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Consigliamo – Di Francesco Margoni I veda – Capitolo 1
Esauriremo in una sola pubblicazione il tema degli elementi costituenti il cosmo secondo il pensiero dei Veda. È fondamentale dire qualcosa su questo tema poiché comprendere la concezione vedica degli elementi è comprendere, almeno in parte, la concezione del mondo naturale, e questa è necessaria per chiarire la visione dell’uomo e del dio, essendo la comprensione del mondo di per sé comprensione dell’orizzonte all’interno del quale gli uomini e i loro pensieri necessariamente si muovono.
Vi sono diversi modi di presentare la relazione (probabilmente poiché vi sono molte e diverse relazioni) tra i diversi elementi, cinque in tutto, quelli classici (acqua, terra, vento, etere, fuoco). L’argomento è molto complesso nonché vasto, ma può essere schematizzato (usando solo una delle schematizzazioni possibili) organizzando una selezione di tre elementi secondo la logica temporale, funzionale al percorso seguito dalle nostre pubblicazioni: acqua, passato antecedente la creazione; terra, creazione; vento, movimento del divenire che segue la creazione. Seguiremo questo schema temporale e concettuale. Concentreremo dunque l’attenzione per lo più su tre elementi, incominciando dall’acqua, l’elemento primigenio. Grazie a questa logica sarà inoltre agevolata e completata la descrizione, che ci stiamo proponendo di fare, del passaggio della creazione dal non essere all’essere del Cosmo.
Passi presi dal Satapatha-brahmana, dal Taittiriya-samhita (I,2,1-2) e dal Rg-veda (VII,49; X,9), suggeriscono una precisa concezione dell’elemento acqua. Distinguiamo le caratteristiche dell’acqua come elemento agente sul mondo fisico in generale dalle caratteristiche dell’acqua in funzione della sfera di vita umana. Innanzitutto pare che l’acqua sia, da una parte, il principio da cui è prodotto l’universo intero e, dall’altra, il primo prodotto della sua stessa produzione. L’acqua è principio produttivo in generale, per questo viene indicata anche come ciò che dona essenza o vita alle cose. L’acqua è principio produttivo e, così, principio di vita. Non a caso Agni, il fuoco, si dice che dimori nelle acque. Il principio trasformatore del fuoco è paradossalmente nel seno dell’elemento acqua, e nutrendosi a quel seno Egli può emergere come potenza agente sulle cose del mondo. L’acqua è inoltre il fondamento dell’universo, intendendo con “fondamento” il principio che sta alla base come sostegno e permette nondimeno il movimento dell’universo.
Se l’acqua è tutto questo, ben si adatta ad essa il ruolo di purificatrice. L’uomo vedico si rivolge ad essa come ad una potenza in grado di purificarlo. L’uomo la prega di purificare il corpo e la mente, nonché di “animare”, ovvero di guidare il comportamento. L’acqua, non quella che esce addomesticata dai nostri rubinetti, ma quella imponente e instancabile dei fiumi, o quella misteriosa della pioggia, o ancora quella calma e profonda dei laghi e dei mari, dev’essere sembrata veramente divina e in grado di interagire con le manifestazioni mentali e comportamentali dell’uomo. Essa scorre incessantemente sulla Terra in direzione di sterminati bacini d’acqua (oceani), e proviene persino dal misterioso cielo, chissà attraverso quali mezzi e passando per quali realtà. Essa appare certamente divina. Grazie ad essa l’uomo si disseta, grazie ad essa l’uomo vive, senza di essa tutto si ferma e muore. L’universo vivente intero dipende strettamente da essa. Non desta meraviglia dunque se l’uomo vedico oltre che chiedere all’acqua la purificazione dai peccati, le chiede anche il vigore, la continuità e longevità della vita, la cura e il soccorso, in una parola, la salute.
Passiamo ora all’esposizione della caratterizzazione vedica dell’elemento terra. Nell’unico inno rivolto alla terra presente nel Rg-veda (V,84), essa (considerata nell’inno più come pianeta che elemento, ma le due cose tendono a sovrapporsi) è caratterizzata essenzialmente da due proprietà: l’essere sostegno e fondamento alle cose del mondo (nella sua parte terrena come nella sua parte celeste); l’essere fonte di vita e di energia naturale. Le due connotazioni, come vedremo, sono invero legate tra loro a livello concettuale, e destano precisi rivolgimenti psicologici nel soggetto che si ponga in dialogo con la Terra sì caratterizzata. Terra è l’elemento che funge da sostegno alle pesanti montagne, alle foreste scosse dalle tempeste, mosse a loro volta per grazia del potere vivificatore dell’elemento; la terra è nondimeno fonte del processo di nascita e crescita dei semi. Terra, nell’inno, viene detta, non a caso, “la luminosa”.
Un secondo lungo inno presente nell’Atharva-veda (XII,1), secondo alcuni commentatori, uno dei più belli dei Veda, ci fornisce diverse informazioni utili a capire meglio la concezione vedica dell’elemento terra (sempre nell’ambiguità tra terra elemento e Terra pianeta). La Terra (che, per inciso, viene detta provenire dall’acqua: colei che un tempo fu Acqua negli oceani [o, ancora, colei che] il Creatore del mondo cercò con oblazioni quando era celata nelle profondità dell’oceano) è percepita da una parte come qualcosa di indipendente dall’uomo e, dall’altra, come il sostegno del mondo e di tutto ciò che in esso è contenuto, dalle montagne agli esseri viventi, nonché come la potenza vivificatrice dell’essere. La terra è la forza che sostiene l’essere ed è fonte primaria di ricchezze e fortune. Essa tuttavia si esplica secondo una logica che non dipende dal desiderio umano. In questo senso la terra è una forza estranea all’uomo, da cui pure l’uomo dipende fondamentalmente, che l’uomo si sforza e deve sforzarsi d’avvicinare. La terra regge tutto ed è fonte di doni, è forza donante vita e crescita – così essa è forza purificatrice. L’uomo chiede alla terra, da cui in definitiva dipende la sua sorte, protezione, purificazione e ricchezze. Chiedere protezione è chiedere il permesso di essere ospitati con favore, sicché alla Terra il piccolo e limitato uomo chiede di farsi sicura casa. La terra è fonte di ricchezza, ma questa non è percepita dall’uomo vedico come dovuta. Ricordiamo che la terra è una forza indipendente, a cui le cose e le azione favorevoli vanno chieste. L’esercizio del dominio da parte dell’uomo sulla Terra è qualcosa che va chiesto con parole gentili alla Terra stessa, esso non va acquistato solamente con la forza. L’uomo vedico trema di fronte all’idea di espandere il proprio dominio, di saccheggiare la natura senza essere legittimato a farlo. La forza bruta non costituisce di per sé una legittimazione. C’è nella psicologia dell’uomo vedico la presenza dell’emozione della paura nei confronti del presunto danno arrecato alla Terra per mezzo della propria azione, seppur volta alla conservazione della propria vita. La paura non è solamente dovuta al sentimento di non essere legittimati nella propria azione di sottrazione di materiale alla terra ma anche all’idea che si possa essere danneggiati o puniti dalla terra stessa per averle fatto torto. Quello che si chiede alla terra è un rapporto di amicizia, è l’uscire dalla dimensione di estraneità. L’uomo chiede alla terra il permesso di agire su di essa, soprattutto se l’azione le nuoce:
possa la Terra […] concedermi mille rivoli di tesori, / come una placida vacca che non oppone mai resistenza alla mano.
E ancora:
Serena e fragrante, gentile al tatto, / possa la Terra, gonfia di latte, con il seno traboccante, / concedermi la sua benedizione insieme al suo latte.
Il rapporto che si dà tra uomo e terra o natura è lo stesso che si dà tra figlio (bambino) e madre (infatti: la terra è madre; io sono figlio della terra). L’uomo chiede alla Terra non solo il latte (ricchezze, protezione, vittoria sui nemici, vecchiaia sicura, serenità, sanità, cibo etc.) ma anche il correlato psicologico di sentirsi nel giusto a possedere quello che si è ricevuto, o almeno, la credenza di non aver arrecato un danno irreversibile al proprio donatore:
Qualunque cosa io scavi fuori da te, o Terra, / possa tu venir subito rifornita. / O purificatrice, possano i miei colpi non raggiungere mai / i tuoi punti vitali, il tuo cuore.
È giunto il momento di affrontare, brevemente, la caratterizzazione del terzo elemento, il vento (vata o vayu). Per farlo ci appoggiamo a due passi del Rg-veda (X,168 e 186). Se l’acqua, nel nostro schema, rappresenta il passato antecedente la creazione, l’elemento primigenio da cui tutto emerge, la terra, la creazione e il principio, la forza e il fondamento che permette la sussistenza delle cose e degli esseri, il vento, l’elemento più misterioso e inafferrabile, rappresenta la forza che muove il divenire delle cose nel mondo.
Il vento è una forza in costante movimento nel senso che è la forza che regge il movimento e il divenire stesso, la forza che, dunque, permette il permanere attraverso il tempo della vita: il Vento passa, recita una sintetica espressione vedica. Il Vento non riposa e non dorme mai, è in costante movimento, ma non è affatto chiaro da dove venne e dove va. D’altra parte, di esso, non è percepibile che la voce, la sua forma o figura non è data alla percezione. Il Vento è una forza libera e senz’altro indipendente dal volere umano, per questo anch’esso, come la Terra, è oggetto di preghiere, lodi e richieste da parte dell’uomo. I passi vedici parlano, a questo proposito, in modo piuttosto chiaro:
Possa il Vento soffiare salubre su di noi, / prolungare la durata della nostra vita, / e riempire i nostri cuori di conforto. [… Vento] donaci vita, così che possiamo vivere.
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