Un’ossessione tanto antica quanto non filosofica ma propria di molti filosofi
Non sei l’unico ad avere problemi a concepire il tuo corpo come un’estensione della mente. Ovvero, nell’includere il corpo tra le indispensabili componenti di ciò che consente alla mente di lavorare nel migliore dei modi. Non solo non è un problema soltanto tuo, ma è un’ossessione di quasi tutti i grandi filosofi! Certo, questo non ci accomuna con Kant e altri per questo, ma è per rassicurare l’audience sul fatto che le grandi menti hanno faticato e lavorato (talvolta sbagliando) per massimizzare la loro capacità di durare nell’esistenza – sempre per dirla con quel Spinoza che morì perché, pur mangiando come un uccellino pasti miseri, degni dei legionari romani nelle campagne militari (una squallida miscela di farina e acqua), si dimenticò che respirare silicio può essere tanto se non più dannoso che mangiar male.
Per quanto la filosofia classica e moderna abbia decisamente e storicamente decretato che il corpo è assai misera componente della vita, e con ciò possiamo includere tutti i pensatori neoplatonici medioevali (che si slanciano per sottoscrivere la petizione), ciò non ha eliminato il fatto che la dieta o, più neutralmente, il regime alimentare, fu invece una priorità di quegli esseri umani che della filosofia ne hanno fatto una ragione di vita. Ad esempio, Descartes, proprio il filosofo a cui si attribuisce la netta dissociazione tra mente e corpo (sbagliato!, ma tant’è…), era ossessionato dal trovare la ricetta perfetta per mantenere la sua ghiandola pineale capace di passare informazioni tra la perfetta mente e quell’indocile cosa che la sostanzia nell’estensione (il corpo). Descartes non era l’unico. Kant era un altro serio studioso dell’alimentazione ideale, tanto che informava, istruiva e redarguiva i suoi amici su queste dotte componenti della filosofia.
Andando ancora più indietro, Epicuro, che naturalmente fu tacciato di dire esattamente il contrario e di spinto libertinismo (anacronismo, fa rende l’idea), sostenne che mangiare e bere sono funzioni della mente, la quale deve limitarli per quanto possibile affinché la ragione possa usufruire dell’accesso alla sospensione di ogni passione. Curioso, infatti, che proprio Epicuro, il supposto difensore dei piaceri della carne (forse letteralmente), sostenesse come unica forma di piacere supremo l’assenza di ogni dieta smodata, alcolici compresi. Aristotele pure ebbe da dire in proposito e addirittura Platone non è conosciuto come Aristide, ma come “spalle larghe” esattamente perché troppo preso dalla ginnastica e dalla boxe di allora per farsi chiamare diversamente. Proprio lui, infatti, era sostenitore della ginnastica ed è sempre grazie a lui che ogni forma di statalismo premia la prestanza fisica come dimostrazione dell’efficienza della macchina coercitiva dello stato rispetto alle fluttuazioni della natura umana, così prona ad ingrassare quando può.
Esistono illustri eccezioni a questa lunga tradizione, ad esempio, David Hume era noto per essere sovrappeso ed adorare il cibo più che altra forma di piacere (essendo, credo, morto senza moglie). Non è questo il luogo per ricordare che le attività connesse con la procreazione erano viste tanto di sospetto quanto i piaceri della buona tavola, ma mi riprometto di toccare questo tema in un altro luogo. D’altra parte, farà piacere sapere che fino a quando i filosofi avevano ben compreso che il sesso è una cosa da prendere con le dovute cautele, essi erano dei campioni di salute. Ma Schopenhauer e Nietzsche, dimentichi e iniziatori di una nuova era, ne scoprirono le conseguenze. Ma veniamo al tema principale.
Perché l’alimentazione è importante, nonostante tutto
Se il lettore ha già una risposta ovvia alla questione posta dal sottotitolo, gli consiglio di non leggere oltre. Lui/lei ha già la saggezza della massa o meno dalla sua parte. Data la relativa importanza generata dalle nuove mitologie del momento, non mi sorprenderebbe che pochi continueranno a leggere. Ma quel numero esiguo di lettori che proseguirà potrebbe essere come me.
Sin da subito, c’è chi potrebbe sostenere che il corpo è ben misera cosa in confronto alla potenza della ragione che, anche nei tempi delle neuroscienze, si sa dove alberghi: nella corteccia prefrontale del cervello, che è fatto, credo, al 90% di lipidi non negoziabili, cambiabili e aggiornabili una volta determinati nell’esistenza. Ora, si può ancora discutere che la mente sia esattamente e solo nel cervello, ma ovunque sia è ben concepibile come sufficientemente slegata dal corpo da viverne una vita indipendente. E se il corpo è un simulacro per qualcosa di più importante, va da sé che non merita poi così tanto il nostro tempo, passato nell’elaborazione di idee e ragionamenti possibilmente da applicare strada facendo.
Purtroppo, invece, proprio perché la mente non è solo cervello, ed è dipendente dal corpo tanto quanto il corpo dalla mente, il corpo ha le sue rivincite sulla mente. In particolare, il corpo può spesso remare contro, come il carretto che viene spinto dalla povera bestia da soma, che fatica e suda per andare avanti. Le cose sono state così a lungo, nel mio caso, fino a quando ho capito che la mente e il corpo sono come i membri di una squadra che devono giocare insieme per vincere le stesse sfide. E da quando ho realizzato questo ho cercato più volte di venire a capo della questione.
Come ho detto altre volte, avere una vita sana implica avere una vita. Senza avere un lavoro con un programma fisso e una retribuzione sufficiente, tutto questo non funzionerebbe altrettanto bene per molte ragioni. Ma si suppone di poter lavorare per essere un corpo migliore oltre che una persona migliore (ma solo nel senso che se hai un corpo migliore sei una persona migliore poiché sei più efficiente nel preservare la tua capacità di aiutare te stesso e le altre persone – Ho scritto un pezzo sull’efficienza come presupposto della morale!).
Ispirazioni e protocolli
Dopo vari tentativi, ho capito che non esiste infatti una ricetta universale né un’alimentazione ideale. Primo, ogni corpo e ogni mente è diverso e ha esigenze diverse. Secondo, non tutti hanno lo stesso stile di vita e gli stessi obiettivi. Per quanto mi riguarda, rispetto a questo settore, il mio scopo è essere tanto efficiente e produttivo quanto posso sia perché è ciò che mi dà concretamente soddisfazione, sia perché è quello che mi rende capace di lavorare per chi mi paga.
Ho abbandonato da tempo la strada degli esperti, che ho pagato senza successo. Il principale motivo è che essi non sono propriamente capaci di andare oltre delle griglie il cui significato può avere un senso solamente per quelli che rientrano in esse. Ad esempio, essendo una persona che tende ad essere precisa e costante, ho fatto osservare che drastici cali di consumo calorico mi inducono depressioni tali da rendermi inabile a qualsiasi genere di lavoro. E nonostante le reiterazioni, le spiegazioni e le osservazioni, il risultato è sempre stato lo stesso: le “diete” non sono durate perché insostenibili sul medio, figurarsi sul lungo periodo! Ma questa è un’attitudine di tanti delle discipline mediche, ovvero essi comprendono la salute come l’unica variabile dell’esistenza, come se essa non fosse un mezzo per altri fini e, dunque, non si sentono minimamente in dovere di dover né spiegare il funzionamento né giustificare le scelte. Come tanti buoni genitori, pii quanto ciechi alle specifiche esigenze, essi comandano ma non hanno né voglia né tempo di indagare se il figlio abbia differenti esigenze o altri modi di concepire il proprio corpo. E i risultati sono sempre stati insoddisfacenti.
Come sempre, tutto dipende da noi
Ma poi ho realizzato che come in tutte le cose, anche nella difficile arte di alimentarsi appropriatamente, la migliore soluzione è investigare ogni aspetto del problema razionalmente, accettando fallimenti strada facendo. Inoltre, è importante chiarirsi le idee sugli obiettivi da raggiungere, ad esempio se avere massa muscolare sia importante, se perdere grasso è il vero obiettivo dell’alimentazione etc.. Inoltre, come in tutte le cose in cui si voglia davvero diventare maestri, bisogna combinare la conoscenza disponibile in materia con la sperimentazione su un periodo di tempo sufficientemente lungo da dare risultati e poter migliorarli. Il corpo è una bestia lenta, che ha una sua inerzia in quanto parte delle masse soggette a gravitazione. Per tanto, alcune premesse:
- Qualsiasi alimentazione va seguita per un tempo sufficiente da permettere al corpo di abituarsi.
- Il corpo richiede movimento in quantità sufficienti da consentire il mantenimento delle principali funzioni vitali e la loro possibile espansione. Come (a) anche (b) richiede un tempo sufficiente da rendere il corpo capace di mantenere gli sforzi.
- Ogni corpo è unico e ogni individuo ha le sue esigenze, per tanto (a) e (b) vanno modulate sulla base di (c) dove (c) deve poter essere compatibile con (a) e (b).
Che il corpo debba essere alimentato appropriatamente è un dato di fatto, come anche che si debba muovere per mantenersi. Queste informazioni sono semplicemente indotte dall’esperienza e deducibili dal fatto che ogni motore termico esistente rispetta entrambi questi principi: ha bisogno di energia che non dispone internamente e deve esercitare lavoro. Il terzo principio relativizza gli scopi a quelli della persona. Infine, tutto questo deve poter essere replicabile ad libitum, altrimenti qualcosa non funziona. Lo scopo, per me, è quello di replicare le condizioni che rendono possibili al mio corpo di stare al passo con la mia mente, che è cosa che gli è riuscita di rado con la sgradita conseguenza di fermare la mia capacità mentale a suo arbitrio e piacimento.
La mia strategia
La mia nuova strategia è consistita in un “approccio totale” al problema, esattamente come per tutto quello di cui mi interesso seriamente. Esso è una combinazione di analisi sistematiche su informazioni selezionate dai canali migliori che mi sono stati dati a disposizione dal mondo esterno. I miei canali sono principalmente fondati su ricerche della comunità di ricercatori che si occupa di tali argomenti. E siccome la scienza e gli esseri umani sono tanto umani quanto imperfetti, accetto da loro errori e manchevolezze. Per questo cerco pluralità di vedute e vaglio il risultato e adatto quanto trovato alle mie esigenze. Quindi vengo ad esporre i risultati con una premessa: essi non sono propaganda, non voglio ispirare nessuno a seguire ciò che faccio io (sia mai!), ma sono un’ispirazione per tutti coloro che, come me, faticano a pensare prima a perché porsi il problema e, poi, come risolverlo logicamente. In fondo, e davvero per caso, mi sono formato su quei filosofi più ossessionati da questo problema (Kant su tutti).
Ogni singola abitudine si basa su analisi “scientifiche” trattate principalmente da Huberman Lab, ma anche da altre persone. Andrew Huberman (PhD) è un neuroscienziato all’università di Stanford, autore di studi eccellenti pubblicati dalle migliori riviste. A lui devo l’80% delle informazioni su questo tema. Altri sono Professor David Sinclair (il vero iniziatore della mia rivoluzione nell’intermittent fasting, o “digiuno alternato” e, più in generale, colui che ha ispirato la mia rinnovata fede nella possibilità di vincere le esigenze del mio corpo). Andrew Galpin (PhD) è una fonte infinita di informazioni sull’efficienza fisica e muscolare. David Spiegel (PhD) è colui che mi ha convinto a fare un po’ di meditazione dopo ogni allenamento, come consigliato indipendentemente da Galpin. Sinclair e Huberman li ho scoperti tramite Lex Fridman (PhD), fondatore del podcast omonimo e ricercatore di intelligenza artificiale, anch’egli ossessionato dall’alimentazione. A differenza di molta comunità medica paternalista quasi per definizione, Huberman & Co. non solo spiegano come fare ma anche sulla base di quali ragioni. Essi sono tanto interessati a dare possibili soluzioni quanto a illustrarne le basi: e questo è stato un game changer per il sottoscritto perché mi consente elasticità nell’interpretazione e applicazione dei protocolli. A questo vanno aggiunte poche, mirate letture. Questo valga per la parte teorica.
Ho sperimentato molto, e ora questo regime mi sta tenendo in vita piuttosto bene. Si basa sul digiuno programmato alternato (in parole povere, mangio una volta al giorno) e su una combinazione di semplici abitudini come passeggiare dopo cena, mangare due ore prima di andare a dormire, esposizione alla luce solare la mattina, allenamento intensivo settimanale etc. Mi ci è voluto un anno per arrivare a questo punto, ma ora mi sento molto bene fisicamente e mentalmente.
Conclusioni
Non ho condiviso tutto ciò perché esso venga seguito o imitato, ma per mostrare come non sia scontato dover concepire il corpo in questo modo. Fosse per me, anche ora, ne farei a meno. Ma come tutte le cose, esse vanno inquadrate nella giusta ottica. E proprio per la paradossale mitologia della “dieta”, così spesso invocata solo per sbagliate motivazioni, mi son divertito a vagliare la mia e per ricordare che anche per noi, coloro che farebbero a meno di averne uno, il corpo è pur sempre importante.
Be First to Comment