Si pensa spesso che il problema terroristico sia principalmente una questione americana, nata contro gli Stati Uniti perché il paese che assomma tutte le colpe del blocco occidentale: paese capitalista, democratico ma con una chiara politica estera, spregiudicato nelle scelte e non sempre capace di risolvere le diatribe internazionali. Ma la verità è un’altra. Dopo l’11 settembre del 2001, i principali attentati terroristici di stampo religioso non si sono concentrati negli USA, ma in Europa: ci sono stati attentati nelle capitali dei paesi più importanti dell’Europa, cioè Madrid, Londra, Parigi e oggi Bruxelles; ci sono stati evidenti problemi anche in Danimarca e in Germania. Inoltre, la frequenza degli attentati sta crescendo ed è impossibile ignorarne la sempre più lunga ombra sulla sicurezza del blocco europeo. Non è una questione di controllo delle frontiere interne dell’Europa.
L’Europa è sempre stato un insieme di Paesi non solo disuniti, ma addirittura nemici tra loro. Non c’è bisogno di riportare il caso dell’infinita sequenza di guerre intestine, guerre propriamente europee per scoprire quello che sappiamo tutti. Però, proprio quando l’Europa si combatteva nei campi di battaglia, proprio allora, l’Europa si era scoperta padrona del Mondo, con l’economia più prospera del pianeta e con una delle tradizioni culturali più straordinarie che siano mai state concepite. Sia chiaro che il colonialismo e l’imperialismo non sono intrinseche virtù politiche e sociali, sono solamente un dato di fatto. Non gli Stati Uniti, non l’URSS, ma l’Europa ha avuto sottomano simultaneamente l’Africa, il Sud-est Asiatico, e gran parte dell’estremo oriente sotto le sue mani. Perché? Perché l’Europa, sin dalle origini, è un popolo guerriero, in armi, pronto a mandare al macello i propri giovani per vantaggi politici. Ora le cose sono cambiate?
Da settant’anni l’Europa è stata costretta da più circostanze a diventare un’area smilitarizzata del mondo, almeno nella propria politica interna. E’ vero, le guerre postcoloniali ci mostrano che le cose non stanno proprio così e che gli europei sono ancora parte della contesa per il dominio di aree fondamentali geopoliticamente. Ma l’Europeo medio, se esiste, è un uomo che ha accettato di essere al di là della storia. Egli, cioè, crede di essere il pensionato del XXI secolo: pensa di poter e dover stare a guardare la lotta degli USA e della Cina, piuttosto che dei BRICS, dispiacendosi soltanto che i propri giovani siano prevalentemente disoccupati, poco equipaggiati per la futura lotta che forse gli attende. Perché se c’è un fatto che la storia mostra, è che essa non lascia fuori nessuno. Gli esseri umani sono come i tonni, i suini dei mari: di essi non si butta via niente e tutti quanti sono molto utili sia insieme che in singolo.
“Vivi e lascia vivere” è il motto di molti europei di oggi, salvo il fatto che chi lo pensa non ve lo dice perché sarebbe già difendere un’opinione. Non sia mai. Il problema è che se “vivi e lascia vivere” è un ondivago principio guida, va notato che esso ha due condizioni: “vivere” e “lasciare vivere”. Esso, quindi, può essere applicato solo a condizione che entrambe le condizioni siano possibili. Il problema è che talvolta per “vivere” non è chiaro che si possa anche “lasciare vivere”. Questo è il punto che chi vi vende questa frase a costo zero si dimentica esso stesso di osservare.
Non è il discorso crudele ed egoistico del mors tua vita mea, semplicistico ed ingenuo perché, semplicemente, la “mors tua” spesso implica la “mors mea”. E’ piuttosto il fatto che per risolvere i problemi, io e te abbiamo quasi sempre bisogno l’uno dell’altro, a meno che non ci si voglia reciprocamente eliminare o ignorare. Ma ignorarsi è spesso impossibile ed eliminarsi a vicenda è spesso rischioso e pericoloso, ovviamente. Quindi, chi vi dice “vivi e lascia vivere” vuole dire che dovreste non chiedervi cosa fa il vostro vicino, perché tu devi pensare agli affari tuoi e fregartene di tutto il resto. A parte il fatto che questo atteggiamento sembra, perlomeno, supporre la presenza che il tuo vicino sia sufficientemente lontano o sufficientemente piccolo da non porre seri problemi, rimane che esso è semplicemente un consiglio vacuo. Non è possibile. “Vivi e mettiti d’accordo”, questo sembra essere più plausibile. E’ più plausibile, però, quando entrambi abbiamo qualcosa da accordare e ci vogliamo realmente accordare.
L’Europa, dunque, ha giocato il gioco del saggio poco saggio del “vivi e lascia vivere” in modo anche incoerente. Se la somma della politica estera di un blocco come quello europeo non è altro che la sommatoria delle singole azioni attive e passive dei singoli paesi del blocco europeo, va detto che questa politica del “vivi e lascia vivere” è stata la storia che i singoli uomini europei si sono raccontati. I governi hanno, invece, sposato un atteggiamento ancora più frivolo: essi hanno fatto guerre secondo l’occasione, per non rimanere troppo indietro coi tempi e con gli USA che, per la prima volta, si sono accorti di non poter fare a meno dell’alleato europeo. Gli USA lo sanno benissimo ed è per questo che sono ancora, nonostante tutto, in aree di pertienza europea. L’Inghilterra imperiale sapeva di non poter vincere nessuno senza coalizioni. L’impero bizantino sapeva benissimo che non sarebbe sopravvissuto quei quattro secoli abbondanti oltre l’impero romano d’oriente, senza la capacità di saper formare coalizioni efficaci. E gli USA hanno paura che noi europei continuiamo a stare fuori dalla storia. E non hanno paura per noi: hanno paura per loro. Sicché gli USA ci vogliono come partner privilegiato. Perché? Perché tutte le guerre importanti degli USA del XX secolo sono state vinte perché avevano l’alleato europeo anche e compresa la guerra fredda.
La guerra in Libia del 2011 è stato un errore strategico di neppure lungo periodo, giacché secondo nessun conteggio cinque anni sono un “lungo” periodo. Quindi, anche da questo punto di vista, bisognerebbe smettere di pensare che la storia sia un fatto di decadi, se non almeno quando essa fa parte di un mondo così vicino ed interconnesso come quello di oggi. E’ oggi che dobbiamo vivere, è oggi che dobbiamo lottare per la nostra vita, è oggi che dobbiamo prendere le decisioni che influenzeranno i prossimi cinquant’anni. E questo ci porta alle conclusioni.
L’Europa è ancora oggi un popolo guerriero e bisogna stare molto attenti a risvegliarne gli antichi bollori. Siamo il continente che ha dato origine alla maggioranza degli imperi della storia e ad un impero universale, come fu quello romano. Siamo quel continente che ha determinato la morte di 50 milioni di individui in un solo conflitto, quindi qui c’è ben poco da nascondere e c’è ben poco da scherzare. E’ finito il tempo di nascondere la testa sotto la sabbia: noi siamo quel passato, noi siamo quella forza, noi siamo quella ragione strategica. Nel bene e, ovviamente, anche nel male. Per essere pacifisti, bisogna essere capaci di riuscire a disarmare il nemico oppure arrendervisi. Io sono un pacifista e chi vuole scoprire quanto può leggere le pagine del mio Filosofia pura della guerra. Ma essere pacifisti non vuol dire essere stupidi.
La stupidità, invece, dell’europeo nasce proprio dalla sua ingenuità del “vivi e lascia vivere”. Non è possibile, non è mai stato possibile ed è un errore strategico e culturale irrimediabile. Da oggi in poi, se ancora c’erano dei dubbi, siamo tutti chiamati a partecipare attivamente alla nostra sicurezza. Tu ed io, tu lettore ed io blogger, tu semplice cittadino come me, tutti noi siamo chiamati ad accrescere la nostra cultura sulla sicurezza. Bisogna partecipare a questo scopo, bisogna unirsi per condividere l’idea che è legittimo stare vigili, stare allerta. Noi siamo tutti parte di una illustre democrazia. Sarebbe giunto il momento di ricordarci che tutti noi abbiamo responsabilità di fronte a noi stessi e ai nostri concittadini. Questo è perlomeno il minimo di quello che si può fare. In altre parole, anche quando tu non voglia sposare la causa della guerra, puoi comunque sposare la causa del controllo e del monitoraggio dei rischi. Questo si può fare anche senza ammazzare nessuno. Noi europei abbiamo tanto diritto ad esistere quanto tutti gli altri, né più né meno. E onestamente io non ho mai creduto che le colpe dei padri debbano ineluttabilmente ricadere sui figli: io sono un individuo, ho la mia ragione e la mia ragione mi dice che non ho colpa dei problemi del mondo, anche quando sono incline a riconoscere le ragioni degli altri.
In conclusione, dunque, se vuoi la pace, prepara l’informazione. Se credi che anche la tua vita abbia un valore, allora perlomeno tieniti informato. Nel frattempo, dunque, speriamo che l’Europa finisca di costruire la sua impalcatura di sicurezza perché solo a quelle condizioni scopriremo che siamo il blocco continentale più ricco economicamente, con l’esercito più numeroso e più potente del mondo, che siamo il blocco con una delle tradizioni più illustri e con un pensiero strategico che si è imposto come guida. E il limite giusto nascerà da quella cultura che, tra le pochissime, ha saputo elaborare anche forme sensate di pacifismo. Gli altri attaccano l’Europa come un blocco, quando noi europei ci guardiamo come un ammasso disomogeneo di diversamente capaci. E’ ora di riconoscere che l’Europa può far molto: a condizione che ci guardiamo come ci guarda il nemico. Da Beethoven a Clausewitz: siamo noi gli europei. E’ arrivato il momento di ricordarcelo o di scoprirlo. Vedete voi di trovare il vostro modo.
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