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Consigliamo l’immortale Lord Jim
I duellanti è un racconto di Joseph Conrad, di cui esiste una trasposizione cinematografica ad opera di Ridley Scott. Il racconto di per sé non è molto lungo e non particolarmente articolato. Esso narra la storia di due figure in antitesi, Feraud e D’Hubert. La vicenda è ambientata durante le guerre napoleoniche e Feraud e D’Hubert sono due giovani ufficiali dell’esercito francese. D’Hubert deve comunicare a Feraud di dover presenziare di fronte al superiore, per via dell’uccisione di un borghese in duello. Sebbene i duelli fossero vietati dalla legge, di fatto la regola dell’onore vinceva ogni altra forma di norma. D’Hubert, dunque, si reca da Feraud, in quel momento in una casa di una gentil donna, per comunicargli la notizia. Feraud, da principio, non accetta di recarsi dal superiore, ma poi, resosi conto di aver fatto la figura dell’imbelle di fronte alla gentil donna e alla società bene della città, si anima a tal punto da sfidare a duello lo stesso D’Hubert, il quale, da principio, non capisce le serie intenzioni di Feraud. E’ questo l’inizio di una turbolenta serie di duelli, senza vincitori né vinti. Nel frattempo la guerra prosegue e i due, da ufficiali di basso rango, arrivano sino ad essere generali. E i duelli non terminano neppure con la fine dell’Imperatore. L’ultimo duello, il più importante, il più decisivo, si svolgerà nelle tranquille campagne francesi proprio quando tutto sembrava finito. Ma D’Hubert e Feraud sapevano entrambi che nella legge dell’onore niente è finito, se non quando uno dei due veniva definitivamente sconfitto.
La trama de I duellanti non è particolarmente evoluta, né ricca di spunti, come invece accade nelle opere più ampie di Conrad, Lord Jim, Nostromo o L’agente segreto. Né c’è la densità contenutistica e concettuale dei suoi capolavori, come Cuore di tenebra o La linea d’ombra piuttosto che Tifone. L’opera si incentra interamente sul conflitto tra le due figure, l’una l’opposto dell’altra. D’Hubert è un uomo sostanzialmente razionale al ribasso, “privo di immaginazione che aiuta al ragionamento”, pacato, serio e ligio al dovere. Mentre Feraud è una bestia sanguigna che ama la violenza in tutte le sue forme e che comprende esclusivamente la forza come ragion d’essere, come istituzione stessa della vita. Nel complesso, dunque, si tratta di due figure piuttosto ordinarie dell’esercito, che costituiscono così spesso la visione di fondo della narrazione stessa dei fatti d’arme (il buon senso e la forza: i due estremi delle attività militari).
In questo senso I duellanti costituiscono una sorta di archetipo della rappresentazione delle attività militari, in cui una figura rappresenta la violenza mentre l’altra il buon senso della persona comune. Entrambe hanno le loro ragioni, entrambe rispondono a logiche diverse, ma entrambe fanno parte dell’essenziale, di ciò che non si può eliminare. Detto questo, dalla lettura del racconto si evince chiaramente che Conrad finisce ben presto per privilegiare la figura di D’Hubert: di esso si hanno molte più informazioni, si conosce la storia, la vita e la sua relativa evoluzione sociale. Molto meno spazio è invece dedicato a Feraud. Ciò forse potrebbe far pensare ad una certa incompiutezza del racconto e potrebbe anche essere vero. Ma la qualità di uno scrittore come Conrad emerge proprio nel fatto che anche in opere minori, esistano delle interpretazioni non banali.
Se si accetta l’idea che D’Hubert sia la figura dominante delle due (inizia con lui la narrazione e finisce con lui), allora si può pensare che Feraud sia, di fatto, il destino di D’Hubert. In altre parole, Feraud è l’elemento simbolico di ciò che continuamente si frappone tra sé e la propria realizzazione, l’elemento casuale negativo che di continuo interviene per interrompere il naturale sviluppo della vita. Infatti, Feraud stravolge l’esistenza di D’Hubert per delle ragioni incomprensibili, anche per un Feraud. Anzi, il fatto stesso che il duello nasca da un fatto del tutto inessenziale, è un fatto invece essenziale in questa chiave di lettura: esso è l’indice del fatto che la ragione ultima dello scontro non c’è, è semplicemente un motivo inessenziale che sottolinea il fatto che la vita, anche nella drammaticità dello scontro per l’esistenza, non è fatta di grandi apici eroici, ma di scaramucce estremamente serie per il contendente. Dopo di ché, la persistenza ossessiva con cui Feraud costringe D’Hubert a battersi sembra trascendere la ragionevolezza per meglio rimarcare, appunto, il fatto che gli eventi drammatici della vita siano dolorosi e privi di alcun senso, di alcuna giustificazione. Ogni qual volta che D’Hubert sembra al sicuro, ecco che Feraud lo insegue, proponendogli l’eterna sfida mortale. Il fatto stesso che D’Hubert viva con Feraud alle costole è il sintomo stesso della vita che si sforza per essere indipendente dalla sfortuna e che, proprio per questo, finisce ancora più legata ai rivolgimenti della sorte. L’eterno duello tra i due, allora, non è la narrativa del duello, come marchingegno letterario classico (così come viene tratteggiato nella post fazione all’edizione della e/o): il duello è tra la sorte e la malasorte, tra la vita e il dramma del dolore, del fatto che si paga tutto continuamente:
Nessuno riesce in tutto ciò che intraprende. In questo senso siamo tutti dei falliti. L’importante è non fallire nell’orchestrare e sostenere lo sforzo della vita. Qui è la vanità che ci porta fuori strada. Ci precipita in situazioni dalle quali è giocoforza uscire con le ossa rotte; mentre l’orgoglio è la nostra salvaguardia, sia per l’accortezza che impone nella scelta degli intenti, sia in virtù del suo potere di sostegno.[1]
Siamo tutti dei falliti, ma non è quello che conta. Perché siamo tutti delle sagome di cartone che si barcamenano in questa vita in cui c’è sempre un Feraud dietro l’angolo che non attende altro che un piccolo cedimento, anche solo uno, per abbatterci definitivamente.
Joseph Conrad
I duellanti
E/O
Pagine: 135.
Euro: 8,00.
[1] Conrad J., I duellanti, E/O edizioni, Roma, 1994, p. 85.
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