Presentiamo un paradosso emerso dalla posizione di chi sostiene che per dirimere le questioni umane sia sufficiente adottare il codice legale, sia esso civile o penale, prescindendo da un’accurata analisi a livello morale. L’idea è quella che, stando alle controversie sui problemi morali, essi risultano insolubili sul piano della semplice analisi razionale, postulando che tale analisi sia impossibile per via del fatto che non sussiste alcuna ragione morale (sia essa intesa in modo forte, come possibilità di formulare leggi pratiche morali, sia essa intesa in modo meno forte, come possibilità di trovare accordo perché la morale è fondata su basi irrazionali). L’argomento può essere presentato come segue:
Il legalista nudo e puro riconosce la validità della seguente frase (a):
(a) Ogni legge vale solo se è inscritta nel codice legale di uno Stato.
(b) Se (a) è vera, allora (a) non è inscritta nel codice legale di uno Stato e, per tanto, non è una legge del codice legale e, conseguentemente, non vale (perché vale ogni legge iscritta nel codice legale).
(c) Se (b) è vera, allora (a) non è una legge ai termini legali ma lo è in termini morali. Dunque, (a) è una legge morale.
(d) Se (a) è una legge morale, allora o vale oppure non vale. Se (a) dice il vero allora la legge (a) non vale perché non è parte del codice legale (la stessa formulazione di (a) esclude la sua stessa validità in termini di legge); se (a) è falsa, allora esiste almeno una legge che vale pur non essendo iscritta nel codice legale e potrebbe essere la legge (a) stessa. Ma se è vero che (a) è falsa, allora, per la legge logica adottata nei sistemi di logica classica e prevalenti, da essa segue qualunque legge (perché dal falso si può dedurre qualunque proposizione – in questo caso, qualunque legge -). Per tanto ci sono due sole alternative: se (a) è vera allora non vale; se (a) è falsa allora implica qualunque legge, il che conduce ad avere un codice legale fondato su una contraddizione logica, il che è, ovviamente, inaccettabile.
Se ne conclude che la formulazione legalista radicale conduce irrimediabilmente a due alternative entrambe inaccettabili perché in un caso la stessa legge si squalifica rendendosi nulla, in un altro caso assume una contraddizione come base del sistema legale il che, naturalmente, non è corretto, perché si potrebbe normare sia la schiavitù che l’assenza di schiavitù perché un sistema logico incoerente incorre nel problema di dimostra x e non x!
Si può ricorrere ad una logica a tre valori per giustificare l’affermazione di (a): logica che assume i tre valori di verità, vero, falso e né vero né falso. Se (a) non è né vera né falsa non può essere adottata per dimostrare alcuna affermazione, giacché la dimostrazione attiene a ciò che può essere formulato a partire da premesse vere (dunque, non né vere né false) per finire a conclusioni vere (dunque, non né vere né false), per tanto, anche in una logica a tre valori, la (a) risulta egualmente inaccettabile… in tutti i mondi possibili! Se ne conclude che la posizione del legalista radicale è assurda.
In fine, se (a) facesse parte di un codice legale, allora essa stessa sarebbe una legge del codice legale. Ma allora la sua formulazione sarebbe vuota! Perché sarebbe riscrivibile in questi termini:
(a*) Ogni legge legale vale solo se è iscritta in un codice legale.
La formulazione di (a*) implica la sua stessa validità ma, essendo una tautologia, risulta vuota da un punto di vista semantico.
Così, ogni formulazione del legalismo radicale risulta inaccettabile. C.V.D.
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