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Matematica e fede religiosa: il pensiero di Ennio De Giorgi (con uno sguardo sul nostro tempo)

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All’inizio e alla fine abbiamo il mistero. Potremmo dire che abbiamo il disegno di Dio. A questo mistero la matematica ci avvicina, senza penetrarlo. (Ennio De Giorgi)

Ennio De Giorgi

Il 25 ottobre 1996 moriva, a Pisa, Ennio De Giorgi. Era nato a Lecce l’8 febbraio 1928. È stato un grande matematico del XX secolo.

In questa sede, prendo in considerazione alcune sue idee inerenti al rapporto fra matematica e fede religiosa espresse in Riflessioni su Matematica e Sapienza (a cura di Antonio Marino e Carlo Sbordone, Quaderni dell’Accademia Pontaniana, vol. 18, Napoli, 1996) [faccio riferimento a ENNIO DE GIORGI. Hanno detto di lui …, a cura di Giuseppe De Cecco e Maria Letizia Rosato, Quaderno 5/2004, Università degli Studi di Lecce, Dipartimento di Matematica “Ennio De Giorgi”, Edizioni del Grifo (i tre brani riportati subito dopo si trovano nell’Appendice A: Valore Sapienziale della Matematica)].

«Certamente neanche le più grandi scoperte di questo secolo, le più ardite teorie fisico-matematiche, la relatività generale, il Big Bang, il principio di indeterminazione, gli spazi a infinite dimensioni di Hilbert e Banach, i teoremi di Gödel, danno una risposta alle domande fondamentali riguardanti il mondo, Dio, l’uomo. Tuttavia tali scoperte e teorie hanno avuto un grande merito: hanno liberato lo spirito umano da una concezione troppo angusta della realtà, dalle paure di tutto ciò che appare inatteso e paradossale» (p. 170).

«Operando come matematico, sono portato ad ammettere che: non solo le cose che esistono sono, com’è ovvio, più di quelle che conosco, ma per poter parlare delle cose conosciute sono costretto a fare riferimento a cose sconosciute e umanamente inconoscibili. […] Incontrando una forma di mistero già nella realtà della sua scienza, il matematico non può meravigliarsi di incontrarla ancora in una realtà molto più alta come quella religiosa. […] Vi è indubbiamente un salto non facile fra discorso matematico e discorso filosofico; certamente, fra discorso matematico e discorso di fede vi è un salto molto più grande: Dio non può essere ridotto al “primo ente autocomprensivo”. Abbiamo allora la sensazione di non poter applicare categorie puramente logiche» (pp. 171-172).

«Quando noi parliamo usiamo spesso la parola ‘peccato’ in frasi di questo genere: “È stato un bellissimo concerto, peccato che tu non sia venuto”. Già con queste semplici parole leghiamo l’idea del peccato all’idea di qualcosa di bello che si poteva realizzare e non si è realizzato oppure si può realizzare ma ancora non abbiamo realizzato. Penso che questo comune elementare senso del peccato potrebbe essere il punto di partenza per un dialogo che porti a una migliore comprensione tra persone che si ritengono credenti e persone che si ritengono non credenti, a un confronto sereno tra ciò che i credenti chiamano timor Domini principium sapientiae [cfr. Bibbia, Libro dei Proverbi 1,7] e ciò che i non credenti chiamano onestà intellettuale, a una riflessione sulla fede in Dio che in principio creò l’uomo a Sua immagine e la fede nella dignità e nel valore della persona umana di cui parla il preambolo della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 10 dicembre 1948. […] Io aggiungo che per me fede vuol dire anche fede in Dio e in tutti gli articoli del Credo, di cui segnalo in particolare l’articolo che dice aspetto la risurrezione dei morti, dato che non potrei sopportare l’idea che le persone a cui ho voluto più bene siano veramente scomparse per sempre, che senza la fede nella Resurrezione di Cristo e l’attesa della Resurrezione dei morti, non saprei dare un significato alla mia vita ed al mio stesso lavoro scientifico» (pp. 174-175).

De Giorgi, inoltre, considerava la condivisione del sapere – in primis, l’insegnamento – una delle più alte forme della carità (in senso cristiano).

La fede cristiana possiede una propria logica, distinta dalla logica (strettamente) razionalista. La fede cristiana procura conoscenza nuova. Nel nostro tempo il dialogo tra persone di fedi religiose diverse, nonché tra persone le quali credono che un Dio ci sia e persone le quali non credono che un Dio ci sia – o, meglio, credono che un Dio non ci sia –, riveste innegabilmente un’importanza fondamentale per la pacifica convivenza umana. D’altro canto, i cristiani autentici non dovrebbero annacquare i principi della loro fede per compiacere a chi vorrebbe che si comportassero in modo “religiosamente corretto”; nella consapevolezza che l’aspirare all’integrità cristiana, tuttavia, non comporta il propugnare un “integralismo cristiano”…


Giorgio Della Rocca

Sono nato il 10 Agosto 1964 a Pontinia, comune dell’Agro Pontino in provincia di Latina, e vi abito. Mi sono diplomato al Liceo Scientifico "G.B. Grassi" di Latina, e laureato in Matematica con indirizzo Didattico all’Università degli Studi "La Sapienza" di Roma. Negli anni Novanta ho svolto attività di collaborazione con "La Sapienza", anche presso la sede decentrata di Latina. Dal 1992 insegno Matematica in quello che attualmente è l’Istituto Statale di Istruzione Superiore "San Benedetto - Einaudi - Mattei" (in particolare, io appartengo al "San Benedetto"), situato nel territorio del comune di Latina. Altri interessi si possono evincere dai miei articoli presenti in "ScuolaFilosofica". Il mio motto: Scienza, Coscienza, Sapienza!

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