Dal capitolo Il Dio di Einstein del libro Einstein. La sua vita, il suo universo, scritto dal giornalista e biografo Walter Isaacson (2007, faccio riferimento all’edizione Arnoldo Mondadori 2008), apprendiamo che nell’aprile 1929 un noto rabbino di New York, Herbert S. Goldstein, in un telegramma, chiese al fisico di origine ebraica Albert Einstein – il quale aveva vinto il Premio Nobel per la Fisica nel 1921, non per la sua teoria della Relatività bensì per la sua interpretazione quantistica dell’effetto fotoelettrico – se credesse in Dio, invitandolo a rispondere in modo sintetico. La risposta dello scienziato fu: «Credo nel Dio di Spinoza, che si rivela nell’armonia governata da leggi di tutto ciò che esiste, ma non in un Dio che si preoccupa del destino e delle azioni dell’umanità». In un intervento tenuto il 10 settembre 1941 a un simposio svoltosi a New York, dedicato ai mutui rapporti fra scienza, filosofia e religione, Einstein espresse il rapporto fra scienza e religione attraverso una metafora divenuta celebre: «La scienza senza la religione è zoppa, la religione senza la scienza è cieca» (pp. 375 e 377).
Dal capitolo Leggere la mente di Dio. Stephen William Hawking del libro Profeti senza Dio. Anche la scienza ha i suoi Sacerdoti (2007, faccio riferimento all’edizione San Paolo 2010), scritto dal fisico Karl Giberson e dal sacerdote cattolico, laureato in fisica e in filosofia, Mariano Artigas (1938-2006), apprendiamo che nel dicembre 1988 l’attrice Shirley MacLaine, dopo un pranzo, chiese al fisico teorico Stephen Hawking se credesse all’esistenza di un Dio creatore e guida dell’universo. La risposta dello scienziato fu semplicemente: «No» (p. 185). Nella Conclusione del suo libro Dal big bang ai buchi neri. Breve storia del tempo pubblicato nel 1988, Hawking aveva parlato della ricerca di una teoria scientifica completa finalizzata a trovare la risposta alla domanda cruciale riguardante il perché dell’esistenza di noi esseri umani e dell’universo, risposta che decreterebbe «il trionfo definitivo della ragione umana», giacché ci consentirebbe di conoscere «la mente di Dio». Nel capitolo conclusivo del libro più recente Il grande disegno (2010, faccio riferimento all’edizione Oscar Mondadori 2012), i fisici teorici Stephen Hawking e Leonard Mlodinow hanno scritto: «Dal momento che c’è una legge come quella di gravità, l’universo può crearsi dal nulla […]. Non è necessario appellarsi a Dio per accendere la miccia e mettere in moto l’universo. […] La teoria M è la più generale teoria supersimmetrica della gravità. Per queste ragioni la teoria M è l’unica candidata al ruolo di teoria completa dell’universo. Se è finita – e questo deve ancora essere dimostrato – sarà un modello di un universo che crea se stesso. Noi dobbiamo essere parte di questo universo, perché non ci sono altri modelli coerenti. La teoria M è la teoria unitaria che Einstein sperava di scoprire. Il fatto che noi esseri umani – che siamo a nostra volta semplici insiemi di particelle fondamentali – siamo riusciti ad arrivare così vicino alla comprensione delle leggi che governano noi e il nostro universo costituisce un grande trionfo. Ma forse il vero miracolo è che astratte considerazioni logiche conducano a una teoria unica che predice e descrive un universo immenso pieno della meravigliosa varietà che vediamo. Se la teoria sarà confermata dall’osservazione, rappresenterà la splendida conclusione di una ricerca iniziata più di tremila anni fa. Avremo svelato il grande disegno» (pp. 170-171).
La Cattedra dei non credenti fu una iniziativa del cardinale Carlo Maria Martini S.I. (1927-2012) costituita da incontri, svoltisi a Milano negli anni 1987-2002 e coordinati dal cardinale stesso, nei quali autorevoli esponenti del mondo intellettuale, del mondo artistico, del mondo religioso si confrontarono, alla presenza di un pubblico, su svariati temi concernenti il significato e i valori fondamentali dell’esistenza umana. Nell’intervento Riciclati dalle stelle. Scoperte che meravigliano, intuizioni che stupiscono, parole che invitano, tenuto il 29 ottobre 1998 nell’ambito della X Cattedra, dedicata a Orizzonti e limiti della scienza, il gesuita e astronomo George V. Coyne disse: «Dobbiamo tentare di comprendere Dio come creatore di un universo dove il fine e il progetto non sono i soli – e neanche i più importanti – fattori; ma dove la spontaneità e l’indeterminismo nell’universo (anche secondo la teoria di sistemi dinamici non lineari, a livello macroscopico) hanno contribuito in modo significativo all’evoluzione di un universo in cui è apparsa la vita. Dobbiamo, però, anche guardarci dall’insidiosa tentazione della cosmologia contemporanea, dove Dio viene visto essenzialmente, se non esclusivamente, come una spiegazione e non come una persona. Dio rappresenta la struttura matematica ideale, la “teoria del tutto”. Secondo questa cultura Dio è spiegazione. Ma l’uomo di fede sa bene che Dio è molto di più e che la rivelazione, nella quale Dio si è manifestato nel tempo, è più che una comunicazione di un’informazione. Anche se scoprissimo la “mente di Dio”, non per questo avremo necessariamente trovato Dio». Nell’intervento Scritture dell’uomo e Scrittura di Dio, tenuto il 26 novembre 1998 come riflessione conclusiva della X Cattedra, Carlo Maria Martini disse: «Vi è ancora un posto visibile per Dio nella storia dell’universo? La scienza pensava di sì, almeno fino a Newton; anzi, postulava tale presenza. Ma George Coyne sostiene qui con chiarezza – e sono d’accordo con lui – che non possiamo introdurre risposte di fede a domande lasciate aperte dalla scienza. Ritengo, dunque, che la speranza di trovare vestigia dirette di Dio, scientificamente dimostrabili, nell’origine e nello sviluppo dell’universo, vada al di là degli orizzonti della scienza e che alcuni rinnovati tentativi in tale direzione conducano a vicoli ciechi. È importante che il mistero di Dio non venga sottomesso a verifiche umane e appaia all’uomo quale manifestazione fatta alla sua coscienza e intelligenza, a prescindere da argomenti scientifici, semmai contro di essi».
Voglio toccare brevemente un’altra questione. Nel corso degli ultimi secoli vari pensatori, ponendo l’accento sul fatto che i Vangeli non sono coevi agli avvenimenti ivi narrati e sono spesso pervasi da un fine apologetico-didattico, hanno evidenziato un presunto iato fra il Gesù storico e il Cristo della fede: si tratta di un problema piuttosto importante, riguardo al quale esiste una vasta letteratura. Senza l’intenzione di ridurre un problema di una tale portata a una questione semplicistica, riporto un passo dell’intervento conclusivo della I Cattedra (che concerneva Le ragioni della fede) tenuto da Carlo Maria Martini il 15 dicembre 1987, intitolato “Mi dai più gioia in cuore…”: «Gesù, per esempio, incontra Levi e gli dice: “Seguimi”; e lui va, segue Gesù (Mc 2,13-14 e paralleli)! A questa immediatezza io ho dedicato gran parte della mia vita. Per molti anni, cioè, mi sono dedicato allo studio dei gesti e delle parole di Gesù, che hanno scosso e scuotono il cammino dell’umanità: parole non dedotte, ma donate. Esse sono capaci appunto di provocare uno scuotimento dell’animo, che è insieme un infuocare e un dare pace. Lo studio storico di questi fatti e di queste parole – della loro origine, della loro tradizione, della loro fondatezza – è stato per me l’impegno di decenni. E devo riconoscere che sono passato anch’io attraverso momenti di coinvolgimento in tutte quelle negazioni di tipo illuministico e razionalistico, che sono state presentate contro queste parole. Ma è stato proprio il contatto ripetuto con tutte le forme possibili e immaginabili di negazione della storicità di queste parole e di questi fatti – i ripetuti tentativi di ridurre queste parole e fatti a pura deduzione umana, a pura invenzione, a pura proiezione storica di eventi – che mi ha molto chiarito il cammino storico. Questa mia ricerca mi ha dato grande pace nell’accoglienza di queste realtà».
[Faccio riferimento a Le Cattedre dei non credenti di Carlo Maria Martini, a cura di don Virginio Pontiggia (segretario del cardinale Martini negli anni 1990-1996), con Prefazione di papa Francesco, seconda edizione Bompiani 2015; l’intervento citato di Coyne si trova alle pp. 858-864, il primo citato di Martini alle pp. 978-994, il secondo citato di Martini alle pp. 43-49.]
Il Dio del Cristianesimo non è solamente il creatore, ordinatore e conservatore trascendente dell’universo. Gesù, il Cristo, ha vissuto pienamente l’esperienza umana affinché gli esseri umani, accettando il suo insegnamento e imitando il suo esempio, guidati dallo Spirito Santo, possano appartenere al Dio Vivente.
E le altre religioni? …saluti da un matematico apostata (ma non a-teo)
Io professo il Cristianesimo, nella variante Cattolica – senza il paraocchi.
E le altre religioni?
Che vadano a farsi benedire! (In senso scherzoso, ovviamente.)
A parte gli scherzi, legga la parte conclusiva del mio articolo Matematica e fede religiosa: il pensiero di Ennio De Giorgi (con uno sguardo sul nostro tempo).
Ringrazio del commento e ricambio i saluti.