Un “calor di gallina” alchemico che la scienza matematica e fisica non percepisce ancora
“Perché la geometria è spesso descritta come fredda e arida? La ragione è perché è incapace di descrivere la forma di una nuvola, di una montagna, di una costa o di un albero. Le nuvole non sono sfere, le montagne non sono coni, le coste non sono cerchi, e la corteccia non è liscia, né il lampo viaggia in linea retta.” (Benoit B. Mandelbrot).
Nel 1993 è stato conferito a Mandelbrot il prestigioso Premio Wolf per la Fisica, “per aver trasformato la nostra visione della natura“. Come egli scrive, il frattale è una risposta all’inadeguatezza della geometria classica (detta euclidea), nel descrivere la natura. Tuttavia Mandelbrot, per quanto sia stato un prestigioso fisico, riconosciuto con l’onoris causa in numerose università del mondo, aveva trascurato di approfondire la semplice matematica della sezione aurea, la stessa che informa la natura da lui esplorata con la geometria dei frattali.
Ed ecco che oggi un semplice dilettante della matematica in me, preso per la geometria della sezione aurea, trova il modo di infondere quel calore che sembrava mancare per assimilarla alla natura, con una nuova visione alla radice della geometria da cui si ricava il magico numero irrazionale di 1,618…, il rapporto aureo. Vedremo che è l’alchimia a far da madrina a questa nuova visione geometrica da cui scaturisce il magico calore che, a Benoit B. Mandelbrot, parve mancare. Il “calor di gallina“, gli alchimisti lo definiscono, il magico “fuoco” appena tenue che occorre per covare l’uovo filosofico da cui nasce il Rebis alchemico. Non a caso perché si tratta di una colomba bianca, altro simbolo che l’assimila alla natura.
«L’alchimista doveva racchiudere ermeticamente la materia prima della sua opera in un vaso e quindi, per farla passare dallo stato vile detto “del piombo” a quello sublime “dell’oro”, doveva sottoporla all’azione di un fuoco misterioso. Ebbene, molti testi denominano il vaso alchemico “Uovo filosofico”, mentre l’Athanor, il “forno filosofico” dentro il quale l’alchimista “cuoceva” il vaso alchemico, era anche detto “nido” o “casa del pollo”.
Anche il fuoco alchemico, che doveva essere moderato e mai violento, veniva paragonato al calore della gallina che cova i suoi pulcini racchiusi nelle uova.
Gli alchimisti parlano di un fuoco soffice e costante, “come il calore di una gallina che cova per la generazione dei suoi pulcini” e mettono in guardia coloro i quali, guidati da un carattere impaziente, utilizzino un fuoco troppo intenso e vivace andando così incontro a un sicuro fallimento. […]
Gli Alchimisti affermano che “ciò che in natura è rivolto verso l’esterno (nell’alchimia) deve essere rovesciato verso l’interno” . Questa necessità di rendere interiore ciò che la natura ci manifesta come esteriore si rivela, tra l’altro, nelle parole di Origene (fondatore di una scuola cristiana ad Alessandria nel terzo secolo dopo Cristo). Nella sua “Omelia al Levitico” egli scrive: “Renditi conto di essere un secondo mondo e che in te sono il sole, la luna ed anche le stelle”.»1
«La fig. mostrata all’inizio, una gallina che cova 5 uova, simboleggia l’intera opera alchemica.
Le cinque uova sono le cinque trasformazioni o realizzazioni e danno vita a 5 animali:
il corvo,
il cigno,
il basilisco,
il pellicano,
la fenice.
– Il corvo è la prima fase, la Nigredo e l’alchimista muore al mondo.
– La seconda fase è l’Albedo ed è rappresentata dal cigno:
finisce la fase di purificazione e ci si accinge ad unire il principio maschile ed il principio femminile.
– L’unione tra attivo e ricettivo, tra maschile e femminile è rappresentata dal basilisco, metà uccello e metà serpente.
– Portata a termine l’unione dei due subentra la quarta fase rappresentata dal pellicano, che si squarcia il petto per cibare i propri figli col sangue: è detta fase della moltiplicazione.
La materia prima trasmutata dal facitore d’opera viene moltiplicata a volontà.
– Il compimento dell’opera è simboleggiato dalla fenice, l’uccello mitico che rinasce dalle proprie ceneri.
– Il pavone, o la sua coda possono apparire prima o dopo la fase dell’Albedo.
Per sviscerare altri simboli: il giorno è rappresentato dal gallo e la notte dalla civetta.
Il gallo con il torso d’uomo e due code di serpente è invece Abraxas, il Dio degli gnostici.
Se ci vogliamo soffermare sulle singole fasi diciamo che la Gallina è colei che “cova” e il covare è un fornire, delicatamente energia sotto forma di calore [detto anche calor di ruota – ndr].
Il primo uovo a schiudersi è il corvo, l’opera al nero, la fase di purificazione.»2
Altro ripasso dell’alchimia sulla colomba
Si è parlato della covata della gallina, ma non è diversa la covata della colomba col giusto calore per far nascere i suoi pulcini.
«Secondo i concetti alchemici, la colomba (assieme ad altri animali) rappresenta la Luna philosophorum, ossia il Mercurio alchemico.
Per comprenderne meglio il significato, è necessario cercare di spiegare un enigma animale fondamentale della concezione ermetica che recita (riassumendolo e semplificandolo) così:
“Il leone rosso Aas combatte contro il lupo grigio e, quando l’avrà sconfitto, diventerà un grandioso principe della vittoria.”
“Dopodiché, rinchiudi il leone in una prigione trasparente con dieci o dodici aquile vergini e affida la chiave a Vulcano; le aquile si arrabbieranno e attaccheranno il leone, sbranandolo e dilaniandolo: quando il cadavere del leone inizierà a imputridire, le aquile per sfuggire al fetore proveranno a volar via dalla prigione e pregheranno Vulcano che le lasci uscire libere.”
“Vulcano non accoglie le loro suppliche e le aquile, dato che la prigione non ha uscite ed è ermetica, si contamina, si corrompono e si putrefanno. Dato che la corruzione di uno è la generazione di un altro, dal leone Aas sdoppiato nascono molte cose: dapprima esce un corvo che, putrefacendosi anch’esso, da luogo a un pavone; quando il pavone svanisce nasce una colomba che trova un luogo asciutto (a differenza del corvo che non ci era riuscito) e, soprattutto nuovo perché la Terra è stata precedentemente distrutta dal Diluvio: quella che trova la colomba è la creta virginale dei filosofi.”
“La colomba, che non è ancora totalmente immune alla corruzione, si trasforma pian piano in una fenice, che viene bruciata da Vulcano nella stessa prigione. Dalle sue ceneri nasce un frutto immortale, grazie al quale tutte le cose sublunari si rianimano”.»3
E ancora in un’altra versione.
«La lotta drammatica tra il Fisso ed il Volatile è spesso rappresentata come conflitto tra due animali simbolici, uno dotato di ali e l’altro no (due draghi, un leone alato ed un serpente, Aquila e serpente, aquila e leone.)
Se l’esito del combattimento è quello sperato, lo spirito viene “fissato” dal corpo ed il corpo purificato e sublimato dallo spirito. A questo proposito così si esprime il “Viridarium chemicum”: “Qui sul sarcofago giace il nostro corpo venerabile. Accanto gli è lo spirito, ma ritorna dall’asse. Fà che dapprima questa si diriga verso le eccelse plaghe dell’etere e di nuovo dal polo etereo voli verso le più basse regioni. Così congiungerà a sé le amiche forze del Cielo e della Terra e con la sua opera vivificherà il corpo“.
Due principi dunque “abitano” il vaso alchemico e la lebbra che affligge , più che identificarsi con il fisso o con il volatile, col corpo o con lo Spirito, risiede nella loro mancata integrazione, nella loro separazione. L’alchimista, quindi, non potendo rinunciare né all’uno né all’altro, deve riuscire ad amalgamare e fondere insieme Spirito e Corpo, realizzando la conciliatio oppositorum. Gli opposti devono prima lottare divorarsi ed uccidersi a vicenda perché la loro unione possa realizzarsi. Questa operazione ha, come si è visto, due aspetti, quello del costringere la terra corporea e pesante ad elevarsi verso le regioni dello Spirito e quello consistente nell’obbligare lo Spirito ad abbandonare i “cieli filosofici” , ove può spaziare liberamente, costringendolo a discendere nelle regioni più pesanti e condizionate dai vincoli terrestri perché possa vivificare rivitalizzare e “rendere consapevole” il corpo. […]
La colomba, che riporta a Noè il ramo d’ulivo il settimo giorno rappresenta allora la pace raggiunta tra i contrari.
Dice Canseliet che ogni volta che la Colomba si invola lascia una parte di sé alla materia greve che contribuisce ad agitare. Alla fine il letto di piume che si viene a formare sarà il giaciglio di Re e Regina o… “il nido del pollo di Ermogene” , da dove risorgerà la fenice eterna.
L’operazione della Sublimazione alchemica riceve talvolta il nome di “Aquile“. Fulcanelli così commenta l’origine di questa strana denominazione: “Lo Spirito non può abbandonare completamente il corpo, ma si riveste di un abito più consono alla sua natura, più obbediente alla sua volontà e fatto con le particelle nette e purificate che può raccogliere intorno a sé per servirsene come nuovo veicolo.“
Tale separazione o sublimazione del corpo e manifestazione dello spirito deve ripetersi tante volte quante si riterrà necessario. Ogni ripetizione si dice “aquila”. Filalete afferma che la quinta aquila scioglie la Luna, ma che per ottenere lo splendore del Sole ne occorrono da sette a nove .
La parola greca αίγλη significa “splendore, viva chiarezza, luce, torcia” e quindi far volare l’aquila equivale a far brillare la luce portandola alla superficie e sottraendola dal suo scuro rivestimento.4
Vedremo, a conclusione della geometria della covata simbolica della colomba la nascita dell’uovo filosofico, il brillare della luce suddetta con una meravigliosa stella. Ed è l’ora di esibire la geometria della sezione aurea che i matematici hanno trascurato di approfondire, per poterla legare al processo alchemico ampiamente spiegato, il cui scopo è far brillare la meravigliosa suddetta stella dello splendore.
Triangolo isoscele aureo
In geometria, i triangoli aurei sono un insieme di triangoli aventi la particolarità di possedere tra i propri lati una proporzionalità aurea, ovvero della medesima ragione del numero aureo, ≈ 1,618, o di derivazioni di questa.
Non si tratta di una vera e propria denominazione matematicamente riconosciuta per tutte le figure che con la precedente definizione rientrano nella categoria; infatti, si può parlare in accezione universalmente riconosciuta solamente per i due casi canonici di triangoli isosceli ricavabili dal pentagono, e che sono chiamati, per l’appunto, triangolo aureo e gnomone aureo.
In tutti gli altri casi si tratta di una denominazione impropria, basata su una definizione spuria, che non trova nei testi matematici riscontro certo, ma che viene ugualmente utilizzata.
Il triangolo aureo è un triangolo isoscele avente i due lati uguali in rapporto aureo con il terzo lato, φ:1 (1,618:1) e angoli di 36°, 72° e 72°. [come da fig. al lato – ndr] Viene utilizzato per dimostrare che la diagonale del pentagono è in rapporto aureo col lato, e con l’aggiunta di altri due triangoli aurei, gli gnomoni aurei, ne completa la figura; inoltre si pensa che potrebbe essere perfino stato uno dei modi per la dimostrazione dell’incommensurabilità. Comunemente questo triangolo isoscele corrisponde alle cinque cuspidi del pentagramma.
Costruzione
Vi sono molti modi per costruire geometricamente un triangolo isoscele aureo, diversi di questi passano per la costruzione del pentagono regolare, ma sono piuttosto scomodi per via dell’oggettiva maggiore complicatezza che richiede la costruzione preliminare del pentagono stesso.
I sistemi più diretti e semplici si basano su procedimenti derivati dalla costruzione del rettangolo aureo [ABCD da fig. al lato – ndr] e proprio in esso trovano la giustificazione algebrica.5 Per costruire un triangolo aureo su un segmento dato AB, si può procedere nel seguente modo seguendo la figura al lato. Si tratta dell’analogo metodo che servirà per la costruzione di un secondo triangolo aureo, ma rettangolo al posto dell’isoscele:
La spiegazione è questa; innanzitutto si tratta di trovare un lato che sia in rapporto aureo con la base data AB e, per prima operazione,
– si riporta una metà di questa ½, per formare il rettangolo aureo ABCD;
– poi si riporta il lato BD appena tracciato sull’ipotenusa intercettando il punto E;
– vi fa seguito il riporto del segmento AE sul lato AB per determinare la relativa divisione con il segmento AF ed FB che sono in rapporto aureo;
– infine restano altre due operazioni:
– si riporta il segmento AF su lato AC per formare la base AG del triangolo isoscele aureo ricercato;
– poi si fa ruotare il lato AB facendo perno su A fini a intersecare con B l’asse mediamo ortogonale al lato AG i H, per formate il triangolo isoscele aureo AGH.
La spiegazione algebrica è questa:
si tratta di trovare un lato che sia in rapporto aureo con la base data ed è il caso del triangolo rettangolo ABD in cui il lato
AD =√ [(1/2)² + 1²] = √ 5 a cui si sottrae DB con DE = 1/2 per dare:
AF = AG = (√ 5 – 1) /2 = ⁓ 0,618
infine
AH = AB = 1
e per
AG = 1
AH = ⁓ 1,618
Triangolo rettangolo aureo
Il triangolo rettangolo aureo, sulla base di quanto già detto sul triangolo isoscele aureo, il lato di base corrisponde al lato AG e l’ipotenusa al lato GB, come da fig. al lato.
Sulla scorta della spiegazione algebrica del caso del triangolo isoscele aureo sarà di conseguenza:
AG = 1
AB= ⁓ 1,618
Il decagramma ricavato dall’unione dei triangoli aurei, isoscele e rettangolo
In tutti i triangoli rettangoli il centro del cerchio passante per i suoi vertici (c. circoscritto) è sulla metà dell’ipotenusa. Avremo così, nel caso della fig. al lato, un primo triangolo che rettangolo e anche aureo aureo, dalle seguente proprietà:
AC = 1
AB= 1,618…
e con l’ausilio del teorema di Pitagora
CO = OB = 1/2 x 1,902113033…
Tracciamo ora il cerchio circoscritto al triangolo rettangolo ABC con centro in O e poi tracciamo il cerchio di raggio OG (= 1/2 AC), ancora con centro in O. A questo punto ci apprestiamo a disegnare il triangolo isoscele DEF che è isoscele e aureo nel contempo.
Sarà il raggio OG, del cerchio tangente al lato AB del triangolo rettangolo aureo ABC, a costituire il cerchio esterno di un poligono stellato regolare che sarà il decagramma. Inoltre sarà il cerchio di raggio OH, tangente ai lati obliqui del triangolo isoscele DEF, a costituire il diametro interno del sudetto poligono stellato che ora andremo a disegnare.
Per far questo si inizia dal punto G e si traccia un primo segmento tangente al cerchio esterno fino a intersecarlo. Di qui, sul punto di intersecazione con cerchio esterno, si fa seguito con un successivo segmento e poi ancora tante volte allo stesso modo, fino a congiungersi col punto G , dove si è partiti. Risultano così 10 cuspidi del poligramma che sarà chiamato appunto decagramma.
La dimostrazione algebrica della regolarità del decagramma è data dai seguenti calcoli:
– Raggio esterno decagramma:
OG = 1/2
– Raggio interno del decagramma che si ricava dal triangolo isoscele aureo EDF, di cui:
DF = 1,618…
OF = 1/2
OD = 1,618… x 1/2 = 0,951056516…
OH = (OF x OD) / DF = 0,293892626…
Operazioni sul decagramma:
In base alla fig. al lato :
r1 = OH = 0,293892626…
r2 = OG = 1/2
Verifica dell’angolo di 54° indicandolo con ß
ß = Arccos r1 / r2 = 54° ……… c.v.d.
Si sarà capito, a conclusione della parte geometrica, che il triangolo rettangolo aureo rappresenta la gallina o la colomba e che, il triangolo isoscele aureo rappresenta il gallo o il colombo. In quanto all’astro del decagramma, non è altro, come già fatto capire in precedenza, che il risultato della fase conclusiva dell’Opera alchemica, cioè quella dell’ultima moltiplicazione per far brillare lo splendore del Sole. E questo grazie al “color di gallina” argomentato nel capitolo inziale, un certo fuoco detto anche “fuoco di ruota“, il cui emblema lo vediamo rappresentato con i rosoni delle cattedrali gotiche e romaniche. La fig. che segue mostra un Rosone a dieci raggi e lo vediamo espresso all’entrata della Chiesa di Santa Maria delle Donne di Ascoli Piceno.
Significato e la simbologia esoterica del numero DIECI
Il numero Dieci simboleggia la perfezione, come anche l’annullamento di tutte le cose. 10 = 1+0 = 1 illustra l’eterno ricominciare. Il significato del numero Dieci, quindi, è da ricondurre alle parole “perfezione” e “annullamento”.
Il Dieci è il totale dei primi quattro numeri e perciò contiene la globalità dei principi universali. Corrisponde alla Tetraktys pitagorica, che insieme al sette lo considerava il numero più importante, in quanto è formato dalla somma delle prime quattro cifre (1+2+3+4=10), esprime la totalità, il compimento, la realizzazione finale. Il numero 10 è divino poiché perfetto, in quanto riunisce in una nuova unità tutti i principi espressi nei numeri dall’uno al nove. Per questo motivo il numero 10 è anche denominato Cielo, ad indicare sia la perfezione che il dissolvimento di tutte le cose.
Tutto questo per il fatto che contiene tutte le possibili relazioni numeriche. La comparazione della simbologia numerica e geometrica fa scoprire un’analogia tra il Dieci ed il punto entro il Cerchio.
Nella tradizione esoterica il valore numerico di un centro o Punto è uno, mentre quello di una circonferenza è nove, numero che moltiplicato per qualsiasi altro dà, per addizione delle cifre costituenti il risultato, sempre e soltanto sé stesso, esattamente come una circonferenza perpetuamente ritornante sul proprio tracciato. Tale simbologia suggerisce l’ipotesi che la decade rappresenti la perfezione relativa allo spazio-tempo circolare, ovvero la divina immanenza. Il 10 indica il cambiamento che permette all’iniziato di evolvere, di crescere e di elevarsi spiritualmente.6
1 https://www.esonet.it/News-file-print-sid-459.html
2 https://www.yogapaoloproietti.com/2019/06/il-satsang-del-giovedi-yoga-e-alchimia.html
3 http://www.latelanera.com/misteriefolclore/misteriefolclore.asp?id=339
4 http://www.fuocosacro.com/pagine/1/la%20sublimazione%20e%20le%20aquile.htm
5 https://it.wikipedia.org/wiki/Triangolo_aureo
6 https://digilander.libero.it/odra_1/significato%20dei%20colori_index.html
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