Krastev, Ivan, (2017), After Europe, Philadelphia: University of Pennsylvania Press.
After Europe è un saggio di Ivan Krastev, Chair of the Center for Liberal Strategies in Sofia e permanent fellow al Institute for Human Sciences di Vienna. Quest’opera porta un titolo che inizialmente doveva essere diverso,[1] ma obiettivamente è difficile dare torto agli editori della Penn. Il titolo è accattivante per motivi chiari, nonostante il saggio di Krastev non sia la precognizione della fine dell’Europa. Si tratta, piuttosto, di un libro in cui si enucleano i principali motivi di crisi dell’Unione Europea con lo sguardo soprattutto orientato da e verso l’Est Europa.
Krastev è sicuramente un intellettuale di spessore probabilmente unico nel panorama degli studi politici in EU. Nelle sue numerosissime conferenze e interventi nei centri di massima eccellenza egli riesce sempre a esplorare fatti apparentemente ovvi in modo estremamente non convenzionale. Alcuni di questi vengono considerati anche nel libro. Ad esempio, secondo Krastev, il “panico” delle migrazioni (migration panic) è dovuto alla congiunzione di diversi fattori: la bassa natalità dei paesi europei, l’aumento progressivo dell’aspettativa di vita e la possibilità per le élite istruite di trovare lavori al di fuori del proprio paese di origine. Si parla spesso del problema demografico addirittura nei media tradizionali, ma raramente questo fattore si fa interagire con gli altri due in modo sufficientemente fondato e penetrante.
Krastev mostra come la globalizzazione ha portato la circolazione di persone, oltre alla circolazione di idee e di capitali. Egli sostiene che questo non era stato avvertito dai teorici della globalizzazione al suo principio. Krastev esplicitamente riconsidera in modo critico ma intelligente la posizione di Francis Fukuyama che, sebbene al tramonto, ha costituito e continua a costituire un punto di riferimento per la letteratura in questione (e sarebbe anche arrivato il momento di prendere in considerazione qualcosa di più profondo, con buona pace di Fukuyama, persona per altro onesta). La globalizzazione ha comportato, dunque, il movimento di grandi masse di popolazione, fatto appunto non considerato dai teorici: questi si limitavano a considerare i nuovi spostamenti di idee e capitali ma non di esseri umani. Questo vale per tutti.
Chi aspira a migliori condizioni di vita in est e ovest Europa se ne va, lasciando il proprio paese a chi non ha la possibilità di accedere ad un mercato del lavoro migliore rispetto al proprio settore. In altre parole, la migrazione non avviene solamente dalle aree più esposte alla povertà e al degrado della miseria, ma anche all’interno dei paesi sviluppati nei quali le giovani generazioni si postano in massa per entrare in mercati del lavoro in cui le loro competenze sono più valorizzate. Chi rimane nel paese di origine deve affrontare sia il fatto che ha meno risorse umane, sia meno capacità adattiva rispetto alla sfida culturale. Questo problema è particolarmente sentito nei paesi dell’Est Europa che sono meno popolati, più esposti quindi al problema dell’emigrazione dell’élite istruita, ma simili tratti comuni possono essere trovati anche nei paesi dell’ovest Europa.
Questo libro non è probabilmente all’altezza delle conferenze e dell’ingegno di Krastev, il quale ha abituato i suoi follower a ben altri livelli di profondità, così capaci di costituire un esempio e un continuo oggetto di stimolazione intellettuale. Ma esso risulta estremamente prezioso per il lettore italiano per diversi motivi. Prima di tutto, esso costituisce una prospettiva di analisi dall’est Europa. Gli italiani sono stati interessati all’altra parte dell’Adriatico solo sin tanto che i paesi dall’altra parte dello stagno erano potenziali clienti di un nascente interesse nazionale, naturalmente sparito sia dalla storia sia dai media nel post-45. Uscendo da una logica di interesse politico e lasciando una residua logica di potenza all’iniziativa privata, l’Italia ha stabilito che l’Est Europa non è sostanzialmente di alcun interesse, ancorandosi fiduciosamente all’alleanza occidentale anche in casi di clamoroso fiasco (e questo può anche avere un senso). Sta di fatto che se si facesse un sondaggio, credo che ben pochi italiani sappiano chi sono i primi ministri dei principali paesi dell’Est Europa, ammesso e non concesso che sappia quali politiche attuino e perché. Un paese come la Polonia, così importante per gli USA, è percepito più lontano del sud Sahara che, almeno in termini geografici, rimane pur sempre distante dall’Italia rispetto alla Polonia.
Da bulgaro, Krastev aiuta un lettore dell’ovest Europa a farsi un’idea della percezione degli stessi problemi in modo diverso e attraverso uno stile argomentativo estremamente penetrante e originale. Egli affronta le principali sfide all’Unione Europea in modo sufficiente, anche se sarebbe stato interessante avere analisi di maggiore dettaglio e profondità. Si tratta obiettivamente di un libro non pensato per portare tesi definitive sull’argomento ma solo delle intuizioni e spunti di riflessione che, comunque, risultano sempre stimolanti. Il libro non è tradotto in italiano (ancora?): After Europe è scritto in un inglese molto scorrevole, chiaro e abbordabile anche a chi ha una competenza linguistica non particolarmente elevata ma sufficiente. Una lettura intelligente, che si esaurisce in poche ore, in un mondo come il nostro, un fatto che non può che essere apprezzabile data la natura di questo saggio-pamphlet.
Ivan Krastev
After Europe
University of Pennsylvania Press
Pagine: 120.
[1] Krastev lo dice in varie conferenze non senza una certa ironia.
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