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Consigliamo 1984 di Orwell
Fanteria dello spazio è un libro di fantascienza edito nel 1962 dello scrittore Robert Heinlein. La trama è piuttosto lineare: il soldato Juan Rico, noto Johnny, è un soldato della fanteria mobile. Il romanzo, scritto con un narratore in prima persona, riporta le esperienze del soldato Johnny (il soldato par excellere americano) che da recluta “per caso” arriva a ricoprire il ruolo di comandante.
La narrazione in prima persona non risparmia il lettore da una prosa che mima il gergo rozzo dei militari, machista e patriottico. Pur essendo, appunto, un espediente letterario potenzialmente fruttuoso, basti considerare il risultato ottenuto da Kubrick in Full Metal Jacket, risulta la parodia della parodia pur senza essere volontariamente una parodia. D’altronde, associare Kubrick a Heinlein potrebbe essere quasi un eccesso di considerazione, una svista. Si tratta, dunque, di una stilizzazione del gergo ben peggiore che si può trovare tra le fila degli istruttori degli eserciti ma non per questo risulta credibile, verosimile. Sarebbe stato meno eccessivo, a quel punto, accontentarsi di scrivere in una prosa priva di questo elemento mimetico, che non rivela nient’altro se non la propria incompiutezza, situandosi a metà strada tra il volgare (letterario, parlato – altra cosa -, militare) e la prosa letteraria di livello medio. Inoltre, a rendere ancora più paradossale questo elemento stilistico discutibile, compare di quando in quando l’intrusione della necessità di trattare o giustificare alcune parti della società descritta nel libro: emblematici sono i casi in cui il professore di filosofia si lancia in severe lezioni ai suoi alunni, particolarmente rilevante quella in cui descrive la “scientificità” della morale allora adottata dalla società umana. Questo amalgama risulta piuttosto scorrevole pur non traendo da questa scorrevolezza alcuno giovamento: il lettore potrebbe risultare perplesso di fronte a questa eterogeneità stilistica così poco armonizzata.
Ma l’approssimazione non si tocca esclusivamente sul piano della pura forma laddove la realtà dei contenuti lascia poco spazio ad alternative e all’immaginazione. Il principale problema di questa opera di fantascienza è il fatto che la fantascienza, mondo del possibile, risulta quasi priva di alternative e di contrasti. E’ tutto perfettamente ordinato, è tutto perfettamente logico, è tutto perfettamente previsto. Tutto è inquadrato ma non giustificato in un simile ordine. Da un lavoro di fantascienza ci si aspetterebbe una giustificazione di una simile perfezione, la spiegazione sistematica dei mezzi grazie ai quali la società del futuro possibile è arrivata ad elaborare un sistema in cui tutti i cittadini accettano le legittimità dello stato, come ci si aspetta una spiegazione dei mezzi grazie ai quali tutti gli uomini della società considerata sono così ben organizzati. Nessun grande libro di fantascienza è così lineare, così semplice nel considerare gli eventuali problemi umani. La genialità di Asimov sta appunto nell’aver fornito una verosimiglianza della storia della fondazione: egli ci dà delle spiegazioni del perché le cose vadano in un certo modo e di come esse vadano. Asimov fu lo storico del possibile, lo storico del futuro ma non dimentica di spiegarci, da bravo storico, come le cose funzionino, come potrebbero funzionare in quel modo. E infatti Heinlein viene da taluni associato ad Asimov. Ma erroneamente. Egli in questo romanzo è simile ad alcuni tratti deteriori di Asimov, ad esempio l’assenza di una complessità psicologica nei personaggi piuttosto che l’assenza di un’umanità superiore (come nei libri di Philip Dick). Per usare una metafora, Heinlein ci offre esclusivamente un orologio perfetto di un possibile futuro pur senza spiegarci come questo si realizzerà e né se questo orologio ammetta qualche genere di attrito.
Da taluni è stato detto questo libro è militarista sia per il tema che per le spiegazioni (poche) della natura della società militarista. Ma ci pare dare troppo credito ad un’opera che vuole essere solo di svago e che non ci riesce neppure del tutto, date le intrinseche manchevolezze narrative, stilistiche e contenutistiche: Heinlein ogni tanto si chiedeva come un politico avrebbe giustificato qualche tratto della società e così la fornisce. Ma poi richiamato da più interessanti questioni a noi sconosciute, ci ha privato dei dettagli. Tutti quelli che avrebbero dato un senso ad un libro che di comune con le opere di Wells, Huxley, Orwell, Dick e Asimov ha soltanto l’etichetta. Di certo è un libro che solo nell’America felice e spensierata dei primi anni sessanta poteva essere scritto, ben prima della guerra in Vietnam, una decina di anni dopo la vittoria in Corea. Erano gli anni felici del mito americano. Che si concretizza, questo si, nel libro di Heinlein, per la felicità del lettore. Ci auguriamo per il buon nome dello scrittore che in altri romanzi abbia saputo fare qualcosa di meglio, per quella parte della fantascienza che vuole essere ed è anche grande arte.
Robert A. Heinlein
Starship Troopers – Fanteria dello spazio
Mondadori
Pag.: 342.
Euro: 10,00.
Egregio professor Pili,
Per cominciare, ritengo opportuno mettere alcune cose in chiaro:
1. Sono un sottufficiale dell’Esercito.
2. Adoro il libro in questione e posso dire di averlo riletto diverse volte.
Detto ciò, mi permetto di esporLe il mio punto di vista.
Innanzitutto, l’America degli anni ’60 non era poi così spensierata. C’era stata la crisi dei missili cubani e la guerra fredda ha rischiato di diventare davvero “calda”. La guerra in Corea era stata “congelata” con un cessate il fuoco che di fatto dura ancora oggi e pertanto, nella società americana che non ama i perdenti, i veterani di tale conflitto non erano stati onorati come chi aveva combattuto la seconda guerra mondiale. A tutto questo deve aggiungere le tensioni razziali e la controcultura hippy che cominciavano a farsi sentire.
Heinlein dal canto suo, aveva servito per diversi anni in Marina come ufficiale e questa cosa si avverte nettamente quando descrive l’iter di “Jhonny” Rico dal campo di addestramento all’impiego operativo.
C’è da osservare però che le modalità organizzative e il modus operandi delle immaginarie forze armate della federazione differiscono notevolmente da quelle che sono state (e sono tuttora) quelle delle Forze Armate americane.
In altre parole, non c’è nessuna “stilizzazione di un gergo ben peggiore” è palese che Heinlein abbia voluto includere una critica (costruttiva?) verso l’organizzazione militare del suo Paese immaginando una forza armata che potrebbe essere ma non è.
Concordo con Lei che la descrizione della storia immaginaria che ha condotto alla nascita della forma di governo descritta nel libro lascia un po’ a desiderare tuttavia alcuni concetti sono chiari: guerra mondiale, stato di anarchia, veterani che si organizzano e ristabiliscono l’ordine a modo loro. Viene quasi da chiedersi se lo scrittore non si sia ispirato ad alcuni fatti storici avvenuti in Europa dopo la prima guerra mondiale…
In conclusione, penso che Starship Troopers sia un libro che ha diversi punti di forza. In particolare:
1. La capacità di far immedesimare il lettore nel protagonista.
2. Il coraggio di mettere in discussione tanto l’organizzazione militare quanto il sistema di governo in maniera anche politicamente scorretta
3. L’abilità di immaginare un mondo futuro che può essere, a seconda dei punti di vista, sia utopico che distopico.
L’unica debolezza è, a mio giudizio, la mancanza di una “lore” approfondita che avrebbe dato più spessore all’opera e fatto contenti i nerd come il sottoscritto.
Gentilissimo Guido,
Dunque, ammetto di aver letto quel libro esattamente dieci anni fa (cioè 9 anni e 1 mese) e, date le considerazioni riportate nella recensione, il mio cervello deve essersi cautelato nel distruggere gran parte dei ricordi di esso. Tuttavia, ricordo ancora bene i punti nodali che mi spinsero a scrivere quanto argomentato e principalmente, appunto, che sebbene il romanzo possa anche dilettare, esso non riesce a raggiungere le vette dei romanzi consierati in alternativa (ad esempio The Man in the High Castle o, adesso aggiugnerei alla lista, Dune). Sulle considerazioni storiche riconosco che hai delle ragioni, ovvero nella non idilliacità del periodo (crisi di Cuba, post guerra di Corea etc.). Tuttavia, ed è un argomento con una sua cogenza intrinseca, si potrebbe dire che qualsiasi minuto della storia “non sia idillaco”, cosa alla quale sono già arrivato alla conclusione anni fa. Ma come coscienza collettiva, solamente col Vietnam, la crisi economica degli anni 70′ e del petrolio, gli nonché la controcultura anti-imperialista, Stati Uniti persero definitivamente quella sorta di ingenuità che, a mio giudizio, traspare chiaramente ancora in quel romanzo che, appunto, ho interpretato come troppo ingenuo. Ma sia chiaro! Ogni tanto tutti noi abbiamo bisogno di un po’ di ingenuità, come testimonia il mio interesse per i film “classici” di James Bond e tante altre cose. Ma come tutte le cose dipendenti dalle inclinazioni individuali, ognuno ha le sue ingenuità che vanno coltivate!
Quindi due argomenti sono distinti, uno è che il testo *non* sia un capolavoro. E su questo siamo d’accordo. Secondo, che il testo ha comunque un suo interesse. E anche su questo, in un certo senso, siamo d’accordo.
Grazie per l’intelligente commento,
Giangiuseppe