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Concezione, genesi e riscoperta tardo-medioevale del Corpus Iuris Civilis

foglio miniato di un codice del Corpus

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Dal basso medioevo, e per tutta l’età moderna, la civiltà europea ha subito una forte influenza da parte del diritto romano sulla produzione normativa, sulla giurisprudenza e, in generale, su tutto ciò che riguarda il vasto mondo delle leggi. Tale influenza è stata esercitata sostanzialmente da un’opera monumentale, la composizione della quale risale al VI secolo d.C., il Corpus Iuris Civilis.

Per chiarire le motivazioni che furono alla base della genesi di quest’opera è necessario allargare lo sguardo ad un più ampio progetto concepito dal fautore del Corpus: Flavio Pietro Sabbazio Giustiniano, imperatore bizantino, meglio conosciuto come Giustiniano I.

Giustiniano succede nella carica di imperatore allo zio Giustino nel 527 d.C., dopo un brevissimo periodo di co-reggenza accanto allo stesso, ed eredita un impero in salute, con un’economia florida, per lo meno rispetto alle magre condizioni dell’occidente europeo, un impero dove circolano ancora monete d’oro, dove gli scambi commerciali, imperniati sulle grandi e ricche metropoli del vicino oriente non danno segni di crisi, lontani dai problemi e dall’instabilità che invece caratterizzano l’Europa occidentale.

Il potenziale dell’Impero Bizantino verrà sfruttato da Giustiniano per la realizzazione dell’ambizioso progetto della Renovatio Imperii, ossia la rifondazione di un Impero Romano che abbracci nuovamente i vecchi confini della perduta Pars Occidentalis, attraverso l’opera di riconquista delle terre occupate dalle popolazioni barbariche che ne hanno causato il crollo. Obiettivo fondamentale di questo progetto era la riconquista della penisola italiana, e con essa di Roma, culla della civiltà latina. Civiltà latina alla quale Giustiniano si sentiva affine, anche in virtù del fatto di provenire, come anche Giustino, dagli odierni Balcani, da quella regione allora conosciuta come Illiricum caratterizzata dall’utilizzo del latino e certamente più vicina alla cultura latina che non alla greca, prevalente invece, assieme alla lingua greca, nel resto dell’Impero.

Giustiniano I

Il progetto di Renovatio Imperii verrà perseguito da Giustiniano attraverso campagne militari susseguitesi quasi ininterrottamente dal 533 d.C. al 555 d.C. che porteranno alla conquista del nord Africa, della penisola italiana e della parte meridionale della penisola iberica, conquiste peraltro destinate a durare ben poco nella maggior parte dei casi. Durata millenaria avrà invece il Corpus Iuris Civilis, voluto da Giustiniano sia per riordinare e riformare il confuso panorama giuridico bizantino, sia per affermare la latinità dell’Impero Bizantino e il suo diritto di riportare la legge dell’Urbe nei territori caduti nelle mani dei barbari, quindi strumento essenziale nell’ambito del progetto della Renovatio.

Veniamo ora ad esporre brevemente il processo di produzione del Corpus e i suoi contenuti.

Già nel 528 d.C. Giustiniano incarica una commissione di esperti giuristi di riordinare l’intero diritto romano, dando il via ad un’operazione monumentale di raccolta e analisi di una mole titanica di documenti che terminerà nel 535 d.C.. Il risultato è il Corpus Iuris Civilis che risulterà diviso in quattro testi:

  • il Codex – una raccolta in 12 volumi delle costituzioni imperiali di varia origine (editti, decreti, rescritti) che parte dall’epoca dell’imperatore Adriano (117 d.C. -138 d.C.) per arrivare al 534 d.C., raccolta operata secondo scelte oculate, al più tralasciando la trascrizione di leggi superate, con l’obiettivo di chiarire quali costituzioni fossero valide e quali no.
  • il Digestum o Pandectae – una raccolta in 50 libri di principi tratti da opere dei giuristi della classicità o dagli editti pretori, quindi di tutto ciò che noi chiamiamo giurisprudenza, ciò allo scopo di stabilire che da quel momento in poi solo i pareri, i precedenti, le sentenze qui contenute avrebbero avuto valore di legge.
  • le Institutiones – un agile manualetto in quattro libri destinato a fornire i primi rudimenti agli studenti di diritto.
  • le Novellae Constitutiones – ossia la raccolta del flusso legislativo successivo al 534 d. C.

I primi tre testi sono scritti in latino, le Novellae in greco e in latino, ciò a ribadire il carattere di latinità che si intendeva dare al Corpus.

Nel 565 d.C. muore Giustiniano e il suo progetto di Renovatio Imperii si rivelerà esser stato costruito su fondamenta poco solide. Si arriverà in breve tempo alla perdita dei territori riconquistati e il Corpus verrà smarrito dall’occidente europeo durante l’alto medioevo. Tra i motivi della perdita, oltre alla caotica situazione dell’Europa occidentale, caratterizzata da continui rivolgimenti politici, è da segnalare anche la poca utilità che un’opera complessa e articolata come il Corpus poteva avere nel panorama europeo dell’alto medioevo. Tale panorama presentava una società prevalente (quella dei regni barbarici) nella quale i rapporti giuridici si erano notevolmente semplificati, per cui le complesse nozioni del Corpus risultavano poco comprensibili, oltre al fatto che l’assenza di strutture istituzionali paragonabili a quelle dell’Impero rendevano inutili molte norme giustinianee.

L’opera verrà riscoperta tra l’XI e il XII secolo e attorno ad essa, e al Decretum Gratiani, opera di diritto canonico composta nella prima metà del XII secolo, nascerà e si svilupperà l’università Alma Mater Studiorum di Bologna, dove gli studenti si laureeranno in utroque iure (vale a dire nell’uno e nell’altro diritto, ovvero diritto romano e diritto canonico).

La cosiddetta scuola di diritto di Bologna, il cui iniziatore fu il giurista e glossatore medievale Irnerio, un personaggio sulla cui vita non è stata fatta ancora piena luce, ricompose il materiale del Corpus in cinque volumi, detti Libri Legales o Libri Legum, secondo un approccio non filologico, né storico, ma volto ad analizzare le norme giustinianee nell’ottica delle esigenze del peculiare panorama europeo dell’epoca. Tali studiosi produssero fitti apparati di glosse, ossia annotazioni interlineari e marginali, al fine di chiarire vocaboli oscuri, esporre casi concreti o fornire interpretazioni. Con il glossatore fiorentino Accursio, intorno agli anni ’30 del XIII secolo, si cristallizza l’apparato di glosse che è possibile incontrare nelle edizioni a stampa dei Libri Legales a partire dal XVI secolo.

A partire dal XIV secolo sorgerà la scuola dei commentatori, il cui apripista sarà Cino Sighibuldi da Pistoia, i quali opereranno con commenti più ampi e slegati dalla lettera del testo romano.

Le norme dei Libri Legales saranno elementi fondamentali della dialettica, in ambito giuridico, tra ius commune (l’insieme di diritto romano e diritto canonico) e iura propria, tipica dell’Europa di antico regime.

Cerchiamo di capire in cosa consiste questa dialettica e cosa si intende con iura propria. Nell’Europa di antico regime ci troviamo di fronte ad una situazione giuridica particolarmente complessa caratterizzata da una moltitudine di diritti di varia provenienza. Accanto al diritto detto universale (lo ius commune citato in precedenza) coesistono tutta una serie di diritti con valenza limitata (magari ad un dato territoro, ad una cerchia di persone, etc…), ovvero gli iura propria. In linea di massima, in caso di conflitto tra i due tipi di diritto, la precedenza veniva data agli iura propria, ciò anche per il fatto che, mentre tali diritti avevano un referente istituzionale (il principe, il comune, etc…), il diritto comune romano non l’aveva, o comunque il potere imperiale, che si considerava erede dell’Impero Romano, si era indebolito senza possibilità di ripresa. Tra gli iura propria la precedenza veniva data di norma al diritto del principe, dopo il quale venivano tutti gli altri. Ma, al di là di ciò, la situazione restava notevolmente complessa e ingarbugliata, totalmente nelle mani degli esperti di diritto che, in virtù della propria formazione nel campo delle leggi, ne gestivano in maniera pressoché totale l’applicazione.

Se nonostante l’assenza di un referente istituzionale il diritto romano continuerà ad avere una valenza fondamentale nel panorama giuridico dell’antico regime, la ragione la si trova nel fatto che i diritti propri erano spesso carenti sia sul piano dei contenuti che sul piano teorico, e per colmare tali lacune si faceva ricorso, all’occorrenza, al diritto romano. Per fare un esempio, quando una legge parlava di dote matrimoniale, si faceva riferimento al concetto di dote contenuto nel diritto romano. Risultava, dunque, spesso imprescindibile passare per il diritto romano allo scopo di applicare i diritti propri.

La fine di questo complesso sistema di dialogo tra tanti diversi diritti, si avrà con gli ideali della Rivoluzione Francese che porteranno all’unificazione del soggetto di diritto, con un’unica legge valida per tutti e la privazione della possibilità della giurisprudenza di esercitare poteri normativi. Tale processo verrà portato avanti dalla Francia di Napoleone, con la promulgazione di codici moderni che saranno alla base del diritto continentale europeo fino ai giorni nostri, codici concepiti come compilazioni autointegrate, ovvero capaci di coprire con le proprie norme e gli strumenti logici a disposizione dell’interprete ogni possibile caso. Se è vero che questo ha decretato la fine del ricorso alle norme giustinianee come supporto a integrazione dei diritti di altra natura, è doveroso sottolineare l’importanza che il diritto romano ancora detiene nel panorama del diritto contemporaneo, a dimostrazione della longevità del Corpus Iuris Civilis, eredità inestimabile di un lontano passato.


 

Bibliografia

Piccinni, Il Medioevo, Bruno Mondadori, 2004.

Vitolo, Medioevo. I caratteri originali di un’età di transizione, Sansoni, Firenze 2000.

P. Paoli (a cura di), Nel laboratorio della storia, Carocci, Roma 2014.

Gibbon, Storia della decadenza e caduta dell’impero romano, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 2010.


Giacomo Carrus

Sono nato nel 1986. Ho conseguito la Laurea in Lettere Storiche con lode all’Università di Cagliari dove attualmente frequento il primo anno della magistrale in Storia e Società. Sono co-autore del libro “La guerra fredda – Una guida al più grande confronto del XX secolo” (editore Le Due Torri) e mi occupo di Storia Medievale, in particolare della Storia Bizantina. Appassionato dell’ambito militare, con il quale ho avuto un breve trascorso nel 2011 arruolandomi nell’Esercito Italiano, sono socio della Società Italiana di Storia Militare (SISM).

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