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Intervista al dr. Vladimiro Giacché – Hegel. La dialettica. Introduzione al pensiero hegeliano (Diarkos, 2023)

Giacché - Hegel (Diarkos, 2023)
Copyright: Diarkos, https://diarkos.it/index.php?r=catalog%2Fview&id=278

Introduzione:

Il completamento di un corso di studi filosofici, che abbia come prospettiva quella di abbracciare l’interezza della vastità del panorama, passa immancabilmente per l’idealismo tedesco, e in particolare per la figura di Georg Wilhelm Friedrich Hegel (1770-1831), caposaldo della filosofia d’Ottocento e a lungo analizzato e criticamente studiato secondo punti di vista variegati. Inquadrare il pensiero filosofico di Hegel è fondamentale per comprendere i rapporti di derivazione con i filosofi antecedenti, e ancor di più per comprendere quanto questi abbia lasciato in eredità alle filosofie successivamente sviluppatesi. Un inquadramento iniziale delle coordinate di filosofia hegeliana è fornito dal volume Hegel. La dialettica. Introduzione al pensiero hegeliano (Diarkos, 2023) ad opera di Vladimiro Giacché, che si è reso disponibile per la presente intervista. Il volume presenta una sinossi del pensiero hegeliano nelle diverse sfaccettature, proponendo peraltro interconnessioni con correnti filosofiche ulteriori e con quesiti che tutt’ora compongono l’interrogativo filosofico dei pensatori, per infine concludere con una raccolta di estratti da testi hegeliani. A nome di tutto il team di Scuola Filosofica, dei lettori e mio, Simone Di Massa, dottor Giacché, grazie per la sua disponibilità.

 

  1. Egregio dr. Giacché, le chiedo innanzitutto come vorrebbe presentarsi ai lettori di Scuola Filosofica.

Di professione non sono un accademico, ma lavoro nel settore finanziario (attualmente sono responsabile della direzione comunicazione e studi di una banca italiana). La mia frequentazione con il pensiero di Hegel non è recente, ma è iniziata negli anni Ottanta, quando ho avuto il privilegio di studiare filosofia alla Scuola Normale di Pisa e di passare un anno allo Hegel Archiv di Bochum, per poi laurearmi e infine conseguire il dottorato di ricerca presso la Scuola Normale con una tesi sulla Scienza della logica (la tesi è stata pubblicata in volume nel 1990 con il titolo di Finalità e soggettività. Forme del finalismo nella Scienza della logica di Hegel). Negli anni Novanta ho scritto assieme a un altro dottore di ricerca della Normale, l’amico Giorgio Tognini, un manuale di storia della filosofia per i licei in 3 volumi, pubblicato da La Nuova Italia nel 1996.

Negli anni successivi, oltre a studi economici e sul sistema bancario più direttamente legati al mio lavoro, ho scritto un libro sulla comunicazione politica (La fabbrica del falso, 2008, 20163) e altri su temi di politica economica e storia economica, in particolare Titanic Europa (2012) e Anschluss. L’annessione (2013, 20192; quest’ultimo libro, dedicato all’unificazione della Germania, ha avuto notevole fortuna in Italia ed è stato tradotto in 3 lingue). Negli ultimi anni sono tornato a occuparmi di filosofia, con un volume sulla Filosofia dell’Ottocento. Dall’Idealismo al Positivismo (2022) – la prima parte di una storia del pensiero dall’Ottocento a oggi – e con questa introduzione al pensiero di Hegel.

 

  1. Venendo alla sua opera Hegel. La dialettica. Introduzione al pensiero hegeliano,[1] quale ritiene sia la metodica più efficace a trasmettere e stimolare un interesse verso la figura di Hegel, caposaldo degli studi filosofici ma talvolta ritenuto autore di un pensiero di difficile comprensione?

La difficoltà della filosofia di Hegel è proverbiale. Ma non è insuperabile. Siccome si tratta di un pensiero che ha una forte logica interna, è perfettamente possibile spiegarlo in termini relativamente “semplici”. Nella mia introduzione ho cercato di avvicinarlo al lettore in tre modi. In primo luogo ripercorrendo lo sviluppo del suo pensiero nel contesto del dibattito filosofico e culturale del suo tempo, ossia nel confronto con la filosofia di Kant e del primo idealismo, ma anche con la cultura romantica. In secondo luogo concludendo la parte monografica del testo con un capitolo intitolato “Pensare con Hegel”, che sintetizza quelle che a mio giudizio sono le caratteristiche principali del suo pensiero e presenta alcuni utilizzi successivi della sua filosofia. Infine, ho ritenuto necessario corredare il mio testo di una parte antologica piuttosto sostanziosa: questo perché credo che, una volta avvicinato il lettore al pensiero di un autore, dopo averlo posto cioè in condizione di leggere le opere di quel determinato filosofo in modo consapevole, egli debba essere spinto a confrontarsi direttamente con le pagine dei filosofi. Lo studio della filosofia è innanzitutto dialogo diretto col testo filosofico.

 

  1. Sotto quali aspetti ritiene che il pensiero di Hegel dialoghi in continuità con principali questioni di interesse attuale? Nello specifico, in cosa ritiene che il pensiero hegeliano possa costituire un fondamento solido nello sviluppo e formazione dell’uomo odierno?

Io credo che il pensiero hegeliano – come quello di molti altri filosofi – possa dare un contributo allo sviluppo e alla formazione dell’uomo contemporaneo proprio in quanto non si trova in continuità col presente. Provo a spiegarmi con qualche esempio.

Noi oggi viviamo nell’era del trionfo della comunicazione iconica, basata sulle immagini. Hegel riteneva al contrario che il “concetto” fosse superiore all’“intuizione sensibile” e alla “rappresentazione”, e quindi che la complessità del pensiero, che si esprime nella comunicazione verbale, non fosse interamente catturabile dalle immagini, essendo di ordine superiore. Negli ultimi tempi si è avviata una riflessione sui danni in termini cognitivi che derivano dal minor uso della lettura, e quindi dall’atrofizzazione della capacità di comprensione verbale di un testo, rispetto al proliferare delle immagini. Si comincia insomma a dare ragione a Hegel.

Ancora: la filosofia di Hegel può essere letta come una riflessione sulla soggettività. A cosa può servirci questo in un’epoca in cui molto spesso l’individuo sembra ridursi a bersaglio passivo di un flusso ininterrotto di informazioni, e in cui precisamente questi input non dominati dal soggetto stanno mettendo in crisi l’idea stessa di individuo, la sua identità? La soggettività è per Hegel la capacità, che egli riconosce in particolare agli esseri umani, di sostenere un confronto attivo (teorico e pratico) con la realtà. La soggettività non è semplicemente uno status, ma un compito. Qualcosa, insomma, che deve essere conquistato. La “fatica del concetto” di cui parla Hegel indica proprio questo carattere di sfida che deve essere vinta. Una sfida in cui il confronto vittorioso con il mondo esterno è componente essenziale della costruzione della personalità. Trasferito sull’oggi il problema quindi diventa: che cosa fare per irrobustire la propria soggettività? Come “rimanere se stesso presso l’altro”, per adoperare una delle definizioni preferite di soggettività usate da Hegel? Mi sembra che questo orizzonte di problemi sia tutt’altro che estraneo al nostro presente.

 

  1. Venendo al rapporto di Hegel con la questione religiosa negli anni dei primi scritti, il suo volume si concentra sull’idea di fondo che, nel pensiero hegeliano, “soltanto la religione è in grado di superare la situazione di scissione”[2] intrinseca nell’uomo. In rapporto al contesto odierno, in cui la religione appare, in certuni ambiti, soffrire di una mancanza di consenso e interesse, ritiene che le teorie hegeliane possano ancora avere un seguito considerevole?

La riflessione giovanile di Hegel sulla religione si inquadra nel contesto del dibattito del suo tempo ed è sempre strettamente connessa alla riflessione sulla politica, sulla costruzione della pòlis. È una riflessione che mira al recupero di quella armonia tra individuo e società che Hegel – al pari di altri pensatori ma anche poeti della sua epoca (si pensi a Hölderlin) – ravvisava nella grecità e di cui lamentava la perdita in età moderna. La scissione alla quale Hegel si riferisce qui è proprio la scissione tra individuo e popolo, tra individuo e società. Hegel ne vede il superamento nella religione – una religione che però egli contrappone alla “religione positiva” (ossia intesa come un insieme di riti e istituzionalizzata) – e più ancora nell’“amore”: è qui che in questa prima fase della sua riflessione Hegel individua il fondamento di un’autentica unità tra soggetto e oggetto, una unità che la morale kantiana con i suoi doveri non riusciva a suo giudizio a conseguire. Si tratta di considerazioni molto meno lontane dal nostro orizzonte di quanto possa sembrare a prima vista: in fondo l’interesse contemporaneo nei confronti delle filosofie orientali che rifiutano la contrapposizione tra soggetto e oggetto, tra uomo e mondo, muove da esigenze simili a quelle presenti in questi primi testi hegeliani.

 

  1. In un secondo momento, la filosofia hegeliana sposta la sua focalizzazione dalla religione come medium per il superamento della scissione connaturata all’uomo, e la porta sulla filosofia: a suo parere, in che modo la società odierna può essere guidata nel suo agire, in particolare sul fronte della morale, dal sapere filosofico?

Io credo che dobbiamo partire da un dato di fatto: ciascuno di noi ha una “filosofia”, un modo di orientarsi nel mondo, che dà un senso al nostro agire. È così anche se non ne siamo consapevoli, cioè anche se ci lasciamo guidare da presupposti, luoghi comuni, concezioni sui quali non riflettiamo. Io credo che una delle funzioni che il sapere filosofico ha sempre svolto e che deve continuare a svolgere sia appunto quella di portare alla consapevolezza la nostra visione del mondo, per verificarne razionalmente la tenuta ed eventualmente modificarla: in altri termini, per non subirla passivamente, tanto nell’attività teorica, quanto nella sfera pratica e della morale. Questa è anche una delle direttrici fondamentali del pensiero hegeliano: la Fenomenologia dello spirito, il suo primo grande capolavoro, è precisamente un percorso guidato della coscienza individuale attraverso categorie psicologiche e visioni del mondo che si sono succedute nel corso del tempo, mostrandone la ragion d’essere e anche i limiti, in modo da far sì che la coscienza individuale riesca a far proprie le conquiste spirituali di millenni di storia. Si tratta di una sorta di compendio della storia culturale dell’Occidente dalla grecità agli eventi storici più prossimi ai tempi del filosofo tedesco: infatti la Fenomenologia esce nel 1807, ma vi sono trattati anche la rivoluzione francese e i suoi sviluppi.

 

  1. Particolarmente affascinante è la posizione di Hegel «contro la matematizzazione dei fenomeni naturali»[3]: in rapporto alla concezione odierna di una totale matematizzazione della natura, e dunque a una realtà che poggia solidamente su basi scientifico-matematiche, a suo dire che cosa un’opera come l’Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio (1817) può ancora insegnare?

Questo è uno degli aspetti del pensiero hegeliano che è stato più contestato, sia ai suoi tempi che in epoche successive. Spesso lo si è confuso con un atteggiamento antiscientifico tout court. In realtà Hegel nella sua Enciclopedia non ha l’ambizione di sostituirsi agli scienziati, la sua filosofia non intende studiare direttamente i fenomeni naturali. Questo Hegel lo dice chiaramente. Egli intende però offrire una cornice teorica di riferimento per la comprensione della natura (così come della società). Questa cornice a suo avviso non può essere ridotta a formule matematiche, ma deve essere qualitativa, concettuale. Dai tempi di Hegel, come noto, la matematizzazione dei fenomeni naturali è andata molto avanti e ha celebrato molti trionfi. Ma questo non ha eliminato la necessità di una comprensione dei fenomeni naturali attraverso l’uso di macro-categorie. Così come non ha privato di motivazioni la polemica hegeliana nei confronti della “metafisica dei fisici”, ossia dei tentativi di alcuni scienziati di proporre visioni di insieme della realtà basate su un uso piuttosto ingenuo e approssimativo di categorie filosofiche.

 

  1. Nel suo saggio pone sotto una luce di particolare enfasi le influenze hegeliane che convergono nelle teorizzazioni del pensiero marxista (tanto in Feuerbach, che lo precede, quanto in Engels e Marx stesso) e nelle attuazioni, con esemplificazione dagli operati di Lenin e Mao. Le chiedo dunque: in una società in cui il modello comunista non ha mai trovato applicazione che fosse fedele alle teorie, forse per il suo carattere utopico di fondo, e che con la fine del Novecento ha lasciato il passo a un mondo globalizzato, incessantemente interconnesso e fondamentalmente capitalista, la filosofia di Hegel può trovare uno spazio teorico altrettanto rilevante?

Nell’ultimo capitolo del mio libro ho trattato anche il riutilizzo (e – inevitabilmente – la trasformazione) di alcune categorie hegeliane, a partire da quella di “contraddizione”, nella tradizione marxista. L’ho fatto essenzialmente per due motivi: per la sua importanza, non soltanto sotto un profilo culturale, nella storia del Novecento; e anche perché proprio queste trasformazioni hanno in qualche modo retroagito sulla comprensione del pensiero hegeliano, venendo non di rado confuse con la teoria di Hegel. Mi spiego con un esempio: lo spostamento su un piano temporale del concetto di contraddizione (identificando la contraddizione con problemi e difficoltà che insorgono e che poi vengono risolti) impedisce di cogliere la radicalità della concezione hegeliana di contraddizione, che è proprio quella di contraddizione logica. L’enunciato hegeliano secondo cui “tutte le cose sono in se stesse contraddittorie” va infatti inteso in senso letterale. L’interesse di questa concezione della contraddizione è eminentemente filosofico e non ha a che fare con questo o quel modello di società.

Hegel ci dice che il pensiero deve essere in grado di intendere la complessità del reale: non deve rifugiarsi in semplificazioni, perché così facendo va in stallo (è quello che secondo Hegel accade all’“intelletto”). In altre parole, per usare lo stesso lessico hegeliano, il pensiero non deve lasciarsi “dominare dalla contraddizione”, ma deve al contrario “sopportare la contraddizione” e superarla. Ossia costruire un quadro concettuale in grado di comprendere fenomeni contraddittori. È precisamente questo che contraddistingue la “ragione”. Se questa è la concezione hegeliana, è indubbio che essa possa trovare uno spazio teorico oggi: perché può offrirci degli strumenti per comprendere la realtà dei nostri tempi, caratterizzata da interconnessioni e dinamiche estremamente complesse.

 

  1. Ho ritenuto particolarmente oculata la scelta di porre in appendice al volume una raccolta di estratti dai testi hegeliani: considerando l’imponente mole di scritti del filosofo, come ha strutturato il suo lavoro di governo del materiale e selezione dei brani più accurati?

Potrà sembrare strano, ma la scelta dei passi da antologizzare è stata una delle parti più gratificanti del mio lavoro. Questo riguarda sia i brani tratti dalle opere di Hegel, sia quelli dei suoi interpreti e critici successivi. Nel caso dei passi hegeliani ho incluso nella selezione i passi che ritenevo adatti a chiarire gli aspetti più importanti del pensiero hegeliano trattati nel testo. Ho utilizzato principalmente opere pubblicate da Hegel, ma anche appunti presi dagli uditori delle sue lezioni e appunti dello stesso Hegel non destinati dall’autore alla pubblicazione (è il caso di un passo secondo me molto bello tratto da un quaderno di aforismi e appunti del periodo di Jena). Alla luce della vastità del materiale, la scelta non è stata sempre facile. In qualche caso ho anche dovuto scegliere tra traduzioni diverse, e spesso rivedere le traduzioni. Per quanto riguarda la letteratura critica, ho tradotto direttamente dal tedesco due scritti antologizzati. Infine, una particolarità che forse può interessare: alla controversia sulla famosa frase hegeliana secondo cui “Ciò che è reale è razionale”  ho dedicato una sezione specifica dell’antologia, mettendo assieme alcuni passi hegeliani e due pagine di interpreti successivi di opposto orientamento; mi è sembrato utile dare al lettore in questo modo un esempio concreto di interpretazione e controversia filosofica, mettendolo in condizione di comprendere e confrontare le posizioni dei diversi autori e le loro motivazioni.

 

  1. Molto recente è la notizia della scoperta di nuovi appunti manoscritti sulle prime lezioni di Hegel, scoperta osannata dalla stampa e sicuramente di capitale importanza per la ricerca filosofica. Le chiedo: a suo parere, quali sono le prospettive di ricerca nel campo della filosofia hegeliana? Si presenta all’orizzonte la possibilità di nuove scoperte, anche solo in termini di riletture teoriche della filosofia hegeliana?

La scoperta degli appunti presi alle lezioni di Hegel da Friedrich Wilhelm Carové è in effetti molto importante sia per l’entità del ritrovamento (circa cinquemila pagine) che per il fatto che riguarda un periodo relativamente breve, quello di Heidelberg (1816-1818), su cui non si ha una ricchezza di documentazione paragonabile a quella degli anni berlinesi. Ma non penso che questo ritrovamento sia destinato a cambiare nell’essenziale le prospettive della ricerca sulla filosofia hegeliana. Penso anche che difficilmente vi saranno in futuro ritrovamenti di manoscritti di questa entità. Ma la rilettura teorica della filosofia di Hegel non dipende da eventi del genere: semplicemente, ogni epoca è destinata a confrontarsi con il pensiero hegeliano  – come con quello dei grandi filosofi in genere – su basi diverse dal passato, a motivo delle proprie particolarità, degli interessi prevalenti, del proprio specifico orizzonte concettuale. È inevitabile che questo conduca a riletture teoriche, cioè a una diversa comprensione dei testi e a un diverso rapporto con essi. L’ermeneutica filosofica è un compito infinito precisamente per questo motivo.

 

  1. Le chiedo, per concludere, in che modo i lettori di SF possono seguire il suo lavoro.

Tutti i miei scritti principali, sia di argomento filosofico che su altri temi, sono reperibili e in gran parte scaricabili dalla mia pagina su Academia (https://vladimirogiacche.academia.edu/research).


[1] Vladimiro Giacché, Hegel. La dialettica. Introduzione al pensiero hegeliano, Reggio Emilia, Diarkos, 2023

[2] Ivi, p. 19.

[3] Ivi, p. 67.


Simone Di Massa

Disse il linguista Noam Chomsky che nella vita "è importante imparare a stupirsi dei fatti semplici", ciò è esattamente quanto i miei lavori di linguistica, filologia e letteratura cercano di apportare a SF, il culto degli studi e della ricerca e la meraviglia della semplicità, fino alla minima parola poetica. Studioso di Lettere Moderne a Milano, da sempre vivo con l'ambizione di tenere alti i valori sacri del mondo delle lettere, donando con i miei lavori quanto il panorama letterario ha donato a me, apportando alla mia vita nuovi colori e la consapevolezza che la totalità non è che un insieme di dissonanze.

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