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Consigliamo Storia della Geografia Antica e Friederich Ratzel
Come abbiamo avuto modo di leggere nell’articolo sulla geografia antica, le numerose conoscenze apprese nell’epoca di maggiore fioritura dell’ellenismo, nei floridi circoli alessandrini, andarono perse con l’inizio dell’epoca altomedievale: cosa succedette di preciso?
Con la fine dell’impero romano, nel 476 d.C., tutte le grandi opere che erano state partorite dal genio di scienziati e stimati pensatori, andarono in gran parte perdute per via del fatto che all’epoca non era ancora stata istituita la figura importante dell’amanuense che, infatti, comparirà proprio in epoca medievale per sanare quella lacuna che era stata propria dei secoli precedenti. Un esempio per tutti: nelle conoscenze geografiche e negli scritti di Tolomeo veniva riscontrata la conoscenza dell’arcipelago delle Canarie che verrà del tutto persa fino al 1336 quando Nicoloso da Recco e Lancelotto Malocello, i due scopritori “ufficiali” dell’arcipelago, non avranno modo di comunicare al mondo la loro esistenza. Ancora più emblematico è il caso di Costantino di Antiochia: egli era un mercante bizantino, noto con il nome di Cosma Indicopleuste, “navigatore indiano”, aveva effettuato un lungo viaggio che lo portò a scoprire l’India nel 520 d.C.; egli rifiutava apertamente le idee tolomaiche e andava predicando il fatto che la terra fosse una enorme isola piana rettangolare. Decisamente un passo indietro rispetto alle prestigiose scoperte dell’epoca ellenistica di Tolomeo e prima ancora del centro di studio dei pitagorici. Ma si possono fare anche tanti altri di questi simili esempi.
A partire da metà del primo millennio fino al XIII secolo, non verrà scritto nessun tipo di trattato e saggio a tema geografico. A partire dal 1200 circa compariranno le prime carte nautiche, sì sporadiche, ma che aiutavano i mercanti ad orientarsi meglio nei pelaghi e diventeranno fondamentali fino all’avvento dei moderni sonar e rilevatori di profondità, sistemi informatici a cui solo da un secolo l’uomo può chiedere supporto. Le prime cartine si basavano sulla distanza e sulla direzione da prendere da porto a porto: ad esempio se da Marsiglia a Torres, un mercante con la sua feluca impiegava tre giorni ad arrivare, calcolando velocità, vento e le varie variabili, stabiliva quanto fosse la distanza e quali fossero le migliori condizioni di navigazioni, segnalando secche e scogli: questo porterà ad avere nei successivi secoli cartine geografiche sempre più aggiornate e sempre più arricchite da preziose informazioni e disegni, fino ad arrivare alla stesura di enormi planisferi dettagliati, fondamentali per la conoscenza geografica di ogni uomo sulla terra. La prima cartina geografica era detta Carta pisana, accompagnata dal portolano, un vademecum per i navigatori dove erano scritte tutte le informazioni preziosi alla navigazione vicino alle coste.
In questi secoli assistiamo a numerosi viaggi verso l’Oriente di missionari, mercanti e carovanieri: fra questi è doveroso ricordare Giovanni da Pian del Carpine e Guglielmo di Rubruk che esplorarono la Mongolia; Giovanni da Montecorvino che esplorò i litorali cinesi, ancora esplorati dai fratelli Polo, Matteo e Marco, che scoprirono anche la Malacca e l’isola di Ceylon. Tutte queste esplorazioni portarono all’ampliamento delle conoscenze geografiche medievali, anche grazie alla fiorente nascita di compagnie carovaniere che giravano per l’Oriente stringendo rapporti commerciali e alleanze cittadine. Se il 1300 e il 1400 erano stati caratterizzati dalle scoperte dei navigatori e carovanieri italiani, ultima di queste la scoperta dell’America settentrionale e delle Antille, nel 1500 i naviganti portoghesi e in seguito anche francesi, scoprirono nuove frontiere mondiali: Bartholomeu Dias doppiò per la prima volta il capo di Buona Speranza chiamato all’epoca Capo Tormentoso, Fernão de Magalhães, noto come Magellano, portò a termine nel 1522 la prima circumnavigazione del globo terrestre.
Importantissima fu l’istituzione nel 1415 da parte del principe portoghese Enrico il Navigatore di un osservatorio e un centro di studi nautici e cartografici a Sagres, nella regione dell’Algarve, che fu la culla di tutti i successivi viaggi di scoperta portoghese.
È degna di menzione l’opera del cardinale Pierre d’Ailly (1410) intitolata Imago mundi, che risultò essere l’opera più letta e sfruttata da Cristoforo Colombo: era un libro in cui veniva descritto in modo abbastanza completo il mondo abitato. Le fonti principali del cardinale arrivavano da notizie di Orosio, Isidoro di Siviglia, Giovanni di Sacrobosco (John Holywood) e dalle notizie dei dotti studiosi arabi come Thabit ibn Qurra e Alfragano.
Dello stesso secolo si ricordano il Mappamondo (1450) dipinto da un certo Fra Mauro, con il sud in alto, che ignorava totalmente i paralleli e i meridiani, presentandosi al pubblico come grossolano e inadatto a una conoscenza geografica specifica. Doveroso menzionare fra i mappamondi antichi l’Erdapfel di Martin Behaim, letteralmente da tradurre in “patate”, ma più corretto chiamare Globo ligneo o ancora la mela terrestre, conservato al museo nazionale della città tedesca di Norimberga, presso il Germanisches Nationalmuseum. Questo era un mappamondo ricco di disegni fantastici e leggende che sintetizza perfettamente le approssimative cognizioni geografiche dell’epoca. Nel Globo di Behaim appare, tra l’altro, l’isola immaginaria di san Brendano, identificata dall’iscrizione “Jnfula de fant brandon”, ove, secondo una leggenda, sarebbe sbarcato il monaco irlandese del VI secolo Brendano di Clonfert, mentre navigava lungo le coste europee. Di quest’ultima opera alto medievale consiglio vivamente la lettura; malgrado l’opera sia di difficile reperibilità, nelle biblioteche universitarie ben fornite è generalmente rintracciabile e nel net nella versione ebook.
Il 1500 è caratterizzato da una nuova grande opera geografia, vale a dire la Cosmographia di Sebastian Münster (1489-1552), pubblicata nel 1544 a Basilea e riprodotta in stampa in 44 edizioni fino al 1650. L’opera era suddivisa in sei libri. Il Münster tentò di esporre le grandi conoscenze geografiche a un pubblico vasto: infatti, l’opera non era stata scritta in latino bensì in tedesco. Egli descriveva minuziosamente tutte le terre conosciute, ovviamente accennando brevemente alle ultimissime terre scoperte del nuovo mondo e nella stesura della sua opera si fece più volte aiutare da rinomati colleghi; fra questi ricordiamo il sardo Sigismondo Arquer (1523-1571) che laureatosi in diritto civile e canonico, si dottorò poi a Siena in teologia il 21 maggio 1547. Nel frattempo aveva avuto occasione di conoscere studiosi oltramontani che frequentavano le università toscane e si era fatto stimare per la seria cultura e per il forte carattere; non sorprende quindi Sebastian Münster gli abbia chiesto di collaborare alla nuova edizione della sua Cosmographia, forse per suggerimento del senese Lelio Sozzini che nel 1547 fu ospite del Münster a Basilea.
Arquer scrisse una breve monografia sulla Sardegna, intitolata Sardiniae brevis historia et descriptio, che gli procurò fama e insieme sventura, considerata la celebre fine che fece al rogo il dotto sardo. Certo è da considerarsi il primo lavoro scientifico sulle caratteristiche antropogeografiche dell’isola e, se tragiche vicende non glielo avessero impedito, Sigismondo Arquer non avrebbe mancato di scrivere un’opera di grande respiro e di fama internazionale.
Nel 1543 il polacco Mikolaj Kopernik, Copernico, affermò per la prima volta che la Terra era animata da un moto diurno di rotazione da ovest verso est intorno a un asse e che girando attorno al sole forma un lasso di tempo chiamato anno: su questa nozioni fondamentale nasceranno le basi sullo studio della climatologia.
Ancora sul piano cartografico nel ‘500 vennero apportate numerose innovazioni: nel 1538 Gerhard Kremere, noto come Mercatore, fu autore di un planisfero e nel 1569 di un grande mappamondo composto da diciotto fogli caratterizzato dalle “latitudini crescenti” che si allontanavano progressivamente man mano che raggiungevano i poli, non potendo rappresentare questi ultimi. La carta aveva il vantaggio di essere isogona[1] e quindi idonea all’individuazione delle rotte più brevi per la navigazione. Mercatore scrisse inoltre l’Atlas, un atlante la cui edizione prima è postuma ed era del 1595: qui il planisfero aveva una proiezione stereografica in due emisferi. L’Atlas era una monumentale opera geografica per l’epoca e da cui deriva l’etimo della parola “atlante”, per indicare una raccolta sistematica di carte geografiche. Precedentemente un atlante minore era stato pubblicato da Abraham Oertel di Anversa (1527-1598) col titolo di Theatrum orbis terrarum. Il massimo cartografo italiano di quel secolo fu Giacomo Castaldi.
Un ruolo importante tra i fondatori della geografia moderna ebbe il tedesco Bernhard Varen. Nato nel 1622 a Hitzacker, effettuò i suoi studi presso Amburgo, Leida e Königsberg. Si dedicò anche a studi di fisica e di matematica: sua è l’importante invenzione, grazie alle lezioni di Willerbrordus Snellius (Leida 1580 o 1591 – ivi 1626), della triangolazione geodetica, ovvero la misurazione degli angoli azimutali per il rilevamento dei punti trigonometrici, calcolo che si affinò nei secoli successivi grazie alla invenzione del cannocchiale astronomico. Nel 1650 pubblicò ad Amsterdam la Geografia Generale il cui titolo completo era Geographia generalis, in qua affectiones generales telluris explicantur: suddiviso in tre libri per un totale di 786 pagine, questo è stato il primo vero e proprio trattato di geografia dell’epoca moderna. Varen descrisse per la prima volta la terra dal punto di vista fisico e si pone delle domande a cui cerca di rispondere basandosi su dati scientifici e fisici, e non basati su favole e leggende. Nonostante l’opera di Varen fu pubblicata nel 1650, solo dopo parecchi anni la morte dell’erudito tedesco proprio nell’anno della pubblicazione, l’opera verrà riadattata e presa di mano da Isaac Newton che ne farà il libro di testo per i suoi studenti a Cambridge (1672). Quest’opera fu in grado di superare per fama molte delle opere scritte successivamente.
Importanti geografi furono Guillaume Delisle (1675-1726), Bourguignon d’Anville (Parigi 1697- 1782), Cesar Francois Cassini (1714-1784) il disegnatore delle prime carte topografiche in scala 1:86.400 dove rappresentò la Francia in 181 fogli. Anton Friederich Büsching (1724-1792) scrisse la Neue Erdbeschreibeibung, un’opera di grande mole divisa in undici libri: una sorta di enciclopedia geografia “treccani” del diciottesimo secolo. Meritano ancora di essere menzionati Philippe Buache, scrittore dell’Essai de gèographie physique (1752), Immanuel Kant che scrisse dal 1755 al 1796 le Vorlesungen über physische Geographie appunti sulle sue lezioni tenute all’università di Königsberg in quel quarantennio, suddivise in due corposi volumi.
Vedremo come l’ottocento porti lo studio geografico verso la modernità e l’evoluzione di varie correnti di pensiero e studio geografico, come l’evoluzionismo darwiniano, anticipato da Jean Baptiste Lamarck; o ancora l’organicismo che si contrapponeva al meccanicismo. Ma di questo parleremo in un altro articolo.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
http://www.scuolafilosofica.com/2282/storia-della-geografia-antica
http://www.treccani.it/enciclopedia/sonar/
http://www.treccani.it/enciclopedia/pierre-d-ailly/
http://www.cuec.eu/index.php/2008/09/sardiniae-brevis-historia-et-descriptio/
http://www.treccani.it/enciclopedia/isogonia/
http://www.treccani.it/enciclopedia/ricerca/triangolazione-geodetica/
[1] La proprietà di quelle rappresentazioni cartografiche della superficie terrestre che conservano inalterati gli angoli formati tra i meridiani e i paralleli.
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