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Consigliamo L’importanza delle variazioni nella musica classica
La musica classica è un mare magnum in cui è facile perdersi. Inoltre, come spesso accade, essa è un’etichetta che contiene una sottocategorie di grandezza non trascurabile: la musica da camera, la musica lirica, la musica sinfonica etc.. All’interno della musica da camera esiste la musica per più strumenti (sonate per due strumenti, per lo più violino e pianoforte, trii, quartetti, quintetti, sestetti fino ad ottetti) e musica per strumenti singoli (pianoforte, violino, violoncello, organo…). Tra i vari strumenti solisti la musica per gli strumenti a tastiera è sterminata. Sin da quando esistono il clavicembalo e l’organo, i più grandi compositori hanno riservato ad essi grande attenzione, un’attenzione unica. Se l’organo è uno strumento che funziona ad aria, il clavicembalo è il principale e fondamentale strumento a corda pizzicata, la base di partenza per l’evoluzione moderna di tale tipologia di strumenti che arriverà al pianoforte.
Il pianoforte è stata prima di tutto un’impresa tecnico-tecnologica che ha visto l’intervento di grandi compositori, tra cui Johan Sebastian Bach (1685-1750) e Muzio Clementi (1752-1832) su tutti. Oltre all’impresa tecnica, il pianoforte è probabilmente lo strumento più rappresentativo dell’intera musica classica, anche per via del fatto che attraverso opportuni arrangiamenti, quasi tutta la musica può essere ridotta a pezzi per pianoforte (per questo si veda l’articolo: L’importanza delle variazioni nella musica classica). In questo senso, il pianoforte consente quella che in matematica è un’operazione nota nella teoria degli insiemi: parti della teoria possono rappresentare parti di se stessa. E infatti la musica classica è un modello infinitamente reinterpretabile. Questo significa che, in generale, la musica per pianoforte è tra le componenti dominanti, tra le linee fondamentali della storia musicale.
La musica per pianoforte è tra le produzioni dominanti dei più grandi compositori. Anche se Bach non compose musica direttamente per essere suonata sul piano (appunto, perché non era stato ancora affinato nella sua linea moderna), rimane il fatto che almeno sin da Bach la musica poteva essere già intesa come pensata per uno strumento come il pianoforte. La testimonianza di ciò è che oggi le sue più importanti composizioni per tastiera (le variazioni Goldberg e gli studi sul clavicembalo ben temperato su tutti) sono per lo più eseguite dai grandi del pianoforte (Richter, Sokolov, Gould, Schiff, Pollini, per citare i maggiori e miei preferiti) e sono eseguite, appunto, al piano.
In fine, la musica per pianoforte rappresenta uno degli apici della nostra musica anche per altre due ragioni. La prima è la sua eseguibilità: avendo a che fare con un solo solista, la possibilità di esecuzione della musica da camera per solo piano è agile. Questo significa che i lavori per pianoforte erano facili da diffondere ed eseguire. La seconda è la sua tecnica: la composizione per pianoforte ha il pregio di avere una grande potenza, sotto il punto di vista espressivo proprio per la natura del mezzo e della sua capacità rappresentazionale, ma anche un certo carattere intimista. Il compositore riesce a riflettere se stesso in modo importante attraverso questo genere musicale. In fine, correlato a quest’ultimo fatto, tutti i maggiori compositori musicali hanno un repertorio esteso di musica per pianoforte o eseguibile al piano. Ed è da qui che vorrei partire per costruire un percorso all’interno della produzione pianistica classica.
Il primo e fondamentale autore è Johan Sebastian Bach, fondatore della musica moderna, attraverso lo studio sistematico dei principi dell’armonia. I suoi lavori maggiori per tastiera sono le già citate variazioni Goldberg e gli studi sul clavicembalo ben temperato.
Sono tra le due più grandi ricerche musicali della storia e sicuramente sono tra le opere da conoscere, per un minimo bagaglio musicale. A mio modesto avviso, però, non sono immediatamente coglibili nella loro perfezione da parte di un ascoltatore medio attuale non abituato già al linguaggio della musica classica, l’ideale lettore di questo articolo. Infatti, a parte i primi tre preludi e fughe del clavicembalo ben temperato, il resto dell’imponente lavoro e delle variazioni Goldberg è comunque lontano dalla ormai rapsodica tipologia di esperienza musicale dell’uditore di rumori alieni alla musica (il bagaglio implicito di sfondo che rappresentano la sua ordinarietà) ma anche dalla musica commerciale (lontana ormai da qualsiasi esperienza musicale non legata al momento, ma ad una ricerca più attenta).
Quasi in contemporanea con gli studi di Bach, Domenico Scarlatti (1685-1757) ha sviluppato la sua ricerca musicale prevalentemente attraverso la musica per strumenti a tastiera. Anche se Scarlatti ha prodotto lavori importanti anche sotto altri punti di vista, in questa sede non è possibile non riportare almeno una raccolta che il compositore napoletano ha dedicato alla produzione solistica. La sua musica riflette ancora un debito alla tradizione precedente e, a differenza di Bach, Scarlatti si è concentrato in composizioni prevalentemente brevi, ma non per questo non significative. Si tratta di un tipo di musica abbastanza godibile anche per un ascoltatore non eccessivamente addentro alla musica classica barocca.
Dopo Bach, Hendel e Scarlatti, la cultura musicale classica applicata alla musica per piano ha avuto uno sviluppo tumultuoso. In particolare, Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791) e Muzio Clementi (1752-1832) hanno segnato la produzione successiva. Mozart è stato il compositore che ha sintetizzato la novità della musica di Haydn e di Bach, arrivando ad una forma compositiva che oggi potremmo definire “classica”. Mozart sin da subito si distinse come bambino prodigio nelle esecuzioni per diversi strumenti, tra cui il pianoforte risalta su tutti. E sin da bambino produsse dei pezzi per piano particolarmente celebri tutt’oggi.
Mozart ha seguito due filoni nella produzione pianistica, due filoni tipici per i compositori classici da Mozart in poi: una ricerca intimistica per solista unita ad una prolifica produzione concertistica. Mozart ha prodotto quasi trenta concerti per pianoforte e un numero altrettanto importante di sonate. In particolare, per i nostri scopi, le sonate di Mozart sono, ancora una volta, da considerare l’esempio fondamentale da cui tutti i compositori successivi hanno comunque dovuto fare i conti. In particolare, Mozart è il primo ad aver avviato un vero e proprio “ciclo di sonate”.
Il ciclo di sonate di Mozart ricalca un po’ la sua visione musicale, sobria, formalmente pulita ed espressiva. Egli va da toni allegri e positivi a cupi ed introspettivi, coprendo tutti i sentimenti dell’umana natura. La sua grandezza è ben nota, ma anche per i cultori non può essere sottovalutata. Muzio Clementi, invece, ha anch’egli dedicato una grande attenzione alla produzione per pianoforte ed è, probabilmente, ingiustamente ignorato anche soltanto rispetto al fatto che potrebbe essere considerato il compositore-ponte, tra Mozart e Beethoven. In particolare, il Gradus ad Parnassuss, oggi oggetto di studio, è senza dubbio una delle più straordinarie opere per tastiera, composizione fondata su cento pezzi per pianoforte.
Il gradus, dunque, rappresenta la scala attraverso cui la storia della musica ha avviato un processo di solidificazione, punto di arrivo che verrà rielaborato da Beethoven.
Dopo Mozart e Clementi, altri due compositori hanno dedicato un grande spazio alla produzione di sonate, arrivando a comporre un vero e proprio ciclo: Ludwig Van Beethoven (1770-1827) e Franz Schubert (1797-1828). La produzione pianistica di Beethoven è sconfinata e, più di tutto, rappresenta un mondo in un mondo. Inoltre, Beethoven è l’autore di cinque concerti per pianoforte, di cui almeno tre sono delle indubbie pietre miliari della storia della musica.
Il ciclo di sonate avviato da Beethoven è senza dubbio degli apici della storia della cultura occidentale e faro per tutta la storia intellettuale successiva. La sua ricerca pianistica prende avvio dalle lezioni di Mozart, ma presto se ne distacca, in particolare nel periodo eroico e, ancora di più, post-eroico.
Da notare che sebbene Beethoven sia stato indubbiamente un compositore innovativo, rimane il fatto che egli sia stato ancorato alla cultura illuministica ben più che a quella romantica, nascente negli anni in cui Beethoven scrive i suoi lavori più intimi e più tecnici.
Franz Schubert è stato uno dei più grandi compositori della nostra produzione, ma anche tra i meno conosciuti. Sin da subito fu segnato dall’incomprensione e dal misconoscimento. Nonostante ciò, egli è tra i compositori che hanno un ciclo di sonate particolarmente lungo e articolato. Schubert non si cimentò in una composizione concertistica per solista pianoforte e le sue sonate furono sostanzialmente poco eseguite, alcune addirittura quasi perdute o dimenticate. Ma a mio modesto giudizio, esse sono uno degli apici della cultura pianistica del periodo romantico. Anzi, probabilmente, Schubert è il compositore romantico par eccellence.
A differenza di Mozart e Beethoven, Schubert non fu mai un virtuoso dello strumento e questo, se si vuole, si riflette anche nella sua musica. Eppure, Schubert ha composto dei pezzi assoluti.
Dopo Schubert la musica romantica si impose all’attenzione del pubblico nelle sue declinazioni: uno spirito di tensione verso l’assoluto sentimento da un lato e un gusto neoclassico dall’altro (Felix Mendelssohn (1809-1847)). In fine, il periodo romantico conosce un amore per il pianoforte che probabilmente non ha avuto più eguali, una forma di specialismo ha così determinato la produzione di almeno due tra i maggiori compositori del periodo (Chopin e Liszt). Rispetto a questa fase della composizione pianistica, Frederich Chopin (1810-1849) è senza dubbio uno dei maggiori innovatori. Egli ha prodotto infiniti studi, preludi e due concerti per pianoforte.
Rispetto al noto amore per il folklore e per la musica delle specifiche culture nazionali, Liszt ha scritto le celeberrime rapsodie ungheresi, ancora oggi un monumento della musica colta al piacere della fruizione pura, pezzi meravigliosi pieni di brio ma non privi di una loro valenza profonda (alcune sono di straordinaria fattura).
Liszt è stato anche un grande traspositore di opere classiche per pianoforte solo, i cui capolavori sono, forse, la riduzione delle sinfonie di Beethoven, ancora oggi eseguite.
Il periodo romantico è il più denso, probabilmente, dell’intera storia della nostra musica ed è, quindi, impossibile riportare che una goccia nel mare. Ma qui è doveroso riportare almeno osservare che la musica classica ha subito prepotentemente l’influenza di due compositori: Johannes Brahms (1833-1897) e Robert Schumann (1810-1856). Schumann ha prodotto diversi lavori di spessore, tra cui il meraviglioso concerto per piano.
Brahms è probabilmente il più grande compositore del periodo, nella misura in cui la sua musica assume ormai un tono post-classico, anche se rimane ancora ancorato alle convenzioni musicali fissate dalla tradizione. Le sue variazioni sul tema di Handel sono un capolavoro del genere.
Così come i suoi due concerti per pianoforte. E anche se non avviò un vero e proprio ciclo di sonate, rimane il fatto che Brahms raggiunse l’eccellenza nella composizione solistica incentrata sul pianoforte. Non fu un innovatore nella forma (i concerti, ad esempio, rimangono vincolati alla struttura classica), ma la sua musica riflette una modernità ancora oggi imparagonabile con rispetto ai compositori coevi.
Anche i primi anni del XX secolo vedono i grandi della musica cimentarsi nella composizione pianistica sia per solista che concertistica. Anche qui è impossibile riportare tutta la produzione e ci dovremmo accontentare dei vertici, ad ogni modo si possono distinguere compositori più innovatori, come Claude Debussy (1862-1918), Maurice Ravel (1875-1937), Richard Strauss (1894-1949), Francis Poulenc (1899-1963) e Sergej Prokofiev (1891-1953), da altri più legati alla tradizione romantica, come Sergej V. Rachmaninov (1873-1943) e Erik Satie (1866-1925). Maurice Ravel (1875-1937) è l’autore di un peculiare concerto per pianoforte, eseguibile soltanto con la sola mano sinistra (era stato dedicato all’amico mutilato di guerra, Wittgenstein, fratello del filosofo).
Ravel, poi, è stato un compositore estremamente legato alla composizione pianistica, di cui fu senza dubbio un grande sviluppatore.
Ma vorrei chiudere questo invito all’ascolto con la musica del primo concerto per pianoforte per Prokofiev, uno degli apici finali della musica classica-classica, prima della rivoluzione della musica colta.
Per concludere, dunque, questo non è che un invito all’ascolto e vorrebbe riportare soltanto uno degli infiniti percorsi che un uditore medio potrebbe proporre. Rimane il fatto, però, che la musica per pianoforte e la musica per solista per pianoforte in particolare è, probabilmente uno dei filoni maggiori e più importanti della nostra cultura musicale di cui tutti noi, anche quelli che non conoscono affatto i piaceri della più alta forma della musica, possiamo e dobbiamo legittimamente andare orgogliosi.
Un pezzo interessante e scritto con cura.
Inoltre, un’utile introduzione alla musica per pianoforte.
Complimenti all’autore.
Bravo!
Caro Ivano, grazie a te! Ci sarà sempre più spazio su SF per simili percorsi! Il prossimo sarà sui concerti per violino e orchestra. Giusto per scostarci un po’ dall’amata musica per pianoforte!