Chi attraverso lo studio e le narrazione di terzi, chi per esperienza diretta, tutti ricordano gli anni della contestazione e quelli del terrorismo politico italiano, sfociati nel clima teso degli anni di Piombo. Dopo 43 anni, Marco Tullio Giordana ha deciso di affrontare nuovamente questo periodo decisivo per la nostra storia inscenando il racconto della più grande e drammatica strage di quegli anni, Piazza Foantana. Romanzo di una strageè un film che ripercorre gli eventi che vanno dall’autunno ‘caldo’ del ’69 alla morte del Commissario Calabresi nel ’72. La ricostruzione storica viene filtrata dalla prospettiva del registra che intende dare un certo taglio alla narrazione dei fatti, alla presentazione dei personaggi e alla indagine storica e giuridica della strage.
Si inizierà dando un ritratto della vita e del percorso artistico di Giordana e ci si concentrerà successivamente sul modo in cui il film presenta i fatti e ne delinea la fitta trama di responsabilità, con riferimenti che molte volte vengono lasciati volutamente ambigui. Si analizzeranno quindi i complessi rapporti tra i protagonisti storici di quegli anni e i concetti politici sottostanti agli stessi. Si vedrà infine quanto il film del 2012 tratti di eventi rilevanti e fondamentali ancora oggi, visto la mancata risoluzione di gran parte dei processi giudiziari e l’ingente mancanza di conoscenze riguardo a tutta la storia di quegli anni.
Una carriera nella storia
Marco Tullio Giordana nasce il 1 ottobre 1950 a Milano e vive in gioventù il periodo difficile e violento del terrorismo. Le prime esperienze nel mondo del cinema iniziano presto, con la sceneggiatura di Forza Italia! (1977) e la regia di Maledetti, vi amerò! (1979), vincitore al Festival di Locarno e film che già tratta della storia italiana di quegli anni, in cui si vedono le due figure di un ex-sessantottino e un commissario insieme in un’epoca ormai distante dai loro anni.
Nei successivi anni ’80, dirige La caduta degli angeli ribelli (1981), incentrato sulla vicenda drammatica di una coppia di terroristi, e Notte e nebbia (1984), adattamento dell’omonimo romanzo sulla storia di un fascista che vive l’ultimo periodo della RSI a Milano. Nel 1987 torna con un altro film su eventi storici recenti, Appuntamento a Liverpool, che racconta della strage dell’Heysel avvenuta nel 1985.
A conferma del suo interesse per gli anni del terrorismo in Italia, dirige nel 1995 Pasolini, un delitto italiano, che racconta del processo a Pino Pelosi a seguito della morte del celebre registra e poeta. Nel 2000 vince il premio per la miglior sceneggiatura al Festival di Venezia con I cento passi, in tributo alla vita del giornalista Peppino Impastato vittima della mafia morto nel 1978. Nel 2003 realizza la sua opera più importante, per successo e per l’imponenza della stessa:La meglio gioventù è una pellicola di 6 ore che ripercorre tutta la storia italiana dagli anni ’60 attraverso le vicende di una famiglia borghese romana, passando dalla contestazione, alle bombe, sino a Mani Pulite. Il film permette a Giordana di ottenere il premio Un certain regard al Festival di Cannes quell’anno. Successivamente nel 2005 affronta il problema dell’immigrazione clandestina con Quando sei nato non puoi più nasconderti, dove un bambino italiano finisce per incidente a vivere con una famiglia di migranti rumeni coi quali stringe un rapporto amicale. Nel 2008 dirige Sanguepazzo, con il quale torna a una rappresentazione dell’epoca fascista nel raccontare la storia della coppia di attori fascisti Ferida e Valenti giustiziati nel 1945 da squadre partigiane.
La posizione storiografica in Romanzo di una strage
L’ultima opera di Giordana si colloca perfettamente in questo percorso di approfondimento storico e tratta di uno dei periodi da lui più sentiti, quello del terrorismo italiano. La tragedia citata viene però narrata attraverso un’interpretazione per alcuni punti particolare. Si vede quindi una quanta più semplice delineazione di questa visione dei fatti. Si sostiene come la strage di Piazza Fontana, 12 dicembre 1969, si collochi all’interno di una ‘strategia della tensione’, la quale consta:
- Dell’operato di gruppi eversivi di estrema destra, i quali si occupavano dell’aspetto più operativo del piano e quindi costituivano gli esecutori materiali degli attentati. Tra questi gruppi figuravano per esempio Avanguardia Nazionale di Stefano Delle Chiaie, il Fronte Nazionale di Valerio Borghese e Ordine Nuovo di Clemente Graziani. Questi avevano poi il compito di fare in modo che l’opinione pubblica e gli inquirenti ritenessero colpevoli elementi di estrema sinistra, soprattutto anarchici, e non riconoscessero invece i veri colpevoli.
- Della spinta, copertura e beneplacito (seppur taciuto) di vari settori militari e servizi segreti sia italiani che NATO, e quindi americani. Questi organismi erano interessati a destabilizzare la nazione facendo ricadere la responsabilità delle violenze sulla sinistra. Questo avrebbe spaventato e preoccupato lo Stato e il popolo stesso che si sarebbero così mobilitati al fine di instaurare un regime più forte. Alcuni settori speravano anche che la tensione sarebbe salita al punto da portare alcune parti dello Stato a reagire violentemente e a compiere un golpe, probabilmente ispirato al modello greco di qualche anno prima. Questa manovra avrebbe rafforzato lo status quo governativo (se non ancora spostato verso destra) e arginato il “pericolo comunista”, molto sentito oltreoceano dagli alleati USA, dato che in quegli anni di contestazioni e rivolgimenti essi percepivano il reale rischio di un’espansione della sfera di influenza sovietica all’interno di zone occidentali e NATO.
Si è esposto lo sfondo storico generale e la strategia globale che è stata rivelata come sotterranea dietro alle stragi di quegli anni, come hanno dimostrato diversi processi e testimonianze[1]. Il film infatti assume questa prospettiva e su questa mostra come i reali colpevoli di Piazza Fontana fossero gli ordinovisti della cellula padovana, capeggiata da Franco Freda e Giovanni Ventura. Questi vengono presentati come due veneti dall’accento assai marcato e di spiccate e non velate tendenze neonaziste; citiamo un’esternazione di Freda (19’ 26’’) riguardo alle persone affette da cecità: “Io invece vorrei che non esistessero. Il Cristianesimo da 2000 anni ci ha riempito la pancia di nauseanti buoni sentimenti. Invece ogni falla nell’ordine dell’universo andrebbe eliminata.”
Viene lasciato intendere dalla pellicola come anche settori dello Stato fossero collusi con la cellula padovana neofascista, attraverso il giornalista e agente dei servizi Guido Giannettini, definito “intimamente di destra”, il quale ha persino un incontro a Padova con Freda e Ventura nel corso del film. Inoltre vengono portati in scena anche altri estremisti fascisti come il principe Borghese, reduce della XMas ai tempi della Repubblica Sociale di Salò e presidente del Fronte Nazionale, e Stefano delle Chiaie, di Avanguardia Nazionale ma collegato sia a Freda che a Borghese e in questo suo esser parte di diverse organizzazione viene rappresentato come un individuo oscuro e quasi viscido, caratterizzato da un tono di voce mellifluo e da una capigliatura lunga e impomatata.
Quindi si deduce che questi segmenti, collusi con gli ordinovisti padovani, ne avallassero le operazioni, che fino a quel dicembre erano state esclusivamente dimostrative, senza vittime e con il solito fine di far salire la tensione nel paese. Infatti tali operazioni erano utili ai loro obiettivi, secondo la ‘strategia della tensione’ sopra delineata. Il problema è che probabilmente consideravano meramente dimostrativa anche la bomba di Piazza Fontana (ovvero posta per scoppiare in tarda serata), ma la cellula padovana aveva optato, motivata da un vigore fanatico, per un atto ben più deciso e forte, una strage di civili all’interno della Banca Nazionale dell’Agricoltura. Essi speravano (vanamente) di far giungere la tensione nel paese ad un punto così elevato che ci si sarebbe necessariamente decisi ad instaurare uno stato d’emergenza o, ancora meglio, un governo militare sul modello greco. La scena al 37’ ben dimostra la contrarietà del movimento di Borghese e dello stesso alla realizzazione di una strage del genere, per motivi morali e per ben più forti motivi strategici e politici, in quanto un atto simile avrebbe solo reso più difficile la copertura e la realizzazione della loro strategia.
Giordana ha dichiaratamente tratto diverse tesiper il film dal libro di Paolo Cucchiarelli Il segreto di Piazza Fontana[2]. La più interessante riguardo all’esecuzione stessa della strage è la tesi della doppia bomba, divenuta celebre perché eterodossa e per questo criticata da diversi autori e non accertata dai processi giudiziari ufficialmente[3]. Tale tesi prevede che vi fossero duebombe, e non una sola, nella Banca di Piazza Fontana: una messa dagli anarchici per scoppiare dopo la chiusura della banca e non causare vittime e l’altra posta dai neonazisti per esplodere alle 16.37 (ora della tragedia) e compiere la drammatica strage. Infatti il film si preoccupa molto della vicenda del ballerino Valpreda, anarchico milanese emigrato a Roma e piuttosto incline all’uso di esplosivi per compiere atti di protesta, e di un suo possibile sosia, affiliato neofascista, che avrebbe posto la secondo bomba e sarebbe stato scambiato per Valpreda dai pochi testimoni oculari (per esempio il tassista Cornelio Rolandi).
Riguardo a questo possibile sosia di Valpreda, viene presentata anche l’ipotesi secondo la quale questo sarebbe stato infiltrato in gruppi anarchici, quando in realtà era e rispondeva ad organizzazioni di destra. Era infatti usuale la pratica di infiltrazione in diversi gruppi da parte di diversi enti. A volte questo era fatto col solo fine di controllare e osservare i movimenti avversari, ma altre volte servizi segreti ed estrema destra (è questo il caso del film del possibile sosia di Valpreda) infiltravano il loro personale in gruppi di estrema sinistra per spingerli a commettere atti violenti o attentati che altrimenti non avrebbero fatto, in linea con la ‘strategia della tensione’ adottata da questi attivisti politici e dagli operatori delle agenzie governative.
Il registra compie una ricostruzione storica e cronologica e per rendere ancora più efficace il suo lavoro storico carica i personaggi reali del film in modo che siano espressione della figura storica che rappresentano in questa vicenda e che perdano altre caratterizzazione psicologiche o umane. Quindi si hanno i neonazisti veneti che appaiono come fanatici violenti pronti a sterminare i devianti dell’ordine cosmico prestabilito, i fascisti altolocati di Borghese, anziani reduci della guerra intrisi di valori e nostalgia del ventennio. Inoltre si hanno le figure degli anarchici, quasi paradossali nella loro buona volontà rivoluzionaria ma senza la fermezza di usare mezzi che altri schieramenti han voluto usare. Infine il personale dei servizi segreti e dello Stato è dipintocome inflessibile e cinico di fronte agli eventi, calcolatore del vantaggio strategico e occupato ad occultare le proprie tracce e quelle degli alleati.
Fa eccezione il personaggio centrale del film dal punto di vista narrativo e soprattutto umano, ossia il commissario Luigi Calabresi. Attraverso Calabresi si assiste alla maggior parte degli eventi (è con lui che si entra per la prima volta nella Banca dopo l’esplosione) e si procede nelle indagini e scoperte relative agli esecutori e ai mandanti della strage, anche se allo spettatore è dato un ‘vantaggio epistemico’ durante il film in quanto sin dall’inizio il registra chiarisce le responsabilità e le trame sotterranee che possono esser intraviste attraverso una serie di scene chiave, come quelle riguardo a Freda e Ventura e quelle sugli anarchici, in cui risulta evidente la colpevolezza dei primi e l’innocenza dei secondi.
È con Calabresi che si chiarisce il motivo del titolo Romanzo di una strage. Infatti è attraverso le vicende umane del commissario che il registra ci comunica la propria posizione particolare in merito a tali eventi storici. Giordana ci presenta le sue tesi, che hanno la pretesa di esser storiche e quindi vere, mediante una serie di espedienti dal carattere quasi fantastico e di fatto astorici, poiché non avvenuti. Per esempio, si vede il commissario discute con il direttore dello UAR (Ufficio Affari Riservati del Ministero dell’Interno) D’Amato nel proprio ufficio e qui gli espone le proprie tesi, come quella della doppia bomba e la serie di relazioni che collegavano tutti i personaggi responsabili delle stragi. Il direttore risponde alle affermazioni di Calabresi con un “Che romanzo!” che comunque mantiene un fondo di verità, rendendo l’osservatore consapevole del carattere particolare di questa visione, presentata dal commissario (che è come si è visto il personaggio più umano e quindi quello più incline a suscitare una certa empatia) ed esposta in una scena surreale come quella del loro improbabile incontro. Altra scena improbabile e irrealistica è quella del ritrovamento di un arsenale di armi ed esplosivi NATO al confine in Friuli, dove Calabresi è condotto da un generale italiano all’interno di questo bunker segreto. In questo modo si spiegano i collegamenti tra le bombe ordinoviste di Piazza Fontana e il supporto/beneplacito americano e militare per le loro operazioni.
Una complessa diatriba storiografica
Sono state presentate le principali tesi e interpretazione dell’evento del 12 dicembre 1969 del film del 2012 di Giordana. Queste però non sono né le più diffuse né tutti son concordi in ogni dettaglio delle varie ricostruzione storiche presenti nel dibattito e nell’indagine storiografica a posteriori.
Si ritiene estremamente chiarificante la categoria coniata dallo storico Franco De Felice della ‘doppia lealtà’. Tale concetto risulta esplicativamente potente proprio perché evita ed esclude letture complottiste del periodo del terrorismo italiano, mentre indica come in un sistema politico nazionale ma integrato internazionalmente in organismi come quelli NATO (che si trovano in stato di conflitto con altre coalizioni) la direzione politica si tenda tra una lealtà interna alla nazione e al suo popolo e una esterna alle alleanze internazionali, all’interno delle quali si devono compiere scelte politiche vantaggiose per tutti. Da questa condizione esistenziale dei paesi che si trovano integrati a livello internazionale si può venire a creare una situazione di crisi, dovuta a possibili scissioni all’interno delle istituzioni di questo paese causate da questo sistema di ‘doppia lealtà’. La conseguente presenza di parti dello Stato con idee decisionali tanto diverse da esser incompatibili porta a quel fenomeno che De Felice chiama ‘doppio Stato’[4]. Così lo storico spiega la situazione politica, non pubblicamente ravvisabile, dell’Italia di quegli anni e determina le due tendenze all’interno delle forze governative che han determinato questo ‘doppio Stato’ italiano:
- quella dominante, più vicina alla destra ed appoggiata da apparati USA. Questa viene ad essere la parte responsabile della ‘strategia della tensione’, che intendeva escludere la sinistra e il PCI dalla maggioranza di governo attraverso la loro incriminazione con una serie di attentati condotti ad hoc e conseguentemente rafforzare il governo pro-NATO e anti-URSS. La motivazione era la paura del pericolo comunista, ossia di un invasione sovietica in territorio italiano (e quindi NATO), anche favorita dal clima di protesta e contestazione iniziato nel ’68.
- quella alternativa, portata avanti dalla figura di Aldo Moro e meno fornita di grandi alleati come la precedente. Le sue intenzioni erano quelle di inglobare i comunisti nel governo e così nell’alleanza atlantica, in modo da cooptarli in logiche di potere, di Stato e di schieramenti internazionali in linea di principio contrari ai loro orientamenti. Di conseguenza la sinistra avrebbe dovuto rifiutare velleità rivoluzionarie e avrebbe invece rafforzato il governo, che sarebbe rimasto di maggioranza bianca. Questa intenzione sottile era però vista negativamente oltreoceano per il timore che una volta che i comunisti avessero avuto accesso al potere avrebbero potuto aprire le porte alla Russia e far cambiare l’assetto istituzionale e l’allineamento internazionale dell’Italia (paese che ricordiamo esser strategico nell’ottica della Guerra Fredda, per la sua posizione geografica e la potenza economica che all’epoca rappresentava).[5]
In riferimento al fenomeno storico del ‘doppio Stato’ come delineato da De Felice, si può discutere dell’attentato a Piazza Fontana il 12 dicembre 1969 e se ne possono dare diverse, seppur molto simili, ricostruzioni riguardo alle responsabilità e ai collegamenti tra attori e colpevoli della strage. Il magistrato Guido Salvini ha avuto modo di entrare nel merito della questione come giudice istruttore per l’evento tra il 1989 e il 1997 e ha compreso quanto si mirasse al mutamento politico istituzionale durante quegli anni, anche attraverso l’impiego della violenza. Però son rintracciabili due diverse concezioni strategiche, che impiegano mezzi differenti per arrivare a quello stesso fine che è l’instaurazione di un governo più forte, più di destra, che scongiurasse una volta per tutte il ‘pericolo comunista’. Queste due strategie sono riconducibili a due filoni d’azione diversi all’interno della ‘strategia della tensione’, due linee molto simili a quelle delineate dal direttore D’Amato alla fine del film riguardo alle bombe (si ricorda come la discussione tra il direttore e il commissario verteva sulla tesi della ‘doppia bomba’ adottata da Calabresi, che D’Amato invece usa come espediente per esporre la propria tesi, più tradizionale, sulla presenza di due strategie terroristiche diverse):
- la ‘linea tricolore’, di orientamento atlantico e incentrata sulla figura del principe Valerio Borghese e il suo Fronte Nazionale. Numerosi erano i legami con imprenditori rilevanti e settori militari come il Sid (servizi segreti italiani), componenti NATO americane, l’Arma dei Carabinieri etc. Questa linea era la più connessa con la tendenza dominante presente nel governo teorizzata da De Felice. Questa linea aveva scelto una strategia morbida: essendo a conoscenza (grazie ai contatti con servizi segreti e con terroristi) delle varie bombe dimostrative poste da gruppi eversivi di destra ma riconosciute dall’opinione pubblica come opera della sinistra, sfruttava il disordine e la tensione che queste provocavano nella società al fine di ottenere uno spostamento autoritario dell’asse politico a destra. Tuttavia si sapeva che il 12 dicembre 1969 i tempi per un golpe, cioè per una soluzione estrema e definitiva, non erano affatto maturi, in quanto la tensione non era ancora così alta né da spingere interi segmenti militari a compierlo né da ottenere il consenso della popolazione per un’operazione simile. Per questo, per tale ‘linea tricolore’ la strage di Piazza Fontana fu ‘troppo’ e fece più danni che altro al proseguimento della loro strategia morbida.
- la ‘linea neonazista’, facente capo alla cellula di Ordine Nuovo in Veneto e forse persino collegata con i Nuclei di Difesa dello Stato, un gruppo di ufficiali militari che auspicavano la realizzazione di un golpe sul modello greco dei Colonnelli. D’Amato nel film insinua anche che questa linea potesse esser collegata con alcuni settori militari e segreti degli USA (come anche si evince dalla scena del ritrovamento del deposito di esplosivi Nato, gli stessi usati per la strage), in quanto gli interessi americani nei confronti del comunismo potevano esser decisamente più accentuati rispetto a quelli italiani e sicuramente il personale americano non aveva da rendere conto all’opinione pubblica come quello italiano. Dunque questa linea più estremista aveva adottato una strategia del terrore indiscriminato, proprio in occasione di quel fatidico 12 dicembre, e vi era la volontà che tutte le bombe[6]di quel giorno scoppiassero e causassero morti innocenti. Tutto questo avrebbe ancora più destabilizzato la situazione nazionale. Infatti era prevista una manifestazione delle destre a Roma per il 14 dicembre e dopo gli attentati parsi come comunisti vi sarebbero sicuramente stati violenti scontri tra destra e sinistra in piazza. Questo vortice di violenza avrebbe portato ad un inasprirsi dell’opinione pubblica e del governo riguardo a tal situazione, fino a quando non si sarebbe dichiarato lo stato d’emergenza e la sospensione delle libertà costituzionali. Ciò avrebbe costituito il primo stadio per attuare di lì a poco una svolta autoritaria militare, un vero e proprio golpe. Si può quindi notare come il gruppo veneto di Ordine Nuovo avesse di fatto accelerato il piano golpista nella fase finale, quella delegata alle cellule eversive, quella cioè delle esplosioni e del disordine da far apparire come comunista per innestare una spirale destrorsa in tutta la nazione, che non veniva più ad esser meramente dimostrativa ma si tingeva del sangue di decine di civili innocenti. Tuttavia non tutte le bombe del 12 dicembre ebbero l’effetto che questa linea aveva sperato e la manifestazione delle destre era poi stata cancellata; quindi per loro la strage di Milano era stata ‘troppo poco’ in relazione ai loro piani. In ogni caso questo piano era destinato a fallire: il funerale del 15 dicembre per Piazza Fontana vide la partecipazione di tutta la città di Milano e una solidarietà universale per le vittime della strage, fatto che rendeva impraticabile ogni possibile spinta a destra negli assetti istituzionali e che dimostrò come questa prova di forza messa in atto dagli ordinovisti non potesse far altro se non uccidere numerosi innocenti.[7]
La ricostruzione dei fatti storici legati all’attentato del 12 dicembre per molti versi resta affine a quella presentata da Romanzo di una strage, anche se ovviamente, viste le numerose zona d’ombra di quella storia, alcune tesi possono ancora differire. Ciononostante, dopo l’uscita del film di Giordana vi sono state alcune critiche al modo della pellicola di rappresentare la vicenda. Per esempio, Adriano Sofri[8] ha criticato fortemente la tesi della doppia bomba adottata dal registra, in quanto non confermato dalle inchieste e considerabile come mera ipotesi storiografica, senza un reale supporto di fatti storici. In questo modo Sofri difende anche quei gruppi anarchici che secondo la tesi del registra sarebbe comunque colpevoli di bombe, seppure solo dimostrative. Inoltre Mario Calabresi, figlio del commissario Luigi, ha sottolineato il poco peso dato alle minacce a suo padre da parte di Lotta Continua dopo la morte dell’anarchico Pinelli in questura nei giorni di interrogatorio successivi alla strage.[9] A tal proposito Giordana adotta la tesi secondo la quale l’anarchico sarebbe di fatto accidentalmente morto durante una accesa discussione con alcuni poliziotti mentre il commissario Calabresi non si trovava nella stanza. Ancora vediamo come il registra tenga particolarmente al personaggio del commissario e infatti chiude amaramente la pellicola con il drammatico assassinio dello stesso nel parcheggio di casa propria.
Ancora oggi…
È evidente l’importanza che Romanzo di una strage, prodotto nel 2012, ha ancora tutt’oggi. In occasione della sua uscita, il libro Piazza Fontana 43 anni dopo conferma attraverso contributi di filosofi, giornalisti, storici e magistrati quanto ancora non si sappia riguardo alla vicenda e quanta poca giustizia sia stata fatta per le 17 vittime di tale strage. Infatti nessun è stato condannato per Piazza Fontana, dato che Freda e Ventura furono dichiarati colpevoli ma non più condannabili per prescrizione. Se però gli esecutori materiali della strage son stati identificati, non si può certo dire la stessa cosa dei mandanti e di tutti gli organismi e i settori che han avallato e coperto quella stagione tanto buio che è stato il terrorismo italiano. Riguardo a ciò ancora oggi si fanno ipotesi e si cerca di ricostruire quanto più dettagliatamente possibile la vicenda, basandosi sui pochi e controversi dati e informazioni disponibili, e il dibattito storiografico resta di conseguenza sempre aperto a nuove interpretazioni o aggiunte di tesi che aiutino a chiarire tale periodo storico. Probabilmente, ci si può azzardare a dichiarare, sarà difficile, se non impossibile, giungere ad una piena comprensione e conoscenza di quella storia e di tutte le reti sotterranee che hanno mosso i fili della terribile ‘strategia della tensione’ dagli anni ’60 in poi.
Bibliografia
- Bellu G.M., “Strage di piazza Fontana: spunta un agente USA”, La Repubblica, 11 febbraio 1998.
- Boatti G., Piazza Fontana. 12 dicembre 1969: il giorno dell’innocenza perduta, Einaudi, Torino, 2009.
- Calabresi M., Spingendo la notte più in là, Mondadori, Milano, 2007.
- Cardini S. a cura di, Piazza Fontana 43 anni dopo, Mimesis, Milano, 2012.
- Cucchiarelli P., Il segreto di Piazza Fontana, Ponte delle Grazie, Firenze, 2012.
- De Felice F., “Doppia lealtà e doppio Stato” in Studi Storici 30/3, 1989, pp. 493-563.
- Imposimato F., La Repubblica delle stragi impunite, Newton Compton, Roma, 2012.
- Montanelli I., Storia d’Italia, Rcs, Milano, 2003.
- Sofri A., 43 anni. Piazza Fontana, un libro, un film, e-book, 2012.
Filmografia
- Bellocchio M., Sbatti il mostro in prima pagina, 1972.
- Giordana M. T., Romanzo di una strage, 2012.
- Monicelli M., Vogliamo i colonnelli, 1973.
- Rosi F., Cadaveri eccellenti, 1976.
[1] F. Imposimato, La Repubblica delle stragi impunite, Newton Compton, Roma, 2012.
[2] P. Cucchiarelli, Il segreto di Piazza Fontana, Ponte delle Grazie, Firenze, 2012.
[3]L. Lanza, “Sul filo della memoria. Un racconto di parte ma non partigiano” in Cardini S. a cura di, Piazza Fontana 43 anni dopo, Mimesis, Milano, 2012.
[4]Questa nozione era stata usata originariamente riguardo alla Germania nazista, sulla sua doppia lealtà al sistema giuridico-legislativo dello Stato e all’ideologia e potere del partito del Führer.
[5] F. De Felice, “Doppia lealtà e doppio Stato” in Studi Storici 30/3, 1989, pp. 493-563.
[6]Una seconda bomba era stata rinvenuta inesplosa in Piazza della Scala a Milano e altre tre erano esplose a Roma ferendo pochi passanti, una nel sottopassaggio della Banca Nazionale del Lavoro e due all’Altare della Patria.
[7]G. Salvini, “12 dicembre 1969. Una storia incompiuta” in Cardini S. a cura di, Piazza Fontana 43 anni dopo, Mimesis, Milano, 2012.
[8] A. Sofri, 43 anni. Piazza Fontana, un libro, un film, e-book, 2012.
[9] A. Cazzullo, “Calabresi e il film su Piazza Fontana”, Corriere della Sera, 25 marzo 2012.
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