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Non c’è differenza tra organizzare un piccolo o un grande esercito perché si tratta di organizzare e contare. Combattere contro un piccolo o un grande esercito è questione di forma e segni. Per vincere bisogna usare metodi straordinari e ortodossi. Il metodo ortodosso implica seguire regole organizzative strutturali, la pianificazione nella circostanza; il metodo straordinario implica lo sfruttamento della circostanza adeguata, dell’espediente per forzare la situazione: “un’operazione militare ha il sopravvento quando è come una pietra scagliata conto un uovo”. Gli elementi della guerra (il Tao, il generale, i soldati, il cielo e la terra) sono limitati ma le loro combinazioni sono infinite. Lo Shih è la capacità di colpire sul punto di massima debolezza con tutte le forze a disposizione. Così che il colpo virtuoso è il rapporto tra la massa a disposizione per puntare contro la debolezza e l’unità di tempo. La strategia produce organizzazione e caos, forza e debolezza.
Lo Shih può essere descritto come “momento del dispiegamento della forza”. Esso ha a che fare con la forma, in quanto il dispiegamento della forza ha implicato la conoscenza delle proprietà strutturali dell’arte della guerra (capitolo 4). Questo viene ripetuto anche in questo capitolo: “Non c’è differenza tra gestire un grande esercito e gestirne uno piccolo. Si tratta comunque di organizzare e contare”.[1] Quando lo Shih si configura nella sua componente astratta è strategia, ed ha a che fare con la conoscenza delle proprietà formali del conflitto: “Non c’è differenza tra combattere contro un grande esercito e contro uno piccolo. Si tratta comunque di forme e segni. Si possono programmare le tre armate in modo che lo scontro contro ogni nemico non porti sconfitta. Si tratta di metodi straordinari e ortodossi”.[2] I metodi “straordinari e ortodossi” consistono in due differenti approcci, entrambi necessari per battere il nemico. Organizzare le proprie truppe in modo sistematico è l’arte di sfruttare la forma: questo è indipendente dalle condizioni contingenti giacché riguarda l’invariante sostrato del conflitto (la forma, appunto). Viceversa, applicare materialmente la strategia per conseguire nella realtà il massimo vantaggio significa saper “improvvisare”, in modo tale da sfruttare le singole circostanze, di per sé, imprevedibili. Così non si può fare a meno di essere pianificatori (ortodossi) e improvvisatori (straordinari) per saper conseguire il massimo vantaggio, altrimenti si saprebbe vincere senza sapere come vincere!
Se si fosse solo abili organizzatori non si riuscirebbe a trarre il vantaggio del momento contingente, così si sarebbe dei buoni ingegneri della guerra ma non dei generali, come McClellan rispetto a Grant, due importanti generali della guerra civile americana. Se si fosse solo improvvisatori si andrebbe semplicemente all’avventura, rischiando di giungere solo alla vittoria per ragioni fortuite, come accaduto in troppi casi nelle cosi dette “avventure coloniali”. Così, il tutto si può esprimere con le parole ben più incisive di Sun Tzu:
In breve, in battaglia
Usa metodi ortodossi per affrontare il nemico
E metodi straordinari per ottenere la vittoria.
E così, chi è abile nel creare lo straordinario è –
Infinito come il cielo e la terra,
Inesauribile come il Fiume Giallo e l’oceano.
Quando giunge al termine ricomincia daccapo,
Come l’alternarsi del sole e della luna.
Muore e rinasce,
Come le quattro stagioni.[3]
Solo se si è ordinari e straordinari si è “infiniti”, perché inesauribili nel ricombinare le forze presenti nel proprio schieramento e nella situazione contingente in modo sempre efficace perché pienamente in linea con l’esattezza del momento: essere perfettamente in linea con le circostanze per poter trovare l’esatto momento unico in cui rilasciare tutta la propria potenza accumulata, questa l’essenza dello Shih. Si può immaginare la contingenza come una ruota dentata e la nostra forza accumulata come una catena: ad ogni momento, rappresentato dal dente della ruota, costituisce un’unità inscindibile nel quale solo un pezzo della catena può essere bene inserito: “La furia dell’acqua, nel punto in cui trascina e ammassa le pietre: questo è lo shih. Il falco in picchiata in cui ghermisce mortalmente la preda: questo è il nodo del bambù”.[4] Il problema del generale consiste nell’essere sempre capace di far calare con tutta la sua forza la propria potenza contro il punto di minima resistenza nell’esatto momento: “Lo shih è come tendere la balestra al massimo, Il nodo è come lo scatto del grilletto”.[5] Questa capacità è fonte di potenza perpetua:
Le note musicali non sono più di cinque,
Eppure nessuno può dire di aver udito tutte le loro combinazioni.
I colori non sono più di cinque,
Eppure nessuno può dire di aver visto tutte le loro combinazioni.
I gusti non sono più di cinque,
Eppure nessuno può dire di aver assaggiato tutte le loro combinazioni.
Lo shih nella battaglia si limita allo straordinario e all’ortodosso,
Eppure nessuno può dire di aver esaurito tutte le combinazioni.
Lo straordinario e l’ortodosso si rincorrono e l’uno genera l’altro,
Come in un cerchio senza inizio.
Chi può esaurire le possibilità derivanti dalle loro combinazioni?
Quando lo Shih ha a che fare con l’applicazione concreta della strategia si configura come tattica. Nella tattica bisogna considerare l’aspetto psicologico delle proprie truppe, vale a dire il loro morale (coraggio/codardia): “Ordine e caos dipendono dall’organizzazione. Coraggio e codardia dipendono dallo shih. Forza e debolezza dipendono dalla forma”.[6]
La strategia e la tattica sono due livelli distinti dell’arte del conflitto. Quando si analizza la struttura di una guerra, gli elementi in gioco, allora si ha a che fare con l’aspetto formale della guerra ed è la forma a dominare: questa è la strategia. La strategia si configura, così, come pianificazione degli strumenti a nostra disposizione per raggiungere la vittoria. Ma questo non è tutto.
La tattica è l’arte della pratica di guerra nella quale è l’ordine corretto di applicazione delle istruzioni e il morale delle truppe che le eseguono, la componente più importante. Un grande guerriero è utile solo quando rende maggiormente probabile il raggiungimento dello scopo, vale a dire o la vittoria totale o il raggiungimento di un obbiettivo strategico. Il grande generale non è solo dominato dalla ricerca della forma migliore, ma è anche colui che riesce ad usare la tattica nel momento giusto, nel giusto punto e con la giusta intensità: “Così, lo shih dell’abile condottiero, che si appresta a condurre un esercito in battaglia, è paragonabile al far rotolare rocce rotonde da una montagna alta mille jen“.[7]
Si possono trarre moltissimi esempi istruttivi per mostrare nella realtà e nella storia come le condizioni del metodo ortodosso e straordinario si siano dovute rispettare entrambe per riuscire nei propri intenti. Quando ho girato il film Nel cuore di una tenebra immensa ho dovuto scrivere la sceneggiatura, pianificare i giorni di ripresa, studiare a fondo le necessità strumentali ed economiche. Ma ero conscio che tutto questo non sarebbe bastato, sia per le problematiche di una produzione a bassissimo costo (cioè con pochi mezzi e persone specializzate nei compiti) sia perché non tutto si può sapere in anticipo. Così, ogni giorno, ho dovuto adattare la pianificazione alle situazioni contingenti che si erano verificate per riuscire a raggiungere lo scopo prefissato. Se avessi adottato solo un metodo ortodosso, l’intero impianto di lavoro sarebbe semplicemente crollato e io non avrei potuto girare il film. Così, già prima di iniziare a lavorare, avevo mantenuto una certa elasticità mentale, in modo da poter adattare alle esigenze del momento le nostre possibilità. Questo sembrerebbe valere solo per progetti di piccolo taglio economico, ma non è così. Lo stesso Kubrick sottolineò più volte l’impossibilità di ridurre un film al suo puro schema progettuale.
Nella storia, invece, si può constatare facilmente l’importanza della compenetrazione dei due metodi attraverso il caso dell’invasione della Francia da parte della Germania Nazista. Guderian si lanciò sino alla capitale con i suoi carro armati e andò oltre la semplice pianificazione, raggiungendo con la sua rapidità e mobilità la capitale, deponendo il regime di Parigi e costringendo la Francia a capitolare. Rommel, ugualmente, sapeva continuamente fare di necessità virtù, in modo da poter riuscire con un numero esiguo di forze a compiere gesta d’arme straordinarie. Per costringere Rommel all’impotenza, Montgomery non solo necessitò di cospicui aiuti americani, ma pure di un’oculata strategia.
Dal punto di vista individuale c’è molto da apprendere dal concetto stesso dello Shih. Un uomo deve essere pianificatore per avere una visione ad ampio raggio, ma deve anche saper applicare i principi della tattica, così da poter conseguire i vantaggi strategici. Avere una strategia vincente è una condizione necessaria per la vittoria, ma non è una condizione sufficiente. Per vincere bisogna anche apprendere l’arte della tattica. Così, la più grande abilità non è solo quella di saper dove vuoi condurre il nemico (condizione necessaria) ma pure sapercelo portare facendogli credere che era esattamente il punto dove voleva andar lui: “Chi è abile nel manovrare il nemico, lo costringe ad una forma che il nemico dovrà accettare. Lancia l’esca e lo attende in agguato con le sue truppe. (…) Così lo Shih dell’abile condottiero, che si appresta a condurre un esercito in battaglia è paragonabile al far rotolare le rocce da una montagna alta mille Jen“.[8]
[1] Ivi., Cit., p. 19.
[2] Ivi., Cit., p. 19.
[3] Ivi., Cit., p. 20.
[4] Ivi., Cit., pp. 20-21.
[5] Ivi., Cit., p. 21.
[6] Ivi., Cit., p. 21.
[7] Ivi., Cit., p. 22.
[8] Ivi., Cit., p. 21-22.
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