Iscriviti alla Newsletter!
Consigliamo le Polis e la civiltà micenea
In Introduzione alla storiografia greca: Erodoto, Tucidide, Polibio e le figure minori abbiamo analizzato le varie figure di storici e letterati antichi che ci hanno tramandato fondamentali nozioni per la strutturazione di una cronologia credibile. Naturalmente senza un buon supporto delle fonti (reperti) archeologiche portate alla luce da archeologi come Heinrich Schliemann e di Wilhelm Dorpfeld, fautore fra l’altro del metodo scientifico riguardante uno scavo archeologico, sarebbe impensabile riuscire a ricostruire precisamente ampi tratti del periodo storico considerato.
La fondamentale differenza fra le fonti archeologiche e quelle scritte, è che le prime sono considerate delle fonti “mute” come per esempio possono essere reperti e tracce che l’uomo ha lasciato nel suo cammino involontariamente. Ancora le fonti archeologiche sono suddivise in fonti materialistiche, fonti epigrafiche e numismatiche e ancora le già considerate fonti letterarie. Il lavoro di un archeologo grecista è riuscire a differenziare il “greco” dal “barbarico”, quest’ultimo inteso come ciò che viene dall’esterno: infatti, spesso durante uno scavo potevano/possono essere rinvenuti elementi totalmente estranei alla storia greca, arrivati in quel punto per caso; questi sono dei cosiddetti “elementi intrusivi” giunti magari attraverso le devastazioni locali. Questo problema, già caro agli storici greci, ad esempio ad Ecateo di Mileto citato da fonti di Strabone, che supponeva che nel passato arcaico la Grecia fosse stata abitata da barbari e ancora anche Erodoto considerava certa l’esistenza di popoli pre-ellenici e ipotizzava che i più antichi abitanti dell’Attica fossero in realtà i Pelasgi, popolazione successivamente ellenizzata.
L’elemento più rilevante, che ci aiuta a comprendere meglio l’origine della civiltà dei greci, è senz’altro l’evidenza linguistica: le tavolette di lineare B (che si differenziano dalla lineare A) dalla decifrazione di Evans risultano essere scritte in una lingua arcaica del greco che convenzionalmente viene chiamato dai linguisti storici “miceneo”. Questo è stato senz’altro il punto di partenza dal quale è nato lo studio recente della storia greca: lo studio della lineare B è andata a braccetto col dialetto più antico a noi giunto, ovvero il “dialogare omerico”. Da recenti studi si è scoperto come i dialetti più antichi a noi pervenutici siano molto simili alle rappresentazioni della lineare B. Le divisioni linguistiche che ci sono conservate sono centinaia, ma legate tutte da un unico denominatore comune: da Creta a Micene, passando per Tebe e Pilo, un solo linguaggio unitario, che accomunava un abitante di Creta da un abitante delle montagne vicino ad Olimpia, vale a dire l’acheo. Il miceneo viene considerato dalla maggioranza degli studiosi un proto acheo, una forma precedente, che poi si è evoluta, ha dato vita alla lingua “di tutti”, dalla quale si sono suddivisi i vari dialetti come l’arcadico e il ciprio (i più diffusi). Altri studiosi sostengono che il Miceneo sia invece l’antenato del dialetto arcadico-ciprio.
Ritornando sugli studi propriamente archeologici, quali sono i principali filoni conduttori da seguire nella ricerca storica archeologica? Sicuramente vanno considerati a pieno gli elementi nuovi nella produzione del materiale (per esempio il passaggio dalla terracotta al ferro) o come vedremo a breve, ancora più evidenti sono i cambiamenti delle usanze funerarie e della costruzione dei tumuli; ancora la distruzione di un villaggio a scapito di un’altra popolazione che si è insediata sulle rovine del capitolato. Il primo cambio di materiale che segna un evidente cesura fra un periodo e un altro è attestato fra il 2200-2100 a.C. (Elladico Antico) in cui si nota un certo incremento della metallurgia. Si riscontra un’evoluzione delle tecniche ma non in senso non radicale. In questo periodo la popolazione era raggruppata in villaggi più o meno grandi, spesso sprovvisti del tutto di fortificazioni mirate alla difesa, che costituivano, così, una facile preda per incursioni e razzie.
L’abitato era composto da casupole in pietra, in legno o in mattoni crudi di fango e paglia, circondate a volte da depositi sotterranei per le granaglie. Questo tipo di urbanizzazione è senz’altro simbolo di semplicità, ma in alcuni villaggi più importanti, nella fase avanzata dell’Elladico Antico, come ad esempio a Tirinto, Orcomeno o a Lerna definita la “Casa delle tegole”, andavano erigendosi i primi protopalazzi, forse costruiti come simbolo di potere. L’alimentazione era molto varia: era praticata soprattutto la coltivazione dei cereali (grano e due varietà differenti di orzo) e dei piselli, delle lenticchie e di molte varietà di frutta e olive. Il clima in quella zona era senz’altro favorevole per l’agricoltura. Pesca e caccia erano anch’esse sfruttate e non avevano particolari problemi di approvvigionamento, se non in estate, quando i lunghi periodi di siccità provocano carestie.
In questo periodo le necropoli sono separato dal nucleo del villaggio: questo segna un netto staccamento dal periodo neolitico in cui non c’era un luogo preciso adibito all’inumazione. Per lo più resteranno sepolture collettive, ma non di rado si potevano avere anche delle sepolture singole con la costruzione di tombe a fossa semplice ma anche a cista, quest’ultime chiuse da mattoni nei lati e sopra da una lastra: comincia, seppur in modo modesto, a presentarsi un piccolo corredo che accompagnava il morto nell’aldilà.
Dall’Elladico Antico si passa all’Elladico Medio: è un periodo inframmezzato da una serie di fatti violenti. Numerosi villaggi vengono distrutti dal fuoco nell’Argolide così come nel resto del Peloponneso e nelle Cicladi. Il quadro che emerge da questa nuova situazione epocale è dato dall’arrivo di popolazioni allogene che modificarono sostanzialmente particolari produzioni tra cui quello della ceramica. La ceramica cambiò completamente in questo periodo. Precedentemente erano presenti ceramiche dominate da tecniche di decorazione ad incisione: ora si passa a una ceramica grigia e monocroma che negli anni si trasformerà in nera, rossa e infine gialla. La vera innovazione tecnica di questo periodo è il tornio da vasaio (che porta quindi all’istituzione di un nuovo tipo di artigianato), nozione arrivata senz’altro da popolazioni di origini anatoliche. Questa ceramica, detta “minia” dal nome di una popolazione preellenica, verrà affiancata dalla ceramica a vernice opaca di origine cicladica.
Per ciò che concerne la struttura dei villaggi rispetto al Elladico Antico, nel Medio si ha una netta involuzione: forti sono le derivazioni anatoliche, date da modelli di tipo anarchico, senza una “pianta” precisa. Gli abbozzi dei proto palazzi citati precedentemente scompaiono e le arcaiche forme di fognatura, pozzi, cisterne, ecc., fanno la stessa infausta fine. Addirittura si ricomincerà ad inumare le salme all’interno del villaggio come nel neolitico. Il corredo funerario è raro e spesso del tutto inesistente. Nonostante ciò, le ciste potevano raggrupparsi in imponenti tumuli: questi probabilmente indicavano che il sepolto era di un rango superiore. Allo stesso tempo all’inizio del Tardo Elledico in Messenia nasce un nuovo tipo di sepoltura il tholos: era una tomba di forma circolare conj una volta, un corridoio d’ingresso e a volte uno o più ambienti funerari all’interno, possiamo dire modernamente che rappresentava una sorta di mausoleo. Il tholos non era anteriore comunque al XVII secolo a.C. Ci sentiamo di consigliare la lettura di questo articolo di Deborah Rocchietti (qui il link), esaustivo e interessante.
Sono dunque forti in questo periodo come abbiamo analizzato gli influssi derivati dall’arrivo delle popolazioni anatoliche: portarono il cavallo, animale non del tutto sconosciuto, ma non ancora presente in tutto il territorio greco, e portarono nuovi utensili importanti come le asce perforate e strumenti per affilare le punte delle frecce.
Ancora oggi e chissà per quanti decenni e forse secoli, resteranno molto incerte le origini della civiltà greca per via delle numerose lacune e incertezze determinate dai nuovi reperti ritrovati negli scavi archeologici. Nei capitoli successivi continueremo il discorso sulle fonti archeologiche e scritte, abbinate però questa volta a delle popolazioni ben precise, con l’evoluzione della religione, dell’edilizia e della società tutto corredato da buone fonti archeologiche come ad esempio la tomba di Lefkandì: dai micenei ai cretesi fino ad arrivare al crollo della civiltà dei palazzi e alla nascita delle polis.
Bibliografia essenziale
Pili W., Introduzione alla storiografia greca: Erodoto, Tucidide, e le figure minori, www.scuolafilosofica.com, 2013.
http://www.treccani.it/enciclopedia/heinrich-schliemann/
http://www.metarc.unile.it/index.php/Fonti_archeologiche
Ricchietti D., Aree sepolcrali, per ciò che concerne la tipologia delle tombe
Be First to Comment