (occidentale) v’è il trionfo della libertà e dell’eguaglianza (come sosteneva Hegel). Ma la realtà è diversa, secondo Marx: se il lavoratore guadagna il sufficiente per sostentarsi e per consentire una sussistenza stentata alla prole, va da sé che la sua capacità di soddisfare bisogni ulteriori rispetto a quelli bestiali è ininfluente. Non solo il lavoratore non può permettersi di protestare alle condizioni inique impostegli dal datore di lavoro, ma questa condizione si reitera e trapassa da padre in figlio giacché non ci può essere una possibile evoluzione in uno stato di cose simile. Ecco perché, ancora una volta, è lecito parlare di “schiavitù salariata”.

Il quinto e ultimo capitolo è una summa del pensiero marxiano rispetto all’evoluzione più moderna della struttura economica. Se si può ingenuamente pensare che il lavoro dell’operaio si limita alla schiavitù temporanea concentrata nel lavoro di fabbrica, si sarebbe indotti a sbagliare: “Al contrario, la schiavitù salariata, in quanto finalizzata alla illimitata valorizzazione del capitale, non trova limiti all’essenziale e tende ad appropriarsi in misura sempre più massiccia del lavoro eccedente dell’operaio, come un vampiro che succhia sangue fin tanto che ce n’è”. (p. 295)

Il libro, come abbiamo già detto, è una trattazione esaustiva del pensiero marxiano sul tema della schiavitù e della schiavitù salariata, vale a dire della forma di organizzazione economica dall’età antica all’età moderna e, di fatto, a quella contemporanea. L’analisi di Fusaro è molto puntuale e va ammirata per la grande onestà intellettuale che lo conduce anche a trattare (anche se talvolta solo in nota) dei problemi e delle controversie sollevabili alla posizione di Marx. Un esempio, è la scarsa considerazione di Marx per i dati storici giacché il filosofo di Treviri tiene più a pensare la storia su categorie astratte piuttosto che dedurre queste dai fatti. Sia per la precisione dell’analisi che per la profondità il libro raggiunge il cuore degli argomenti e tra citazioni delle opere dello stesso Marx e di quelle di altri autori che hanno interpretato il filosofo di Treviri, la spiegazione dell’argomento non può che rigorosa ed esaustiva.

Se la chiarezza dell’autore è indiscutibile, allo stesso modo la prosa scientifica, non senza qualche tocco di colore, rende il lavoro piuttosto agile per quanto possa essere concesso ad un testo tecnico. I riferimenti ad altre opere sono sempre molto pertinenti e difficilmente sono lunghi ed essi non richiedono al lettore nessuno sforzo ulteriore né la conoscenza delle opere citate e, nella gran parte dei casi, essi si limitano a chiarificazioni e sottolineature del pensiero di altri sull’argomento. Le citazioni più lunghe sono poste, generalmente, o in nota o al principio di ogni paragrafo il che le rende uno strumento stilistico ma con funzione di introduzione all’argomento.

Il libro di Fusaro è per tutti coloro che amano Marx, ma ancor di più per tutti coloro che odiano Marx. In realtà è un libro per tutti coloro che lo vogliono effettivamente conoscere il pensiero marxiano e riflettere su uno dei temi che hanno fatto la nostra modernità e che continuano a costituire il nostro presente perché la strada dell’emancipazione dall’oppressione è ancora lungi dall’esser stata percorsa. Un’introduzione al pensiero marxiano, un’analisi dettagliata della schiavitù salariata, la ricostruzione di un pensiero filosofico: in due parole, il libro di Fusaro.


FUSARO DIEGO

KARL MARX E LA SCHIAVITU’ SALARIATA

IL PRATO.

PAGINE: 417.

EURO: 15,00.


Giangiuseppe Pili

Giangiuseppe Pili è Ph.D. in filosofia e scienze della mente (2017). E' il fondatore di Scuola Filosofica in cui è editore, redatore e autore. Dalla data di fondazione del portale nel 2009, per SF ha scritto oltre 800 post. Egli è autore di numerosi saggi e articoli in riviste internazionali su tematiche legate all'intelligence, sicurezza e guerra. In lingua italiana ha pubblicato numerosi libri. Scacchista per passione. ---- ENGLISH PRESENTATION ------------------------------------------------- Giangiuseppe Pili - PhD philosophy and sciences of the mind (2017). He is an expert in intelligence and international security, war and philosophy. He is the founder of Scuola Filosofica (Philosophical School). He is a prolific author nationally and internationally. He is a passionate chess player and (back in the days!) amateurish movie maker.

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