Press "Enter" to skip to content

Oltreuomo – Dopouomo

Il saggio che presento è un abbozzo delle mie idee sull’argomento di quale sarà il gradino evolutivo successivo all’uomo, che spero di sviluppare nel futuro, anche magari grazie ai commenti di casuali lettori – e parlo con Te, nello specifico!

Finalmente abbiamo un’immagine dell’Oltreuomo (o del Dopouomo, come ho deciso di chiamarlo, usando un termine maggiormente neutro, ovvero non indicante per forza di cose un superamento, ma solamente una gerarchia temporale tra l’uomo e quello che verrà appunto ‘dopo’), che non è la narcisistica proiezione dei nostri Difetti in una Bestiaccia Celeste già pronta a cadere ai piedi della nostra meschinità, ma ch’è proprio derivata da una certa analisi (ipotetica) dell’evoluzione della vita, per quanto possibile elaborata a prescindere dal nostro capriccio e dalle nostre preferenze valoriali o poetiche o religiose o, in generale, personali.

Si tratta di comprendere e vedere l’ulteriore evento dell’evoluzione, dopo quello dell’autocoscienza ch’individua invece lo stadio proprio dell’uomo. Il Dopouomo è la cosa che si dà a sé stessa attraverso quattro movimenti. Questo è necessario, se l’uomo è la cosa che si dà a sé stessa attraverso tre movimenti.

Seguo Scheler (La posizione dell’uomo nel cosmo) nell’identificare gli stadi dell’evoluzione della vita, ch’infine portano all’uomo, attraverso i rivolgimenti della cosa su sé stessa.

La vita allo stadio della pianta non è in grado di tornare su sé stessa. Le piante non hanno coscienza, sensazioni o rappresentazioni; esprimono i loro impulsi (Scheler parla di impulsi affettivi) semplicemente verso l’esterno, e mai questi impulsi ritornano all’interno, ovvero non ci sono sensazioni o interiorità cosciente nella vita vegetale. Seppure v’è un organismo, e poniamo pure un centro d’esso, quello non è cosa ch’esperisce, ed il centro non elabora di certo il mondo perché ad esso non ritorna proprio nulla. La pianta è data a sé stessa solo una prima volta, ovvero compie un solo movimento (verso l’esterno); la pianta è data a sé stessa in modo immediato, non deve e non può ritornare a sé stessa.

L’animale è invece cosciente, ma non ancora autocosciente; possiede sensazione e coscienza, ovvero è dato a sé stesso attraverso un secondo movimento. Al centro d’esperienza dell’animale torna il mondo, che da esso viene elaborato. Nell’animale v’è dunque scambio attivo tra individuo e ambiente.

Infine l’uomo, possibilmente dotato di autocoscienza, torna a sé stesso attraverso un terzo movimento. Così facendo trascende l’opposizione stessa tra individuo e ambiente, ed oggettivando le cose è in grado di oggettivare sé stesso, di cogliersi per mezzo dello spirito, che trascende la vita con la sua opposizione tra individuo e ambiente. Grazie all’autocoscienza l’uomo è in potere di decidere su sé stesso, di negare o accettare il mondo, cosa ch’invece è ancora preclusa all’animale. La peculiarità dello stadio evolutivo proprio dell’uomo è dunque quest’ultimo movimento.

Il primo movimento è semplicemente l’esplicitazione nel mondo dei propri impulsi; il secondo è la percezione consapevole della propria attività nel mondo, ovvero la percezione consapevole della risposta ambientale all’organismo che siamo e agli impulsi che da noi muovono in esso; il terzo e ultimo movimento è la percezione consapevole di sé stessi, che però esce dalla dialettica individuo con i suoi impulsi – ambiente. Alcuni parlano di spirito per intendere questa nuova attività percettiva. In sostanza, l’individuo per un verso rientra ancora una volta in sé stesso, per un altro possiede la capacità di proiettarsi come un oggetto senza spirito (dal momento che lo spirito non è oggettivabile) nel mondo sensibile, anch’esso colto come oggetto.

Ora dobbiamo chiederci che forma prenderà il Dopouomo, ovvero che direzione è ragionevole aspettarsi prenderà un ipotetico quarto movimento.

Abbiamo detto che l’uomo si differenzia dall’animale essenzialmente perché può opporre alla realtà un rifiuto, là dove invece l’animale vive completamente immerso nella realtà concreta e non può che rispondere agli stimoli che riceve. Per Scheler, comunque, questa negazione possibile all’uomo non è da intendersi come totale, infatti all’uomo è possibile solo un’opera di sublimazione dell’energia impulsiva. Egli non può sopprimere l’impulso in sé, ma solamente dirigerne l’energia a piacimento verso quella o quell’altra attività.

S’individuano meglio allora due caratteristiche dell’uomo: 1) egli ha la possibilità d’essere un negatore; 2) egli può dirigere volontariamente l’energia dell’impulso. Ora, relativamente a (1) non è chiaro quanto egli possa anche essere un affermatore, e relativamente a (2) notiamo che all’uomo non è concesso inventare o annientare impulsi, ma solo giocare con quelli che la natura gli dà, e che comunque, in un modo o nell’altro, devono trovare espressione.

Già intravediamo la figura del Dopouomo, e già lo intuiamo un Oltreuomo. Ma vediamo se è veramente così, o comunque fino a che punto e in che senso, cercando nondimeno di concedere il meno possibile alla fantasia. Si tratta di individuare con sobrietà d’argomentazione l’ulteriore trascendenza rispetto alla trascendenza che già si dà rispetto all’animale con l’uomo.

Intuiva correttamente Nietzsche nell’accennare alla figura dell’Oltreuomo come un essere finalmente in grado di dire al mondo, come un grande affermatore, lontano dall’uomo (sostanzialmente un piccolo e meschino negatore) come l’uomo lo è dalla scimmia? Senz’altro. E si potrebbe ripetere il discorso del tedesco su quanto pochi siano oggi gli uomini in grado di dire sì alla volontà e alla potenza, e su come sia auspicabile l’avvento d’una creatura che sappia dominare il mondo sapendo certo negare ma soprattutto sapendo affermare, sé stessa e l’intero scorrere del mondo. Ma forse non è né necessario né utile spingersi fino a tanto.

Preciso ch’è evidente che i gradi precedenti dell’evoluzione vengano sì superati col presentarsi dei gradi successivi, ma rimangano nell’organismo proprio del grado successivo. Nell’evoluzione v’è integrazione e non soppressione dei passaggi. Pertanto il Dopouomo sarà un affermatore, e nondimeno avrà la capacità di negare. Proprio la possibilità di negare in lui ancora viva lo rende più grande ai nostri occhi: egli affermerà pur potendo negare. In un certo senso, infatti, anche l’animale afferma, ma non per questo esso guadagna la nostra ammirazione, infatti esso non ha la possibilità di negare, sicché la sua affermazione è debole. L’affermazione del Dopouomo è l’affermazione più forte che possiamo immaginare e il pensiero del suo darsi ci lascia sconvolti come la vista del vivo sublime.

Quest’opera d’affermazione è il ripiegamento dello spirito su sé stesso, o, per meglio dire, lo spirito che combatte sé stesso per arrivare ad affermarsi ed ad affermare le cose. Se prima l’uomo negava il mondo ma non poteva veramente mai negare sé stesso, ora il Dopouomo arrivando a negare anche sé stesso riesce ad affermare Tutto quanto, sé stesso compreso. Questo determina forse un ritorno all’istinto non mediato, all’istinto e alla forza dell’energia che si esprime liberamente, ma questo ritorno è dovuto passare attraverso diversi passaggi ed ha richiesto all’evoluzione molto tempo per darsi; e determina un rapporto finalmente simbiotico con la natura o con l’ambiente, ovvero la fine del rapporto conflittuale tra Spirito e Natura.

Un’altra direzione di sviluppo è quella della nascita d’una nuova potenza. Il Dopouomo sarà in grado non solo di gestire e muovere come vuole l’energia che gli è data, ma sarà anche in grado di creare in sé nuova energia, ovvero di far emergere nuovi impulsi con la loro rispettiva energia. Non è chiaro come questo possa essere effettivamente possibile e quali possano essere le esatte conseguenze di questa emergente, favolosa e immensa potenza, ma ipotizziamo uno sviluppo in questo senso (solo il tempo potrà darci torto o ragione, questo è evidente).

Le spinte dell’azione proprie dell’uomo sono in realtà due, e così non sono presenti già nell’animale. La prima è quella che permette all’uomo d’essere l’essere più aperto ch’abita oggi la Terra. Si tratta del movimento che segue il movimento di risposta dell’ambiente sull’uomo, ovvero del movimento che dall’ambiente vuole dirigersi verso un nuovo e migliore ambiente (tuttavia non sempre e per forza di cose ‘migliore’, proprio perché alle scelte dell’uomo è da ascriversi la proprietà della libertà). Si tratta della grande capacità trasformatrice dell’ambiente propria dell’uomo, che gli deriva in larga parte dalla capacità d’oggettivare le idee delle cose che incontra. Ciò all’animale è precluso, nonostante anch’esso possa modificare l’ambiente per mezzo d’un’intelligenza pratica, ovvero un’intelligenza che permette di rispondere adeguatamente a situazioni nuove, ma pur sempre all’interno della cornice dei propri bisogni e istinti – teniamo sempre presente che l’animale non può essere un negatore.

La seconda spinta o movimento è circolare: parte dall’uomo e arriva all’uomo. È il movimento dell’autocoscienza, da dove si suppone sia nato lo spirito.

Come dobbiamo allora intendere il quarto movimento caratterizzante la figura del Dopouomo? Dobbiamo distinguere due parti del movimento. La prima ha maggiormente a che vedere con l’ambiente, la seconda con lo spirito, e pensiamo che queste due parti, dovendo poi essere parti dell’Uno, debbano poi incontrarsi a formare un unico movimento (il quarto, appunto).

Questa nota ci suggerisce la direzione del nuovo movimento originante la figura del Dopouomo, della quale non dubitiamo ma nondimeno, se m’è ora permesso esprimere un’opinione, non siamo desiderosi o smanianti di vederne la venuta, come i cristiani lo sono rispetto all’oggetto delle loro invocazioni. La nostra opinione è che la venuta del Dopouomo non vada né salutata né aspettata, ma semplicemente constatata. La sua apparizione non è l’apparizione d’un Dio. Sebbene a noi ora appaia molto grande e potente, se possibile infinitamente grande e potente, non è ovviamente da escludere che vi possano essere ulteriori movimenti e rivolgimenti, nuove evoluzioni e figure ancora più celesti o magari più terrene posteriori al Dopouomo. Non sembra comunque sensato abbandonarsi a giudizi su qualcosa che ci trascende in tal misura. Se la scimmia s’abbandonasse a giudizi (di lode) verso l’uomo, non la condanneremmo e la scacceremmo? Con quale diritto, con quale misura e con quale orientamento infatti la scimmia potrebbe giudicare delle cose dell’uomo? Forse l’unica reazione appropriata di fronte alla nostra evoluzione è quella del sentimento estetico.

Dobbiamo però cercare di chiarire il percorso del nuovo movimento e come da e con esso possano nascere le due nuove caratteristiche individuate essere proprie del Dopouomo, ovvero la capacità d’affermare e la capacità di creare nuovi impulsi.

Ma prima una riflessione sul rapporto tra le due nuove potenzialità del Dopouomo. Non è forse vero che la capacità d’affermare è agli occhi dell’uomo tanto Santa e tanto estranea all’attività dello spirito pur essendo forse la forza nel mondo più diffusa (seppure quasi mai accompagnata da un’attività dello spirito) da poter essere vista come una nuova forza, un nuovo impulso, estraneo al mondo se considerata in quanto emergente da un’attività dello spirito? L’esplicitazione del libero arbitrio si configurerebbe nel Dopouomo essenzialmente come l’affermazione di una nuova e grandiosa forza d’affermazione. E chi conosce oggi quest’impulso d’affermazione sorto veramente da un’attività libera dell’organismo? Non è forse vero che tale impulso governa il mondo intero ma solamente attraverso organismi che fanno d’esso un tutt’uno con essi e non sanno veramente, perché non ne hanno affatto coscienza, di essere propagatori d’affermazione? Ebbene, il fatto che il Dopouomo possa, propriamente con l’attività dello spirito, ricongiungersi alla Natura, che possa – in altre parole – coscientemente, volontariamente, liberamente, e potentemente affermare il mondo che lo circonda e affermare fin’anche sé stesso sembra proprio l’esemplificazione perfetta di ciò che intendiamo quando diciamo che il Dopouomo è colui che, a differenza dell’uomo, questo in grado solamente di dirigere l’energia d’impulsi che gli sono dati come dall’esterno, è invece in potere di creare nuovi impulsi. Ammiriamo spaventati la potentissima Creatura.

Avendo chiarito come in realtà le due caratteristiche proprie dell’evoluzione dell’uomo siano profondamente legate, passiamo a chiarire le direzioni del quarto movimento, per cui l’uomo si dà a sé stesso (attraverso quattro movimenti) e si trasfigura nella Bestia del Dopouomo, e come al movimento s’accompagnano le due caratteristiche.

La prima direzione è il superamento dello stato negativo dell’autocoscienza. Il movimento non può che essere uno spezzare la circolarità dell’autocoscienza e un superare la contrapposizione dell’autoreferenzialità dell’uomo all’ambiente esterno, ovvero si configura come il movimento di superamento dell’opposizione tra Spirito e Natura, organismo autocosciente e ambiente. Tale movimento parte dall’uomo e dal circolo della sua autocoscienza che lo penetra continuamente e attraverso movimenti circolari sempre più grandi riesce ad uscire da esso ed a proiettarsi senza contrapposizione nell’ambiente, o, se si vuole, a comprendere in sé l’ambiente stesso. Si tratta dell’autocoscienza dell’uomo espansa a tal punto da comprendere in sé anche l’ambiente. In questo senso e grazie a questo movimento l’uomo diventa l’intero ambiente, sicché possiamo dire che il Dopouomo sarà l’ambiente stesso. Qui risiede il segreto della potenza (affermatrice e creatrice) della Bestia.

Non è comunque pensabile ch’un movimento di questo tipo s’estenda solo spazialmente e non anche temporalmente, essendo lo spazio e il tempo la stessa cosa, ovvero non separabili. Pensiamo che l’attività di sintesi così operata dalla prima direzione del movimento s’estenda anche al passato e così al futuro. Il Dopouomo pertanto non sarà più nel tempo e ad esso estraneo e da esso spaventato, come oggi è l’uomo, ma sarà il Tempo stesso.

La seconda direzione conferma i nostri sospetti a proposito della sintesi nel Dopouomo dell’Uomo con il Tempo. Infatti il movimento caratteristico dell’uomo da un certo ambiente (il vecchio) ad un altro ambiente (il nuovo) non può che svilupparsi in senso inverso, considerando qui più l’evoluzione dell’ambiente che l’evoluzione dell’uomo. Nel Dopouomo però non vi è vera contraddizione tra le due evoluzioni. L’evoluzione dell’ambiente permette il movimento di rivolta del nuovo ambiente verso il vecchio. Si tratta di un movimento di ripiegamento su sé stesso dell’ambiente, perfettamente razionale; l’ambiente retroagisce su sé stesso, e per mezzo di un essere razionale come il Dopouomo. L’ambiente risponde a sé stesso, e probabilmente emerge una coscienza dell’ambiente, anche se non ancora un’autocoscienza. Questo movimento può essere inteso altrimenti come il rivolgimento del futuro sul passato, ovvero l’abbattimento dei confini temporali.

Le due direzioni s’incontrano a formare il quarto movimento. L’uscita dell’uomo da sé stesso verso il ritorno in sé stesso come ambiente e il ritorno dell’ambiente su sé stesso sono la sintesi dell’ambiente e dell’individuo, e la nascita d’un animale cosciente dell’unione avvenuta. Il Dopouomo ha smesso d’opporsi al mondo come faceva l’uomo, al suo spazio e al suo tempo, ed è diventato Uno con esso. Solo una tale unione d’altra parte potrebbe giustificare la grande potenza del Dopouomo: la capacità d’affermare, ch’abbiamo visto essere probabile espressione d’una nuova potenza, ovvero quella di creare nuovi impulsi.

In chiusura, vorrei tentare una descrizione più da vicino della fenomenologia del Dopouomo. Esso sarà più simile ad un infante umano che ad un adulto, per il fatto che esso sarà come l’infante su cui non si è ancora operata la separazione dell’Io dall’insieme (esterno) della realtà. Come l’infante è ancora la madre, e la madre è l’infante senza soluzione di continuità, il Dopouomo è ancora la realtà intera come la realtà intera è il Dopouomo. Esso è, altrimenti detto, simile ad uno psicotico, in quanto regredito ad una forma veramente primaria di sviluppo ontogenetico umano. Relativamente allo psicotico però il Dopouomo presenta un’importante differenza: alla derealizzazione e alla mancata separazione tra Io e non-Io, non si accompagna né torpore mentale né, soprattutto, alcun carico di angoscia e terrore. Il Dopouomo vive una dimensione del tutto estranea a quella dell’uomo e, indicativamente, simile a quella d’uno psicotico felice; esso partecipa essendo ciò a cui partecipa, e partecipa di un’irrealtà felice. Affermare sé stesso lo porterà ad affermare le cose, e il mondo intero sarà affermato dal suo più piccolo gesto. È infine possibile pensare al Dopouomo accada qualcosa di molto simile alla perdita del corpo, perché è soprattutto il corpo che all’uomo permette l’individuazione e la separazione da ciò che non è Io.


Francesco Margoni

Assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Psicologia e Scienze Cognitive dell’Università di Trento. Studia lo sviluppo del ragionamento morale nella prima infanzia e i meccanismi cognitivi che ci permettono di interpretare il complesso mondo sociale nel quale viviamo. Collabora con la rivista di scienze e storia Prometeo e con la testata on-line Brainfactor. Per Scuola Filosofica scrive di scienza e filosofia, e pubblica un lungo commento personale ai testi vedici. E' uno storico collaboratore di Scuola Filosofica.

Be First to Comment

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *