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Consigliamo – Percorso di filosofia moderna
“Un asino affamato e assetato è accovacciato esattamente tra due mucchi di fieno con, vicino ad ognuno, un secchio d’acqua, ma non c’è niente che lo determini ad andare da una parte piuttosto che dall’altra. Perciò, resta fermo, e muore! Ma immaginiamo che uno di noi si trovi in una situazione analoga, tra due tavoli pieni di cibo e bevande[1]. Non ci dirigeremo forse subito verso uno dei due tavoli?”[2]
Per comprendere questo paradosso, è molto bene esplicitarne le premesse di fondo, cosa che non fa l’autore del libro da cui abbiamo tratto la seguente formulazione dell’antico rovello.
1) Un animale è un meccanismo determinato da delle cause esterne.
2) Le cause esterne sono dette “stimoli”.
3) Il comportamento dell’animale è detto “risposta”.
4) Per ogni “stimolo” esiste una e una sola “risposta”.
5) Un animale sottoposto a due stimoli identici, vale a dire di stesso tipo, intensità, durata, non può rispondere simultaneamente ad entrambi gli stimoli.
6) Se un animale sta morendo di fame e si trova a pari distanza da due cataste di cibo allora tale animale rimarrà fermo e morirà di fame.
Clark risponde in un modo piuttosto confuso, dicendo che la soluzione di Spinoza non era corretta. Tuttavia, tenendo pur fermo che la risposta di Spinoza non fosse la migliore, egli stesso non fornisce una soluzione o la dà per scontata, qualunque essa sia.
Vorremmo dimostrare la tesi secondo cui, proprio a partire dalle premesse “comportamentiste” di questo esperimento mentale, l’animale non solo non starà fermo ma non morirà neanche di fame.
In primo luogo, ammettendo l’ipotesi (1), cioè che l’animale è un meccanismo determinato da cause esterne, ammettendo anche l’ipotesi (4) vale a dire che non si danno più risposte per un solo stimolo (ciò è equivalente a dire che per ogni causa esiste uno e un solo effetto) allora devo anche ammettere che se l’animale starà fermo è perché esiste una causa esterna che gli imponga di non muoversi. Ma a partire dall’esempio dell’asino di Buridano, non c’è nessun evento esterno che imponga all’asino di non farlo!: non è stato detto che l’asino è immobilizzato, per ciò bisogna concludere che egli è libero di muovere le zampe.
Visualizziamo spazialmente la situazione:
La lettera “A” sta per “Asino”, “C1” e “C2” stanno per “Stimolo 1” e “Stimolo 2”. “R”, “M” e “1” spiegheremo tra poco cosa sono.
L’animale è spinto da un’unica causa a muoversi verso “C1” e “C2”, vale a dire dalla fame. Posto che l’animale è condizionato da due eventi concomitanti nel tempo, vale a dire “C1” e “C2”, allora l’asino si sposterà sulla retta “R”. Perché dovrebbe rimanere fermo? Egli deve muoversi perché è spinto dalla fame ad avanzare verso il cibo e lo farà sulla retta i cui punti sono equidistanti da “C1” e “C2”. L’asino si sposterà come un vettore rispetto a due forze.
Proseguendo su queste basi, l’asino dovrà arrivare ad un punto sulla retta “R” tale che sia sempre equidistante a “C1” e “C2”, il punto “1” che non avevamo ancora introdotto. Tale punto è l’ultimo in cui l’asino possa vedere contemporaneamente sia “C1” che “C2”. L’asino continuerà ad avanzare oppure no?
Se si, dobbiamo ammettere che perderà di vista contemporaneamente i due punti. Sollecitato dalla fame, si girerà. Ma per girarsi dovrà pur voltarsi solo a destra o solo a sinistra giacché il quadrupede non può fare capriole. Una volta che si sposterà in una certa direzione ecco che sarà stimolato o solo da “C1” o solo da “C2” e così si dirigerà solo verso una delle due balle di fieno e non morirà di fame.
Se invece diciamo che l’asino non si spingerà oltre il presunto punto 1, dobbiamo però dire perché egli si fermi e non prosegua sulla supposta retta “R”.
a) Il fatto che egli sia spinto allo stesso tempo da due stimoli non dice perché egli debba fermarsi, considerato che tali stimoli non gl’impongono di stare immobile ma il contrario: sarebbe come dire che una palla da biliardo colpita simultaneamente da due biglie, debba fermarsi anziché muoversi. Altrimenti devo supporre di un’altra causa interna all’asino che lo induca a fermarsi. Tale causa non è supposta, dunque non è da considerare. Per ammettere che l’asino smetta di camminare, dovrei anche dire che cessa lo stimolo della fame. Ma questo non è possibile, senza concedere che l’asino sia morto.
b) L’asino ha due occhi, dunque, non può vedere due punti contemporaneamente allo stesso tempo. Ma una volta che ammetto che egli ne vede solo uno per volta, automaticamente devo riconoscere che sarà sollecitato da uno solo dei due stimoli di rinforzo[3], non da entrambi. Il punto è che allora dobbiamo riformulare il paradosso in modo che l’animale abbia un solo occhio posto esattamente in mezzo alla testa e che sia capace di visualizzare due punti sempre nello stesso momento nello stesso modo. In secondo luogo, che egli non abbia la capacità di girarsi. Ma se non ha la capacità di girarsi, dovrebbe muoversi solo su linee rette e quindi non sarebbe comunque in grado di spostarsi verso destra o sinistra. In tutto questo, mi pare di stare forzando un po’ l’uso della mia immaginazione per creare una situazione irreale. Essa è logicamente possibile, ma non ha senso e il paradosso dell’asino di Buridano aveva un senso proprio perché “credibile” nella realtà dei fatti.
b.1.) Se proprio si vuole mantenere intatto il risultato “paradossale” dell’immagine di un asino combattuto tra due stimoli equivalenti, è possibile ricostruire il paradosso in altro modo. Ritorniamo al diagramma.
Abbiamo accettato l’idea che l’asino, in ogni caso, si muoverà sulla retta “R” sospinto dalla fame verso i due stimoli “C1” e “C2”. Diamo tre condizioni per lo stimolamento dell’asino:
a) “C1” e “C2” sono due eventi non legati casualmente tali che “C1” e “C2” sono presenti nello stesso medesimo tempo[4].
b) “C1” e “C2” condizionano il comportamento dell’asino allo stesso identico modo, ovvero sono identici per tipo, intensità e durata.
c) “C1” e “C2” sono visualizzati nello stesso tempo dall’asino.
L’asino avanzerà sulla retta “R” da un punto immaginario “A” iniziale. L’animale non arriverà mai né a “C1” né a “C2” se si considera la possibilità logicamente plausibile che egli proceda verso il punto “1” con velocità decrescente in modo progressivo senza, tuttavia, smettere di procedere in avanti. Vale a dire che il punto “1” è il limite a cui l’asino tende, posto il fatto che più si avvicina a quello e più aumenta il suo grado di “indecisione”. La conclusione diventa: l’asino camminerà verso le due balle di fieno per un tempo definito dalla sua stessa vita! Inoltre, bisogna sempre tener fermo che questo fantomatico asino abbia la capacità di vedere due punti allo stesso tempo. Si può considerare il caso che egli venga stimolato dalle balle di fieno anche senza che egli le veda, ad esempio che le senta solo con l’olfatto. Ma a questo punto è assai difficile distinguere gli odori di due cose identiche ma poste alla stessa distanza, di pari magnitudine etc.
Per quanto riguarda l’applicazione del paradosso all’uomo, a meno di voler rientrare in un comportamentismo già stretto per un animale qualunque, devo ammettere che l’uomo soppeserà le due alternative l’una indipendentemente dall’altra. Per ciò egli può determinarsi in base al fatto che riconosce i due stimoli come identici e indipendenti e propendere così o per l’uno o per l’altro, se si vuole, a caso. C’è chi dice che in un eventualità del genere si possa parlare di “pazzia”, non essendoci alcuna determinazione dell’azione su base razionale. Mi pare che, con una tale base, “pazzo” diventi chiunque posto di fronte a due alternative identiche e, dunque, che anche i più savi perdono il lume della ragione quando debbono scegliere “testa” o “croce”[5]. Per l’uomo ci sarebbe un’identità di spiegazioni sul solo piano formale, ma questo non determina mai un’indecisione tale da farlo rimaner fermo e morire. La considerazione di due alternative l’una indipendentemente dall’altra scagiona questa possibilità, anche tenendo fermo un rigido determinismo causale.
[1] Di pari tipo, dimensione, forma, colore etc.
[2] Clark M., Tutti i paradossi dalla A alla Z. Raffaello Cortina Editore, 2004. p 10.
[3] Per essere rigorosi abbiamo usato i termini della psicologia comportamentista.
[4] Se fossero legati casualmente l’uno all’altro allora dovremmo concludere che il primo è precedente rispetto al secondo e che tra il primo e il secondo esista una qualche differenza. Questa clausola rispetta la definizione di “causa ed effetto” di David Hume, ampiamente accettata dalla scienza contemporanea.
[5] La possibilità di considerare un tal uomo “pazzo” è presa in considerazione nell’articolo del libro.
Questa analisi non è meramente concettuale, si pone effettivamente un asino e il cibo come se esistessero per davvero o quasi e si enfatizza il tutto con linee rette, angoli, vettori e tangenti. L’asino sta fermo per la sua incapacità di non dare giudizi, e la sua scelta “più pura” è quella di non scegliere. Per questo sta fermo e non per costrizioni fisiche o meno. Alla sua destra e alla sua sinistra ci sono due porzioni di cibo identiche. Quindi non deve scegliere fra cose che preferisce mangiare rispetto alle altre, qui sì interverrebbe la fame e il desiderio di un cibo piuttosto che un altro. Ma il cibo è identico e lui deve riflettere sul da farsi. Ma non potendo ragionare e giudicare due cose identiche sceglie di non scegliere. Quello che conta non è la fame del povero asino ma l’aspetto teoretico del libero arbitrio. Quello che si scrive qua sopra è un po’ come il dimostrare che sopra la panca la capra campa e sotto crepa. Si cerca di assaggiare una minestra usando una forchetta. C1, R, A, M… E’ totalmente inutile e fuorviante analizzare il paradosso dell’asino di Buridano con schemi e spostamenti su una retta. E’ come studiare una poesia con un righello.
In buona sostanza, l’asino che non sceglie è in qualche modo “astratto”, è indifferente in modo assoluto e parossistico alla scelta. La sua è una scelta libera in quanto indifferente. Ponendo quindi la possibilità di una scelta assolutamente indifferente noi avremmo solo due giovani conseguenza: la non scelta (il non scegliere) e lo scegliere a caso. E sì, se lui scegliesse una delle due (non)alternative di cibo la sua “libertà assoluta” crollerebbe (in quanto vincolata da altro) a meno che lui non scelga puramente e indiscutibilmente a caso. Nietzsche, l’uomo pazzo coi baffoni, afferma che quello che conta è questa imprevedibilità, il puro caso come imprevedibilità. Libero arbitrio, libertà che per essere tale deve essere indifferente. Scelgo di non scegliere, non mi affido ad un giudizio di sorta o di scorta ma mi apro all’osservare, al conoscere. Oserei dire che è una sorta di pratica decostruzionista, osservare le cose, rovesciarle, spostarle e osservale in un altro luogo e da un’altra prospettiva. Se effettivamente nel scegliere di non scegliere vi è comunque un percorso di scelta questo percorso è tuttavia meno minato di quello di scegliere quella cosa lì credendo che lo scegliere sia indice di libertà di scelta quando invece soggiace ad un indirizzo che si è perso nelle varie diramazioni dell’esistente.
Caro Bartleby (che mi riprometto sempre di leggere!),
Rispondo al tuo interessante commento.
-Non sarei propenso ad accettare la tua ricostruzione razionale del pensiero dell’asino, perché si assume che l’asino non ha capacità di giudizio. Dunque, ho i miei dubbi che egli possa fare un’analisi-tipo quella che hai proposto. Ma questa obiezione potrebbe non valere per un asino (supponiamo) intelligente.
-Il problema del libero arbitrio, appunto: per Spinoza, che parla esplicitamente nell’Etica dell’Asino di Buridano, il libero arbitrio è un’illusione della mente costruita sulla scissione degli eventi dalle cause che li hanno determinati. Per tanto, l’Asino è costretto a morire di fame proprio perché non ha alternative (nel senso che non avrà possibilità di determinarsi ora per l’uno ora per l’altro pezzo di fieno). Egli è in una situazione di stallo. La mia analisi voleva solo far vedere come quest’aspettativa, anche da un punto di vista fisicalista, è disattesa.
-Dici che sia inutile ridurre il problema dell’Asino di Buridano ad uno “schema”. Può darsi. Però, questo schema mostra un aspetto della realtà del problema che è, appunto, un esperimento mentale alla Kant (e alla tanti altri). Assumendo il punto di vista di Nietzsche, il mio amato pazzo coi baffoni, non esiste nessuna descrizione migliore di un’altra, ma, allora, tutte sono equivalenti. Dal mio punto di vista, invece, ci sono descrizioni migliori di altre.
Il mio punto era questo: anche accettando le premesse del problema come vere, le conclusioni della letteratura di mia conoscenza su questo problema, non sono accettabili. Inoltre, il fatto stesso che si possa fornire uno schema generale per un’intera famiglia di problemi simili (come si fa in altre discipline) è utile e descrittivamente significativo perché mostra in modo molto semplice un problema complesso.
-Sul problema della libertà potremmo parlare a lungo! Io sono dell’idea che l’asino non sia libero perché non può formulare una legge di condotta indipendente dall’accadimento naturale, motivo per il quale la sua ragion pratica è totalmente determinata dalla storia delle cause. La libertà, dunque, implica giudizio Razionale e Ragione. Da, un lato, dunque, accetto Spinoza ma, da un altro, accetto Kant. Ma questo è il mio punto di vista e si può discutere!
Mi sembra un errore tentare di risolvere in termini geometrici un paradosso dialettico; per di più introducento nuove inferenze (di tipo dialettico!) nel paradosso, come il fatto che l’asino possa muoversi.
Leibniz nella Teodicea ha discusso il paradosso senza nemmeno interessarsi alla possibile soluzione; Leibniz ha discusso il significato paradossale del problema, che mostra la differenza fra un sistema teorico e gli avvenimenti pratici del mondo reale dove esistono delle forze, anche sconosciute, che determinano l’inclinazione verso una scelta.
Non mi sembra che abbia alcun senso filosofico pretendere di risolvere il paradosso dell’asino di Buridano (che risale in realtà ad Aristotele).
Caro Davide,
Innanzi tutto, ti ringrazio per l’interessante commento. Vengo ai punti.
1. A me sembra, invece, che la “via dei paradossi” conduce spesso a osservazioni filosofiche non banali. Nel caso in questione, è vero che l’attenzione si sposta dal piano della razionalità della scelta (l’eventuale scelta dell’asino sarebbe arbitraria) o della libertà (l’asino poteva veramente scegliere?) ad un piano differente, simile ai paradossi del continuo (ad esempio, quelli dello spazio/tempo di Zenone). Quindi è parzialmente vero che si sposta il piano di analisi. Ma simili operazioni non sono mie esclusive, ma fanno parte di un modo di riconsiderare i paradossi in nuove prospettive o chiavi di lettura (come capitò in modo ben più proficuo nel caso del paradosso del mentitore).
2. Anche Spinoza considera il paradosso dell’asino nell’Etica per mostrare come un tale asino (semmai potesse esistere) non si comporterebbe in modo diverso da qualunque altro essere con le stesse capacità e nella stessa posizione (etc.). Ma questo non significa che siccome Spinoza o Leibniz non si sono interessati ad approfondire la questione se l’asino avrebbe o non avrebbe raggiunto uno dei covoni allora tutti gli altri non farebbero bene a farlo, se sono interessati. In fondo, a me ancora adesso pare interessante il fatto che in ogni caso l’asino non raggiungerebbe i covoni oppure lo farebbe solo per una sua peculiare conformazione biologica. Se non altro abbiamo appreso nuove informazioni per formulare meglio un simile paradosso che voglia avere tutte le caratteristiche della prima versione ma escluda la possibilità da me considerata (e allora, che l’asino si muova, sia in grado di vedere due punti contemporaneamente, di sentire due stimoli simultanei di pari intensità contemporaneamente etc.).
3. Un dettaglio: io non introduco “nuove inferenze” quanto al massimo “nuove premesse” (che l’asino possa muoversi) dal che se ne possono dedurre nuove o impreviste conclusioni. Ci sarebbe da discutere su questo. Nella formulazione del problema posta da Micheal Clark nel libro da cui ho ripreso la formulazione (per rif. vedi in nota) vien solo detto che l’asino è accovacciato. Ma mi pare di poter credere che la premessa “l’asino non si può muovere” sarebbe rilevante per la formulazione del problema e quindi sarebbe stato da scrivere nel caso negativo: un asino, normalmente e se non vien detto, è in grado di muoversi. Per tanto, io non credo in alcun modo di aver introdotto una “nuova premessa”, semmai di aver trattato in modo insolito (ma poi neanche più di tanto, visto che parlo solo di “stimoli”, “moto” e “visione”, tutte cose accessibili ai filosofi da Aristotele – che non ricordavo fosse stato il primo ad aver formulato il problema e ti ringrazio per questa segnalazione – in poi).
Cosa ne pensi?
Buongiorno, premetto che sono biologo e non filosofo.
Ho fatto un esperimento ho posto una gallina (considerando il campo visivo del volatile)tra due porzioni identiche ed equidistanti di pane zuppo di cui l’animale è ghiotta. Beh la gallina ha titubato qualche istante …ma poi si è fiondata decisa su uno dei panetti, terminato il quale si è fiondata sull’altro..
Ho riprovato una seconda volta a distanza di qualche giorno, il comportamento è stato simile, scegliendo stranamente sempre quello a destra, questa volta però la decisione è stata più rapida ? Sarà forse un meccanismo simile a quello umano, del tipo, l’essere destrorso o mancino? .. ripeterò cn un altro esemplare per avere conferma… ma detto ciò ovviamente il tema in questione è filosofico quindi esula dall’animale in se. Per me è stato uno spunto per un esperimento simpatico di etologia.
Gentilissimo Umberto,
Fantastico! Grazie per aver condiviso questa sua esperienza empirica. Il problema dell’asino è, naturalmente, di natura astratta. Ovvero se si ponesse il caso di un sistema di decisione che sia posto da due eque condizioni di scelta, questo non dovrebbe… compiere alcuna scelta! La mia rielaborazione, invece, stava nel dire che questo concetto non funziona se si modifica un poco la formulazione del problema (campo visivo dell’animale etc.). La curiosità è che anche cambiando di poco il problema, l’outcome finale si pone comunque.
Empiricamente, certo, nonostante i nostri tentativi di dimostrare che gli animali sono “stupidi bruti”, essi resistono. Nessun asino morirà di fame solo perché il medievale Buridano una volta gli pose il dilemma! =)
Thanks!
Gian
sono convinto ,pur rispettando i filosofi,che l”asino si mangerebbe tutti e due
i covoni, magari perche vede meglio da un occhio, o perche qualche stelo di
fieno è piu appetibile di un altro.
Be’, certo. Probabilmente potrebbe anche finire che l’asino si china e bruca l’erba in basso. Il paradosso di Buridano nasce da un’immagine che cerca di chiarificare una condizione ideale, quindi astratta, ma rappresentativa di un insieme variegato di problemi. Stabilire poi cosa faccia un vero asino, in vere circostanze credo non sia fondamentalmente un grande problema. Siamo convinti tutti che l’asino non è poi così sprovveduto! 🙂
Per quanto m’è dato sapere ” l’Asino di Biuridano ” sarebbe riconducibile alla dimostrazione dell’infondatezza della teoria del ” Determinismo “: l’ asino non morirebbe di fame mangiando sia il fieno dall’uno che dell’altro mucchio
Hello Giuseppe,
Dipende dal filosofo. Spinoza, ad esempio, ha usato il paradosso di Buridano proprio per sostenere che un essere umano in simili condizioni idealizzate si comporterebbe esattamente come l’asino, in assenza di capacita’ di determinazione di scelta individuale su basi superiori che non quelle presenti alla sua mente in quel particolare momento. L’essere umano non performerebbe meglio dell’asino, proprio in quanto interamente determinato, come l’asino, dall’intera storia delle cause passate che ne determineranno integralmente il futuro nel pensiero e nell’azione.
GP