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Conclusa la pace, venne il tempo dei bilanci, che erano avvilenti: c’era la mancanza di uomini, bestiame, case e cibo. Vaste zone erano spopolate, macerie e cenere dovunque. Per la gente dell’epoca il 1648 segnò una cesura profonda, che avrebbe fatto sentire a lungo i suoi effetti. Anche se i racconti coevi sulle atrocità inimmaginabili, sulle sofferenze della popolazione, su orrore, povertà e miseria estrema tendono spesso a esagerare, rimane comunque l’impressione di un terrore individuale e diffuso. Per il popolo tedesco la guerra dei Trent’anni è un trauma dei cui effetti si risente fino al Novecento.
Georg Schmidt
Il libro La guerra dei trent’anni è un’introduzione alla storia di uno dei più grandi scontri europei. Il lavoro è suddiviso in cinque capitoli. Il primo, La Germania nell’età confessionale, tratta delle cause che hanno portato alla guerra, in particolare quelle immediatamente vicine allo svolgersi dei fatti della rivolta boema: i problemi dell’elezione dell’Imperatore, le condizioni economiche e geopolitiche generali e il generale quadro di assestamento delle fedi religiose, rivolgimento dovuto alla riforma protestante avviata da Martin Lutero il secolo precedente e non sufficientemente risolta. Nel secondo capitolo, Dal conflitto dei ceti in Boemia allo sgomento in tutta la Germania (1618-1629), si tratta della prima fase della guerra, scatenata dalla rivolta in Boemia, nel celebre evento della defenestrazione di Praga: le tensioni istituzionali, economiche e religiose avevano creato le condizioni sufficienti per passare da un malcontento generale ad uno scontro armato che vedeva opposti i protestanti e l’imperatore. Nel capitolo terzo, Asburgo, Svezia e Francia (1630-1643), si considerano gli eventi della seconda e terza fase della guerra, cioè la fase “svedese” e la fase “francese”, così chiamate per l’entrata in guerra della Svezia e della Francia. A differenza della prima fase della guerra dei trent’anni, in cui la guerra è, di fatto, un conflitto armato all’interno di un impero a più strati ma che tenta di mettere ordine in sé stesso, sia la seconda che la terza fase vede impegnate delle potenze esterne alla Germania. La Svezia, in particolare, si schierò dalla parte dei protestanti più per ragioni di giustificazione politica che per reale motivazione: Gustavo Adolfo irruppe con le sue forze dal nord e discese la Germania. Alle forze, apparentemente inarrestabili di Gustavo Adolfo, venne contrapposto l’esercito organizzato e gestito da uno dei più grandi uomini del tempo: il Wallenstein. Wallenstein riportò importanti vittorie contro Gustavo Adolfo. Nella battaglia di Lützen Gustavo Adolfo trovò la morte sul campo. A questa serie di vittorie del Wallenstein non seguì la sua glorificazione, ma il suo progressivo allontanamento, che comportò prima la rimozione dell’incarico di generalissimo e la morte dopo. Le condizioni di incertezza permanente e l’assenza di un accordo sulle fondamentali questioni religione e politiche determinarono uno stato di incertezza che favoriva l’ingresso delle nazioni esterne, giacché nel periodo era convinzione comune che per incrementare la propria potenza era necessario farlo alle spese delle nazioni avversarie, giustificazione che si basava sulla convinzione che la ricchezza non poteva essere creata o aumentata se non attraverso l’annessione forzata di materiali dagli altri. Questa visione, già implicita nel seicento, diventerà il paradigma dominante del XVIII, nell’espressione compiuta del mercantilismo. Per questa ragione la guerra dei trent’anni vide coinvolte tutte le potenze d’Europa, con l’eccezione dell’Inghilterra, che si limitava ad interventi sporadici nel continente, prassi che verrà interrotta solo durante le guerre napoleoniche e nel XX secolo. Nel quarto capitolo, Dalla guerra verso la pace (1643-1648) si tratta del periodo più confuso della guerra, durante la quale la condizione di incertezza militare aveva una precisa corrispondenza a livello politico, laddove lo stato di guerra perdurava per l’incapacità di trovare accordo tra le varie potenze, che per tenere sottopressione gli eserciti avversari continuavano a condurre una costante attività bellica, seppur di piccole dimensioni. Con la pace di Vestfalia, nel 1648, termina ufficialmente il conflitto, ma in realtà lo stato di smobilitazione degli eserciti condusse a diverse difficoltà, proprio per ragioni economiche ancora non soddisfacenti: gli eserciti non venivano pagati e la loro smobilitazione implicava il reperimento di fondi. Per queste ragioni lo stato di degrado della Germania durante e dopo la pace di Vestfalia era particolarmente alto in certe regioni e le stime dei danni umani e morali era consistente. Di fatto, la Germania si riprenderà dalla guerra dei trent’anni solamente due secoli dopo, e la coscienza della guerra dei trent’anni verrà custodita negli anni a venire con sgomento. Nel quinto capitolo, Dopo la guerra, si tratta del difficile periodo postbellico e si traggono importanti considerazioni in merito alla globalità dell’evento, fatto rimarchevole per comprendere la dimensione del fenomeno in tutta la sua portata e nelle sue connessioni con il suo immediato futuro. Nell’ultimo capitolo, Conclusioni¸ si considerano i risultati politici della guerra rispetto all’assetto imperiale.
Il libro La guerra dei trent’anni è senza dubbio un buon libro introduttivo, capace di enucleare i fatti e le relazioni causali che determinarono la guerra. La descrizione dei fatti della guerra segue un grado di dettaglio piuttosto uniforme e ben calibrato rispetto allo scopo, ma certamente non si tratta di un lavoro particolarmente analitico. Non si parla della natura e composizione degli eserciti, non si scende troppo nei particolari delle istituzioni né dell’organizzazione delle forze sociali, tutti fatti importanti ma trascurabili parzialmente in un’opera che intende ricostruire solo a grandi linee l’evento bellico nel suo complesso. Un buon libro introduttivo, ma non molto di più.
GEORG SCHMIDT
LA GUERRA DEI TRENT’ANNI
IL MULINO
PAG.: 129.
EURO: 11,50
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