Il comportamento intimo (1971) è un libro di antropologia scritto da uno zoologo e divulgatore scientifico, Desmond Morris. Come già recita il titolo, si tratta di un saggio che indaga i comportamenti intimi degli esseri umani. Il libro è così diviso in nove parti, tra cui Le radici dell’intimità, L’intimità sessuale, L’intimità sociale, L’intimità con il proprio corpo. Scopo del lavoro è quello di analizzare in dettaglio tutti gli aspetti del comportamento intimo, sia esso intrattenuto da una persona verso un’altra, sia esso intrattenuto verso se stessi.
Il saggio ricostruisce i primi rapporti tra la madre e l’infante. Sebbene non si tratti di una tesi assai originale, tutto il comportamento intimo, secondo Morris, è segnato proprio dal rapporto intimo che si instaura tra madre e figlio. Sicché una madre disinteressata determinerà un’evoluzione della prole priva di affetto e, viceversa, il prolungarsi del contatto intimo sino alle fasi successive dello sviluppo evolutivo del giovane può causare disturbi di diversa natura. Sin da qui si può evincere che lo scopo di Morris non solo non è esclusivamente di natura scientifica ma, più in generale, filosofica ma anche propriamente morale o, al minimo, didattica. Infatti, in più di una circostanza Morris sembra essere un estimatore del principio secondo cui est modus in rebus ovvero bisogna fare tutto seguendo la via mediana.
Lo sviluppo evolutivo del comportamento intimo è segnato dal principio dal rapporto che l’infante intrattiene con la madre. Le altre fasi sono segnate dall’allontanamento e, poi, dal rifiuto – si spera reciproco, perché anche qui si insinuano cause di traumi – di importanti contatti intimi tra i genitori e il giovane adulto. Mentre nei primi mesi di vita il bambino ha ancora forti eredità istintuali dal mondo dei primati, successivamente perde queste eredità a favore di una interazione più attiva e umana. Il successivo stadio della crescita prevede un arricchimento del contatto intimo con la presenza delle parole. Quindi, sebbene il contatto intimo si sviluppi principalmente attraverso i sensi del tatto, dell’udito e dell’olfatto (ma soprattutto il tatto), successivamente si aggiunge la vista e la capacità di comprendere il linguaggio verbale. Dunque, sebbene la vista e il linguaggio siano poi fondamentali nell’età adulta, seguendo il filo del ragionamento di Morris, anche nell’età dei contatti intimi tra adulti (dall’adolescenza fino anche alla senilità) è il tatto a essere il mezzo di comunicazione intima più profonda. Questo avviene in tutte le forme di contatto intimo, ad iniziare dall’abbraccio o dal contatto iniziale con una persona sconosciuta, per finire all’amplesso.
Le parti in cui Morris si ricorda di essere un etologo (zoologo) sono estremamente convincenti e precise. In particolare, colpiscono le ricostruzioni delle fasi di contatto e costruzione del rapporto intimo tra giovani adulti e tra adulti in generale. Come pure riesce perspicace nel ricostruire le ragioni per le quali anche da uomini maturi, continuiamo a necessitare di forti contatti intimi, contatti tattili e non, fosse anche soltanto con noi stessi. Questo è mostrato con prove dirette e indirette, ma sono sufficienti a farci persuadere che effettivamente uno sviluppo costruttivo con gli altri passi anche attraverso una miriade di piccoli o grandi effusioni scambiate in vari modi, ma possibilmente diretti attraverso il tatto più che la vista. Le parti più interessanti del libro sono proprio quelle in cui comportamenti intimi apparentemente unici (che credevamo nostri, idiosincratici) o apparentemente sommersi (che non siamo in grado di notare) vengono portati alla luce in modo compiuto.
Tuttavia, Morris si abbandona sin troppo spesso a valutazioni la cui natura esigerebbe assai più spazio e assai più rigore. Ad esempio, egli critica la società contemporanea (a lui, cioè gli anni ’70). In particolare, se attacca ferocemente “l’urbanita”, una sorta di uomo nello stato di natura hobbesiano, che ha tagliato tutti i contatti intimi a favore di una sorta di scalata al potere sociale, spregiudicata quanto anti-umana – in questo senso antropo-etnologico. Non ha infatti alcuna esitazione a chiarire che i rapporti tra esseri umani sono sempre più atomizzati, congelati tra castrazioni emotive e tattili. Sorprendentemente, egli si interessa di ricostruire l’eziologia, cioè le catene causali e le condizioni per cui un uomo arriva al suo sviluppo, ma non è interessato alla storia, ovvero all’evoluzione degli usi e costumi sociali e alle loro ragioni. Ci deve essere un motivo per cui abbiamo sviluppato un certo comportamento culturalmente determinato e condiviso. In un simile saggio, che ha l’obiettivo di analizzare il comportamento intimo, è inevitabile che non ci si possa accontentare di una sorta di incursione nel giudizio morale, senza prima cercare di analizzare i rapporti di causa ed effetto anche a livello sociale, visto che comunque sembrano importanti per Morris.
Non manca anche di strizzare l’occhio verso la gioventù del periodo, cioè quella contestatrice, che ha tra le sue principali virtù quella di aver abbandonato i vecchi costumi per una vita più spontanea e più in linea con le esigenze emotive degli esseri umani. Anche in questo Morris avrebbe potuto trattenere il giudizio entusiastico per aspettare gli anni in cui quella gioventù, così libera, avrebbe mostrato le sue più vere origini, congiungendosi spesso in matrimoni ufficiali, se non addirittura religiosi, nonché abbandonando tutto l’insieme di comportamenti tanto apprezzati da Morris.
Naturalmente, le opinioni di Morris possono essere anche condivisibili. Ad esempio, sembra fuor di dubbio che gli esseri umani delle città (che sono diventati, per la prima volta nella storia, più numerosi degli abitanti delle campagne, raggiungendo il 51% circa della popolazione mondiale) abbiano difficoltà ad instaurare contatti umani positivi anche perché vincolati ad una sorta di blocco psicologico verso il contatto fisico, principalmente tattile. Non solo è vero e non solo è un fatto non perfettamente in linea con le esigenze emotive della nostra specie, ma risulta un dato ancora più chiaro di fronte alle nuove forme di comunicazioni tecnologiche che rendono tale contatto diretto ancora più mediato.
Il paradosso, dunque, è che sebbene venga dichiarata una libertà di costumi senza precedenti, questo può essere vero sin tanto che “l’urbanita” inizia il suo percorso di ascesi verso l’atomizzazione totale. Da giovane sembra avere più opportunità per stringere legami fisici con gli altri. Ma questo rimane vero soltanto fino a quando questo individuo non cresce abbastanza da diventare un adulto, inserito negli infiniti sistemi di discrimine. A tal punto che egli stesso non può più capire cosa sia lecito toccare e cosa no. Non solo, ma data la natura del mercato del lavoro, sempre più mobile e sempre più instabile, è facile che l’individuo cambi continuamente di città o residenza, determinando una cesura nei possibili rapporti intimi, costringendolo di fatto ad una sorta di isolamento fisico non intenzionale. E non è un caso, infatti, che in molti siti di ballo si propagandi l’attività proprio facendo leva sulla positività che il contatto fisico impone.
E’ sempre molto difficile capire cosa si possa fare, cosa significhi che “l’eredità della storia sia sbagliata” o addirittura “rimediabile”. Sta di fatto che le cose non sono affatto migliorate, su questo aspetto. La crosta terrestre non è diventata più umana dagli anni ’70. Ma come non manca di notare anche Morris, il nostro recente passato è stato anche più castrante. E le altre culture, che vanno dal burka (caso estremo di separazione alla vista – ma soprattutto al tatto) alla separazione netta tra i gruppi di maschi e femmine, non sembrano molto migliori di noi. Mentre le culture primitive, probabilmente perché molto piccole di numero e quindi necessariamente con un alto reciproco riconoscimento di fiducia, non sembrano comunque sufficientemente simili a noi per ergersi a modello, se non ideale negativo vagheggiato dalle persone che vogliono abbandonarsi a sogni che loro stessi sanno per primi essere utili solo per non impegnarsi a cambiare la realtà: d’altra parte, se l’ideale non si può raggiungere, tanto vale arrangiarsi nel presente.
Come anche si vede da questa analisi, il libro di Morris è limitatamente etnologico, almeno da un punto di vista metodologico. Anzi, le parti minoritarie, ancorché più riuscite sono proprio quelle in cui Morris si ricorda che la scienza è principalmente descrizione priva di valutazione morale. Tuttavia, molte ricostruzioni dei nessi causali sono forzate, altre volte sembrano tutt’altro che ben argomentate. Ad esempio, Morris sostiene che l’appetibilità del seno della donna risieda nel suo sembrare un “sedere”, che è la base del richiamo sessuale. La ragione di questa peculiare “primordialità del sedere” sarebbe dovuta al fatto che in quasi tutte le scimmie i rapporti sessuali avvengano in modo che il maschio penetri da dietro la femmina e, quindi, ne veda le forme del sedere. Alcune scimmie hanno anche la capacità di aumentare la dimensione del sedere quando pronte per l’accoppiamento, fatto che costituisce un evidente richiamo sessuale. E quindi le femmine umane che sono “virtualmente sempre in calore” (così nel testo) hanno mantenuto il richiamo in modo permanente: accumulano più grasso in quella parte del corpo, così da risultare perpetuamente appetibili. Ma proprio questa ricostruzione sembra tutt’altro che scontata.
Prima di tutto, il seno è proprio il primo oggetto con cui si confronta il bambino ed è, non per niente, oggetto di lunga analisi da parte di Morris proprio nel primo capitolo! Non solo, ma potrebbe essere addirittura il contrario: perché dobbiamo pensare che non sia il sedere ad essere appetibile proprio perché potrebbe sembrare un seno? D’altra parte, se tutto il comportamento intimo è segnato dal rapporto che il bambino intrattiene con la madre nei primi anni di vita, perché dovrebbe in questo caso valere un istinto più remoto, tanto da farlo risalire alle scimmie? Infine, se fosse vero che le donne hanno il seno per questo, allora perché i seni prosperosi sono notoriamente la minoranza? Se fosse vero quanto sostiene Morris, un buon settore della chirurgia estetica dovrebbe privarsi di importanti utili, così come tutte le industrie di rimedi meno estremi che vanno dal push up ad altri meno eleganti. Morris non argomenta a sufficienza, non riporta più possibili interpretazioni per le medesime informazioni e si lascia pure andare a considerazioni e implicazioni non prive di potenziali controversie. Questo non è un caso strano. Tutto il libro è una mistura di analisi etologica, antropologica e morale.
Infatti, Morris sostiene in diversi punto che il rapporto ideale tra esseri umani sia sostanzialmente quello monogamico. Perché esso sarebbe quello “più in linea con il processo di sviluppo sano del comportamento intimo”. Tuttavia, Morris difende pure l’idea che i contatti dovrebbero essere più diffusi e accettati, perché del tutto innocui. Eppure, per la stessa ragione, egli si trova a dover supporre che i casi di tradimento sono quasi sempre dovuti alla mancanza di contatti intimi. Il che pone lo strano paradosso di riconoscere da un lato che il rapporto monogamico sia proprio il migliore perché garantisce il contatto intimo prolungato, ma allo stesso tempo che esso non sia neppure condizione necessaria. E quindi, in qualche modo, il tradimento della relazione sembra conseguenza naturale. Insomma, Morris è alquanto disinvolto nelle argomentazioni e sostanzialmente può risultare apprezzabile da chi la pensa come lui.
Sembra, dunque, che il libro in questione sia una lettura inutile, se non addirittura dannosa. Le cose stanno al contrario. E’ vero, infatti, che l’autore si lascia andare volentieri a considerazioni non in linea con una buona divulgazione scientifica, anche quando solo divulgazione. Egli non era comunque chiamato a fornire giudizi di natura morale, per altro argomentati in modo insufficiente anche quando proprio se ne sentisse il bisogno. Tuttavia, risulta un libro avvincente e godibile perché porta a ragionare su elementi che sembrano unici a ciascuno di noi, ma non lo sono. Inoltre, anche quando le ricostruzioni non siano accurate o sufficienti, rimane il fatto che il lettore sfida continuamente l’autore e, per riflesso, si arricchisce oltremisura di nuove idee e nuovi spunti. Non solo, ma alla fine il lettore scoprirà di vedere gli esseri umani in modo diverso e, tutto considerato, più preciso di prima. Questo è quanto vorremmo da un qualsiasi tipo di libro, sicché Il comportamento intimo è davvero un’opera che può essere letta con grande attenzione o con semplice curiosità.
Desmond Morris
Il comportamento intimo
Mondadori
Pagine: 276
Euro: 10,50.
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