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Origini della letteratura latina: il teatro romano arcaico e la figura di Livio Andronico

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Consigliamo Percorso di letteratura latinaSallustio


Il momento della nascita “ufficiale” della letteratura latina è stato un elemento molto discusso dagli studiosi del campo che però arrivarono a una conclusione: convenzionalmente è stata fissata nelll’anno 240 a.C. quando Livio Andronico mandò in scena una tragedia sua originale. La storia della letteratura latina ha una storia ben diversa da quella greca: i greci giovarono della figura di Omero, precursore e maestro nel medesimo tempo.

Le primissime forme di scrittura, sono precedenti al 240 a.C. e sono rintracciabili negli inviti a bere ritrovate come iscrizioni in olle e tazze di vino, oppure firme di artigiani nei loro manufatti o ancora proibizioni religiose. A partire dalla Roma medio repubblicana il quadro dell’alfabetizzazione si presenta assai ampio e articolato.

Forme comunicative non letterarie, considerabili come momento narrativo preparatorio della letteratura latina, furono:

Leggi e trattatelli, vedi ad esempio le Leggi delle dodici tavole, importantissime all’epoca per la loro innovatività.
Fasti e annales, che possiamo chiamare anacronisticamente “calendari”. Di questi sono giunte a noi parecchie attestazioni e frammenti degli annales maximi. Negli annales venivano riportati i principali fatti dell’anno passato e venivano redatti spesso e volentieri dai sacerdoti.
Sono giunti a noi anche i cosiddetti commentarii delle specie di diari personali.
Infine molto importante e non da sottovalutare, come vedremo, nell’arte oratoria col suo precursore Appio Claudio Cieco. Cieco fu console nel 307 a.C. e nel 296, nonché dittatore. Combattè etruschi e sanniti e proprio di questi ultimi fu il vincitore. A lui si attribuisce, inoltre, l’ingresso ai plebei al senato e anche la costruzione sia del primo acquedotto, sia della via Appia, che collegava Roma con Brindisi. A lui, infine, viene attribuito un discorso pubblico fatto a Roma contro il nemico Pirro.

Fra le forme preletterarie che dobbiamo qui citare ci sono senz’altro i carmina. La parola carmen deriva da cano ovvero cantare/suonare e gli si attribuisce il significato di poesia, anche se Ennio preferirà utilizzare la parola greca poema, visto anche che il termine carmen era spesso generalizzato e abusato dagli arcaici. Per individuare un carmen bisognava infatti dare occhio alla forma. Fra i carmen ricordiamo:

La poesia sacrale: le prime forme di carmina a noi giunte sono appunto di carattere religioso e rituale. I due principali carmina religiosi sono il saliare e l’arvale.
Il carmen saliare, canto del venerando collegio sacerdotale dei Salii, fu istituito per quel che si sa da Numa Pompilio. Erano dodici sacerdoti legati al culto del dio Marte che ogni anno nel mese di marzo andavano in processione coi dodici scudi sacri detti ancilia. Avanzando, i sacerdoti proferivano delle “litanie moderne” scandendole con un balletto rituale, il tripudium, battendo tre volte ritmicamente il piede a terra.
Il carmen arvale, invece, appare ai nostri occhi di lettori moderni meno curioso. Nel mese di maggio i dodici sacerdoti invocavano la benedizione di Marte e dei Lares, i defunti antenati, per la purificazione dei campi. Il carmen iniziava con enos lases iuvate, un latino arcaico, che significava nos, Lares, iuvate, ripetuto per tre volte con il “solito” sistema del tripudium.
La poesia popolare: ai carmina come detto appartenevano anche proverbi, maledizioni, scongiuri, precetti agricoli e formule medicinali. Di tutto questo a noi è giunta solo un’infima parte. Degni di nota sono i fescennis versu, che potrebbero derivare da Fescenna, forse una città dell’Etruria, oppure da fascinum che significa malocchio/membro virile. Questi versi avrebbero dovuto quindi avere una funzione apotropaica nei confronti del malocchio.
I canti eroici: analogalmente con le altre culture mediterranee si può supporre con una certa certezza che anche i romani facessero uso di poesie a funzione celebrativa. Queste forme iniziali di “poesia epica” furono diffuse a partire da Livio Andronico che non solo fu il primo dii cui abbiamo conservata una vasta produzione, ma fu colui che attraverso la sua storia di liberto, porterà a Roma la grande influenza della cultura greca, come vedremo più sotto.

A prescindere dai canti religiosi e dall’attività sacrale, la poesia romana si basava sul verso chiamato saturnio, che si ritiene un tipo di verso d’origine greca e non italica come ci potrebbe trarre in inganno il richiamo all’italico dio Saturno. Esistono tuttavia delle forme metriche come il versus quadratus, un settenario trocaico, il cui uso è attestato in età classica, utilizzato in versi popolari come indovinelli, cantilene infantili e pasquinate del popolo.


TEATRO ROMANO ARCAICO

Questo tipo di comunicazione artistica ebbe una fortissima diffusione a partire dal 240 a.C., grazie alla figura centrale di Livio Andronico, e fu senz’altro di maggiore spessore culturale rispetto all’arte figurativa e all’arte scritta.
Il principale genere teatrale comico era la palliata, così chiamata dal pallio, che era il tipico abbigliamento dei greci. Fra gli autori più importanti della palliata ricordiamo Plauto, Cecilio Stazio e Terenzio.
Il principale genere teatrale tragico era invece la cothurnata, così chiamata dai coturni, i calzari degli attori tragici greci. Come possiamo vedere quindi c’è una forte influenza greca nel teatro romano arcaico. In seguito vedremo una romanizzazione dei contesti teatrali con il cambiamento fondamentalmente dal nome: la palliata si trasformerà in togata (da toga, la veste dei romani) e la cothurnata in praetexta. Si passerà dalla rivisitazione di opere storiche attiche a quelle romane che decantavano la grandezza della fondazione di Roma. La più antica ricorrenza teatrale è legata alla celebrazione dei Ludi Romani da parte di Livio Andronico nel 240 con la rappresentazione di una tragedia di stampo greco.
Quattro erano le ricorrenze annuali che ogni anno i romani celebravano: i Ludi Romani nel mese di settembre; i Ludi Megalenses, dedicati alla Magna Mater nel mese di aprile; i Ludi Apollinares nel mese di luglio e i Ludi plebeii nel mese di novembre dedicati a Giove Ottimo Massimo. I ludi erano organizzati da alte cariche di magistrati come ad esempio gli edili o pretori urbani e spesso erano accompagnati da spettacoli di gladiatori nelle arene.
Un’altra data importante del teatro latino è stata il 207 a.C. quando venne fondato il collegium scriborum histriorumque, una specie di SIAE antelitteram. Questo collegium, o confraternita, permetteva che queste attività teatrali fossero socialmente riconosciute come virtuose; tuttavia si deve osservare come l’uso della parola scriba venga così generalizzata ad “autore di teatro”: più avanti negli anni l’avvento della parole pöeta riuscirà a separare nettamente la poesia pura dal teatro, tutelando gli autori dell’una e dell’altro indipendentemente. Le opere teatrali godevano di finanze ricavate dall’erario dello stato: i magistrati dovevano trattare con gli autori e con il capocomico detto dominus gregis, una sorta di direttore della compagnia teatrale.
Il primo teatro di Roma, venne edificato nel 55 a.C. ed era interamente in pietra anche se tuttavia era probabile che ci fossero dei palchetti in legno sia per la scena che per il pubblico. Proprio come il suo modello antenato, il teatro greco, anche quello latino aveva ambientazione di tipo quotidiano: una scena esterna di fronte a qualche casa e una strada che portava al foro, l’equivalente dell’agorà.
A partire dal II secolo a.C. si sviluppò un aspetto fondamentale del teatro latino: le maschere. Potevano essere fisse per i personaggi presenti in ogni commedia o tragedia, come, per esempio, il vecchio (di solito il padre), il giovane innamorato (il figlio), lo schiavo, il soldato, la servetta, la matrona, ect. Le maschere erano mobili, ampie e davano molto spazio alla zona oculare. La loro funzione era far riconoscere subito allo spettatore, quale fosse il personaggio, rendendo immediatamente intelliggibile il carattere del personaggio e creando aspettative sul suo ruolo nello svolgimento dell’inscenamento teatrale. Se Plauto tendeva a lavorare sugli aspetti prettamente comici dei personaggi, Terenzio si soffermerà maggiormente a lavorare sugli aspetti psicologici.
Meno chiare, in un discorso così generale, sono per noi le cognizioni sulla tragedia romana arcaica. Riferendoci ai frammenti e a quello che era il loro modello attico, è possibile sostenere che nelle tragedie era prevista una parte dialogata alternata ad una parte lirica: fondamentale nel teatro greco è, infatti, la presenza del coro.
I cori prevedevano una fusione fra testo e coreografia e di solito si occupavano del commento cantato dell’azione; tuttavia il coro delle tragedie latine pare che non fosse presente per mancanza di coreografi, esperti scenici e musichi. Per questo sopratutto le tragedie si presentavano “vuote”, come manchevoli di una parte rilevante, come fossero monche. Così non potendo lavorare sulla musica, i tragediografi latini lavorarono sullo stile della lingua cercando di usare elementi tratti dalla lingua colta e sfruttando l’espediente di ricalcare la lingua poetica greca, cercando di elaborare neologismi presi a prestito dall’oratoria politica. Il “vuoto” veniva colmato non solo dai forbiti dialoghi, ma anche da una metrica capace di trascendere la cifra linguistica quotidiana. Come detto il verso comunicativo metrico era il senario.
Un sottogenere teatrale era l’atellana, una specie di “commedia dell’arte”. Era originaria della città campana di Atella ed erano spettacoli che non prevedevano una gran professionalità e si basavano su canovacci rudimentali che comportavano delle maschere fisse e ricorrenti, come ad esempio il Dossenus ovvero il gobbo malizioso e il Bucco il fanfarone.


LIVIO ANDRONICO

FONTI

Quello che noi conosciamo di Livio Andronico è basato sulle informazioni che ci hanno tramandato Cicerone nel Brutus e Tito Livio. La biografia di Livio Andronico rimane comunque oscura per buona parte, oscurità dovuta ala fatto che Accio in disputa con Cicerone, scriveva che Andronico era giunto a Roma nel 209 a.C. e non ben prima come si tramanda in altre fonti. Ciò infatti sposterebbe il culmine dell’attività letteraria di Livio, ma pare strano che potesse essere contemporaneo di Ennio e Plauto: proprio per questo ci affidiamo alle fonti di Cicerone e Tito Livio che paiono più attendibili.

VITA

La data di nascita, così come quella di morte, sono a noi ignote. La storia più accreditata è quella del suo arrivo a Roma da Taranto, al seguito di Livio Salinatore, alla conclusione della guerra di Taranto contro Pirro nel 272 a.C.. Andronico era a tutti gli effetti un nome di origine greca, mentre Livio lo deve al fatto di essere stato libero (prima ancora schiavo) di Livio Salinatore. Sappiamo che fra i due c’era grande intesa. Andronico era molto intelligente nonché colto e divenne presto grammaticus, cioè professore di latino e di greco, la sua prima lingua. Si dedicò alla scrittura di testi scenici e degli stessi inscenamenti teatrali. Nel 240 a.C. (è giusto rimarcare questa data più volte nel percorso) sappiamo che andò in scena la sua prima tragedia mentre nel 207 a.C. compose un partenio in onore di Giunone. Dopo questi successi Livio ricevette grandi onori in tutta Roma e il collegium scribarom histriorumque venne insediato in un edificio pubblico nel tempio di Minerva sull’Avventino.

OPERE

Quello che è arrivato a noi è limitato a una sessantina di frammenti. Titoli veri e propri ce ne rimangono otto: Achilles, Aegistus, Aiax mastigòphotus (Aiace con la frusta), Equos Troianus, Hermiòna, Andromeda, Dànae e il Terèus. È facile vedere come Livio Andronico si ispirò all’epica greca. L’opera per noi più significativa è la versione in saturni dell’Odissea di cui ce ne sono giunti una quarantina di versi, pochi ma importantissimi per capire la diffusione culturale dell’epoca.

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

Ciò che non bisogna dimenticare di Livio Andronico è che esso mantenne insieme finalità letterarie e culturali. Esso rese disponibile ai cittadini romani, la traduzione di un testo fondamentale della cultura greca: l’Odusia ebbe una gran fortuna come testo scolastico fin nei secoli successivi. Questa traduzione ebbe una concezione artistica; Livio costruì un testo che era di pari passi all’originale e i problemi che affrontò durante questo lavoro dovettero essere enormi; per esempio Omero parlava di un eroe che era “pari agli dei”. Questo concetto ai nella mentalità romana era inaccettabile. Livio tradusse quindi “sumus adprimus” ovvero grandissimo e di primo rango. Esso aggiunse molti elementi drammattici nella sua traduzione l’opera di Omero, aumentandone il pathos. Ecco quindi che possiamo immaginarci come le tragedie di Livio avessero dei precisi modelli greci: la ricerca del pathos fu una costante della poetica in quasi tutta la poesia arcaica.


Bibliografia essenziale

Conte G.B., Profilo storico della letteratura latina, Le Monnier università, Firenze, 2004

Pili W., Storia romana parte I, dalla fondazione alle guerre sociali, www.scuolafilosofica.com, 2012


Wolfgang Francesco Pili

Sono nato a Cagliari nell’aprile del 1991. Ho da sempre avuto nelle mie passioni, la vita all'aria aperta, al mare o in montagna. Non disdegno fare bei trekking e belle pagaiate in kayak. Nel 2010 mi diplomo in un liceo classico di Cagliari, per poi laurearmi in Lettere Moderne con indirizzo storico sardo all'Università degli studi di Cagliari con un'avvincente tesi sulle colonie penali in Sardegna. Nel bimestre Ottobre-Dicembre 2014 ho svolto un Master in TourismQuality Management presso la Uninform di Milano, che mi ha aperto le porte del lavoro nel mondo del turismo e dell'accoglienza. Ho lavorato in hotel di città, come Genova e Cagliari, e in villaggi turistici di montagna e di mare. Oggi la mia vita è decisamente cambiata: sono un piccolo imprenditore che cerca di portare lavoro in questo paese. Sono proprietario, fondatore e titolare della pizzeria l'Ancora di Carloforte. Spero di poter sviluppare un brand, con filiali in tutto il mondo, in stile Subway. Sono stato scout, giocatore di rugby, teatrante e sono sopratutto collaboratore e social media manager di questo blog dal 2009... non poca roba! Buona lettura

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