Vuoi leggere un intero libro sull’argomento scritto dall’equipe di Scuola Filosofica?
Allora leggi La guerra fredda – Una guida al più grande confronto del XX secolo
Lo stato di tensione interno delle due superpotenze si manifestò su piani diversi: per gli Stati Uniti il 1951 fu l’anno dell’ondata maccartista, mentre nell’URSS erano gli ultimi anni del potere staliniano e del suo ‘stile’ di governo. Il senatore Joseph McCarthy (1908-1957) scatenò una feroce propaganda anticomunista, terminata in una ‘caccia alle streghe’ contro intellettuali, personaggi pubblici di spicco e contro il mondo della cultura in generale. Dwight Eisenhower (1890-1969), il generale a capo delle truppe alleate durante lo sbarco in Normandia, vinse le elezioni. La sua politica estera fu pianificata dal suo segretario di stato, John Foster Dulles (1888-1959): ci si proponeva di trovare un modo per diminuire l’influenza comunista nel mondo, sostenere iniziative in medio oriente a favore del sostegno degli stati medio orientali alla causa USA (dottrina Eisenhower) e, in generale, di sostenere i popoli a rischio di dominio comunista. Questo proposito venne perseguito mediante aiuti economici e patti.
Gli anni 1945-1960 videro un’espansione dell’economia americana: dopo la conversione delle industrie e del sistema economico da economia di guerra a economia civile, gli USA aumentarono la produzione e il benessere medio interno. A seguito di questo fatto si incominciò a parlare del conformismo della civiltà americana, come modello di consumi che indirizzò il consumatore ad assumere bisogni e beni standardizzati, tali da condurre ad un sistema di vita unificato e mediano. Lo spettro del conformismo incominciava a propagarsi per il mondo proprio dai due poli antitetici: nell’Unione Sovietica sotto lo stalinismo fu abolita qualsiasi indipendenza di pensiero e l’arbritrarismo della gestione del potere determinava la selezione artificiale di uomini privi di capacità critica (pena il rischio di ricadere nelle purghe: si poteva venire accusati anche sulla base di voci e dubbi sospetti e anche dai bambini, inclusi i propri figli); negli USA il sistema produttivo sembrava indurre all’omogeneità e all’omologazione. Testimone di questo duplice disagio è il capolavoro L’invasione degli ultracorpi (1956) di Don Siegel, mondo in cui una massa di umanoidi privi di emozioni si propagano sostituendosi agli uomini: Don Siegel lasciò volutamente aperta alla doppia possibile interpretazione (è il comunismo o il capitalismo a generare l’omologazione?).
Dopo la morte di Stalin, nell’URSS, Kruscev era alle prese con i problemi della destalinizzazione, mai pienamente completata, mai pienamente riuscita. Nikita Kruscev (1894-1971) era stato un membro del partito durante gli anni dello stalinismo e, in un certo periodo, fu anche uno dei personaggi più considerati dallo stesso Stalin, nonostante costui lo tenesse sotto osservazione e, talvolta, lo allontanasse da Mosca. Kruscev era stato a Stalingrado durante la guerra ed era stato minatore e, poi, capo di una miniera. Fu, inoltre, mandato in Ucraina per controllarne la produzione mineraria.
Kruscev, dunque, denunciò il sistema staliniano e i crimini del regime. Il discorso segreto fu mantenuto tale solo prima facie, di fatto, dopo poco tempo tutti potettero ascoltarne la trascrizione. Kruscev fu il primo a rilasciare alcuni prigionieri politici dai gulag e, dopo l’uccisione di Lavrentij Berija (1899-1953), non ci furono più successioni con la presenza di epurazioni. Ben conscio dei problemi del paese, Kruscev si adoperò per migliorare la produzione agricola, settore devastato dal sistema staliniano, costruì cittadelle universitarie, investì sull’urbanistica (per quanto con risultati estetici assai discutibili) e si adoperò per lasciare respiro alla produzione culturale: Kruscev rimase disgustato da una mostra di artisti di avanguardia e deplorò le opere presentate, ma la mostra rimase aperta anche dopo la sua visita e gli artisti non vennero spediti dai gulag. Fu solo fatto uscire un articolo sulla Pravda, testata giornalistica del regime, che invitava gli artisti ad una certa linea estetica da seguire, pur senza vincoli.
Kruscev, dunque, tentò di rimediare ad alcuni problemi drammatici del ‘sistema’ sovietico, ma non ne soppiantò l’ossatura, fondata sul sistema militare e sulla polizia segreta. In particolare, l’apparato militare continuava a rivestire un’importanza primaria all’interno della politica interna dell’Unione Sovietica, anche perché era un apparato che faceva anche da traino alla ricerca scientifica più avanzata e all’industria dell’URSS, fondata com’era sulla produzione di materiali bellici e poco improntata alla produzione di beni di consumo. Anche su questo Kruscev tentò di lavorare, invocando un miglioramento della qualità di vita del cittadino medio dell’URSS.
Ma la riforma agraria non portò i risultati sperati e così pure il miglioramento della qualità della vita. Si tenga conto, infatti, che lo stato era centrale nella vita del cittadino, il quale doveva fare lunghe file per ottenere il suo lotto di derrate alimentari stanziato dall’alto. In questo senso, dunque, si trattava comunque di una società totalmente dominata dallo stato, nonostante il fatto che Kruscev tentò di migliorare lo stato di cose. Rimane il fallimento, come si vide più avanti: l’ombra lunga di Stalin e del sistema organizzativo staliniano permanevano nella spina dorsale dell’Unione Sovietica. Per quanto un leader sovietico potesse fare, rimaneva il fatto che egli potesse soltanto gettare colpi di spugna o colpi di fucile, ma non poteva chiaramente scendere nei dettagli della vita di tutti o poter dominare efficientemente un insieme di regioni così diverse.
A prescindere, dunque, dal fatto che l’industria pesante e il settore degli armamenti rimaneva cruciale per l’URSS, Kruscev tentò comunque di diminuire gli arsenali convenzionali, per diminuire la spesa pubblica. A seguito di questo fatto egli spinse i ricercatori a compiere sempre nuovi studi sui missili. Questo avrebbe consentito lo sviluppo di un arsenale di armi strategiche tali da scongiurare possibili aggressioni, senza dover mantenere alto il livello degli arsenali convenzionali. Il risultato fu che i missili vennero effettivamente costruiti, ma le spese per l’apparato della difesa rimasero alte. Questo fu il mezzo principale grazie al quale gli USA dissanguarono l’URSS, sul lungo periodo: ma questi erano fatti di là da venire e nel frattempo l’URSS attraversa un periodo propagandisticamente aggressivo, anche aiutati da un insieme di errori da parte degli USA e delle potenze occidentali.
La crisi di Suez (1956) potrebbe essere considerata il segno del tramonto del blocco alleato occidentale europeo, almeno rispetto alla sua possibilità di azione autonoma rispetto agli USA nel panorama della guerra fredda. In Egitto il partito del WAFD inscenò manifestazioni per ottenere lo sgombero degli inglesi dal canale di Suez. Nel 1954 prende il potere Nasser (1918-1970) che sostenne una politica panaraba contro Israele, stato riconosciuto dalla comunità internazionale sin dal 1949 (fu proprio l’URSS di Stalin a dargli il primo riconoscimento internazionale). Fu proprio lo stato di Israele ad essere al centro degli scontri più sanguinosi nel periodo della guerra fredda nella zona orientale, scontri, conflitti e problemi che rimangono perfettamente intatti ancor oggi. L’Egitto, dunque, arrivò ad ottenere l’appoggio di Mosca e la determinazione di portare allo sgombero della zona indusse all’azione Francia e Inghilterra. Nel 1956 gli Stati Uniti e la Gran Bretagna rifiutano gli aiuti economici richiesti dall’Egitto per la costruzione della diga di Assuan, progetto di dimensioni faraoniche che avrebbe dovuto porre un rimedio alle piene del Nilo, non sempre armonizzate con le necessità dell’agricoltura. Nel luglio del 1956 l’Egitto nazionalizzò il canale di Suez, pur concedendo degli indennizzi agli azionisti, per lo più inglesi e francesi. Ma questo non poteva bastare: in ottobre gli israeliani attaccarono l’Egitto e venne avviata un’azione militare anche da parte francese e inglese nella zona del canale. Quest’azione militare venne immediatamente condannata dagli USA e dall’URSS, per ragioni diverse, perfettamente intuibili. La tensione aumentò con il permanere delle truppe anglo-francesi sino a quando Kruscev minacciò un intervento diretto dell’URSS e gli USA furono costretti a premere con estrema determinazione contro i due principali alleati europei, con il risultato di una ignominiosa ritirata delle truppe da parte della Francia e della Gran Bretagna. La crisi di Suez fu il primo e non ultimo di un insieme di casi in cui Francia o Inghilterra tentarono di mantenere una politica estera indipendente ed aggressiva. La crisi costò una disapprovazione a lungo termine nelle relazioni internazionali tra il blocco occidentale e i paesi del medio oriente, già segnati dalla dominazione coloniale di Francia e Inghilterra. Inoltre, in questo modo gli USA dovettero intervenire e l’URSS ne guadagnò in termini di prestigio.
Ma la crisi di Suez fu importante anche per il problema evidente della gestione dell’autonomia degli alleati occidentali, rispetto alla leadership americana. Infatti, i due principali imperi del XIX secolo, ormai in via di una decolonizzazione forzata da quasi tutte le aree della loro dominazione, si ritrovarono a prendere atto della loro limitazione nell’arena internazionale, fatto per altro mai pienamente accettato dalla Gran Bretagna, nonostante la ‘special relashionship’ con gli americani, e, ancor di più, dalla Francia, la potenza europea più sottoposta allo sfacelo e alle umiliazioni durante la seconda guerra mondiale, come visto nella prima parte (cfr. § 1). Il risultato fu che l’Europa occidentale può essere addirittura concepita come una lega alleata a seguito della leadership americana (per una interpretazione della relazione impero americano-impero romano, della storia di tale parallelo storico, si veda l’acuto Ilari (2015)).
Il 4 ottobre del 1957 l’URSS riuscì a spedire in orbita lo Sputnik 1, il primo satellite artificiale della storia: si trattava di un piccolo satellite orbitante che emetteva impulsi. Gli americani furono colti totalmente di sorpresa, Nixon (già parte della macchina anticomunista di McCarthy) era tra coloro che sostenevano che si trattasse di un falso. Ma le cose stavano diversamente e, quando ci si rese conto che lo Sputnik era realtà, il panico fu grande: i russi avevano qualcosa che gli USA non potevano neppure contrastare e disponevano di una tecnologia che non si credeva alla loro portata. Nel 1957 i russi lanciarono in orbita lo Sputnik 2, con dentro la cagnetta Laika, divenuta simbolo del progresso sovietico (l’animale morì nello spazio). Nel 1961 Yuri Gagarin divenne il primo uomo ad andare e tornare dallo spazio siderale. Gli americani erano rimasti indietro rispetto all’URSS nella corsa allo spazio. La tensione aumentò proporzionalmente. Ed era destinata ad aumentare.
Infatti, nel 1958 ci fu la seconda crisi di Berlino, provocata dall’ultimatum di Kruscev: o Berlino diveniva città libera (senza occupazione), oppure i sovietici avrebbero gestito il traffico di persone tra le due zone di Berlino (Ovest/Est). Il problema era nato dal fatto che già da tempo la parte della Germania occupata dai comunisti vedeva un flusso di emigranti enorme, anche per via di diseguali condizioni di vita, a tal punto che nel 1953 c’era stata una rivolta degli abitanti della zona Est di Berlino e si estese anche ad altre zone occupate dall’URSS. Nel 1956 ci furono rivolte in tutti i satelliti dell’Unione Sovietica, costretta a riparare con i metodi convenzionalmente utilizzati dall’armata rossa. Sicché, un ulteriore impossibilità di trovare accordo su Berlino, Kruscev autorizzò l’erezione del muro (13 agosto 1961): fu vietato ai lavoratori di Berlino Est di andare a lavoro a Berlino Ovest, il settore orientale viene interdetto ai non berlinesi della zona est e fu impartito l’ordine di sparare a vista sui fuggiaschi. Come ogni muro, non si tratta di una soluzione definitiva ma di un sistema per prendere tempo e non tanto perché i muri si abbattono, quanto perché si aggirano o si bucano, rendendoli molto meno efficaci. Il problema del muro di Berlino era semplicemente l’atto visivo di quello che si era creato in mezzo al mondo con la guerra fredda e Berlino era semplicemente il simbolo incarnato della lotta. Esso era un muro vero e proprio, con una regolamentazione sua con lo scopo di riuscire a prendere tempo sulla storia, il cui tempo avanza sempre inesorabile. Va detto, poi, che gli USA lasciarono che si erigesse il muro anche per lasciare intatta la situazione: in questo modo Berlino poteva continuare ad essere controllata anche dal blocco occidentale, che poteva sfruttare la città, ben all’interno della zona di occupazione sovietica.
Il 1959 fu l’anno in cui Kruscev visitò gli Stati Uniti, un evento estremamente celebrato dalla stampa. Ma Kruscev non riuscì a farsi apprezzare in Occidente: era incapace di costruirsi un’immagine di grandezza, come il suo predecessore, e la sua spontaneità popolana venne scambiata per insipienza. Il risultato del viaggio fu, sostanzialmente, un miglioramento delle relazioni tra USA e URSS, anche se ben presto più lunghe ombre dovevano essere gettate sul confronto tra le due superpotenze. Infatti, durante l’ultimo anno della presidenza Eisenhower (1960), un presidente impegnato in molte covert operation, i russi riuscirono ad abbattere un aereo spia americano (U-2): Kruscev ne fu indignato, chiese che gli americani confermassero l’accaduto e pretese le scuse pubbliche del presidente americano. Eisenhower, che ancora non sapeva che il pilota dell’U-2 fosse nelle mani dei russi, non smentì ed anzi confermò il fatto ma non dichiarò alcun pentimento.
John Fitzgerald Kennedy fu eletto nel 1960 e durò in carica tre anni (fino al 1963, anno del suo assassinio). Egli vinse di pochi voti (0,1%) contro il repubblicano Richard Nixon. Kennedy non si presentò con una serie di promesse al suo popolo ma con un insieme di sfide. Il suo governo traeva ispirazione da quello di Roosevelt: egli si circondò di intellettuali e di tecnici per poter affrontare le nuove sfide di governo. Ma i risultati non sono privi di controversie, tanto più che, di fatto, i successi portati a termine durante la sua presidenza sono obiettivamente pochi: si tratta senza dubbio di uno di quei casi in cui la memoria storica e la realtà sono scisse, dato il fatto che se si giudicasse Kennedy dai suoi risultati, non si potrebbe dire che abbia lasciato un impronta particolarmente duratura. Ma anche le immagini hanno il loro peso nella storia. Era dotato di grande carisma e sapeva suscitare grande entusiasmo, inoltre il suo stile riusciva ad accattivare quella controcultura nascente e critica che, qualche anno dopo, si sarebbe sfogata con violenza contro la guerra in Vietnam, quella stessa guerra che Kennedy aveva contribuito a creare.
Kennedy tenne un importante discorso nella città di Berlino, poi promosse alcune iniziative per sostenere i popoli liberi nel terzo mondo, azione non particolarmente originale, giacché sin da subito (dalla dottrina Truman a quella Eisenhower) gli americani si mossero in tal senso. In particolare, Kennedy si adoperò per stanziare maggiori finanziamenti per i programmi di ricerca aereospaziale e di riarmo, riuscendo ad aumentare ulteriormente la produzione industriale del paese.
La politica di Kennedy consisteva nel continuare la linea dura in politica estera, contrastando spanna per spanna il comunismo. Proprio da queste ragioni profonde (grande strategia americana) e da condizioni specifiche, Kennedy fu il protagonista delle due più gravi crisi della guerra fredda, dopo la guerra di Corea (cfr. § 2): la crisi di Cuba e la guerra in Vietnam. Se della seconda non fece in tempo a vedere i risultati, della prima, invece, poté contribuire al disinnesco.
Nel 1962 Kennedy decise di inviare nel Sud Vietnam 10.000 consulenti militari. Gli USA avevano già dovuto sostenere i francesi nella guerra di Indocina, durante la quale la Francia riportò una sconfitta decisiva a Diem Bien Phu (1954), durante la quale l’esercito del movimento nazionalista Viet Minh, guidato dal Generale Vo Nguyen Giap (1911-2013), riuscì ad ottenere una vittoria strategica. I francesi furono costretti a ritirarsi, anche a seguito dell’impegno in Algeria, ben più sentito nel cuore della Francia: l’Algeria era considerata suolo nazionale francese e in Algeria vivevano molti coloni francesi. Il movimento Viet Minh fu guidato da Ho Chi Minh (1890-1969), che aveva più volte tentato di avvicinare la simpatia di Washington, con risultati nulli. Il risultato fu che il movimento Viet Minh si radicalizzò definitivamente e divenne un movimento massivamente comunista, il cui proposito era quello di ottenere un Vietnam unico e non diviso. Si pensava ad una seconda Corea ma la situazione era, in realtà, assai diversa: gli americani non conoscevano la lingua, la cultura, la sensibilità, la storia di un popolo distante già a livello geografico. Ad ogni modo, nel 1962, a seguito della feroce guerriglia che imperversava nel paese, Kennedy decise di sostenere l’indipendenza del Vietnam del sud.
La crisi di Cuba fu dovuta ad una serie di fatti, alcuni dei quali indipendenti dalla volontà del presidente americano. Innanzi tutto, Cuba divenne pienamente indipendente dalla politica estera americana, fino ad allora sostenuta dal dittatore Fulgencio Batista (1901-1973), dopo la rivoluzione di Fidel Castro. Cuba era una delle zone di influenza diretta degli Stati Uniti che, sin dalla dottrina Monroe, avevano considerato i territori a nord del Rio delle Amazzoni come il loro personale mar Mediterraneo (come insegnano le lezioni di geopolitica classica, riportate in Jean (2012)). La presenza di un governo non filoamericano in quella zona del mondo era avvertita come una minaccia, oltre che un vero e proprio oltraggio. Al principio non era neppure chiaro che si trattasse di un governo esplicitamente filocomunista. Ma Castro, inevitabilmente, cercò il sostegno dell’URSS, specialmente, dopo l’invasione della baia dei porci (1961). Si trattava di un atto di controinsorgenza (assai tardiva) contro la rivoluzione castrista, architettata dalla CIA e autorizzata già da Eisenhower, durante il suo mandato. Kennedy, di fatto, non poté evitare l’ignominiosa catastrofe diplomatico-politica. A seguito di ciò, Kruscev tentò di installare alcune basi con missili a testata nucleare. Ed effettivamente alcune rampe erano già pronte e alcuni missili schierati. Era tutta una questione di nuclear brinkmanship, una questione puramente politico-diplomatica, perché l’URSS aveva già numerose basi missilistiche ICBM che puntavano contro il territorio americano e viceversa. Ma tutta l’America sarebbe stata scossa dalla presenza dei missili giusto di fronte alla Florida ed effettivamente lo sgomento fu grande quando il presidente americano comunicò pubblicamente lo stato di cose. Kennedy decise di imporre un blocco navale totale all’isola di Cuba e di ostacolare l’ingresso delle navi sovietiche che portavano i missili. Si rimase con il fiato sospeso fino a quando Kruscev non acconsentì a ritirare le navi. La tensione rimase molto alta e furono allertate le basi con missili nucleari da entrambe le parti, così come furono attivate le squadre di bombardieri strategici da ambo i lati. Si riuscì a trovare un accordo con lo smantellamento delle basi a Cuba e la soppressione dei missili americani in Turchia e fu trovato un accordo per la sospensione degli esperimenti nucleari, che pose problemi con la Cina, alle prese con lo sviluppo del suo arsenale nucleare. Questi fatti non furono immediatamente noti all’opinione pubblica mondiale, cosa che conseguì una vittoria di immagine degli USA.
La crisi di Cuba mostrò i rischi della nuclear brinkmanship, concepiti come inaccettabili in USA e in URSS allo stesso modo. Kruscev fu estromesso dalla guida dell’URSS (1964) e costretto a ritirarsi a vita privata.
Questa terza fase della guerra fredda vide l’ascesa e la caduta di due leader a loro modo centrali nella storia del periodo: John Fitzgeral Kennedy e Nikita Kruscev. I due “K” furono legati da un curioso destino simile. Entrambi, infatti, tentarono di rinnovare la loro società ma non poterono riuscirci per ragioni diverse. Entrambi furono parte di una delle maggiori crisi della guerra fredda, a termine della quale le relazioni tra i due paesi dovettero distendersi pur senza risolvere i problemi e, in questo, proprio i due furono un esempio di come, per quanto potessero allontanarsi o avvicinarsi, le due superpotenze non potevano né combattersi né evitarsi, giungendo così a crisi drammatiche, pur sempre avvolte da un fuoco fatuo. In fine, i due leader furono quelli che per primi esplorarono con una certa determinazione le aree calde del terzo mondo, per una contesa davvero sempre più globale. Infatti, prima di allora, l’opzione ‘terzo mondo’ era soprattutto sostenuta mediante aiuti indiretti, militari ed economici, ma non mediante un ingresso diretto nella scena politica. Questo era destinato a cambiare, come dimostrò prima Kennedy tra la baia dei porci e il sud Vietnam, e Kruscev a Cuba e in medio oriente. Tutto questo terzomondismo militante ante litteram (rispetto a quello che poi sarà il periodo successivo) non annullò il principale problema: Berlino, città occupata, città adesso divisa dal muro.
Be First to Comment