Caccia alla Bismarck non è un libro su un particolare tipo di inseguimento o combattimento, come il titolo potrebbe aver suggerito a qualcuno. Caccia alla Bismarck è la storia dell’affondamento di una delle più grandi e spettacolari navi da battaglia (corazzata) della storia della seconda guerra mondiale e, quindi, in assoluto. Il libro è stato pubblicato nel 1973 da Ludovic Kennedy, personaggio della televisione inglese e giornalista.
La storia della grande corazzata della Kriegsmarine ha inizio il giorno del varo, in cui lo stesso Hitler tiene un discorso commemorativo e la nipote di Bismarck, il cancelliere tedesco da cui la nave trae il nome, fa da madrina all’evento. In sede operativa, la Bismarck viene affiancata dal Prinz Eugen, un incrociatore dalle linee simili a quelle della Bismarck. Le due navi attraversano i canali danesi per andare incontro alla loro missione, che era quella di affondare i convogli alleati. Gli USA non erano ancora entrati in guerra, ma la guerra in mare nell’Atlantico era già iniziata. Come già nella WWI, anche in questo caso la Germania tenta di costringere alla resa la Gran Bretagna attraverso un formidabile blocco navale. Ma se gli U-boote, i sommergibili tedeschi, sembrano riscontrare come sempre dei buoni risultati, non così vale per le navi di superficie.
La vita della Bismarck sarà di breve durata. Prima riesce ad affondare l’Hood, la più bella e onorata nave dell’impero britannico. L’Hood affonderà sostanzialmente a causa di una sola salva sparata dai cannoni da 380 mm della Bismarck e con essa moriranno tutti i marinai, eccetto tre. Di essi si trova ancora traccia sia nel libro, sia in struggenti interviste nei vari documentari sull’episodio. Nel combattimento la Bismarck, consegue anche nel rendere la Prince of Wales sostanzialmente fuori combattimento. Ma questo è il primo round.
Tutta la Royal Navy viene mobilitata per affondare la grande corazzata. Viene inviata la Forza H da Gibilterra, con la portaerei Ark Royal. All’inseguimento viene anche spedita la corazzata King George V, una delle poche navi capaci di reggere un confronto diretto con la Bismarck, sebbene pare che non fosse ancora al massimo della capacità operativa. Dopo una serie di decisioni non lineari da parte del comandante in capo della forza tedesca, Lüjens, dopo che la Royal Navy è ormai vicina, la Bismarck e il Prinz Eugen si separano. La Bismarck era stata danneggiata leggermente dal combattimento con l’Hood, perché perdeva carburante. Questo però fu sufficiente a costringere Lüjens a dirigere verso i porti della Francia occupata e verso la protezione aerea.
La Bismarck verrà prima colpita dai siluri degli swoordfish, biplani lenti ma affidabili, lanciati dalle portaerei inglesi. Verrà poi finita a cannonate da parte di tutte le navi di superficie inglesi, quindi affondata dal siluro di un cacciatorpediniere. I marinai della Bismarck si lanciarono fuori bordo, appena prima che la corazzata si rovesciasse in mare. Un cacciatorpediniere inglese si era avvicinato per recuperare i marinai tedeschi, ma fu costretto ad allontanarsi anzitempo per via del pericolo del sopraggiungere degli U-boote. Salvarono circa 100 persone tra ufficiali e marinai. Gli altri 1900 marinai della Bismarck morirono in combattimento o in mare. Fu un’ecatombe.
Il libro di Ludovic Kennedy ricostruisce la caccia alla grande corazzata tedesca sufficientemente nei dettagli. Si tratta di un’accurata descrizione dei fatti ma anche di una discreta ricostruzione causale dell’evento. Il lettore al termine della lettura riuscirà nell’essersi fatto una buona idea di quanto accaduto. Si tratta, dunque, di un buon libro, da questo punto di vista. Tuttavia, Kennedy compie un ottimo lavoro quando si limita ad una analisi storica che egli definisce “di nessun patrono”. Questo è abbastanza vero, anche se si comprende che egli parteggia vagamente per la Royal Navy. Un atteggiamento solo genericamente partigiano, per altro ben comprensibile in quanto egli stesso aveva partecipato all’azione.
Non si possono sottolineare, però, i limiti di una prosa non sempre all’altezza. Intanto, Kennedy sin troppe volte si lancia nel ricostruire i pensieri dei marinai dei due schieramenti. In particolare, egli indulge più di una volta nel fatto che questi ragazzi pensassero sostanzialmente a tre cose: alla famiglia, al sesso e ai divertimenti. Poco ad altro. Giusto e logico. Ma non ci sarebbe stato bisogno di ripeterlo pedissequamente ogni qual volta il combattimento si approssimava. Considerazioni analoghe valgono per gli orpelli, così doveva considerarli Kennedy, all’interno dei combattimenti, concepiti come “duelli tra giganti”. Ancora una volta l’usurata metafora del combattimento come duello alla pari… quando però di paritario proprio nella caccia alla Bismarck non ci fu proprio nulla!
La Royal Navy dimostrò soprattutto che i combattimenti simmetrici di simili navi da battaglia era ormai obsoleto, se perse l’Hood e se dei lenti biplani come gli swoordfish, armati di un solo siluro ciascuno (!) erano in grado di dissolvere i sogni di potenza di una nave come la Bismarck. Mentre erano del tutto controproducenti e, ormai, insensati i combattimenti diretti tra grosse corazzate. L’arma aveva vinto la corazza, in questo momento della storia navale. Un antico avvicendarsi, quello tra armi perforanti e corazze, come ci ricorda Raimondo Luraghi.
In definitiva, dunque, si tratta di un ottimo libro, sebbene con limiti narrativi. La ricostruzione storica è piuttosto accurata ma i limiti stilistici rendono il libro semplicemente una buona analisi, utile per ricostruire l’accaduto. Quindi, il primo compito dello storico è stato assolto. Ma Kennedy si era assunto anche quello epico che, purtroppo, ha disatteso. Non c’è niente di male, naturalmente, nella produzione di un’epica storica di cui, è bene dirlo, se ne sente molto la mancanza, soprattutto in un periodo in cui la storia crede di poter essere qualcosa di totalmente diverso dalla narrativa e si vuole avvicinare sempre più alla versione di una scienza naturale asettica quanto falsa. Come dimostrano i lavori più importanti dalla nostra tradizione storiografica, l’epica fa parte della grande storiografia sin da Tucidide. Ma quando non si è, appunto, sufficientemente grandi si rischia di scivolare nel ridicolo. E talvolta il Kennedy non solo ci scivola, ma pure ci indulge. Unico limite di un libro altrimenti all’altezza della grande Bismarck e della sua storica discesa verso gli abissi, simbolo di un modo di combattere in mare ormai al tramonto.
Ludovic Kennedy
Caccia alla Bismarck
Mondadori
Pagine: 288.
Be First to Comment