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Uno scrittore singolare: Joseph Conrad

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Il mare si stendeva lontano, immenso e caliginoso, come l’immagine

della vita,con la superficie scintillante e le profondità senza luce”.

                                                                                                                 J. Conrad

Introduzione

Fino alla prima metà del Novecento Conrad era considerato uno scrittore di storie di mare, sotto il segno dell’ esotismo e del pittoresco. Veniva visto sotto l’etichetta riduttiva di un “Kipling dei mari del Sud”, mentre oggi è riconosciuta la complessa problematica della narrativa conradiana.

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Caso più unico che raro, Joseph Conrad diventa un maestro della letteratura inglese, scrivendo in una lingua non sua, appresa quando era già adulto. Il suo tema fondamentale è la solitudine dell’individuo, in balìa dei colpi ciechi del caso, di cui il mare è spesso eletto a simbolo. I suoi personaggi sono spesso collocati in situazioni isolate o confinate. L’eroe solitario di Conrad è quasi sempre un fuggiasco o un reietto, segnato dalla sventura o dal rimorso, stretto parente dell’angelo caduto caro ai romantici, che conquista la sua identità affrontando con stoicismo le prove che il destino gli riserva. Conrad ha scritto romanzi e novelle dove è rappresentata la lotta dello spirito umano in un universo indifferente, con una prosa originale che introduce nella letteratura inglese una tragica sensibilità di tipo non inglese.

Avevo letto alcuni romanzi di Conrad al liceo, durante le vacanze estive, e devo dire che non l’avevo molto capito, mi sfuggiva il significato profondo dei suoi racconti e non li vedevo diversamente dagli altri racconti di mare, più o meno avventurosi. Avevo trovato particolarmente ardui “The Secret Sharer” (Il Compagno Segreto) e “The Shadow-Line (La Linea d’Ombra), racconti piuttosto complessi che presentavano varie difficoltà per una loro piena comprensione. I vari termini marinari e l’insolita e originale scrittura inglese non facilitavano la lettura del testo e mi distoglievano dai più importanti temi di fondo. Mi ci è voluto molto tempo per arrivare a capire Conrad. Tuttavia, analizzando meglio in seguito questi racconti, avevo notato alcuni particolari interessanti, che in prima lettura mi erano sfuggiti, come, per esempio, i meccanismi psicologici dei protagonisti, che in genere interpretano la parte dell’io narrante, il modo in cui il “doppio” influenza l’evoluzione del personaggio (“The Secret Sharer”) ed avevo individuato i vari temi che erano in comune con gli altri romanzi. Lentamente avevo cominciato a subire il fascino di Conrad, intravedendo un nuovo interesse per questo autore così insolito. Mi sono immedesimato nel protagonista dei suoi racconti, il capitano, nella sua situazione di passaggio e nella sua assunzione di responsabilità. Un tema questo che ogni persona può provare durante la propria vita, specialmente in quei particolari momenti che riconosciamo come periodi di  transito, la “linea d’ombra”. Infine, proseguendo la lettura dell’opera di Conrad, ho individuato alcuni dei suoi maggiori capolavori, come i romanzi che investigavano il fenomeno coloniale (Heart of Darkness), i grandi affreschi socio-politici (Nostromo, The Secret Agent), fino agli intensi studi psicologici e filosofici (The Nigger of the ‘Narcissus’, The Secret Sharer, Lord Jim, Falk, Victory, The Shadow-Line).

Biografia

Joseph Conrad, nato Józef Konrad Korzeniowski (Berdyčiv, 1857Bishopsbourne, 1924), era uno scrittore polacco naturalizzato britannico. Il padre scrittore, traduttore e attivista politico, conosciuto soprattutto per le tragedie patriottiche e per le traduzioni dall’inglese e dal francese di Shakespeare, Charles Dickens e di Victor Hugo, aveva incoraggiato il figlio a leggere molto in polacco e in francese, consiglio che Conrad aveva seguito alla lettera. Il ragazzo cocciuto e sognatore, che aveva imparato il francese sui libri e l’inglese per esigenze di mestiere, diventerà in seguito uno dei maggiori scrittori del Novecento inglese.

A diciassette anni, spinto da un’irresistibile vocazione per la vita di mare, parte per Marsiglia, dove s’imbarca come semplice marinaio. Navigare significava conoscere il mondo del mare che si identificava in traffici, contrabbando, uomini che si imbarcavano per sfuggire a chissà quali colpe. Significava insomma incontrare mondi che stavano agli antipodi dell’Europa civile, non solo geograficamente. Dopo aver effettuato regolari studi nautici, aveva prestato servizio in qualità di ufficiale di coperta e poi con il grado di capitano su navi mercantili britanniche per un periodo di sedici anni, effettuando viaggi in Estremo Oriente, India, Borneo e Sumatra. Conrad ha avuto una vita avventurosa ed è stato coinvolto in commercio di armi e cospirazioni politiche, episodi che in seguito descriverà nel suo romanzo “The Arrow of Gold” (La Freccia d’Oro).  Nel corso della sua vita di navigante si è anche trovato a bordo di una nave che aveva fatto naufragio, costringendo il futuro scrittore a passare più di dodici ore su una scialuppa di salvataggio. Questa esperienza verrà poi descritta nel racconto “Youth” (Gioventù). Nel 1883 si imbarca sul “Narcissus” a Bombay, e da quel viaggio prenderà ispirazione per il romanzo “Il Negro del Narciso” del 1897, considerato un’allegoria dell’isolamento e della solidarietà in mare. La navigazione nell’arcipelago sud asiatico gli fornirà il materiale per i romanzi “An Outcast of the Islands” (Un Reietto delle Isole) del 1896 e “Lord Jim” (1900). Il viaggio verso le coste del Venezuela verrà ricordato in “Nostromo” del 1904, in cui il primo ufficiale del vascello, Dominique Cervoni, diventerà il modello per la caratterizzazione di tanti marinai protagonisti dei suoi scritti. Conrad otterrà  un altro successo con “The Shadow-Line” (1917), assoluto capolavoro, divenuto l’emblema della difficoltà di crescere e di ciò che questo passaggio comporta.

Uomo emotivo, soggetto a depressione, insicurezza e pessimismo, Conrad disciplinerà il suo temperamento romantico con un forte moralismo. Scrivere era per Conrad un mestiere (“craft”) e per apprenderlo aveva studiato gli scrittori francesi dell’Ottocento, Victor Hugo, Gustave Flaubert e Guy de Maupassant. Inoltre, durante i lunghi viaggi fatti per la marina britannica, aveva avuto modo di imparare la lingua inglese e studiare i classici della sua letteratura (Shakespeare, Byron, Carlyle, James), diventando uno dei più importanti scrittori moderni in lingua inglese. Ne “Les Travailleurs de la Mer” (I Lavoratori del Mare) di Victor Hugo, aveva incontrato quella sfera di attività alla quale poi dedicherà la sua giovinezza, mentre l’opera di Shakespeare lo introdurrà nell’orbita della letteratura inglese.

Conrad è stato capace, grazie a un linguaggio molto ricco, di ricreare in maniera magistrale atmosfere esotiche e riflettere i dubbi dell’animo umano a contatto con terre selvagge. Mentre l’Impero Britannico raggiungeva il suo apice, Conrad aveva usato la sua esperienza, prima nella marina francese e successivamente in quella britannica, per scrivere romanzi e racconti che riflettono aspetti di un impero globale e, allo stesso tempo, esplorano gli abissi della mente umana. I romanzi di Conrad raccontano storie di mare e di avventura, storie di uomini che vivono sulle onde e che affrontano la straordinaria solitudine delle acque infinite e infide. In effetti, prima che romanziere, Conrad fu un vero uomo di mare. Orfano di madre, e con il padre incarcerato per questioni politiche (la famiglia era originaria di una parte della Polonia annessa alla Russia), era cresciuto nel sogno di solcare i mari in libertà, lontano dalla terra che gli aveva procurato tanto dolore.

Nel 1886 aveva ottenuto la cittadinanza britannica e nel 1896 aveva sposato la ventiduenne inglese Jessie George, che gli darà due figli, Borys e John. Per vent’anni viaggerà per quasi tutti i mari, ma soprattutto nell’arcipelago malese. L’attenzione ottenuta col suo primo romanzo del 1895 “Almayer’s Folly” (La Follia di Almayer) e l’incoraggiamento di alcuni scrittori, tra cui John Galsworthy, H. G. Wells e Ford Madox Ford, lo avevano indotto a lasciare la marina a dedicarsi interamente all’attività letteraria. Tra il 1894 e il 1924, anno della sua morte, pubblicherà i suoi grandi romanzi, legati alle esperienze e alle avventure che aveva vissuto lungo i mari di tutto il mondo. Conrad è oggi universalmente riconosciuto come uno dei grandi maestri della prosa inglese, ed anche se molte sue opere presentano elementi di ispirazione romantica, è considerato soprattutto un importante precursore della letteratura modernista, che avrebbe poi influenzato parecchi scrittori europei e americani. Il suo linguaggio simbolico ed evocativo risente l’influenza delle altre lingue che conosceva, il polacco e il francese, che dà un aspetto esotico al suo inglese, che sembra insolito anche quando è grammaticalmente corretto. Nei suoi grandi romanzi Conrad sonda gli stadi evolutivi dell’inconscio, che a tratti sembrano anticipare la tecnica dello “stream of consciousness” che poi Virginia Woolf e James Joyce trasformeranno in genere letterario.

Tuttavia il successo finanziario non aveva arriso a Conrad, anche se una pensione di 100 sterline all’anno gli permetteva di vivere con difficoltà, nonostante che i collezionisti avessero cominciato a comperare i suoi manoscritti. La sua salute restò precaria per il resto dei suoi giorni, ma continuò a lavorare senza sosta. Questo irripetibile scrittore, che ha sondato come pochi l’animo umano, morirà nel 1924 per arresto cardiaco e sarà seppellito nel cimitero di Canterbury (Kent, England), col nome di Korzeniowski. [1]

Monumento a Joseph Conrad a Gdynia, sulla costa del mar Baltico in Polonia
Monumento a Joseph Conrad a Gdynia,
sulla costa del mar Baltico in Polonia

Alcuni famosi romanzi  

La natura delle conoscenze e delle idee in cui ebbero origine le mie opere è dipesa direttamente dalle condizioni stesse della mia vita.” J. Conrad

Un tema importante è il mare, ricorrente nei romanzi e nei racconti di Conrad, che prima di dedicarsi alla scrittura aveva viaggiato in quasi tutti i mari e gli oceani del mondo, sempre su navi a vela. Così scrive Cesare Pavese: “C’è in Conrad un esotismo, una predilezione per determinati luoghi insoliti e lontani che non ha nulla del capriccio… Il Mare del Sud è veramente per Conrad il luogo dell’anima”.

...sempre su navi a vela.
…sempre su navi a vela.

Scrive ne “La Linea d’Ombra”: “Vidi alla prima occhiata che era un veliero di alta classe, una creatura piena di armonia nelle linee dell’elegante scafo, nell’altezza ben proporzionata dell’alberatura. Qualunque fosse la sua età, qualunque la sua storia, aveva conservato l’impronta originaria.”[2] Un altro tema ricorrente è il comando della nave, le responsabilità che comporta e i sentimenti ad esso legati. Strettamente connesso a questo tema, c’è quello dell’iniziazione, che è forse il più importante di tutti: il capitano, spaventato e titubante di fronte al suo primo comando, ha paura che questa sua debolezza venga scoperta, si sente un estraneo a bordo, e mentre vede che gli altri hanno un ruolo ben preciso, egli ha difficoltà a vivere il suo.

Nei racconti “Il Compagno Segreto” e “La Linea d’Ombra” il protagonista parla del processo interiore che deve compiere nel passare da primo ufficiale a capitano, metafora del passaggio che ogni essere umano deve percorrere per raggiungere l’età adulta, cioè l’autonomia delle scelte e il senso di responsabilità. Per quel che riguarda l’ambientazione, il suo racconto segue il genere delle avventure di mare e dei viaggi in latitudini esotiche, ma nel suo svolgimento prevale la storia interiore del protagonista, lo sviluppo del suo modo di sentire e di vivere le situazioni che si presentano. Narrato in prima persona, il racconto si avvale di una notevole introspezione psicologica, tanto che possiamo parlare di un viaggio non solo sul mare, ma anche psicologico.

In quel periodo Conrad sviluppa anche una propria visione sulla natura del male. Le esperienze di solitudine nel mare, di corruzione e la durezza della natura convergono per formare una coerente e pessimistica visione del mondo. Isolamento, illusione e le soluzioni senza rimorso a seguito delle debolezze dei personaggi, sono i fili che tengono uniti la maggior parte dei lavori dello scrittore. Conrad scrive nel periodo che per le arti visive era chiamato “Impressionismo”, dimostrandosi uno scrittore di prosa dei più alti. La particolarità dell’universo dipinto nei suoi romanzi, paragonato a quello dei suoi quasi-contemporanei, come John Galsworthy, è dovuta al fatto che Conrad difficilmente riusciva a creare il “senso di un posto”, sia a bordo di una nave o in un villaggio lontano, e i suoi personaggi erano spesso collocati in situazioni isolate o confinate.

I critici letterari del tempo da una parte commentavano favorevolmente gli scritti di Conrad e dall’altra sottolineavano che il suo stile esotico, la sua narrazione complicata, i profondi temi letterari e il suo pessimismo spesso scoraggiavano il lettore. Pur tuttavia, quando le idee di Conrad furono confermate dagli eventi del XX secolo, egli sarà ammirato per le sue convinzioni che sembravano più conformi con i tempi a lui posteriori che con quelli a lui contemporanei. La sua visione della condizione umana era desolatamente lucida. Il suo stile narrativo originale e i suoi personaggi anti-eroici avrebbero influenzato molti scrittori, tra cui Ernest Hemingway, David H. Lawrence, Graham Greene, William S. Burroughs, Joseph Heller, V. S. Naipaul e John Maxwell Coetzee.

Scultura di Epstein del busto di Conrad. Birmingham Art Gallery, 1924
Scultura di Epstein del busto di Conrad.
Birmingham Art Gallery, 1924

Fin dai suoi esordi Conrad è stato molto stimato dai letterati contemporanei e con alcuni di essi aveva stretto rapporti di amicizia: Henry James, H. G. Wells, Stephen Crane, W. H. Hudson.

 

The Nigger of the Narcissus (1897)

“Il Negro del Narciso” (“The Nigger of the Narcissus”- A Tale of the Sea), è un racconto di Conrad del 1897 considerato il punto di partenza della sua migliore attività letteraria ed è   stato uno dei libri di Conrad che ha ricevuto per un certo periodo grande attenzione da parte dei lettori, in parte per la sua brevità e in parte per le sue qualità d’avventura. [3] La prefazione, scritta direttamente dall’autore, è considerata una sorta di manifesto letterario di Conrad e, in generale, dell’impressionismo in letteratura. [4]

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Il protagonista, James Wait, è un marinaio nero delle Indie occidentali imbarcato sul mercantile “Narciso”, in navigazione tra Bombay e Londra. Durante il viaggio Wait viene colpito dalla tubercolosi, probabilmente contratta prima di imbarcarsi, e la sua malattia lo porta a ricevere le attenzioni umanitarie di molti dei membri dell’equipaggio, cinque dei quali lo salvano a rischio della loro vita durante una tempesta, mentre il Capitano Alistoun ed il vecchio marinaio Singleton rimangono completamente indifferenti alla sua situazione, rimanendo concentrati sulle proprie mansioni di governo della nave. Secondo i critici e gli studiosi, il racconto è visto come un’allegoria del tema della solidarietà e dell’isolamento, con il microcosmo della nave che rappresenta una versione in scala ridotta della società umana.

Lord Jim (1900)

“Lord Jim”, originariamente pubblicato a puntate sul Blackwood’s Magazine dall’ottobre 1899 al novembre 1900, è un romanzo complesso dal punto di vista narrativo. Gran parte del romanzo viene narrata in prima persona da Marlow e nel suo racconto si inseriscono a loro volta le storie riferite da altri personaggi secondari (Gioiello, un ufficiale francese, Tamb’Itam, Brown, Stein…). Questa tecnica conferisce alla vicenda una molteplicità di punti di vista, con cui i vari personaggi raccontano a Marlow le loro vicende in relazione a quelle di Jim.

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Il protagonista del romanzo, Jim, è un giovane marinaio inglese che sogna grandi avventure ed eroiche imprese, e diventa primo ufficiale sul Patna, una nave che trasporta pellegrini in viaggio verso La Mecca. Tuttavia, durante il viaggio, di notte e con una tempesta in arrivo, la nave ha un incidente e una lamiera sembra prossima a cedere: Jim, colto alla sprovvista, convinto che il Patna stia per affondare da un momento all’altro e di non poter fare nulla per salvare i passeggeri, abbandona la nave su una scialuppa con il comandante e due macchinisti. Ma il Patna non affonda e viene rimorchiato in porto. Il comandante del Patna fugge, Jim invece affronta il processo e gli viene revocato il brevetto di ufficiale. Pieno di vergogna e di rimpianto per avere abbandonato la nave, Jim passa da un lavoro all’altro, viaggiando in continuazione e spostandosi sempre più verso Oriente, man mano che la sua fama lo raggiunge. Marlow, comandante di una nave, cerca di aiutarlo e racconta la vicenda di Jim all’ex-avventuriero Stein. A Jim viene così offerta la possibilità di recarsi a Patusan, insediamento di agricoltori buddisti raggiungibile risalendo un fiume e soggiogato da un folle spietato e ben armato. Questi temi, la risalita del fiume e il despota folle, sono gli stessi che saranno poi centrali nel celeberrimo “Heart of Darkness” (Cuore di Tenebra). Il giovane accetta, vedendo la possibilità di lasciarsi alle spalle una volta per tutte il passato e di ottenere un’occasione per riscattare il proprio onore. A Patusan Jim conquista la fiducia e il rispetto della popolazione, del capo tribù Doramin e di suo figlio Dain Waris, aiutandoli a sconfiggere il predone Sherif Ali e a fermare le angherie del sanguinario oppressore della pacifica comunità. Inoltre, Jim – diventato per il proprio coraggio un vero e proprio eroe locale, noto come “Tuan Jim” (Lord Jim) – incontra una giovane donna, Gioiello, e i due si innamorano. Marlow, recatosi a salutarlo, lo trova in apparenza felice, ma vede anche che nell’animo del giovane rimane ancora qualche traccia di dubbio e di amarezza. Un giorno il pirata Brown e i suoi uomini raggiungono Patusan con cattive intenzioni e vengono respinti e asserragliati su una collina e Jim offre a Brown la possibilità di andarsene, assumendosi con Doramin la responsabilità della scelta. Ma, prima di fuggire, Brown uccide Dain Waris sotto gli occhi di Tamb’Itam, servitore di Jim. Gioiello e Tamb’Itam incitano Jim a partire o a difendersi dal giudizio di Doramin. Nonostante le esortazioni, Jim si rifiuta di fuggire ed accetta di andare incontro alla morte per mano dell’affranto capo tribù. In pieno giorno, cammina con calma fino al capo, accanto ai sudditi che sono in fila per la processione funebre di Waris, poi attende che Doramin lo uccida con un colpo di pistola. Scegliendo di morire, Jim si libera dai propri demoni interiori.

Typhoon (1902)  

“Tifone” iniziato nel 1899 e pubblicato a puntate sul Pall Mall Magazine nel 1902, verrà stampato per la prima volta sotto forma di volume completo a New York dall’editore Putnam nel 1903 e pubblicato nello stesso anno in Gran Bretagna con il titolo “Typhoon and other Stories” (Tifone ed altre Storie) dalla casa editrice Heinemann. Scritto nei toni della commedia, il romanzo è uno dei capolavori di Conrad, che è ormai assurto al rango di classico moderno. Il critico letterario F. R. Leavis scriverà che questo romanzo è “uno dei capolavori di Conrad”,  e rappresenta Conrad come l’erede della grande tradizione inglese e al tempo stesso un protagonista assoluto della rivoluzione nel romanzo europeo del primo Novecento.[5] In particolare, questa è stata l’opera con cui l’editore Ugo Mursia ha iniziato nel 1959 la sua carriera di traduttore dei testi di Conrad [6].  

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Il romanzo è ambientato a cavallo fra il diciannovesimo ed il ventesimo secolo e rappresenta le gesta del Capitano MacWhirr nell’affrontare un tifone tropicale al comando della nave a vapore battente bandiera siamese Nan-Shan, col suo carico umano di coolies cinesi diretti verso la terra natìa. Sono presenti altri gustosi personaggi di contorno come il primo ufficiale Jukes e il motorista capo Solomon. MacWhirr, uomo timido e semplice, ignorato dalla sua famiglia, sfruttato dalla moglie e deriso dal suo equipaggio, rifiuta di cambiare rotta per evitare il tifone e la sua ferrea determinazione nell’affrontarlo e soprattutto la sua intelligente e umana gestione del problema rappresentato dai coolies stipati nella stiva, lo riscatteranno agli occhi dei suoi sottoposti.

Heart of Darkness  (1902)

“Cuore di Tenebra” pubblicato nel 1902 e’ considerato uno dei più importanti classici della letteratura del XX secolo.

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Quest’opera di Conrad è fortemente rappresentativa dello stile dell’autore e delle sue suggestioni. La giungla selvaggia pare animarsi intorno al lettore, con i suoi fruscii e il suo tenebroso mistero. La figura di Kurtz, in particolare, ha un potere ipnotico e magico, che talvolta si stempera in un senso tragico di pietà. Le storie che si incontrano in questo romanzo  si rifanno al viaggio compiuto nel 1890 da Conrad a bordo del vaporetto “Rois de Belges” lungo il fiume Congo, nel cuore dell’Africa. Anche i personaggi che popolano questo libro sono ritratti di figure realmente esistite e incontrate dall’autore in tale occasione.

All’inizio del romanzo, a bordo di un battello ancorato in un porto lungo il Tamigi, cinque membri dell’equipaggio attendono la marea favorevole per poter prendere il largo. È sera e uno di loro, un vecchio marinaio di nome Marlow, prende la parola e comincia a raccontare di un viaggio che molti anni prima aveva fortemente voluto per esplorare l’Africa nera, un continente per quell’epoca ancora misterioso e pieno di fascino.

Addentratosi nel continente dopo un lungo viaggio, giunge alla sede della sua Compagnia, i cui interessi erano basati sulla razzia di avorio, materiale molto ricercato in Europa a fine Ottocento. La base principale della Compagnia, consistente in un cumulo di baracche, è inospitale ed inefficiente e gestita da equivoci personaggi, tutti invidiosi di un misterioso Kurtz che sembra essere l’unico in grado di procurare ingenti e costanti quantitativi del prezioso materiale. Di Kurtz però non si hanno notizie certe da tempo e la sua base, vera destinazione di Marlow, è all’interno dell’inestricabile e malsana foresta e raggiungibile solo via fiume. Marlow parte quindi, a bordo di un malandato battello a vapore con altri coloni e indigeni cannibali, assunti e pagati con un sottile filo d’ottone lungo circa trenta centimetri. Risalendo faticosamente il fiume, Marlow ha l’impressione di ripercorrere il tempo e lo spazio all’indietro e risalire ad epoche remote e selvagge. Arrivato finalmente a destinazione, la base di Kurtz gli appare come un luogo di inenarrabili e truculenti fatti. Gli occupanti del battello si scontrano con la primordiale ostilità degli indigeni, che hanno fatto di Kurtz una specie di divinità, ammaliati dal suo aspetto, dalla sua determinazione feroce e priva di scrupoli e soprattutto dalla sua voce, anche se ormai Kurtz è molto malato, quasi in fin di vita e forse in preda alla follia. Marlow rimane affascinato dal personaggio senza essere in grado di darsi una vera spiegazione. L’unica cosa da fare in quel frangente è caricare Kurtz per riportarlo a casa. Cosa che avviene non senza difficoltà. Nel viaggio di ritorno Kurtz muore, ma prima di morire pronuncia la celebre frase «Che orrore! Che orrore!», e consegna a Marlow un pacco contenente delle lettere e la foto di una giovane donna. Marlow, ritornato a Londra, va a incontrare la vedova, ma non ha il coraggio di rivelarle la vera natura dell’uomo, che lei crede un modello di perfezione, e quindi altera il suo racconto, dicendole che le ultime parole di Kurtz sono state per lei.

Nostromo (1904)

Nostromo – A Tale of the Seaboard” del 1904 segna la fine della prima parte della produzione letteraria di Conrad, contrassegnata dalla pubblicazione di “Lord Jim” e “Heart of Darkness”.  

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Il señor Gould è un costaguaniano di origini inglesi proprietario della concessione per una miniera d’argento a Sulaco. Stanco dell’instabilità politica della Costaguana e della corruzione, si impegna al fianco del progetto di Ribiera, che crede possa portare stabilità dopo anni di malgoverno e di tirannia da parte di dittatori egoisti. Tuttavia, la miniera d’argento e le ricchezze che ha generato diventano una calamita perché i signori della guerra locali lottano fra loro, spingendo la Costaguana verso un nuovo periodo di caos. Tra gli altri, il rivoluzionario Montero invade Sulaco e il señor Gould, deciso a non far cadere nelle mani dei suoi nemici l’argento, affida le miniere a Nostromo, il fidato capo degli scaricatori di porto (capataz de los cargadores). Nostromo è un esule italiano che ha raggiunto il suo grado per delle speculazioni riuscite e per la sua fama di uomo molto coraggioso. Il soprannome di Nostromo, che gli è stato dato dal suo capo, il capitano Mitchell, ha praticamente soppiantato il suo vero nome, Giovanni Battista Fidanza (che, in italiano arcaico, significa fiducia). Ritenuto incorruttibile dal señor Gould, gli viene richiesto di nascondere l’argento dai rivoluzionari. Nostromo accetta non tanto per lealtà nei confronti di Gould, quanto perchè intravede la possibilità di aumentare la propria fama. Alla fine è Nostromo, insieme ad un dottore e a un giornalista, che ha la possibilità di riaffermare in un certo modo l’ordine a Sulaco. Sono loro a convincere due signori della guerra ad aiutare Sulaco a separarsi dalla Costaguana per proteggerla da altri eserciti. Nostromo l’incorruttibile è la figura chiave nel mettere in moto l’azione, ma nell’universo conradiano quasi nessuno è incorruttibile e Nostromo non ottiene la fama che si aspettava e si sente sfruttato e poco importante. Sentendo d’aver rischiato la sua vita per nulla, è consumato dal risentimento che lo induce alla sua corruzione e distruzione finale. Nostromo aveva conservato il segreto sulla vera fine dell’argento che tutti credevano perso nel mare e nel momento in cui va a recuperarlo nell’isola di Great Isabel, il padre della sua innamorata Gisella, custode del faro, gli spara e lo uccide scambiandolo per un intruso. Il custode era stato anche indotto all’errore dall’altra figlia Linda, gelosa, a cui Nostromo si era promesso in sposo sul letto di morte della suocera. Così l’argento non può più essere trovato.

The Secret Agent  (1907)

Il romanzo “L’Agente Segreto” del 1907 trae spunto da un fatto realmente accaduto nel 1894: un’esplosione in “Greenwich Park”, probabilmente dovuta ad un fallito attentato anarchico. “L’Agente Segreto” è considerato uno dei primi romanzi moderni a trattare temi quali il terrorismo e lo spionaggio; benché possa essere classificato come un romanzo giallo, l’opera si trasforma in più punti in un racconto sulla psiche umana.

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Il signor Verloc conduce da vari anni una doppia vita a Londra. Apparentemente è un marito e gestore di un negozio come tanti altri, in realtà è un agente segreto incaricato di sorvegliare gli anarchici locali, che usano proprio il suo negozio per incontrarsi. Improvvisamente però il nuovo ambasciatore del Paese, per il quale lavora (una potenza dell’Est), richiede al signor Verloc di organizzare un’azione violenta in modo da alimentare nell’opinione pubblica sentimenti di ostilità nei confronti degli anarchici. In quegli anni infatti, all’inizio del Novecento, l’Inghilterra dava asilo a tutti gli appartenenti ai movimenti estremisti, al contrario degli altri Stati europei, dove questi erano considerati criminali. Verloc, sconcertato ed allarmato, si ritrova costretto ad eseguire gli ordini, malgrado all’interno del suo circolo si sia costruito la reputazione di una persona pacifica, più incline alle parole che ai fatti. Costretto ad agire nel silenzio per non insospettire i propri compagni, l’agente segreto convince il cognato Stevie, un ritardato mentale, a portare una bomba artigianale nei pressi dell’Osservatorio di Greenwich. Quello che doveva essere un semplice corriere si ritrova ad essere l’unica vittima dell’attentato: Stevie infatti inciampa nel parco dell’Osservatorio e salta in aria per via del suo pericoloso carico. Verloc, in preda al rimorso, confessa tutto alla moglie Winnie, che in un eccesso di rabbia lo uccide. Winnie era infatti molto più legata al fratello, a cui aveva dedicato gran parte della sua vita, che non al marito, sposato più che altro per opportunità. La donna, subito dopo l’omicidio, fugge e si imbatte nel Compagno Ossipon, da lei segretamente amato, e in parte ricambiata, da tempo. Questo in un primo tempo si impegna a scappare insieme a lei dall’Inghilterra, ma poi l’abbandona, temendo che possa commettere altri omicidi. Vedendosi infine abbandonata da tutti e senza più nessuno al mondo, Winnie si suicida gettandosi nelle acque della Manica dalla nave che la stava portando via dell’isola.

The Secret Sharer (1910)

Il racconto “Il Compagno Segreto” e’ stato ispirato da un incidente avvenuto nel 1880, quando il primo ufficiale del veliero Cutty Sark, Sydney Smith che aveva ucciso un marinaio, era sfuggito alla giustizia con l’aiuto del capitano della nave.

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Il racconto è narrato in prima persona dal protagonista della vicenda, un giovane capitano al suo primo comando, di cui non si conosce il nome. Questi, essendosi imbarcato solo due settimane prima, si sente ancora uno sconosciuto l’equipaggio. La storia comincia in una notte silenziosa, dove niente sembra muoversi e, in questa atmosfera di immobilità, il capitano, rimasto solo sul ponte, vede immerso nell’acqua, attaccato alla scaletta della nave, un uomo nudo. Il  capitano lo invita a salire, gli presta un suo pigiama e lo nasconde nella sua cabina, dove scopre la sua storia. Sulla nave in cui prestava servizio come ufficiale, dopo settimane di tempesta in un clima molto teso, si era azzuffato con un marinaio che voleva impedirgli di fare ciò che poi avrebbe salvato la nave e lo aveva involontariamente ucciso. Per mesi era rimasto rinchiuso nella sua cabina, finché non era riuscito a fuggire, tuffandosi in mare e nuotando per ore e ore fino alla scaletta della nave del capitano. Per circa tre o quattro giorni il capitano nasconde il naufrago con la continua paura di essere scoperto e poi, a malincuore, organizza la fuga del clandestino: a notte fonda, egli dovra’ calarsi in acqua, mentre la nave verra’ fatta passare nel punto più vicino alla costa di Koh-Ring, un isolotto indonesiano. La nave passa pericolosamente vicina alle rocce con tutto l’equipaggio radunato sul ponte che  teme il peggio e il capitano non sa quali ordini dare, finché non vede galleggiare il berretto bianco perso dal compagno segreto che gli serve come punto di riferimento. Un berretto che gli aveva regalato e che ora ritrova insieme con “la perfetta comunione di un marinaio con la prima nave al suo comando”.

Il tema principale in questo racconto è il “doppio”: il capitano si identifica con il suo doppio, perchè anche lui è un estraneo a bordo e anche lui non ha un ruolo preciso, ma soprattutto come lui è un ex primo ufficiale. Il capitano, che era abituato a percepirsi come tale, proietta il suo disagio nel clandestino, che fra l’altro doveva essere nascosto proprio come la sua titubanza. Il processo di iniziazione termina quando il doppio scompare. Il capitano, mettendo in salvo il clandestino, e con esso la sua paura e la sua debolezza, riesce ad affermare la sua autorità, salva la nave da una catastrofe, guadagnandosi il rispetto dell’equipaggio e prende pienamente e armoniosamente possesso del suo ruolo. A differenza degli altri romanzi, in questo racconto il concetto del “doppio” è trattato esplicitamente ed è considerato una categoria psicologica che riflette il modo di sentire del protagonista, tanto che questi arriva persino a dubitare che il clandestino – appunto il suo doppio – sia solo un’invenzione della sua mente. Per quel che riguarda l’ambientazione, il racconto segue il genere delle avventure di mare e dei viaggi in latitudini esotiche, ma nel suo svolgimento prevale la storia interiore del protagonista e lo sviluppo del suo modo di sentire e vivere le situazioni che gli si presentano. Narrato in prima persona, il racconto si vale di una notevole introspezione psicologica, tanto da poter parlare non solo di un viaggio sul mare, ma anche nella mente umana.

The Shadow-Line (1917)

Il romanzo “La Linea d’Ombra” è considerato notevole per la duplice struttura narrativa che lo caratterizza. Il titolo completo del racconto è “The Shadow-Line: a Confession” (La Linea d’Ombra: una Confessione) che mostra immediatamente l’intento retrospettivo dell’opera che tratta della crescita e dello sviluppo della personalità e del carattere del protagonista durante il suo percorso per diventare capitano della nave Otago. [2] Per Conrad “la linea d’ombra” è quel personale, universale momento in cui il protagonista prende atto della propria indipendenza e della propria solitudine di fronte alla vita in questo mondo. Chiavi di questo improvviso e quasi subitaneo passaggio sono il superamento del senso di colpa e del sentimento di indegnità per il proprio essere, superamento che avviene con l’accettazione della responsabilità di essere sé stessi come esseri umani. L’autore propone con ironia  per tutta la durata del romanzo il conflitto fra il giovane capitano e il vecchio ufficiale di bordo, intessendo nella trama dell’opera temi come la natura della saggezza, l’esperienza e la maturità. Conrad utilizza l’ironia come strumento per sottolineare le caratteristiche del protagonista, contrapponendolo ad altri personaggi come il capitano Giles e il cuoco Ransome. Ne “La Linea d’Ombra”, un altro capolavoro assoluto, l’autore sonda gli stadi evolutivi dell’inconscio, anticipando Virginia Woolf e James Joyce, e ottenendo un grande  successo.

Conrad04

La storia viene narrata in prima persona dal protagonista: costui, primo ufficiale in servizio su una nave nei mari d’oriente, precisamente a Bangkok, improvvisamente, senza alcun motivo riconoscibile agli altri e a sé stesso, si licenzia in cerca di qualcosa di più dalla vita, fino a quel momento vuota e priva di obiettivi. Sceso a terra, alloggiato in una sistemazione per marinai a Singapore e in preda della noia verso tutto e tutti, che considera universalmente stupidi e poco interessanti, ha un colpo di fortuna sotto forma di un’offerta del comando di una nave situata a Bangkok il cui capitano è morto pazzo. Il protagonista parte con la con la convinzione di essere l’uomo giusto per l’incarico e felice di avere saltato tutta la gavetta che si era immaginato di dover svolgere prima di poter arrivare a un incarico del genere. Imbarcato sulla nave comincia subito ad avere discussioni con il primo ufficiale Burns, che probabilmente aspirava ad assumere il ruolo del defunto comandante con cui aveva avuto una durissima discussione poco prima della sua morte e che aveva maledetto la nave.

Pare che la maledizione si avveri. Infatti la nave, dopo essere salpata, è in preda a un’epidemia di febbri tropicali che debilita e mette fuori combattimento tutto l’equipaggio, tranne il protagonista e il cuoco della nave Ransome. Il peggio è che l’epidemia non è curabile, poiché il vecchio capitano aveva venduto illegalmente la scorta di medicine prima della sua morte. Inoltre, il primo ufficiale, distrutto dalla febbre, ripete ossessivamente che la responsabilità di quanto sta accadendo è del vecchio capitano e della sua maledizione. Oltre a questo, la nave incappa in una tremenda bonaccia che la mantiene immobile nell’oceano per più di due settimane. In questa difficilissima situazione il protagonista è assillato da dubbi su sé stesso, sulla sua vita e sulle proprie capacità. Comunque, riesce a mantenere, nonostante tutto, la nave in funzione grazie all’aiuto dell’indispensabile Ransome. Alla fine il vento arriva e quella che sembra essere una nave di moribondi riesce a raggiungere Singapore. L’equipaggio malato viene trasportato all’ospedale, un nuovo equipaggio viene assunto e, immediatamente, il protagonista decide di ripartire, stavolta privo dell’aiuto di Ransome che lo aveva sostenuto nel precedente terribile viaggio, ma che era ormai privo delle sue illusioni di gioventù ed era avviato a diventare un uomo.

Come già accennato, i critici letterari del tempo commentavano favorevolmente i lavori di Conrad, ma sottolineavano anche che il suo stile esotico e la sua narrazione complessa presentavano delle indubbie difficoltà per il lettore. Segnalavano che la sua scrittura era ricca di metafore, che si accavallavano spontaneamente e formavano delle rotondità barocche, anche se erano poi sostenute da un ragionamento rigoroso e lucido dell’autore.

Inoltre, tutta l’opera di Conrad, secondo lo studioso Zdzisław Najder, poteva essere vista ai confini dell’”auto-traduzione”. Il fatto stesso che Conrad avesse deciso di scrivere in inglese, sua seconda lingua straniera dopo il francese, era l’esempio più evidente della forte presenza nella sua opera della “traduzione”. [7] Lo stesso Conrad aveva detto a Ford Madox Ford1 di scrivere in inglese con molta difficoltà, poiché, mentre la lingua polacca era per lui naturale e automatica, e poteva esprimersi con precisione in francese, quando si metteva a scrivere un racconto, pensava in francese e traduceva il suo pensiero in inglese. Concludendo, diceva che “questo era un processo impossibile per uno che desiderava guadagnarsi da vivere scrivendo in lingua inglese”. Ma soggiungeva anche che il grande fascino della lingua inglese, l’amore che aveva per la cadenza della sua prosa e l’influenza che questa lingua aveva sulla sua natura emotiva, eccitavano a tal punto la sua sensibilità da fargli dire che “se non avesse conosciuto la lingua inglese non avrebbe mai scritto una sola riga in tutta la sua vita”.

In realtà Conrad, come altri scrittori, tra cui Samuel Beckett, si era trovato a tessere le fila di più lingue, per cui nel suo inglese si possono spesso rintracciare strutture sintattiche del polacco e del francese. Inoltre Jeffrey Meyers, nella sua biografia di Conrad, riportava le parole di Rudyard Kipling, che sentiva che Conrad “with a pen in his hand was first amongst us”, ma che nella sua mentalità non c’era niente di inglese, per cui quando lo leggeva “aveva l’impressione di leggere un’eccellente traduzione di un autore straniero”. [1]  Dopo questi giudizi è bene precisare che Conrad va preferibilmente letto in inglese, poiché è uno degli autori più difficili da tradurre. Non è facile decifrare una lingua così sofferta e complessa, dalla struttura stratificata e innaturale, una lingua di adozione fatta propria con fatica. Ma è anche vero che proprio per questo motivo il suo corpo narrativo, segnato da prove ed esperimenti continui, si fa tanto piu’seducente e affascinante. Ricordiamo anche che la sua visione artistica, e il suo programma di scrittura, prevedevano che la parola scritta doveva avere la stessa funzione che hanno i colori per il pittore e le note musicali per il musicista, e sosteneva che “raccontare vuol dire fare vedere con gli occhi della mente, come fa il pittore, solo che i colori sono immaginari.”2

Rimaneva sempre il problema delle traduzioni della sua opera in altre lingue e Conrad sapeva che molto si sarebbe perso per strada. Conrad era anche consapevole della difficoltà di riportare in altre lingue quella musicalità aritmica, dagli spazi lunghi e meditativi e dalle pause irregolari che costituiscono la sua prosa. Ma sulle traduzioni aveva anche delle aspettative che emergono quando, ad esempio, scriveva a Davray, uno dei suoi traduttori, della sua speranza di essere tradotto in francese: «Je suis persuadé que vous donnerez à mon oeuvre non seulement un corps nouveau, mais aussi le souffle qui la rendra vivante». Nella traduzione Conrad intravedeva la possibilità di dare nuova vita alla sua opera, di ringiovanirla, di fare, in qualche modo, resuscitare il suo autore. [8] Essere tradotto in francese a sessant’anni sembrava dare nuova energia al suo corpo narrativo, di cui voleva che fosse accentuata la virilità, tanto da scrivere sia a André Gide che a Jean Aubry, amico e  curatore dell’opera di Conrad per Gallimard dopo Gide, di non far tradurre la sua opera da traduttrici, essendo la sua scrittura di tipo mascolino non adatta alla sensibilità femminile.» [9-11]

 

Considerazioni finali 

Abbiamo già detto che la critica del tempo, anche se aveva commentato favorevolmente gli scritti di Conrad, aveva tuttavia sottolineato che il suo stile esotico, la sua narrazione complicata e il suo pessimismo avevano spesso scoraggiato i lettori. In risposta a Hugh Clifford, che segnalava la sua esitazione tra l’inglese e francese come lingua letteraria, lo scrittore polacco aveva osservato che “quando aveva scritto il suo primo romanzo erano già parecchi anni che aveva cominciato a parlare e a pensare in inglese”. Il suo primo romanzo, “Almayer’s Folly” (1895) e il successivo racconto, “An Outcast of the Islands (1896), avevano creato a Conrad la reputazione di uno scrittore romantico e di racconti esotici, un malinteso delle sue intenzioni letterarie che lo avrebbe tormentato per il resto della sua vita. Ciononostante il suo stile narrativo originale e i suoi personaggi anti-eroici avrebbero influenzato in seguito famosi scrittori di lingua inglese, come Ernest Hemingway, David H. Lawrence, Graham Greene, William S. Burroughs, Joseph Heller, V. S. Naipaul e John Maxwell Coetzee.

Concludendo, sento di dover esprimere alcune considerazioni personali, anche se queste non saranno probabilmente sempre in accordo con le opinioni di più qualificati critici e studiosi. Intanto va detto che non è possibile parlare di Conrad come autore senza aver almeno letto alcuni dei suoi più celebri romanzi in lingua inglese. E’ inoltre mia convinzione che Conrad debba essere letto preferibilmente in lingua inglese, poiché ogni traduzione fa perdere molto del significato originale e dello spirito della scrittura di questo autore. In quanto a me, una motivazione che mi aveva indotto a leggere Conrad, oltre al mio interesse di una vita per la letteratura anglo-americana, era stato il constatare una certa somiglianza nel mio percorso linguistico con quella di questo scrittore, poiché anch’io avevo appreso la lingua francese durante la mia adolescenza e prima giovinezza e la lingua inglese in età adulta, alla fine del liceo. Una lingua che ho poi praticato durante tutta la mia attività professionale [Ivano E. Pollini è professore di Fisica all’Università degli studi di Milano N.d.R.] fino ad oggi, una lingua per me ostica e difficile, che non conosco perfettamente, e che tuttavia è diventata quasi la mia seconda lingua. In queste circostanze era stato naturale per me iniziare a leggere Conrad, anche se inizialmente lo trovavo difficile e diverso da altri autori di lingua inglese, come Charles Dickens, Robert L. Stevenson, Oscar Wilde, Henry James, Edgar Allan Poe, John Steinbeck, Herman Melville, ecc. I suoi racconti erano per me difficili, come difficile e strano erano il suo stile e il suo inglese, e solo con letture successive ho cominciato a percepire e ad apprezzare l’eleganza e il fascino della sua scrittura e la sua particolare espressione inglese. E ho anche cominciato a capire, o almeno così mi è sembrato, come si formava la sua frase e ad intravedere lo sforzo del processo mentale richiesto per la creazione della composizione letteraria, con frequenti richiami alla struttura narrativa della lingua francese tradotta in un elegante inglese. L’analisi dei suoi manoscritti è fondamentale in tal senso e testimonia la difficoltà incontrata dall’autore alla ricerca dell’espressione più fedele possibile alla formulazione del suo pensiero in lingua inglese, attraverso un complesso percorso mentale che iniziava col polacco e passava attraverso il francese prima di arrivare all’inglese.

Note

1.Ford Madox Ford (1873 – 1939) è uno scrittore inglese, poeta, critico e editore della  “English Review” e della “Transatlantic Review”, giornali fondamentali per lo sviluppo della letteratura inglese del primo Novecento. Di questo autore si ricordano alcune  pubblicazioni come “The Good Soldier (1915), la tetralogia “Parade’s End  (1924–28) e la trilogia “The Fifth Queen (1906–08). Il romanzo “The Good Soldier” è stato spesso incluso nella lista della grande letteratura del XX secolo. Nel 1908 Madox Ford aveva fondato “The English Review”, dove aveva pubblicato i lavori di Thomas Hardy, H. G. Wells, Joseph Conrad, Henry James, May Sinclair, John Galsworthy and William Butler Yeats ed aveva fatto debuttare Wyndham Lewis, D. H. Lawrence e Norman Douglas. In seguito aveva  frequentato la comunità artistica del Quartere Latino a Parigi, dove aveva conosciuto James Joyce, Ernest Hemingway, Gertrude Stein, Ezra Pound and Jean Rhys, autori di cui pubblicherà molti lavori. Nel famoso romanzo “The Sun Also Rises(Fiesta) Ernest Hemingway assumerà Maddox Ford come modello per il personaggio di Braddocks e gli dedicherà anche un capitolo nel suo libro di memorie a Parigi, “A Moveable Feast, dove aveva descritto un incontro con Maddox Ford in un caffè di Parigi all’inizio gli anni 1920.

2.Nella prefazione del  “The Nigger of the ‘Narcissus” del 1897 Conrad descrive così la sua aspirazione d’artista: « … attraverso il potere della parola scritta, farvi ascoltare, farvi sentire… ma prima di tutto  farvi vedere: raccontare vuol dire fare vedere con gli occhi della mente, come fa il pittore, solo che i colori sono immaginari. Questo è tutto, e nulla più. Se ci riuscirò, troverete qui, secondo i vostri desideri: incoraggiamento, consolazione, paura, fascino – tutto quello che domandate – e forse anche quello scorcio di verità che avete dimenticato di chiedere. »


Bibliografia

1.Jeffrey Meyers, “Joseph Conrad: A Biograph, Cooper Square Press, 2001

2. Joseph Conrad,The Shadow Line” (La Linea d’Ombra), Einaudi, serie bilingue: Torino, 1993

3. John G. Peters, “The Cambridge Introduction to Joseph Conrad”, Cambridge University Press, Cambridge, 2006

4. Leonard Orr, “A Joseph Conrad Companion”, Greenwood Press, 1999

5. F. R. Leavis, “The Great Tradition: George Eliot, Henry James, Joseph Conrad”, Penguin Books, London, 1972

6. Ugo Mursia, “Scritti conradiani”, Milano, 1983

7. Zdzisław Najder, “Joseph Conrad: A Chronicle”, Cambridge University Press, Cambridge 1983

8. J. Baines, “Joseph ConradA Critical Biography”, Penguin Books, London, 1971

9. G. Jean-Aubry, «Lettres françaises», Gallimard, Paris, 1930, p. 47

10. Conrad a Gide, novembre 1919, “Further Corrispondence between Joseph Conrad and André Gide”, in “Studia Romanica et Anglica Zagrabiensa”, 29, 1970, p.527

11. Jean-Aubry a Gide, ottobre1924, “Further correspondence between Joseph Conrad and André Gide”, p. 532


Ivano E. Pollini

Ivano Pollini lavora presso l’Università degli Studi di Milano. Laurea in Fisica, Fisica della Materia, Professore di Fisica dal 1966 – 2012. Ha pubblicato circa 100 Articoli di Fisica su Riviste internazionali con Referee; 2 articoli su Scacchi nei siti di SoloScacchi e Accademia Scacchi Milano.

3 Comments

  1. Giangiuseppe Pili Giangiuseppe Pili 21 Settembre, 2013

    Ringraziamo il gentilissimo prof. Pollini per questa lunga analisi del grande genio di Conrad che, come sanno gli affezionati lettori di Scuola Filosofica, ha una parte rilevante nelle nostre pagine e nei nostri cuori.
    Per quanto riguarda le analisi del prof. Pollini, esse aiutano non soltanto a farsi un quadro completo di ciò che fu l’opera conradiana (basti pensare alle vibranti osservazioni su La linea d’ombra e Heart of darkness, capolavori indimenticati). Ma la preziosità dell’articolo consiste in una grande capacità di presentazione dei dati salienti e oggettivi, pur senza perdere la giusta dose di originalità dovuta ad un’intelligenza che propone comunque un punto di vista. Speriamo, dunque, che i nostri affezionati lettori possano apprezzare questo duplice sforzo, di cui ringraziamo ancora il prof. Pollini.

  2. Ivano E. Pollini Ivano E. Pollini 21 Settembre, 2013

    Ringrazio Giangiuseppe Pili per le sue osservazioni critiche, sia nel presente sito che nel sito di SoloScacchi. Non avendo letto tutti i “novels” di Conrad come meriterebbero, cioè sia in italiano che in inglese, mi dedicherò prossimamente a questa piacevole attività. E’ quanto ricavo da questa risposta al mio articolo.
    Ancora grazie,
    IEP

  3. F. Anerio F. Anerio 24 Agosto, 2014

    A most enjoyable piece about one of the greatest of writers.

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