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Geopolitica, Sicurezza e Strategia – Carlo Jean

Sicurezza

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Un libro sulla filosofia della guerra? Filosofia pura della guerra!


Geopolitica, Sicurezza e Strategia è un libro del gen. Carlo Jean, edito da Franco Angeli nel 2007. Il volume è diviso in quattro sezioni. La prima La sicurezza nel XXI secolo considera lo scenario geopolitico post undici settembre sotto varie angolature. In particolare vengono considerati i nuovi problemi legati al terrorismo di matrice islamica. Tuttavia non si tratta esclusivamente di una dinamica applicativa al contesto geopolitico post-11/9 ma si trovano diverse considerazioni di natura propriamente teorica. In particolare Carlo Jean riparte da Clausewitz e da Raymond Aron per formulare una visione della sicurezza, in linea con un approccio neoclausewitziano, che considera la guerra sotto un approccio neorealista e che rifiuta ogni forma di riduzionismo eziologico e teleologico della guerra. Questa è senz’altro una delle principali chiavi di lettura dei problemi della guerra e della sicurezza proposti nel volume.

La seconda sezione Logiche strategiche presenta un quadro composito della riflessione strategica applicata alla dinamica geopolitica contemporanea, cioè post guerra fredda. Viene messo in risalto un approccio composito al tentativo di ripensare la strategia come una dialettica continua sia con la politica che con i problemi propriamente concreti e contestuali:

La strategia – campo intermedio o ʽponteʼ tra la politica (che definisce i fini dell’uso della forza) e la tattica (che ne definisce le modalità di impiego) – è sempre più globale. Oggi, più che in passato, essa ha dimensioni diverse da quelle propriamente militari. A seconda delle circostanze (culture etico-politiche, contesti internazionali, rapporti tra forze armate e società, intensità e durata delle operazioni, tecnologie disponibili, ecc.), la strategia può gravitare maggiormente verso la politica o verso la tattica.[1]

La strategia pura non esiste e sono nocive le analisi astratte sulla natura dei principi ultimi della guerra, nella misura in cui la guerra è sempre reale, come già visto sopra, cioè che si sviluppa alla presenza del forte attrito opposto sia dalle circostanze più o meno avverse, sia dal nemico. Jean entra nello specifico dei problemi strategici connessi alle nuove forme di terrorismo.

La terza sezione, Strategia, Storia e Geografia è particolarmente interessante per l’analisi precipua sul rapporto tra storia militare e strategia, dove si rimarca l’assenza relativa di un pensiero critico in ambito nazionale pur con importanti eccezioni. Di grande attualità una delle conclusioni:

Un rilancio della storia militare comporta l’esigenza di definire in modo più incisivo la specificità del campo di ricerca. Per risultare utile, essa dovrebbe essere – come si è più volte ricordato – una storia del pensiero e delle istituzioni militari. Deve ricostruire i processi con cui vengono elaborate le decisioni strategiche, luogo di armonizzazione e di sintesi fra quelle politiche e quelle tecnico-tattiche, organiche e logistiche. Come si è già detto – e come si era fatto in passato con la storia e la politica navale – la storia militare non deve essere frammentata in periodi storici rigidi, come avviene per lo studio della storia nelle Università italiane. In tal modo, infatti, essa non può dare un contributo se non marginale né al miglioramento della cultura sia delle élites sia della società – a parer mio compito principale dell’Università – né all’altrettanto necessario miglioramento delle istituzioni militari, diplomatiche e politiche. Il risveglio dello studio della storia del pensiero militare è già avvenuto in paesi anglosassoni. In Germania ed in Francia è stato sempre di buon livello. Le sue carenze in Italia contribuiscono all’emarginazione del nostro Paese dal “nucleo duro” dell’Europa.[2]

La terza sessione è anche impegnata in un complessivo ripensamento del ruolo della geografia rispetto ai problemi della geopolitica. Infatti la geografia è tutt’altro che una disciplina monolitica, ma pienamente fluida. Essa è particolarmente importante sia per il pensiero strategico in senso militare che per le riflessioni geopolitiche in senso stretto e ampio. Si tratta di una serie di analisi particolarmente proficue in un mondo in cui si dice che la geografia sia stata obliterata dall’infosfera e dalle rapide comunicazioni. Queste ultime sono, come al solito, tesi a buon mercato per sottolineare qualche novità possibilmente superficiale del presente, senza poi riuscire a considerare nessuno dei veri trend politici ed economici e, in senso più ampio, della storia. La geografia costituisce ancora uno degli assi portanti per comprendere le dinamiche geopolitiche mondiali. In fine, proprio perché la geografia è una disciplina che illumina sulla dimensione spaziale e umana, essa deve essere continuamente affiancata ad altre discipline in modo che si crei una proficua sinergia tra le parti: “La geografia, insomma, va considerata come un giocatore tattico e strategico. Non è neutrale, dato che ciascun contendente cerca di utilizzarla a proprio vantaggio. Comprenderne il significato è perciò necessario per fronteggiare la sfida del XXI secolo. La geografia è pervasiva. Ha un’influenza molto rilevante sia sulla preparazione che sull’impiego delle forze (…)”.[3]

In fine, la quarte parte La nuova geopolitica considera il risveglio della geopolitica come disciplina importante sia per i decisori politici, sia per gli elaboratori delle strategie da applicare in contesti specifici, sia per il dibattito pubblico in generale. Dopo la fine della guerra fredda e il termine del bipolarismo mai divenuto pienamente multipolarismo si è assistito ad una maggiore esigenza di iniziativa individuale da parte degli stati e non solo. Per tale ragione le analisi geopolitiche hanno assunto una nuova importanza all’interno di un quadro globale piuttosto fluido che lascia aperti problemi condivisi e ne crea continuamente di nuovi:

La deregulation dei precedenti assetti internazionali e interni è molto accentuata. Il loro mutamento avviene in un ambiente caratterizzato da elevata turbolenza. La geopolitica tende a pervenire sia all’intelligibilità degli avvenimenti, collocandoli nel loro contesto geografico e storico, sia, sulla base dei metodi suoi propri, ad esaminare opportunità e minacce e ad elaborare possibili linee di azione, attraverso una “decostruzione” ed una ricomposizione dei flussi delle forze in campo – compresa la psicologia e la logica degli attori geopolitici – nonché delle loro interconnessioni e interdipendenze.[4]

Saper anticipare le tendenze e gli scenari futuri rimane uno dei compiti della geopolitica. Questa disciplina, dunque, ha un ruolo preminente all’interno del contesto strategico e politico contemporaneo da cui non può mai essere svincolata ma sempre profondamente agganciata perché, come si diceva prima, la guida dell’intelletto possa unirsi alla comprensione di ciò che l’intelletto ha di volta in volta bisogno di capire.

Geopolitica, Sicurezza e Strategia è senza dubbio un lavoro di estremo interesse sia per gli studiosi di geopolitica, sia per tutti coloro che intendano affrontare seriamente una riflessione sul ruolo della sicurezza nel nuovo scenario politico mondiale. Si tratta, infatti, di un lavoro impegnato nella analisi specifica dei concetti applicati al contesto contemporaneo senza per questo perdere di interesse rispetto a macrotematiche generali che sono comunque importanti rispetto alla nostra comprensione della politica e della storia.

La posizione neoclausewitziana proposta dall’autore è particolarmente feconda per chiarire come la guerra non sia altro che un mezzo tra i tanti dell’attività politica, dotata di una sua propria logica ma mai del tutto scissa dalla politica. Né deve esserlo in alcun modo. Inoltre lo stesso volume ricalca quell’idea di fondo, ma anche analizzata più volte in dettaglio, secondo cui l’analisi strategica non può mai perdere di vista la natura stessa dell’attrito, che è poi una delle componenti fondamentali del farsi stesso della guerra e quindi della sua natura più pura. In fine viene anche offerta una lettura neoaristotelica della nozione di pace, in cui tutti gli attori in guerra vogliono la pace, ma una pace differente da quella dell’avversario. Anche questa idea, su cui torna più volte l’autore, risulta particolarmente feconda da un punto di vista esplicativo, in un mondo in cui gli scontri tra gruppi statali e non statali sono pervasivi ma che sembrano sempre così ineffabili nelle loro ragioni per il dispiego della forza. La realtà dei fatti è che ben pochi desiderano propriamente la guerra, quanto una pace diversa da quella del nemico.

In definitiva, dunque, si tratta di un volume che considera i problemi della sicurezza all’interno di un contesto globale in cui l’ignoranza si paga sempre a caro prezzo. Per questo, dunque, simili analisi vanno a considerare dei problemi che dobbiamo tutti cercare di affrontare.


Carlo Jean

Geopolitica, Strategia e Sicurezza

Franco Angeli

Pagine: 296.


[1] Jean C., (2007), Geopolitica, Sicurezza e Strategia, Franco Angeli, Milano, p. 215.

[2] Ivi., Cit. pp. 230-231.

[3] Ivi., Cit., p. 244.

[4] Ivi., Cit., p. 263.


Giangiuseppe Pili

Giangiuseppe Pili è Ph.D. in filosofia e scienze della mente (2017). E' il fondatore di Scuola Filosofica in cui è editore, redatore e autore. Dalla data di fondazione del portale nel 2009, per SF ha scritto oltre 800 post. Egli è autore di numerosi saggi e articoli in riviste internazionali su tematiche legate all'intelligence, sicurezza e guerra. In lingua italiana ha pubblicato numerosi libri. Scacchista per passione. ---- ENGLISH PRESENTATION ------------------------------------------------- Giangiuseppe Pili - PhD philosophy and sciences of the mind (2017). He is an expert in intelligence and international security, war and philosophy. He is the founder of Scuola Filosofica (Philosophical School). He is a prolific author nationally and internationally. He is a passionate chess player and (back in the days!) amateurish movie maker.

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