Press "Enter" to skip to content

Robert Capa Tracce di una leggenda – Lebrun & Lefebvre

images

Iscriviti alla Newsletter!


Robert Capa Tracce di una leggenda è un saggio-reportage fotografico sulla vita e sulle opere di uno dei più grandi fotografi della storia: Robert Capa. Robert Capa, pseudonimo e nome d’arte di Endre Friedman, è un emigrante a Parigi (1933). Costretto a lasciare la sua casa per via del nazismo, egli si reca a nella città libera per trovare fortuna: “Atei, attivisti antifascisti, Endre e Cziki sono d’origine ebrea e sanno perfettamente che per loro non c’è futuro nella Germania di Hitler”.[1] A parte la morte, non c’è altro per loro. Ha con sé poche cose, tra cui una Laica I modello base, con cui aveva iniziato a dilettarsi di fotografia.

A Parigi in quel tempo si trovano non soltanto intellettuali di ogni luogo d’Europa, ma occasioni irripetibili appunto perché centro generale di smistamento dell’intellighenzia in fuga e città-simbolo dell’Europa tra le due guerre.

A Parigi Endre incomincia la sua carriera di fotografo un po’ perché costretto a trovare da mangiare, un po’ perché evidentemente doveva credere sin da subito nei suoi mezzi. Infatti ci sono sempre molti modi per trovare da mangiare, anche i peggiori, ma non tutti si affiderebbero alla propria macchina fotografica modello base. Tanto è vero che già allora esisteva una fitta concorrenza in ogni campo e anche e soprattutto allora la crisi economica colpiva giù duro su tutti i fronti. Perché evidentemente i soldi sono sempre stati così tanti che la gente non vede l’ora di pagare, in soldi o in altro. Non soltanto Endre vive alla giornata, ma si affida a prestiti, prestitucci pur di sbarcare la giornata. E per sbarcare la serata con un tetto sulla testa si affida ad amici dell’ultim’ora (giacché quando vivi da qualche settimana in una città sconosciuta di veri amici non ne avrai mai tanti).

Endre incomincia così a farsi le ossa a Parigi, giacché i soggetti fotografici sono e rimarranno sempre infiniti. Qui ha l’occasione di conoscere i più grandi fotografi della sua epoca (e non solo): Henry Cartier-Bresson, Gerda Taro, Chim (alias David Seymur), Man Ray etc. Con Gerda Taro stringerà una relazione affettiva che sarà, probabilmente, unica nella sua vita. Vale la pena di riportare la foto che Capa aveva scattato durante il sonno di Gerda, così bella e struggente da essere un capolavoro, capace di restituire quella sensazione di intimità unica che si stringe tra due persone fino al cuore, quando il volto del dormiente è così bello e rassicurante da sciogliere il cuore nell’idea di non poter essere più soli in un mondo in cui di solitudine ce n’è sempre troppa. Mettiamo la foto centrata perché rifulga di una sua preminenza.

E’ nel 1935 che compie il suo primo viaggio in Spagna, il primo di una lunga serie. Robert Capa è in Spagna che trova il modo di diventare il più grande report di guerra della storia, prima di tutto con la celebre Falling Soldier, in cui il soldato spagnolo è immortalato eternamente nell’atto di morte, sparato alla testa, con ancora il fucile in mano. In secondo luogo perché ormai diviene esperto delle tecniche che consentono di trarre grandi foto anche da piccole occasioni (per esempio lasciare che la foto esca leggermente sfocata, così da conferire dinamismo all’immagine).

Aveva vent’anni quando si era recato a Parigi, senza una casa e senza un soldo. Non è facile immaginare l’ansia e l’angoscia di un uomo costretto ad abbandonare la casa quando ancora non si ha né una personalità né una vita. Perché 19 di esistenza sono troppo pochi per entrambe le cose. L’angoscia di un uomo che non è ancora propriamente un uomo, la peggiore perché non ha né tempo e né modo per comprenderla. E questa persona non ha niente, vaga per le strade di una città enorme, ricca di opportunità, che non sono altro che possibilità remote. Opportunità. Una bella parola. Ma cosa significa di preciso? Speranza, potenza, possibilità. Tutte cose aleatorie, incerte e da dimostrare. In centinaia sono morti per avere l’opportunità di avere un’opportunità e il risultato è la fossa comune della storia. Ed è per questo che Robert Capa diventa un eroe nonostante la realtà dei fatti. E cioè che talvolta si mettono in dubbio le sue foto, perché forse ritoccate (non c’era bisogno del Photoshop per truccare le immagini). Si cambia il nome in Robert Capa perché aumentava la quantità di soldi che poteva esigere: se l’era studiato per apparire un americano, un nome bello e allo stesso tempo facile da capire. Si arrangia in ogni modo e incomincia ad inventare storie, più o meno false, sul suo conto. Quando muore Gerda Taro (autrice di una foto straordinaria sotto in cui la femminilità di una combattente si sposa con un senso geometrico e di profondità notevole) in Spagna, schiacciata da un mezzo militare, egli si abbandona alle donne e più o meno diventa una leggenda anche grazie ai mezzi della seduzione, fisica e intellettuale. Alto 162 cm (cosa che ci fa sorridere e piacere, visto che l’autore della recensione è alto… 163 cm), dotato di una bellezza e fascino indubbi, è stato con le donne più belle della sua epoca, ha ritratto i più grandi artisti (Picasso, Hemigway…), ha confabulato con i più eccellenti fotografi… In altre parole, non è chiaro dove finisca la sua leggenda per far spazio alla pura arte. Ma la realtà è che l’arte viene molto dopo i quattrini, anzi l’arte per esistere spesso li richiede. Così come la grandezza viene spesso molto dopo la mitologia, l’intelligenza molto dopo all’emozione del momento. E Robert Capa diventa il più grande fotoreporter di guerra.

La leggenda di Robert Capa è talmente ossessiva, potente e ottenebrante che acceca anche gli autori. Di fatto è un libro che lascia intatte tutte le domande. Robert Capa era veramente un genio? Probabilmente sì, ma fino a che punto? Robert Capa studiava le sue foto? In che modo? Di preciso come si preparava per andare nei teatri di guerra? Aveva mai truccato delle foto oppure no? Oppure solo qualche volta ma non per le migliori? Quanto egli era colto? Lo era o no? Sapeva stare al mondo, certamente. Ma in che modo alla fine aveva deciso di starci? Da artista o da millantatore, da ricco o da povero?

Questi interrogativi non trovano alcun posto nel libro. Ed è un fatto piuttosto sconcertante perché, nonostante tutto, sono le domande veramente importanti. Come ci ha insegnato Citizen Kane di Orson Welles, non ci sarà mai una parola che descriva la vita di un uomo, che la sugelli e la definisca in modo univoco e definitivamente. E questo ormai l’abbiamo accettato. Se una non basta, forse ce ne vogliono di più. Ma se una non basta, allora due non bastano a loro volta, essendo due parole la somma di due singole. E allora si torna al fatto che non si potrà mai forse dare un giudizio definitivo su colui che, nonostante l’essere apolide, povero, ebreo emigrante dalla Germania nazista, è riuscito in quello che centinaia di milioni hanno fallito: diventare un grande della storia umana. Ma questo non annulla le evidenti problematicità di un libro che tocca sempre tangenzialmente il cuore della questione e non aiuta in alcun modo a comprendere più a fondo la mente di una persona che doveva essere stata a suo modo profonda. Robert Capa sapeva trarre con poco un quadro di un universo. Questo è quello che sanno fare soltanto in pochi, quei pochi che la storia umana conserva perché sono troppo importanti per essere dimenticati, che sono poi coloro che consentono una strada di progresso, accidentato e parziale, agli esseri umani.

Sicché Robert Capa rimane una figura notevole come notevoli rimangono le sue foto. Come notevole rimane la sua vita e la sua esistenza, troncata da una mina antiuomo, casualmente schiacciata nell’Indocina francese. Dalla Spagna alla Francia, da Omaha Beach al Nord Africa, dalla guerra civile spagnola alla guerra in Indocina, Robert Capa non si è mai sottratto al pericolo pur di immortalare la storia nel suo divenire. Quindi, nonostante tutto, si tratta di un libro interessante che, per quanto lacunosamente, riesce comunque a restituirci un pezzo del puzzle dietro cui Capa rimarrà, comunque, celato per sempre.


Bernard Lebrun e Michel Lefebvre

Robert Capa Tracce di una leggenda

Contrasto

Pagine: 239.

Euro: 21,90.


[1] Lebrun B., Lefebvre M., Robert Capa Tracce di una leggenda, Contrasto, Roma, 2012, p. 43.


Giangiuseppe Pili

Giangiuseppe Pili è Ph.D. in filosofia e scienze della mente (2017). E' il fondatore di Scuola Filosofica in cui è editore, redatore e autore. Dalla data di fondazione del portale nel 2009, per SF ha scritto oltre 800 post. Egli è autore di numerosi saggi e articoli in riviste internazionali su tematiche legate all'intelligence, sicurezza e guerra. In lingua italiana ha pubblicato numerosi libri. Scacchista per passione. ---- ENGLISH PRESENTATION ------------------------------------------------- Giangiuseppe Pili - PhD philosophy and sciences of the mind (2017). He is an expert in intelligence and international security, war and philosophy. He is the founder of Scuola Filosofica (Philosophical School). He is a prolific author nationally and internationally. He is a passionate chess player and (back in the days!) amateurish movie maker.

Be First to Comment

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *