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La trasparenza della plastica che sublima la “macchia d’olio” sul potere

A Roma, presso l’Associazione Operatori Culturali “Flaminia 58”, dal 2 al 20 Dicembre era stata allestita la mostra Pretty power, con le opere dell’artista Ron Laboray. Esteticamente, a lui interessa che la trasparenza della plastica sublimi la “macchia d’olio” sul potere. A parità di serialità, la praticità del pop al materialismo avrebbe il contraltare all’influenza d’una costellazione, astrattamente. Christo alla land art soleva impacchettare gli edifici, affinché noi evitassimo di dare per scontato il nostro sguardo. Il potere metaforicamente si spiega attraverso la ciliegia, se una tira l’altra. Ron Laboray esporrebbe la figura della pietra preziosa. La plastica (derivata dagli idrocarburi) ci permette di confezionare un funzionamento di sistema, per un oggetto artificiale che eluda i limiti della Natura. Ron Laboray tamponerebbe l’istinto al potere (che è molto radicato nella storia umana). Quasi alla specularità installativa con Christo, si tratta di svelare per dilatare. Questo può accadere nella classica teca. Alla teoria, un confezionamento aumenta il suo potere mediante la celebrazione. Alla prassi, si rispetterà un paradigma (che la plastica sa emblematizzare). La stella si percepisce come un tampone per la luce, che scoppia blandamente (al paradosso) come una sorgente d’influenza. Le figure al surrealismo di Ron Laboray rivisiterebbero le carte da gioco: fra l’uomo con l’armatura, od i semi (sia cristallizzati a “fiocchi” di neve, sia “sgommanti” alla vegetazione d’un dado). Alla sociologia, la pop art “smonta” tranquillamente il potere invasivo della pubblicità. Nel telo di plastica, l’alchimia della vernice sul pennarello trasformerebbe la costellazione solo orientante in un accattivante intarsio da sbandierare. Lo riassumeremo dalla griglia di partenza per le ruote sgommanti. Infatti l’artista ha disegnato Shirley Muldowney: la prima donna a competere per le corse col dragster. La vernice del telo per lei sarà stata tramutata in carburante fucsia (alla gustosità della ciliegia), dalla combustione del rosa. Più genericamente, il pubblicitario dovrà celebrare un logo. Ma un artista sublima anche il consumismo. A Ron Laboray interessa la rivalsa per iniziativa personale, anziché l’intrattenimento da uno status quo. La carta da gioco servirebbe a “rimbalzare fuori” dal caleidoscopio ipnotizzante? Ron Laboray celebra sia chi ha vinto (come Shirley Muldowney, contro il maschilismo), sia chi ha provato a vincere (come Kurt Cobain, contro le majors). A Roma, la mostra era stata curata da Camilla Boemio.

Nell’opera dal titolo A gemstone diagram, a pack of wolves, and the colors of Kurt Cobain’s guitar, dialetticamente si percepirà la morbidezza della durezza. L’intarsio dell’influenza astrale tramuterà in libidine ancestrale, per la psicanalisi. Il telo si squadra, quasi a confezionare un CD. Il disegno si percepisce metallaro o grunge, fra le borchie delle gemme e le frange delle pelli. Per difendersi dagli impulsi carnali, all’osservatore altro non resterà che squadrare la bocca famelica del lupo cattivo, complice la tonalità del rosso. I mobiles di Alexander Calder s’allaccerebbero ai diagrammi da Piet Mondrian (i quali, più commercialmente, servono a tagliare le pietre preziose). Al vitalismo conta la trasparenza delle nervature, affinché si goda tramite la psichedelia. La gemma ci piace a prescindere, sebbene essa sia tagliente. La bellezza dovrà mettere un “sarcofago” protettivo sull’esplosione d’un incubo. Il rosso rievoca una chitarra di Kurt Cobain, e chissà se in aggiunta la copertina col “cagnaccio” del poliziotto, dall’album King for a day… fool for a lifetime dei Faith No More. L’ambivalenza d’una trasparenza grigio-celeste (tanto serena quanto ghiacciata) comporta che si plastifichi un esorcismo sul Sandman, dai Metallica. Se la mente che razionalizza si dotasse d’un sacco a pelo, mediante il perturbante inconscio, allora la “gemma” dell’ispirazione morderebbe una “fredda scheletrizzazione” sul concettualismo.

Nell’opera dal titolo The first photographed snowflakes, the armor of a French King and Syd Barrett’s floor, ci piace immaginare che l’artista ironizzi sulla bandiera a stelle e strisce, per la superpotenza degli USA. Lo scudo del re belligerante si percepirebbe al limbo d’una tastiera. C’è la cristallizzazione sui fiocchi di neve, avente una preziosità lattiginosa (complice la plastificazione) che vanificherebbe quella dell’oro, non corruttibile. Inutilmente si combatterà per aprire una cassaforte… Mancheranno tutti i preziosi! Né regnerà l’uomo, bensì il destino: al calcolo dei semi, per le carte da gioco. Syd Barrett, all’impeto d’una psichedelia, dipinse a righe arancio-blu un pavimento. Fra l’alba ed il tramonto, più che il giorno si dovrebbe mettere la sera: la vita aumenta di “peso”, laddove la maturità accompagna l’invecchiamento. Una catapulta a palle di neve sarebbe ironicamente innocua, per il soldato medievale. La corazza disegnata da Ron Laboray si percepirebbe più putrefatta che arrugginita: dagli intarsi delle libidini, in psicanalisi. Le doghe del letto per legare il corpo, impedendogli l’aggressività, al massimo scivolerebbero sull’ipnosi. Sembra che sia stato esposto il logo per uno skipass medievale, nelle Alpi. Al moderno consumismo piace il cosmopolitismo, partendo dal turismo, in una dialettica fra la globalizzazione e la glocalizzazione.

Nell’opera dal titolo The flowers of G12, Shirley Muldowney’s first win and the colors of the Pink Panther, s’ironizza sulla plastificazione della ricchezza. Nella modernità, è il petrolio che sporca le banconote. Questo parrebbe più trasparente, quantunque senza mai pulirsi, nella postmodernità delle criptovalute. Diversamente, Ron Laboray s’augurerebbe un’evoluzione a ritroso: soltanto della Natura. Ci stanno dodici fiori, a simboleggiare i principali Paesi che governano l’industrializzazione mondiale, tramite i finanziamenti delle banche. La loro composizione si percepirebbe all’ingrandimento d’un bikini. La pelle avrà il rosa a “sbocciare” verso il viola. Ricordiamoci la controcultura per i figli dei fiori, negli anni ’70. Le banche sono capaci di passare dai monopoli alle… monotonie, giacché esse si cautelano razionalisticamente dagli investimenti troppo arrischiati. L’adrenalina apparterrà beffardamente al ladro del diamante nella teca (la Pantera Rosa), oppure civilmente al femminismo automobilistico, grazie a Shirley Muldowney. Lei nel 1984 miracolosamente sopravvisse ad un tremendo incidente di gara. Il petrodollaro diventa rischioso per il pilota automobilistico… Spesso s’utilizzano le barriere di sicurezza coi pneumatici avvolti da un telo. Il dragster fornisce le prestazioni più alte per l’indicatore dell’accelerazione; i ladri le sintetizzerebbero al < filiamo >! A Ron Laboray interessa il surplus assolutamente innocente (ed anticapitalistico) del fiore che sboccia.

L’artista ha anche realizzato una serie di video musicali, in animazione, mantenendo l’estetica del pop. Egli è stato supportato dalla fidanzata Niki Elliott. Soprattutto i video animati hanno accolto la psichedelia di alcuni musicisti, a livello internazionale. Per lo scrittore Cormac McCarthy, il vento tira facendo rotolare a colpi i baccelli dei semi secchi, sulla sabbia. Per il video animato dal titolo Advice from a stranger, Ron Laboray è entrato in contatto con la musica dei Federale. Fantasticamente, appare uno gnomo come “baccello” dell’uomo. Spesso noi tendiamo a nascondere i nostri fini… All’antagonismo per lo gnomo, c’è un millepiedi mosso dalle gambe umane. Psicologicamente se l’unione fa la forza, quanto ciascuno si candiderà per primo ad un impegno? L’attendismo è più ipocrita che inutile. Almeno lo gnomo avrà magicamente la saggezza? I Federale avvisano: conviene che noi impariamo a camminare sul “fuoco”, affinché i “lupi” non ce lo spengano, approfittandone per istituzionalizzarsi come… pompieri perenni. Nello gnomo esiste pure la furbizia. Il millepiedi entra in difficoltà d’adattamento se costretto a volare. Né esso potrà nascondersi, camminando sulle nuvole assolate. Forse la mongolfiera assurge a trasfigurazione per lo gnomo, dalla terra al cielo. Ci si augura che lo sguardo alieno di chi contesta la massificazione sia psichedelico, perché anticipa i tempi (al pionierismo).

Tecnicamente, oggi noi riusciremmo a progettare alcuni aquiloni che, dal cielo, servissero a trainare una giostra in terra, e per produrre l’energia rinnovabile. Non è fantascienza, considerata la nostra esperienza con gli sport acquatici. Il < kitesurfing > sfrutta il principio fisico della forza generata da una differenza di pressione, e parimenti all’ala d’un aeroplano. L’atleta può fare salti o capriole, divertendosi con le sue “coreografie”. Oggi l’Intelligenza Artificiale si percepisce energicamente da una sorta di cervello rinnovabile. In passato, c’era comunque la fantasia antropomorfica dei folletti. A quelli l’uomo avrebbe potuto chiedere la realizzazione d’un desiderio privato. Nel video animato di Ron Laboray, si contesta la facilità con cui lo straniero è emarginato, o peggio attaccato. Però anche lui ha una sua “storia”, da raccontare per comprensione reciproca, alla fine distogliendoci dalla vacuità dell’interesse privato. Lo gnomo disegnato da Ron Laboray traina in cielo il millepiedi, come un aquilone. Non ci sarà il realismo dell’energia rinnovabile, rimpiazzata dal surrealismo d’una magia saggia. Possiamo comparare il folletto ad un aquilone, quantomeno tra le foglie. Oggi è saggio, secondo l’ambientalismo, che si ricorra alle energie rinnovabili. Immaginiamo che l’artista abbia raffigurato, alla sintesi dialettica fra lo gnomo ed il millepiedi, una zampogna dove sarebbe la musica ad arricchire la cornucopia. Così l’individualismo del capitale cede al comunitarismo della generosità. La musica non è mai possedibile; quella psichedelica per Ron Laboray può distorcersi all’animazione. Si dà più verità nel surrealismo, rispetto alla plastificazione del capitalismo.


Paolo Meneghetti

Paolo Meneghetti, critico d’estetica contemporanea, nasce nel 1979 a Bassano del Grappa (VI), città dove vive da sempre. Laureato in filosofia all’Università di Padova (nel 2004), egli ha scritto una tesi sull’ estetica contemporanea, in specie allacciando l’ ermeneutica di Vattimo alla fenomenologia francese (da Bachelard, Bataille, Deleuze, Derrida). Oggi Paolo Meneghetti scrive recensioni per artisti, registi, modelle, fotografi e scrittori, curando eventi (mostre o conferenze) per loro, presso musei pubblici, fondazioni culturali, galleristi privati ecc... Egli in aggiunta lavora come docente di Storia e Filosofia, presso i licei del vicentino.

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